Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Con sorprendente sfacciataggine la stampa internazionale ci assicura che in Siria è in corso non già un cambiamento militare di regime, bensì una rivoluzione per rovesciare la Repubblica Araba siriana. Ci nascondono la presenza dell’esercito turco e delle forze speciali statunitensi. Ci inondano con una propaganda, peraltro più volte smentita, sui crimini di «Bashar». Trasformano sgozzatori feroci in rispettabili rivoluzionari. Per l’ennesima volta la stampa internazionale ci mente intenzionalmente.
In 11 giorni la Repubblica araba siriana, che dal 2011 ha resistito valorosamente agli attacchi degli jihadisti sostenuti dalla più grande coalizione della storia, è stata rovesciata. Cos’è successo?
La prima fase dell’operazione risale al 15 ottobre 2017, quando gli Stati Uniti organizzarono un assedio della Siria vietando ogni scambio commerciale con Damasco e impedendo alle Nazioni Unite di partecipare alla ricostruzione del Paese (1). Nel 2020 questa strategia fu estesa al Libano, con il Caesar Act (2).
Noi, Paesi membri dell’Unione europea, abbiamo partecipato tutti a questo crimine. La maggior parte dei siriani ora soffre di malnutrizione. La lira siriana è crollata: ciò che prima della guerra, nel 2011, valeva una lira, alla caduta di Damasco ne vale 50.000 (la lira è stata rivalutata tre giorni dopo, grazie a un’iniezione di denaro del Qatar). Stesse cause, medesime conseguenze: la Siria è stata sconfitta come lo fu a suo tempo l’Iraq, quando il segretario di Stato Madeleine Albright si rallegrò per aver causato la morte per malattia e malnutrizione di mezzo milione di bambini iracheni.
Del resto, sebbene siano stati formalmente gli jihadisti di Hayat Tahrir al-Cham (HTC) a conquistare Damasco, sul piano militare i vincitori non sono loro. Il 27 novembre l’HTC, armato dal Qatar e organizzato dall’esercito turco camuffato da Esercito Nazionale Siriano (Syrian National Army, SNA), ha preso il controllo dell’autostrada M4 che fungeva da linea di cessate-il-fuoco.
Inoltre l’HTC e la Turchia disponevano di droni ad alte prestazioni, manovrati da consulenti ucraini. Infine l’HTC ha portato con sé la colonia uigura del Partito Islamico del Turkestan (TIP), trincerata da otto anni ad al-Zanbaki (3). I teatri operativi israeliano, russo e cinese ora si sono fusi in un unico scenario.
Sostieni Renovatio 21
Poi l’insieme di queste forze ha attaccato Aleppo, fino ad allora difesa dai Guardiani della Rivoluzione iraniani. Costoro si sono ritirati senza reagire, lasciando a difesa della città solo la piccola guarnigione dell’Esercito Arabo Siriano. Di fronte a una forza così sproporzionata, il governo siriano ha ordinato alle proprie truppe di ripiegare su Hamah. Così è avvenuto il 29 novembre, dopo una breve battaglia.
Il 30 novembre il presidente siriano Bashar al-Assad si è recato in Russia, non per assistere all’esame del figlio Hafez all’università di Mosca, bensì per chiedere aiuto. Ma le forze russe presenti in Siria, esclusivamente aeree, potevano solo bombardare i convogli degli jihadisti. Infatti hanno cercato di sbarrare la strada all’HTC e alle forze sostenute dalla Turchia, non potendo contrastarle sul terreno. Aleppo era irrimediabilmente persa. Del resto, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, in linea con la tradizione del proprio Paese (4), non ha mai riconosciuto la perdita dei territori ottomani in Grecia (Salonicco), nell’isola di Cipro, in Siria (Aleppo) e in Iraq (Mosul).
Con le cellule jihadiste dormienti riattivate dalla Turchia, l’Esercito Arabo Siriano, già esausto, doveva combattere su più i fronti contemporaneamente. È quanto ha cercato invano di fare il generale Maher al-Assad, fratello del presidente.
L’inviato speciale dell’ayatollah Ali Khamenei, Ali Larijani, si è recato a Damasco per dare spiegazioni del ritiro da Aleppo dei Guardiani della Rivoluzione e per porre le condizioni di un aiuto militare della Repubblica Islamica d’Iran: condizioni culturali inaccettabili per uno Stato laico.
