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Immigrazione

Chi sta aggredendo gli studenti della Bocconi al parco?

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Una notizia davvero disturbante è stata diffusa dai giornali negli ultimi giorni.

 

L’Università Bocconi, ateneo privato tra i più prestigiosi d’Europa, ha deciso di istituire un servizio di accompagnamento per gli studenti dalle aule alle residenze universitarie.

 

L’inedita decisione è stata presa a seguito di un crescente numero di aggressioni verificatesi al vicino parco Ravizza.

 

«Nonostante le segnalazioni e le denunce di questi episodi, anche di recente, non sono arrivate risposte efficaci dal Comune di Milano, per cui abbiamo chiesto all’ateneo di intervenire e per fortuna ci è venuto incontro» ha dichiarato il capogruppo di B.Lab-Unilab Network, realtà studentesca interna alla Bocconi.

 

Il servizio di scorta è già attivo da questi giorni, da lunedì al sabato dalle 18 alle 00:30, con partenza ogni 30 minuti dalla panchina rossa di via Gobbi 5. Vi è impegnato personale dell’Università, che scorterà studenti e studentesse ai loro alloggi nelle residenze Spadolini, Dubini e Isonzo.

 

L’idea, il linguaggio in cui è espressa (scorte, coordinate pedonali espresse in panchina) è piuttosto allarmante. Che razza di situazione si è creata?

 

Si tratta certamente di un fenomeno in completa controtendenza con la narrazione della Milano del sindaco Sala, appena rieletto: una città sicura, accogliente, avanzatissima, di cui i sinceri democratici (ma anche i residui dei centri sociali finiti a fare i pubblicitari, a meno che non avessero già dietro i soldi del papi) sono fieri fino a scoppiare – e questo nonostante la tragedia delle ragazze violentate dal branco di capodanno in piazza Duomo.

 

Tuttavia, riteniamo che la notizia, data un po’ ovunque, sia, come dire, monca. Sia manchevole di qualcosa.

 

Leggiamo i titoli.

 

«Milano, Bocconi: troppe aggressioni (di sera) al parco Ravizza, studenti accompagnati a casa» (Il Corriere della Sera)

 

«Milano, gli studenti della Bocconi denunciano aggressioni al parco Ravizza» (Il Fatto Quotidiano)

 

«Troppe aggressioni al Parco Ravizza: 6 denunce in due mesi. Servizio di accompagnamento per gli studenti Bocconi» (La Repubblica)

 

«Milano, il parco Ravizza è pericoloso: universitarie sotto scorta dalle 18» (Il Giorno)

 

Manca qualcosa, ribadiamo: manca il chi. Da chi sono aggrediti gli studenti e (magari soprattutto) le studentesse?

 

Manca qualcosa, ribadiamo: manca il chi. Da chi sono aggrediti gli studenti e (magari soprattutto) le studentesse?

Invano potete leggere tutti questi articoli e trovare questa fondamentale informazione. Insomma: se questo è un fenomeno reiterato nei mesi, gli aggressori dovrebbero essere, per lo meno tipologicamente, identificabili. Chi si nasconde nel vicino parco Ravizza – un tempo tranquillo paradiso della socializzazione via cane o via jogging – al punto dal renderlo invivibile, minaccioso, violento?

 

Leggendo i giornali nazionali questa informazione non salta fuori. Così come non è chiaro un altro punto che per il giornalismo dovrebbe essere fondamentale: perché. Perché le continue aggressioni agli studenti della Bocconi? Qual è il movente? Si tratta di un gruppo di bocciati di Economia? Studenti rivali di un altro grande ateneo privato meneghino? Ex elettori del partito Scelta Civica delusi dal presidente dell’Università Mario Monti? Uno non sa davvero cosa pensare.

 

Non ti dicono il soggetto del presunto crimine, figurati se giornaloni e giornalini ti raccontano il motivo delle sue azioni.

 

Così come non è chiaro un altro punto che per il giornalismo dovrebbe essere fondamentale: perché. Perché le continue aggressioni agli studenti della Bocconi? Qual è il movente?

Del resto, ci possono dire, la notizia mica è sulle aggressioni, ma sul servizio di scorta «pedibus» (sic) per gli studenti, descritto da tutti i giornali nello stesso orario, come sopra: orari, luoghi, etc. In pratica, vi stanno dicendo: guardate il dito, mica la luna. Come all’idiota nel proverbio cinese.

 

Così, tocca di vedere che Il Giornale osa invece titolare in altro modo: «La Bocconi costretta a “scortare” i suoi studenti: troppe aggressioni nel parco degli extracomunitari».

