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Credere di non credere: Medjugorje, «Nihil Obstat» del Vaticano, che non dice però se gli eventi sono «autentici»

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Il Vaticano ha emesso un giudizio di Nihil Obstat sulle presunte visioni di Medjugorje, pur evidenziando aspetti «problematici» del fenomeno e senza prendere una decisione se gli eventi abbiano necessariamente una «origine soprannaturale diretta».

 

In una nota pubblicata questa mattina dal cardinale Victor Manuel «Tucho» Fernandez, il Dicastero per la Dottrina della Fede ha pronunciato una decisione rivoluzionaria del Vaticano sulle tanto contestate presunte visioni di Medjugorje, che si verificano da oltre 40 anni.

 

La decisione del Nihil Obstat sulle presunte visioni è la più alta forma di approvazione che la Santa Sede darà a qualsiasi presunto evento soprannaturale, grazie alle particolari nuove norme emanate da Fernández questa primavera che non includono più una pronuncia sulla soprannaturalità o meno di un evento.

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Il Fernandez ha precisato che la sua Nota – approvata da Papa Francesco il 28 agosto – «non implica un giudizio sulla vita morale dei presunti veggenti», né implica una decisione che le presunte visioni «abbiano un’origine soprannaturale diretta».

 

Fernández ha sottolineato questa distinzione nella sua sentenza che «la valutazione degli abbondanti e diffusi frutti tanto belli e positivi non implica dichiarare come autentici i presunti eventi soprannaturali, ma soltanto evidenziare che “in mezzo” a questo fenomeno spirituale di Medjugorje lo Spirito Santo agisce fruttuosamente per il bene dei fedeli».

 

Di conseguenza, il Vaticano ha stabilito che «quando si fa riferimento ai “messaggi” della Madonna, si dovrebbe sempre tenere presente che si tratta di “presunti messaggi”».

 

Mentre il cardinale ha fatto riferimento a frutti positivi nella sua analisi di alcuni dei presunti messaggi, ha anche sottolineato gli aspetti «problematici» in essi.

 

«Sebbene nell’insieme dei messaggi legati a questa esperienza spirituale troviamo tanti elementi positivi che aiutano a cogliere la chiamata del Vangelo, certi messaggi – secondo l’opinione di alcuni – presenterebbero delle contraddizioni o sarebbero legati a desideri o interessi dei presunti veggenti o di altre persone. Non si può escludere che ciò possa essere successo nel caso di alcuni pochi messaggie questo fatto ci ricorda quanto dicono le Norme di questo Dicastero: che tali fenomeni “a volte appaiono connessi ad esperienze umane confuse, ad espressioni imprecise dal punto di vista teologico o ad interessi non del tutto legittimi” (Norme, n. 14)».

 

«Mostrano pure una certa problematicità quei messaggi che attribuiscono alla Madonna le espressioni “il mio piano”, “il mio progetto”: “Ognuno di voi è importante nel mio piano di salvezza” (25.05.1993). “Figlioli, non dimenticate che siete importanti nel mio piano di salvezza dell’umanità” (25.06.2022). “Vi invito a pregare […] per i miei piani” (01.10.2004). “Anche stasera vi invito a pregare per i miei piani […] i miei progetti” (02.09.2005)» scrive il Dicastero.

 

«Probabilmente questa assai ripetuta esortazione proviene dall’amore e dal generoso fervore dei presunti veggenti che con buona volontà temevano che le chiamate della Madre alla conversione e alla pace fossero ignorate. Quest’insistenza diventa ancora più problematica quando i messaggi si riferiscono a richieste di improbabile origine soprannaturale, come quando la Madonna impartisce degli ordini circa date, posti, aspetti pratici, e prende decisioni su questioni ordinarie».

 

«Sebbene messaggi di questo tipo siano poco frequenti a Medjugorje, possiamo trovarne alcuni che si spiegano esclusivamente con i desideri personali dei presunti veggenti», ha commentato Fernandez.

 

In definitiva, il giudizio di Nihil Obstat – come afferma Fernández – riguarda esclusivamente l’azione percepita dello Spirito Santo nel mezzo del «fenomeno spirituale» di Medjugorje.

