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Storia

Chi sono i nazionalisti integralisti ucraini?

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Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Chi conosce la storia dei nazionalisti integralisti ucraini, i «nazisti» secondo la terminologia del Cremlino? Ha inizio durante la prima guerra mondiale, prosegue nella seconda guerra mondiale, poi durante la guerra fredda e, oggi, con l’operazione militare russa. Molti documenti sono stati distrutti e l’Ucraina moderna vieta, pena la reclusione, di menzionarne i crimini. Ma la storia non si cancella: queste persone hanno massacrato almeno quattro milioni di compatrioti e hanno concepito l’architettura della soluzione finale, ossia dell’uccisione di milioni di persone per l’appartenenza, reale o presunta, alle comunità ebraiche o zingare d’Europa.

 

 

Come maggior parte degli analisti e commentatori politici occidentali, anch’io fino al 2014 ignoravo l’esistenza dei neonazisti ucraini. Quando fu rovesciato il presidente eletto vivevo in Siria; credetti si trattasse di gruppuscoli violenti che avevano fatto irruzione sulla scena politica per dare manforte agli elementi filoeuropei.

 

Dopo l’intervento russo ho via via scoperto molti documenti e informazioni su questo movimento politico, che nel 2021 rappresentava un terzo delle forze armate ucraine. In questo articolo presento una sintesi delle mie ricerche.

 

Nei primissimi anni in cui ha avuto inizio questa storia, ossia anteriormente alla prima guerra mondiale, l’Ucraina era una vasta pianura da sempre contesa fra l’influenza tedesca e quella russa. All’epoca non era uno Stato indipendente, ma una provincia dell’impero zarista. Era abitata da tedeschi, bulgari, greci, polacchi, rumeni, russi, cechi, tatari e da una forte minoranza ebraica, supposta discendere dall’antico popolo Cazaro.

 

Un giovane poeta, Dmytro Dontsov, si appassionò ai movimenti dell’avanguardia artistica, ritenendo che avrebbero potuto far uscire il Paese dall’arretratezza sociale. All’impero zarista, immobile dalla morte della grande Caterina, Dontsov preferì l’impero tedesco, fulcro scientifico dell’Occidente.

 

Allo scoppio della Grande Guerra, Dontsov si trasformò in agente dei servizi segreti tedeschi. Emigrò in Svizzera, dove per loro conto pubblicò in diverse lingue il Bollettino delle nazionalità di Russia, incitandovi all’insurrezione le minoranze etniche dell’impero zarista per provocarne il crollo. I servizi segreti occidentali ne adottarono il modello per organizzare, l’estate scorsa a Praga, il Forum dei Popoli Liberi di Russia. (1)

 

Nel 1917 la rivoluzione bolscevica rovesciò la situazione. Gli amici di Dontsov si schierarono con la Rivoluzione russa, mentre lui rimase filotedesco. Nel periodo di anarchia che seguì, l’Ucraina fu divisa di fatto in tre distinti regimi: i nazionalisti di Symon Petliura (che s’imposero nella zona oggi controllata dall’amministrazione Zelensky); gli anarchici di Nestro Makhno (che si organizzarono in Novorossia, territorio che mai conobbe la servitù della gleba, sviluppato dal principe Potemkin); infine i bolscevichi (presenti soprattutto in Donbass). Il grido di battaglia dei sostenitori di Petliura era «Morte agli ebrei e ai bolscevichi!». Moltissimi i pogrom sanguinari da loro perpetrati.

 

Dmytro Dontsov tornò in Ucraina prima della disfatta tedesca e divenne il protetto di Symon Petliura. Dopo una fugace partecipazione alla Conferenza di pace di Parigi, abbandonò la delegazione ucraina, senza che se ne conosca la ragione. In Ucraina aiutò Petliura ad allearsi con la Polonia per schiacciare gli anarchici e i bolscevichi. Dopo la presa di Kiev da parte dei bolscevichi, Petliura e Dontsov negoziarono il Trattato di Varsavia (22 aprile 1920): le forze armate polacche s’impegnavano a respingere i bolscevichi e a liberare l’Ucraina in cambio della Galizia e della Volinia (proprio come oggi l’amministrazione Zelensky negozia l’entrata in guerra della Polonia in cambio degli stessi territori) (2).