 

Qui il soggetto c’è. Il chi è bello evidente.

 

In pratica, vi stanno dicendo: guardate il dito, mica la luna. Come all’idiota nel proverbio cinese

Il quotidiano della famiglia Berlusconi riporta quindi il commento di Silvia Sardone, consigliere comunale della Lega:

 

«I fallimenti della sinistra buonista e accogliente solo a parole sono più evidenti che mai. Parco Ravizza è diventato negli ultimi anni l’ennesimo fortino d’illegalità, un’area verde requisita da extracomunitari e balordi così come tante altre in città. Gli studenti avevano più volte segnalato aggressioni e criticità ma da Palazzo Marino nessuna risposta».

 

Nell’articolo sul sito de Il Giornale la parola «extracomunitari» è messa in neretto.

 

Non siamo sicuri che il titolo del quotidiano che fu di Indro Montanelli sia a prova di Carta di Roma – cioè sia lecito giornalisticamente.

 

Per chi non lo sapesse, la Carta di Roma, è il «Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti» oggi parte integrante del «Testo unico dei doveri del giornalista», e implementata sulla popolazione dei gazzettieri con corsi deontologici obbligatori.

 

In tali corsi è spiegato, ad esempio che, come scrivono le linee guida della Carta di Roma bisogna «evitare l’utilizzo di parole stigmatizzanti. La parola “clandestino” è tornata sui titoli di prima pagina. Opportunamente Carta di Roma ha osservato che “Il termine clandestino è una delle colonne portanti dei discorsi di odio, dell’hate speech; è uno strumento della cattiva politica, un termine usato dalla propaganda della paura per dare un nome al “nemico”, e quindi per questo va cancellato dal linguaggio giornalistico, perché produce una percezione distorta del fenomeno migratorio”».

 

Ancora un’esempio tratto dalle linee guida consultabili sul sito della Carta di Roma: «titolare un articolo “Boom di reati degli stranieri”, omettendo di dire che i dati riportati si riferiscono ai reati denunciati (e non a quelli commessi che sono molti di più), di cui si conoscono gli autori (che costituiscono una percentuale minima dei reati denunciati e commessi), non è corretto. L’utilizzo di un lessico enfatico (boom) e una narrazione non corretta dei dati disponibili hanno l’effetto di produrre e alimentare stigmatizzazioni».

 

Quindi, «è necessario ribadire che la provenienza o l’appartenenza culturale di una persona vanno specificate solo quando è strettamente necessario al fine della comprensione della notizia». Titolare scrivendo la provenienza etnica di un aggressore, in quest’ottica, è sbagliato.

 

L’associazione Carta di Roma è un ente nato nel 2011 per attuale tale «protocollo deontologico per una informazione corretta sull’immigrazioni». La pagina internet «Chi siamo» nel 2018 riportava il supporto del UNHCR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), dell’Otto per Mille Chiesa Valdese e di Open Society Foundation, il sistema di fondazioni di George Soros. La stessa pagina oggi non vede più inserito il logo dell’ente di Soros, sostituito da quello dell’UNAR.

 

«Evitare di “etnicizzare” le notizie non significa censurare certe informazioni?» si domandano le linee guida della Carta. «Non si chiede di censurare informazioni, ma di selezionare, tra le varie caratteristiche proprie di una persona, solo quelle veramente pertinenti a capire cosa è successo».

 

Ecco, nel caso del parco possiamo dire con certezza che, al di là dei censurabili virgolettati del consigliere leghista riportati dal Giornale berlusconiano, non abbiamo compressione di cosa sia successo. Davvero, non abbiamo capito niente.

 

Chi attacca gli studenti (e le studentesse) della Bocconi nel parco Ravizza?

 

Perché?

 

Mistero insondabile della Milano odierna. La Milano di Beppe Sala, del COVID che ha svuotato negozi e ristoranti, delle violenze di gruppo in Piazza Duomo, dei funerali in chiesa ai suicidi assistiti, del quartiere ipermoderno di Porta Nuova comprato dal Qatar, di Chiara Ferragni, delle proteste pandemiche cancellate da una repressione massiva.

 

Come sempre, Renovatio 21 chiede umilmente a chi ne sa di più di scriverci due righe per spiegarci. Ricordando che per i messaggi privati le linee guida deontologiche non valgono.

 

Per il momento.

 

 

 

 

Immagine di Marcuscalabresus via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

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Immigrazione

Il 72% dei condannati per crimini di gruppo in Danimarca ha origini non occidentali

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Un rapporto governativo danese ha evidenziato che circa il 72% delle persone condannate in Danimarca ai sensi della «sezione gang» sono immigrati o discendenti di origine non occidentale.