 

«In conclusione, si può riportare un quadro riassuntivo di frutti positivi legati a questa esperienza spirituale che, nel frattempo, si sono separati dall’esperienza dei presunti veggenti, i quali non sono più da percepire come mediatori centrali del “fenomeno Medjugorje”, in mezzo al quale lo Spirito Santo opera tante cose belle e positive».

 

In molti ritengono le nuove norme per giudicare tali eventi sono altamente confuse, dato che il Vaticano non si pronuncia più se un evento sia affermativamente soprannaturale. Poiché la forma più alta di approvazione è la dichiarazione di Nihil Obstat, i fedeli potrebbero erroneamente pensare che il Vaticano abbia pienamente approvato una presunta apparizione e probabilmente procedere come se l’evento fosse divino. Tuttavia, il Vaticano ha esplicitamente rifiutato di valutare se l’evento sia di origine soprannaturale, affermando semplicemente che l’azione dello Spirito Santo è «per il bene dei fedeli».

 

La decisione odierna autorizza ora «atti pubblici di devozione» relativi a Medjugorje, anche se resta da vedere come tali atti pubblici di devozione avranno luogo senza dare per scontata l’autenticità delle presunte visioni, cosa che il Vaticano non afferma.

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Da questa situazione irrazionale e grottesca è forse possibile trarre una conclusione sola: la gerarchia non crede a niente, nemmeno a ciò a cui non crede – non crede di non credere, o meglio non gli importa nulla del credere, perché la Chiesa, per le forze occupanti, è solo un sistema di gestione materiale di danari ed immigrati, e il soprannaturale va bene forse solo come storiella da raccontare ai babbei che vanno in pullman fino in Erzegovina – senza esagerare, però.

 

La fede per la Roma post-conciliare è instrumentum regni di una ONG pietosa.

 

Crede al soprannaturale, del resto, diventa irrilevante dopo le parole indifferentiste di Bergoglio a Singapore sull’eguaglianza di tutte le religioni come cammino verso Dio.

 

In questo la Gospa (così chiamano in croato Nostra Signora i fedeli del fenomeno) di Medjugorje gli aveva già dato ragione nella supposta apparizione del 1° ottobre 1981, «Tutte le religioni sono simili davanti a Dio. Dio le governa come un sovrano sul suo regno. Nel mondo, non tutte le religioni sono uguali perché le persone non hanno rispettato i comandamenti di Dio. Le rifiutano e le denigrano».

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Il cardinale Zen mette in guardia dalla sinodalità: «Non è forse questo il suicidio della Chiesa cattolica?»

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In un contributo apparso questa settimana sul suo blog personale, il cardinale Joseph Zen, 93enne porporato cinese in quiescenza, ha formulato un’ulteriore aspra reprimenda al Sinodo sulla sinodalità e al compianto pontefice Francesco.   Francesco ha lasciato in eredità «caos e disgregazione», ha asserito Sua Eminenza. «La nostra aspirazione più profonda è che papa Leone XIV ricompatti la Chiesa sulle basi della verità, radunando tutti noi nella missione evangelizzatrice. Offriamo le nostre invocazioni e le nostre rinunce per papa Leone».   Zen non ha mai celato le sue apprensioni sul cammino sinodale. In seguito alla scomparsa di Francesco, il cardinale aveva ammonito i porporati convocati al conclave che la Chiesa si trova di fronte a un «dilemma esistenziale» nel confronto con esso. In un’analisi divulgata a febbraio 2024, Sua Eminenza aveva espresso l’auspicio che «questo Sinodo sulla ‘sinodalità’ possa giungere a una conclusione dignitosa».   Nel testo odierno, Zen ha manifestato timore che la Chiesa cattolica si stia «trasformando nella Chiesa anglicana» e che stia «commettendo un suicidio  assimilandosi» al mondo secolare.