 

La guerra fu un disastro.

 

Vladimir Jabotinsky, nato a Odessa, teorico del sionismo revisionista. Secondo lui Israele era una terra senza popolo per un Popolo senza terra.

 

Per rafforzare il proprio campo, Petliura negoziò in segreto con il fondatore dei battaglioni ebraici dell’esercito britannico (la Legione Ebraica), nonché amministratore dell’Organizzazione Sionista Mondiale (OSM), Vladimir Jabotinsky.

 

A settembre 1921 i due concordarono di fare fronte comune contro i bolscevichi, in cambio dell’impegno di Petliura a imporre alle proprie truppe il divieto di continuare i pogrom. La Legione Ebraica doveva diventare la «Gendarmeria ebraica». Ma, nonostante gli sforzi, Petliura non riuscì a tenere a bada i suoi, tanto più che il suo stretto collaboratore, Dontsov, continuava a incitare al massacro degli ebrei.

 

Alla fine, dopo la rivelazione dell’Accordo, l’Organizzazione Sionista Mondiale avversò il regime di Petliura.

 

Il 17 gennaio 1923 l’OSM istituì una commissione d’inchiesta sulle attività di Jabotinsky. Costui si rifiutò di giustificare il proprio operato e diede le dimissioni.

 

Symon Petliura s’impadronì del nord dell’Ucraina. Protettore dei nazionalisti integralisti, sacrificò Galizia e Volinia per combattere i russi.

 

Petliura fuggì prima in Polonia e poi in Francia, dove fu ucciso da un ebreo anarchico di Bessarabia (attuale Transnistria), che durante il processo assunse la piena responsabilità dell’assassinio, dichiarando di averlo commesso per vendicare le centinaia di migliaia di ebrei ammazzati dalle truppe di Petliura e Dontsov. Il processo ebbe grande risonanza. Il tribunale rimise in libertà l’omicida. In quest’occasione fu fondata la Lega contro i Pogrom, la futura LICRA (Lega Internazionale Contro il Razzismo e l’Antisemitismo).

 

I bolscevichi sconfissero non soltanto i nazionalisti, ma anche gli anarchici. S’imposero ovunque e decisero, non senza dibatterne, di unirsi all’Unione Sovietica.

 

Dontsov pubblicò riviste letterarie che esercitarono grande fascino sui giovani. Seguitò ad auspicare un’Europa centrale dominata dalla Germania e si avvicinò al nazismo via via che il movimento si affermava.

 

Ben presto battezzò la propria dottrina «nazionalismo integralista ucraino», in riferimento al poeta francese Charles Maurras. Dontsov e Maurras partono dal medesimo assunto: cercare nella propria cultura gli elementi per l’affermazione di un nazionalismo moderno. Ma Maurras era germanofobo, Dontsov invece germanofilo.

 

L’espressione «nazionalismo integralista» è tuttora rivendicata dagli adepti di Dontsov, che dalla caduta del terzo Reich stanno attenti a ricusare il termine «nazismo», con cui i russi, non senza motivo, li definiscono.

 

Secondo Dontsov, il nazionalismo ucraino si caratterizza per:


– «l’affermazione della volontà di vivere, di potenza e di espansione» (promuove «Il diritto delle razze forti di organizzare popoli e nazioni per rafforzare la cultura e la civiltà esistenti»);


– «il desiderio di combattere e la consapevolezza di doverlo fare fino alle estreme conseguenze» (tesse le lodi della «violenza creatrice della minoranza capace d’iniziativa»).

 

Le sue peculiarità sono:


– «il fanatismo»;
– «l’immoralità».

 

Voltando le spalle al proprio passato, Dontsov divenne un ammiratore incondizionato del Führer. I suoi discepoli avevano fondato nel 1929 l’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN), la cui figura centrale era il colonnello Yevhen Konovalets, che definì Dontsov «dittatore spirituale della gioventù della Galizia».

 

Mentre nasceva una disputa con un altro intellettuale a proposito dell’estremismo di Dontsov, in guerra perenne contro tutti, Konovalets fu assassinato. L’OUN, finanziato dai servizi segreti tedeschi, si divise in due fazioni. L’organizzazione dei nazionalisti integralisti si chiamò OUN-B, dal nome del discepolo prediletto di Dontsov, Stepan Bandera.