In una conversazione telefonica con l’omologo iraniano Massoud Pezeshkian, il presidente al-Assad ha dichiarato che «l’intensificazione dell’azione dei terroristi» è un tentativo di «disgregare la regione, sbriciolarne gli Stati e ridisegnarne la mappa per adattarla agli interessi e agli obiettivi dell’America e dell’Occidente». Tuttavia il comunicato ufficiale non dà conto del tono della conversazione. Il presidente siriano voleva sapere chi aveva ordinato ai Guardiani della rivoluzione di abbandonare Aleppo. Non avendo ottenuto risposta, ha avvertito il presidente Pezeshkian delle conseguenze sull’Iran di un’eventuale caduta della Siria. Ancora nessuna reazione: Teheran ha continuato a pretendere le chiavi della Siria in cambio della sua difesa.
Il 2 dicembre il generale Jasper Jeffers III, comandante in capo delle Forze speciali degli Stati Uniti (UsCoCom), arriva a Beirut. La ragione ufficiale è controllare l’applicazione del cessate-il-fuoco verbale tra Israele e Libano. Tenuto conto del suo ruolo, è evidente che questa è solo una parte della sua missione: sovrintenderà infatti alla conquista di Damasco da parte della Turchia, nascosta alle spalle dell’HTC.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Il 5 dicembre, al Consiglio di sicurezza, gli Stati Uniti rilanciano le accuse al presidente al-Assad di usare armi chimiche per reprimere il suo stesso popolo; accuse che ignorano completamente le numerosissime contestazioni, testimonianze e indagini che hanno dimostrato come si tratti solo di propaganda di guerra. Le armi chimiche sono il principale argomento della gigantesca macchina di fango anglosassone.
Sono queste false accuse che il numero due delle Nazioni Unite, Jeffrey Feltman, ha preso a pretesto per impedire la ricostruzione della Siria. Accuse reiterate sino a convincere l’opinione pubblica occidentale che «Bashar è il boia di Damasco» e a incolparlo di tutti i morti causati dalla guerra scatenata contro di lui e il suo Paese.
Contemporaneamente, il Pentagono fa sapere all’HTC e all’esercito turco che possono continuare ad avanzare, prendere Damasco e rovesciare la Repubblica Araba Siriana.
Il 6 e 7 dicembre in Qatar si svolge il Forum di Doha. Vi partecipano molte figure di spicco del Medio Oriente, nonché il ministro russo degli Esteri, Sergej Lavrov. A margine del Forum viene data garanzia alla Russia, che rappresenta il presidente al-Assad, che i soldati dell’Esercito Arabo siriano non saranno perseguiti e che le basi militari della Federazione di Russia non saranno attaccate. All’Iran viene invece garantito che i santuari sciiti non saranno distrutti, ma pare che Teheran lo sapesse già.
Secondo il ministro turco degli Esteri, Hakan Fidan, Benjamin Netanyahu e Joe Biden ritenevano che l’operazione dovesse finire lì. È stato il Pentagono che, di concerto con il Regno Unito, ne ha deciso la prosecuzione fino al rovesciamento della Repubblica Araba Siriana (5).
A New York il Consiglio di sicurezza adotta all’unanimità la risoluzione 2761 (6). Essa autorizza a non tener conto delle sanzioni contro gli jihadisti durante «operazioni umanitarie».
Le Nazioni Unite, che non hanno mai autorizzato il soccorso alle popolazioni schiacciate sotto il giogo di Daesh, improvvisamente autorizzano gli scambi commerciali con l’HTC.
Questo rovesciamento della posizione del Consiglio di sicurezza risponde alle istruzioni del consigliere delle Nazioni Unite, Noah Bonsey, che le aveva già enunciate a febbraio 2021, quando lavorava per George Soros (7).
Abu Mohammad al-Jolani, leader dell’HTC, rilascia un’intervista a Jomana Karadsheh per la CNN. La giornalista fa notare che il sito Rewards for Justice del Dipartimento di Stato offre ancora dieci milioni di dollari di ricompensa in cambio di qualsiasi informazione che permetta di arrestare il capo jihadista (8).
Iscriviti al canale Telegram
Il 7 dicembre l’HTC e la Turchia prendono il controllo della prigione siriana di Saïdnaya. Un obiettivo strategico per alimentare la propaganda di guerra, che l’ha soprannominata «mattatoio umano». La campagna mediatica sostiene che vi sono state torturate e giustiziate migliaia di persone, i cui cadaveri sono stati bruciati in un forno crematorio.
Per tre giorni i Caschi Bianchi, ONG che ha al tempo stesso salvato vite e partecipato ai massacri, perlustrano la prigione e i suoi dintorni alla ricerca di passaggi segreti sotterranei, di camere di tortura e del forno crematorio. Purtroppo non trovano prove. Alla fine la giornalista Clarissa Ward mette in scena per CNN la liberazione di un prigioniero che per tre mesi non ha visto la luce del giorno, ma è pulito, ben vestito e con le unghie curate (9).