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«Senza dubbio… i fedeli debbono contribuire agli indirizzi ecclesiali, ma il primato dei vescovi non può essere eluso», ha precisato in merito al sinodo. Tuttavia, «l’assemblea del 2024 sulla sinodalità non ha più costituito un Sinodo nella accezione classica… ha inaugurato un’ibrida “assemblea consultiva dei battezzati”».   Il porporato cinese ha quindi censurato il documento conclusivo del sinodo, bollandolo come «vago e innovativo», attribuendo alla Fiducia supplicans – che autorizza la benedizione delle «coppie» omosessuali – il merito di aver generato «turbamenti marcati e fratture profonde» nell’ambito della Chiesa.   Sua Eminenza ha pure confidato che, qualora Dio lo convocasse al martirio, lo accoglierebbe come una «grazia immensa», e ha deplorato la difficoltà, in quest’epoca, di discernere e diffondere la verità e la sapienza per le anime. La verità, ha soggiunto, non risiede nelle opinioni individuali, bensì nella consapevolezza di «essere figli di Dio» e nel sacrificio redentore di Cristo per i nostri falli.   Per lustri, Zen ha redarguito la Santa Sede per la sua linea conciliante verso il Partito Comunista Cinese sulla designazione dei vescovi. Nondimeno, ha chiuso il suo intervento ribadendo la propria fedeltà alla Cattedra di Pietro.   «La mia contestazione a taluni atti pontifici scaturisce proprio dalla mia devozione profonda al papa», ha chiarito, evocando passi evangelici quali Matteo 14 e Luca 22: il primo, in cui san Pietro – non ancora Pontefice – vacilla sulla superficie dell’acqua dubitando del Signore; il secondo, in cui Cristo preannuncia il triplice rinnegamento di Pietro.   A ottobre, il cardinale aveva condannato il pellegrinaggio LGBT ospitato nella Basilica di San Pietro. «Il Vaticano era al corrente dell’iniziativa con anticipo, ma non ha elevato alcuna protesta successiva. Lo riteniamo del tutto inspiegabile!», aveva esclamato, invitando a pratiche di penitenza quali preghiera e astinenza.

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Un papa mette, un altro toglie

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Leone XIV ha appena posto fine all’autonomia amministrativa e finanziaria di cui godevano le basiliche di San Pietro e Santa Maria Maggiore, per decisione del precedente pontefice. In un motu proprio pubblicato il 13 novembre 2025, il pontefice abroga le misure adottate dal suo predecessore, Francesco, segnando una nuova tappa nella revisione delle riforme economiche della Santa Sede.

 

Oltretevere, non è sfuggito a nessuno che il motu proprio firmato da Papa Leone XIV il 29 settembre e promulgato il 13 novembre non è stato annunciato tramite la Sala Stampa, ma affisso all’ingresso del Palazzo Apostolico. In ogni caso, tutti concordano sul fatto che questo nuovo rescritto illustri la volontà del nuovo Romano Pontefice di centralizzare ulteriormente il controllo finanziario, in nome della trasparenza e dell’equità.

 

Il documento fa riferimento a due decreti promulgati da Francesco alla fine del suo pontificato. Il primo, datato 29 giugno 2024, riguardava la Fabbrica di San Pietro, responsabile della gestione, manutenzione e riparazione della Basilica Petrina. Il secondo, datato 19 marzo 2025 – un mese prima della morte del pontefice argentino – riguardava il capitolo dei canonici di Santa Maria Maggiore, luogo in cui ora riposa il successore di Benedetto XVI.

 

Leone XIV giustifica la sua decisione in nome di una «periodica rivalutazione e ridefinizione del quadro normativo». La riforma finanziaria avviata dal suo predecessore richiedeva un costante adattamento per garantire una «struttura equa e trasparente». La scelta del nuovo papa è stata approvata dal Consiglio per l’Economia (CPE), l’organo di controllo economico del Vaticano, prima di essere confermata da consultazioni di esperti, in conformità con l’articolo 207 della Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium.

 

Questa abrogazione segna la fine dell’autonomia concessa da Papa Francesco alle due basiliche. Durante il suo pontificato, questi enti erano stati quasi completamente esentati dal controllo del CPE e della Segreteria di Stato per gli Affari Economici (SPE), il «braccio esecutivo» responsabile dell’attuazione delle politiche finanziarie. Francesco aveva giustificato queste esenzioni citando l’esigenza di efficienza: una gestione agile è necessaria per evitare le inefficienze burocratiche di queste istituzioni altamente frequentate.