 

Negli anni 1932-33 i commissari politici sovietici, per la maggior parte ebrei, istituirono, in Ucraina e in tutte le altre regioni dell’URSS, un’imposta sui raccolti. Questa politica, combinata a importanti e imprevedibili eventi climatici, provocò in molte regioni dell’Unione Sovietica, fra cui l’Ucraina, una gigantesca carestia, conosciuta con il nome di Holodomor. Al contrario di quanto afferma lo storico nazionalista integralista Lev Dobrianski, non si trattò di un piano dei russi per sterminare gli ucraini, dal momento che ne furono colpite anche altre regioni, ma di una gestione inadeguata delle risorse pubbliche in un momento di cambiamento climatico. La figlia di Dobrianski, Paula, divenne una delle collaboratrici del presidente George W. Bush; si batté senza esclusione di colpi per negare le università occidentali agli storici che non aderivano alla propaganda del padre.  (3)

 

Nel 1934 Bandera, in quanto membro dei servizi segreti nazisti, nonché capo dell’OUN-B, organizzò l’assassinio del ministro dell’Interno polacco, Bronislaw Pieracki.

 

Dal 1939 i membri dell’OUN-B, organizzati in una formazione militare, l’UPA, furono addestrati in Germania dell’esercito tedesco, poi, sempre in Germania, dagli alleati giapponesi. Bandera propose a Dontsov di mettersi a capo dell’organizzazione, ma l’intellettuale rifiutò, preferendo il ruolo di leader a quello di comandante operativo.

 

I nazionalisti integralisti riconobbero l’invasione della Polonia, frutto del patto tedesco-sovietico. Come ha dimostrato Henry Kissinger, che certamente non può essere tacciato di simpatie sovietiche, l’URSS non voleva annettere la Polonia, ma neutralizzarne una parte per prepararsi allo scontro con il Reich. Lo scopo del cancelliere Hitler era invece avviare la conquista di uno «spazio vitale» in Europa centrale.

 

Sin dall’inizio della seconda guerra mondiale l’OUN-B si batté, su indicazione di Dontsov, a fianco dei nazisti, contro ebrei e sovietici.

 

La collaborazione tra nazionalisti integralisti ucraini e nazisti proseguì con continui massacri della maggioranza della popolazione ucraina ritenuta ebrea o comunista.

 

Nell’estate del 1941 l’Ucraina fu «liberata» dal III Reich, al motto «Slava Ukraïni!» (Gloria all’Ucraina), grido di battaglia oggi utilizzato dall’amministrazione Zelensky e dai Democratici Usa.

 

A Leopoli, non a Kiev, i nazionalisti integralisti proclamarono l’«indipendenza» dell’Ucraina dall’Unione Sovietica, alla presenza di rappresentanti nazisti e del clero greco-ortodosso, sull’esempio della Guardia di Hlinka in Slovacchia e degli Ustascia in Croazia. Formarono un governo sotto la leadership del Providnyk (guida) Bandera, di cui primo ministro fu l’amico Yaroslav Stetsko.

 

Si stima che i loro sostenitori in Ucraina fossero 1,5 milioni. Dunque i nazionalisti integralisti sono sempre stati esigua minoranza.

 

Celebrazione con dignitari nazisti dell’Ucraina indipendente. I tre ritratti alle spalle degli oratori sono di Stepan Bandera, Adolf Hitler e Yevhen Konovalets.

 

I nazisti si divisero tra la fazione guidata dal commissario del Reich per l’Ucraina, Erich Koch, per il quale gli ucraini erano sub-umani, e quella del ministro dei Territori occupati di Oriente, Alfred Rosenberg, per il quale i nazionalisti integralisti erano validi alleati.

 

Alla fine, il 5 luglio 1941 Bandera fu deportato a Berlino e messo in Ehrenhaft («onorevole detenzione»), ossia sottoposto a obbligo di residenza con rango elevato.

 

Tuttavia, il 13 settembre 1941, poiché membri dell’OUN-B avevano assassinato i capi della fazione rivale, l’OUN-M, i nazisti sanzionarono Bandera e la sua organizzazione. 48 dirigenti dell’OUN-B furono rinchiusi in un campo di prigionia, ad Auschwitz (all’epoca non ancora campo di sterminio, ma semplice prigione).