 

I dati, resi pubblici dal ministero della Giustizia di Copenhagen in risposta a un’interrogazione della deputata conservatrice Mai Mercado, rivelano che tra il 2018 e il 2025, 213 individui sono stati condannati ai sensi dell’articolo 81a del Codice penale, una norma che permette ai tribunali di raddoppiare le pene per reati che rischiano di alimentare la violenza tra bande.

 

Basandosi sui dati di Statistics Denmark e del Procuratore Generale, Remix News scrive che 54 condannati erano di origine danese, 36 erano immigrati da paesi non occidentali e 117 erano discendenti di immigrati non occidentali. Questo indica che il 72% delle condanne per reati legati alle gang riguarda persone con radici non occidentali.

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Le statistiche, riportate inizialmente da Berlingske, hanno sorpreso Frederik Bloch Münster, portavoce conservatore per l’immigrazione, che ha definito la percentuale «notevolmente alta».

 

Lars Højsgaard Andersen, ricercatore della Rockwool Foundation, ha osservato che Paesi come Iraq, Turchia, Somalia e Libano emergono con chiarezza nelle statistiche, suggerendo che atteggiamenti culturali verso la legge e l’autorità possano influire.

 

Significativamente, solo il 15% della popolazione danese è composto da stranieri o persone con background straniero, rendendo ancora più rilevante il fatto che il 72% dei condannati per reati di gang abbia un’origine migratoria.

 

Secondo Statistics Denmark, il Libano è il Paese di origine più frequente tra i condannati per reati di gang, con 35 casi, seguito da Somalia (29), Iraq (23) e Turchia (17).

 

Il primo ministro Mette Frederiksen ha più volte indicato l’immigrazione incontrollata come la «minaccia più grande» per la Danimarca. A maggio, ha dichiarato: «Se arrivano troppe persone che commettono crimini, non rispettano i valori democratici e mettono a rischio la nostra società aperta e fiduciosa, questo rappresenta il pericolo maggiore».

 

I dati emergono mentre il Partito Popolare Danese (DF) promuove uno dei programmi sull’immigrazione più rigidi d’Europa in vista delle elezioni generali del prossimo anno. Nel suo ultimo manifesto, il DF propone rimpatri di massa, revisioni delle cittadinanze e divieti di pratiche islamiche, sostenendo che l’immigrazione di massa dal Medio Oriente e dal Nord Africa abbia portato «criminalità, società parallele e cambiamenti culturali».

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Il partito avverte che l’immigrazione da Paesi come Turchia, Siria, Iraq, Libano, Pakistan, Afghanistan e Somalia ha causato «il più grande cambiamento demografico nella storia danese» e insiste affinché «le condizioni mediorientali siano ridimensionate per permettere a tutti nel paese di sentirsi a casa».

 

A differenza di paesi come Germania e Francia, la Danimarca raccoglie dati sulla criminalità legati al background migratorio. Questi dati consentono di monitorare meglio gli sforzi di integrazione di chi ha ottenuto la cittadinanza danese ma ha genitori stranieri.

 

I risultati sono sorprendenti: i migranti di seconda generazione presentano tassi di criminalità più elevati rispetto a quelli di prima generazione, che già superano di gran lunga quelli dei danesi etnici.

 

Come riportato da Renovatio 21, la scorsa estate era emerso un rapporto del governo tedesco che rivelava tassi di criminalità astronomici tra i giovani stranieri rispetto ai giovani autoctoni.

 

Nel frattempo, in Francia è stata proposto un emendamento per censurare gli articoli sui crimini degli immigrati. In Italia i discorsi sulla stampa sugli immigrati da diversi anni sono limitati dalla Carta di Roma, il «Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti» oggi parte integrante del «Testo unico dei doveri del giornalista», e implementata sugli iscritti all’Ordine dei Giornalisti con corsi deontologici obbligatori.

 

 

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Immigrazione

La Svizzera vieta agli stranieri di fare avanti e indietro dai loro Paesi

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La Svizzera ha comunicato un rafforzamento delle restrizioni di viaggio per i richiedenti asilo. Secondo una nuova disposizione governativa, a queste persone sarà generalmente vietato viaggiare verso i loro Paesi d’origine o altri Stati.   Le autorità potranno autorizzare i viaggi solo in casi eccezionali, come confermato dal governo mercoledì 22 ottobre.   Il governo ha precisato che servono ulteriori chiarimenti prima dell’entrata in vigore delle nuove norme, tra cui la definizione di quali siano i «motivi personali» sufficienti per approvare un viaggio e le circostanze in cui saranno consentiti viaggi di ritorno per organizzare una partenza definitiva.   Il partito austriaco di destra FPÖ ha definito la decisione svizzera «assolutamente corretta», sottolineando che «chi cerca protezione non ha certo bisogno di tornare nel Paese da cui fugge».