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Così, la Fabbrica di San Pietro e il Capitolo di Santa Maria Maggiore hanno potuto mantenere i propri revisori interni, senza essere sottoposti all’Ufficio del Revisore Generale, responsabile della revisione contabile di tutti gli enti vaticani. Tra le disposizioni più controverse appena abrogate ci sono quelle relative alle spese e alle assunzioni.

 

Nel gennaio 2024, papa Francesco aveva imposto uno standard che richiedeva l’approvazione della Segreteria di Stato per gli Affari Economici (SPE) per qualsiasi spesa superiore a 150.000 euro; per queste basiliche, la soglia è stata aumentata a 1,5 milioni di euro. Le assunzioni non dovevano più essere sottoposte alla SPE, fatta eccezione per i contratti a tempo indeterminato – un’eccezione degna di nota rispetto ad altre istituzioni della Santa Sede, dove le procedure di reclutamento sono spesso lunghe e complesse, anche per una semplice sostituzione.

 

Ora, le due basiliche devono conformarsi alle norme applicabili a tutti gli enti della Santa Sede e della Città del Vaticano. Rientrano sotto la diretta supervisione della SPE, che è responsabile della risoluzione di «qualsiasi questione o problema di natura economica, di controllo o di vigilanza». Per garantire una transizione fluida, la SPE sarà assistita da un gruppo consultivo da essa stessa nominato e fornirà relazioni periodiche al CPE sulle decisioni prese.

 

Questa centralizzazione rafforza il controllo sulle strutture simboliche: la Fabbrica di San Pietro gestisce gli appalti per la costruzione e l’abbellimento della basilica più grande del mondo, mentre Santa Maria Maggiore, la basilica patriarcale, ospita le importanti reliquie della Natività e l’immagine della Salus Populi Romani, attirando un flusso costante di fedeli.

 

Questo intervento di Leone XIV non è isolato. Fa parte di una serie di correzioni apportate alle riforme economiche del suo predecessore. Già il 6 ottobre 2025, il suo primo motu proprio aveva allentato la centralizzazione imposta all’Istituto per le Opere di Religione (IOR). In un’intervista del settembre 2025, Leone XIV si presentò come un successore cauto: «Le cose si sistemeranno, ma dobbiamo continuare il processo di riforma iniziato da Francesco».

 

Ammise poi di aver fatto «scelte sbagliate» nella storia recente, rammaricandosi che «la percezione di cattiva gestione» possa aver scoraggiato i donatori: «Potremmo aver inviato un messaggio sbagliato», riconobbe, sottolineando la necessità di ripristinare la fiducia.

 

Mettendo sotto attenta osservazione due dei santuari più prestigiosi della cristianità, Leone XIV sta inviando un segnale chiaro: la riforma economica deve essere uniforme, senza eccezioni, per tutte le istituzioni, anche le più prestigiose.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

 

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Il cardinale Fernandez si sprofonda sempre più nel suo rifiuto del titolo di «corredentrice»