È tanto più arduo sostenere le accuse ad al-Assad di torture e di esecuzioni sommarie se si considera che il presidente siriano già nel 2011 emanò norme per vietare ogni forma di tortura, ha istituito il ministero per la Riconciliazione nazionale, per il reinserimento dei siriani che si erano uniti agli jihadisti, e infine che ha attuato amnistie generali in circa quaranta occasioni.
L’8 dicembre il presidente al-Assad ordina ai propri uomini di deporre le armi. Damasco cade senza colpo ferire. Gli jihadisti srotolano immediatamente striscioni – stampati con largo anticipo – e appuntano il simbolo del nuovo regime sulle loro uniformi. L’ex combattente di Al Qaeda, poi numero due di Daesh, Abu Mohammad al-Jolani, il cui vero nome è Ahmad al-Sharaa, prende il potere. Consigliato da britannici esperti in comunicazione, tiene un discorso nella Grande Moschea degli Omayyadi, sul modello di quello pronunciato dal califfo di Daesh, Abu Bakr al-Baghdadi, nella Grande Moschea di Al-Nuri di Mosul, nel 2019.
L’HTC ora considera i cristiani mustamin (così gli islamici chiamano gli stranieri non mussulmani che risiedono in modo limitato in territorio mussulmano), esentandoli dal patto del dhimmi (serie di diritti e oneri riservati ai non-mussulmani) e dal pagamento della tassa della jizya. A settembre 2022, per la prima volta in un decennio, nella chiesa armena di al-Yacoubiyah, nella campagna di Jisr al-Shugur, a ovest di Idlib, si è tenuta una cerimonia in onore di Sant’Anna.
Tremila soldati dell’Esercito Arabo Siriano si esiliano in Iraq. Vengono disarmati e alloggiati in tende al valico di frontiera di Al-Qaim, poi trasferiti in una base militare a Rutba. Bagdad annuncia che sta cercando di ottenere garanzie per il loro rientro in patria. (10)
Le Forze di Difesa Israeliane (FDI) lanciano un’operazione per distruggere l’equipaggiamento e le fortificazioni dell’Esercito Arabo Siriano. In quattro giorni 480 bombardamenti affondano la flotta e incendiano armerie e magazzini. Contemporaneamente squadre di terra uccidono gli scienziati più importanti del Paese.
Dopo aver fatto visitare ai giornalisti le fortificazioni siriane lungo la costa, ormai vuote, Benny Kata, un comandante militare israeliano, dice ai suoi ospiti: «È chiaro che resteremo qui per un certo tempo. Siamo preparati».
Le FDI già cominciano a rosicchiare sempre più il territorio siriano, oltre la linea di cessate-il-fuoco del Golan, che già occupano. Annunciano di voler creare in territorio siriano una seconda zona-cuscinetto per proteggere quella attuale, che è un modo per annettersi crescenti porzioni di Siria. Annettono anche il monte Hermon, così da poter sorvegliare l’intera regione.
Il 9 dicembre il generale Michael Kurilla, comandante in capo delle forze statunitensi nel Medio Oriente Allargato (CentCom), si reca ad Amman per incontrare il generale Yousef Al-H’naity, presidente dello Stato-Maggiore di Giordania. Gli ribadisce l’impegno degli Stati Uniti a sostenere la Giordania in caso di minacce provenienti dalla Siria durante il periodo di transizione.
Il 10 dicembre il generale Kurilla visita le truppe statunitensi e quelle delle Forze Democratiche Siriane (mercenari kurdi) in diverse basi della Siria. Predispone un piano affinché Daesh non esca dalla zona assegnatagli dal Pentagono e non interferisca nel cambiamento di regime a Damasco. Immediatamente intensi bombardamenti impediscono a Daesh di muoversi.
Aiuta Renovatio 21
L’HTC nomina Mohammed al-Bashir, ex «governatore» jihadista di Idlib, primo ministro del nuovo regime. È un membro dei Fratelli Mussulmani, sponsorizzato dall’MI6 britannico. La Francia, che con il suo inviato speciale Jean-Yves Le Drian aveva negoziato la nomina di Riad Hijab (ex segretario del consiglio dei ministri nel 2012), si rende conto di essere stata bidonata.
La sera stessa viene scartata la possibile nomina di Le Drian a primo ministro francese. L’Eliseo fa invece invitare al telegiornale di France2 il procuratore per l’antiterrorismo di Parigi, che mette fine alle acclamazioni del nuovo potere a Damasco deplorando che l’HTC sia implicato nell’assassinio nel 2020 del professore francese Samuel Paty e nel massacro di Nizza del 2016, in cui morirono 86 persone. La stampa francese cambia di spalla al fucile e inizia a mettere in discussione il nuovo governo di Damasco, che la stampa internazionale continua a dipingere come rispettabile.