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La misura svizzera si pone in netto contrasto con i recenti sviluppi in Germania, dove all’inizio dell’anno il governo ha permesso ai rifugiati siriani di viaggiare in Siria per le vacanze senza perdere lo status di protezione. Tale misura, considerata «assurda» dal partito di centro-destra Unione Cristiano-Sociale (CSU), ha suscitato polemiche.   L’anno scorso, i media tedeschi hanno riportato che migliaia di cittadini afghani richiedenti asilo in Germania erano tornati in patria per le vacanze, per poi rientrare in Germania.   Il fenomeno del turismo nei Paesi nativi da cui scappano per chiedere protezione è stato al centro di discussioni anche in Isvezia.   In Italia la finzione migratoria, anche sotto il governo sedicente sovranista (che, di fatto, ha visto aumentare gli sbarchi) la questione non sembra essere troppo considerata. La Meloni, negli anni di opposizione, aveva promesso il blocco navale.   Nel frattempo continua l’esempio di remigrazione diretta di Trump, che, anche con l’aiuto delle forze armate, ne sequestra i beni e li deporta in Paesi terzi come l’Uganda.  

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Immigrazione

Dublino ancora in rivolta dopo che un immigrato è stato accusato di aver violentato una bambina di dieci anni

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Martedì è scoppiata una rivolta fuori da un centro per immigrati in un sobborgo di Dublino, scatenata dal presunto stupro di una bambina di dieci anni.

 

Sebbene le autorità non abbiano rivelato l’identità del sospettato, l’Irish Times ha riferito che si tratta di un richiedente asilo respinto, arrivato da un paese africano circa sei anni fa. Diverse migliaia di manifestanti si sono radunati a Saggart, dove alcuni hanno lanciato proiettili contro gli agenti, sparato fuochi d’artificio e dato fuoco ad almeno un furgone della polizia. La polizia ha schierato rinforzi e un cannone ad acqua per contenere i disordini.

 

Secondo la Child and Family Agency (TUSLA), l’aggressione è avvenuta nel fine settimana nei pressi dell’ex Citywest Hotel, trasformato in un rifugio permanente per migranti. La vittima, che era sotto tutela statale, è stata aggredita dopo essere «fuggita dal personale durante una gita ricreativa programmata con il personale nel centro città», ha dichiarato l’agenzia.

 

 

 

 

 

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La TUSLA ha aggiunto che la vittima era stata affidata alle sue cure all’inizio di quest’anno a causa di «gravi problemi comportamentali». La polizia ha dichiarato che il sospettato è stato fermato per essere interrogato. Gli agenti hanno 24 ore di tempo per incriminarlo o rilasciarlo.

 

Il Taoiseach (Primo Ministro) Micheal Martin ha affermato che le autorità hanno deluso la vittima. «È dovere fondamentale dello Stato proteggere i figli dello Stato e, indipendentemente dalla complessità o dalla gravità di ogni caso, tale dovere deve essere adempiuto», ha dichiarato. Il vice primo ministro Simon Harris ha definito il caso «orribile», ma ha esortato l’opinione pubblica alla moderazione.

 

«È importante che abbiamo l’opportunità di stabilire i fatti e che anche le agenzie abbiano l’opportunità di presentarli», ha affermato. Il ministro della Giustizia Jim O’Callaghan ha condannato gli attacchi alla polizia, affermando: «La protesta pacifica è un pilastro della nostra democrazia. La violenza non lo è».

 

Le proteste anti-immigrati in Irlanda, Paese dove interi paesini sono stati soppiantati dall’invasione programmatica di stranieri, continuano da mesi, coinvolgendo anche l’Irlanda del Nord. Un attacco con coltello al grido «Allah akbar» si è avuto a Dublino anche tre mesi fa.

 

Il caso scatenante si registrò nel novembre 2023 quando nella capitale un immigrato aveva accoltellato una donna e dei bambini. Seguirono rivolte massive e violente.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’episodio aveva portato alla possibilità che il lottatore MMA Conor McGregor, critico vocale della situazione, venisse attaccato con un’indagine delle autorità per discorso d’odio. Lui ha risposto ventilando la possibilità di candidarsi a Taoiseach, cioè primo ministro del Paese.

 

 

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Immagine screenshot da Twitter

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