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È noto che il Cardinale Victor Manuel Fernández, Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF), ha un talento naturale nello spiegare formule difficili, dubbie o addirittura inesatte, o contrarie alla fede o alla disciplina cattolica. Ciò è stato evidente nel suo modo di trattare la Dichiarazione Fiducia supplicans, riguardante la benedizione delle coppie «irregolari».   Dopo la reazione quasi universale e l’aperta ribellione degli episcopati africani, il cardinale Fernández ha infine spiegato che si trattava di una benedizione non rituale o spontanea, che non era rivolta alle coppie, ma agli individui che si univano… che si trattava quindi di benedizioni che non erano benedizioni, e che nemmeno le coppie erano benedizioni.   Grazie alla tenacia della giornalista Diane Montagna, assistiamo a una sorta di ripetizione – un remake , si potrebbe dire nel linguaggio di Shakespeare – di questa deplorevole vicenda riguardante il testo Mater Populi Fidelis sull’attribuzione e la non attribuzione di alcuni titoli mariani, in particolare il titolo di corredentrice e quello di Mediatrice.   Diane Montagna ha pubblicato sul suo blog la breve intervista ricevuta dal Cardinale Fernández su questo argomento. Ha sottolineato una serie di inesattezze che lasciano già un’impressione spiacevole. Il Prefetto della DDF sostiene, ad esempio, che l’espressione «cooperazione unica di Maria nell’opera della redenzione» sia utilizzata circa 200 volte nel documento.   In realtà, l’espressione «cooperazione unica» compare una sola volta; la parola «unica» compare 29 volte, mentre il termine analogo «singolare» compare sei volte, anche nelle note a piè di pagina. Il cardinale sostiene inoltre che nella redazione del documento siano stati consultati «molti» mariologi, nonché specialisti in cristologia.   Tuttavia, don Maurizio Gronchi, consulente del DDF, che ha presentato il documento al cardinale Fernández, ha dichiarato ad ACI Prensa il 19 novembre che «non è stato possibile trovare alcun mariologo collaboratore». E don Salvatore Maria Perrella, OSM, mariologo, ha affermato che la Mater Populi Fidelis «avrebbe dovuto essere preparata da persone competenti nel settore».

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Un «sempre» che non significa «sempre»…

Prendendo di mira l’espressione «sempre inappropriata», che stigmatizza il titolo di Corredentrice, il giornalista interroga l’alto prelato argentino su questo «sempre». Il cardinale Fernández inizia lanciandosi in una spiegazione che incorpora «trent’anni di studio del dicastero», il lavoro del cardinale Joseph Ratzinger e il suo parere comunicato a Giovanni Paolo II, quindi la «chiusura della questione» da parte dello stesso cardinale.   Ma afferma che «stiamo cercando, anche se ci sono aspetti che possono creare confusione, di trovare gli aspetti positivi e di accogliere la pietà dei fedeli. Tuttavia, in questo ambito, dopo trent’anni di lavoro del dicastero, era giunto il momento di renderlo pubblico, ed è ciò che abbiamo fatto».   Senza discostarsi dalla sua domanda fondamentale, Diane Montagna chiede per la terza volta: «Perché ha usato il termine “sempre”? Si riferisce al passato, soprattutto perché è stato utilizzato da santi, dottori e dal magistero ordinario?»   La risposta del cardinale fu all’altezza della reputazione che Fiducia supplicans gli aveva guadagnato : «No, no, no. Si riferisce al momento presente». Da qui la domanda stupita: «Quindi “sempre” significa “da ora in poi”?». E il cardinale continuò: «Da ora in poi, senza dubbio».   Aggiunge: «E questo significa soprattutto che questa espressione [di «Corredentrice»] non sarà usata nella liturgia, cioè nei testi liturgici, né nei documenti ufficiali della Santa Sede». Anzi, ne ammette l’uso privato: «Potete usare questo titolo», se avete compreso il vero significato di questa espressione…   Il giornalista è riuscito a far dire al cardinale prefetto della DDF che «ancora inappropriato» significava dal punto di vista temporale «d’ora in poi», e dal punto di vista dell’estensione «nei testi liturgici e nei documenti ufficiali della Santa Sede».   In altre parole, «corredentrice» non è sempre stato inappropriato, ma lo è diventato, il che significa logicamente che questa valutazione è casuale, legata alla cautela. E questo implica anche che un giorno questo titolo potrebbe non essere più «inappropriato»: un titolo intermittente o tremolante, per così dire.   Questa spiegazione dimostra, in primo luogo, l’incompetenza di chi fornisce la risposta; e in secondo luogo, che il termine «sempre» non ha lo stesso significato nei documenti DDF che nel linguaggio comune. Il che è piuttosto fastidioso. Ma c’è un elemento positivo: il titolo può essere utilizzato liberamente.   Dopo questo ultimo dietrofront che ha nuovamente ridicolizzato il DDF, sembra che la cosa migliore per il cardinale Fernández sarebbe ritirarsi.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News  

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