L’11 dicembre le principali fazioni palestinesi presenti in Siria (Fronte per la liberazione della Palestina, Fronte democratico per la liberazione della Palestina, Movimento della Jihad islamica, Fronte palestinese di lotta popolare, Comando generale) si riuniscono a Yarmuk (Damasco) alla presenza di delegati dell’HTC (Dipartimento delle Operazioni militari). Fatah e Hamas non vi partecipano. Si chiede loro di rappacificarsi con l’alleato israeliano. Si decide anche che nessuna fazione godrà di uno statuto privilegiato e che tutte saranno trattate allo stesso modo. Tutti i gruppi s’impegnano a deporre le armi.
Il generale Kurilla visita in tre giorni prima il Libano poi Israele. A Beirut incontra il generale Joseph Aoun, comandante delle forze armate libanesi, ma soprattutto il proprio collega, il generale statunitense Jasper Jeffer III. A Tel Aviv incontra i capi di stato-maggiore israeliani e il ministro della Difesa, Israel Katz. In questa occasione dichiara: «Le mie visite in Israele, Giordania, Siria, Iraq e Libano degli ultimi sei giorni hanno voluto sottolineare l’importanza di guardare le sfide e le opportunità attuali attraverso gli occhi dei nostri partner, dei nostri comandanti sul campo e dei membri di servizio. Dobbiamo fare in modo che i partenariati continuino a essere solidi per affrontare le minacce attuali e future che pesano sulla regione».
Il 12 dicembre Ibrahim Kalin, direttore dell’Organizzazione nazionale dell’Intelligence turca (Millî İstihbarat Teşkilatı, MIT) è il primo alto funzionario straniero a rendere visita al nuovo potere di Damasco. Lo stesso giorno i mercenari kurdi, che amministrano il nordest della Siria per conto dell’esercito di occupazione statunitense, issano la nuova bandiera verde, bianca e nera con tre stelle, la stessa del mandato francese sulla Siria. Il 15 dicembre una delegazione del Qatar segue l’esempio di Kalin.
Per convalidare le accuse di torture rivolte al regime spodestato, Clarissa Ward, decisamente in forma, mette in scena per CNN i cadaveri rinvenuti nell’obitorio di un ospedale di Damasco, così come la stessa CNN mandò in scena i cadaveri di un obitorio di Timisoara, durante il rovesciamento di Ceausescu, nel 1989 (11).
Nel frattempo, secondo le Nazioni Unite, oltre un milione di siriani sta cercando di fuggire dal proprio Paese. Non credono che gli jihadisti dell’HTC si siano improvvisamente civilizzati.
Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.
Secondo la stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.
Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».
Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior.
In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW
— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
Il presidente statunitense Donald Trump sta esaminando proposte per operazioni militari americane contro presunte «strutture per la produzione di cocaina» e altri bersagli legati al narcotraffico all’interno del Venezuela. Lo riporta la CNN, che cita fonti anonime.
Due funzionari non identificati hanno dichiarato alla rete che Trump non ha scartato l’ipotesi di un negoziato diplomatico con Nicolás Maduro, nonostante recenti indicazioni secondo cui gli Stati Uniti avrebbero interrotto del tutto i colloqui con Caracas, mentre valutano una possibile campagna per destituire il leader venezuelano.
Tuttavia, una fonte della CNN ha precisato che «ci sono piani sul tavolo che il presidente sta esaminando» per azioni mirate all’interno del Venezuela. Un terzo funzionario ha indicato che l’amministrazione Trump sta considerando varie opzioni, ma al momento si concentra sulla «lotta alla droga in Venezuela».
Sostieni Renovatio 21
A giudizio di alcuni esponenti dell’amministrazione statunitense, una campagna antidroga nel Paese sudamericano potrebbe accrescere la pressione per un cambio di regime a Caracas. Trump ha pubblicamente smentito l’intenzione di rimuovere Maduro dal potere.
Giovedì, Trump – che aveva già confermato l’autorizzazione di operazioni della CIA in Venezuela – ha dichiarato che gli Stati Uniti potrebbero estendere la loro campagna antidroga dal mare alla terraferma, senza entrare in dettagli. Inoltre, la portaerei USS Gerald R. Ford è stata inviata nei Caraibi per sostenere l’operazione antidroga.
Maduro ha respinto ogni legame del suo governo con il traffico di stupefacenti, insinuando che gli Stati Uniti stiano usando le accuse come copertura per un cambio di regime. Dopo le notizie sul dispiegamento della portaerei, il presidente venezuelano ha accusato Washington di perseguire «una nuova guerra eterna».
Secondo un reportaggio del New York Times, Maduro stesso avrebbe proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.
Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.
La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.
Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.
Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.
Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA.
President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.
Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.
Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.
Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.