 

L’OUN-B fu riorganizzata sotto comando tedesco. Tutti i nazionalisti ucraini prestarono allora il seguente giuramento: «Figlio fedele della mia Patria, mi unisco volontariamente ai ranghi dell’Esercito di Liberazione Ucraino e con gioia giuro di combattere fedelmente il bolscevismo per l’onore del popolo. Questa battaglia la combatto a fianco della Germania e dei suoi alleati, contro un nemico comune. Con fedeltà e sottomissione incondizionata credo in Adolf Hitler quale dirigente e comandante supremo dell’Esercito di Liberazione. Sono disposto a sacrificare in ogni momento la mia vita per la verità».

 

Il giuramento dei membri dell’OUN di fedeltà al Führer Adolf Hitler.

 

I nazisti annunciarono di aver scoperto nelle prigioni molti corpi di vittime degli «ebrei bolscevichi». Fu così che i nazionalisti integralisti celebrarono la loro «indipendenza» assassinando oltre 30 mila ebrei e partecipando attivamente al massacro di Babij Jar: 33.771 ebrei di Kiev fucilati in due giorni, il 29 e 30 settembre 1941, dalle Einsatzgruppen dell’SS Reinhard Heydrich.

 

Nel trambusto, Dontsov scomparve. In realtà si era rifugiato a Praga, ove si era messo al servizio dell’ideatore della soluzione finale, Reinhard Heydrich, da poco nominato vicegovernatore di Boemia-Moravia.

 

Heydrich organizzò la Conferenza di Wannsee, che pianificò la «soluzione finale della questione degli ebrei e degli zingari» (4). In seguito istituì a Praga l’Istituto Reinhard Heydrich per coordinare la sistematica eliminazione di queste popolazioni in Europa.

 

L’ucraino Dontsov, che adesso viveva nel più gran lusso a Praga, ne divenne immediatamente amministratore. Dontsov fu quindi uno dei più importanti architetti del più grande massacro della storia. Heydrich fu assassinato a giugno 1942, ma Dontsov mantenne incarichi e privilegi.

 

Reinhard Heydrich pronuncia un discorso al castello di Praga. Era incaricato della gestione della Boemia-Moravia. In realtà il suo compito era coordinare la «soluzione finale» della questione degli ebrei e degli zingari. Dmytro Dontsov entrò a far parte dei collaboratori di Heydrich nel 1942; sovrintese ai massacri in tutta l’Europa, fino alla caduta del Reich. Il castello di Praga a ottobre scorso è stato sede della riunione contro la Russia della Comunità Politica Europea.

 

Stepan Bandera e il suo vice, Iaroslav Stetsko, furono sottoposti a obbligo di residenza nella sede dell’Ispettorato Generale per i Campi di Concentramento, a Oranienburg–Sachsenhausen, 30 chilometri da Berlino. Inviarono in assoluta libertà lettere ai propri sostenitori e ai dirigenti del Reich e non subirono alcuna restrizione.

 

A settembre 1944, mentre le forze armate del Reich si ritiravano e i sostenitori di Bandera cominciavano a rivoltarsi contro i tedeschi, Bandera e Stetsko furono liberati dai nazisti e ricollocati negli incarichi precedenti: ripresero la lotta armata contro ebrei e bolscevichi.

 

Ma ormai era troppo tardi. Il Reich crollò. Gli anglosassoni recuperarono Dontsov, Bandera e Stetsko. Dontsov, il teorico del nazionalismo integralista, fu trasferito in Canada; i due esperti del massacro furono invece mandati in Germania. L’MI6 e l’OSS (antesignano della CIA) riscrissero le loro biografie, cancellandone l’impegno a fianco dei nazisti e le responsabilità nella «soluzione finale».

 

Stepan Bandera in esilio, mentre celebra la memoria di Yevhen Konovalets.

Bandera e Stetsko furono sistemati a Monaco per organizzare le reti stay-behind anglosassoni in Unione Sovietica. Dal 1950 ebbero a disposizione un’importante emittente radiofonica, Radio Free Europe, che condividevano con i Fratelli Mussulmani di Said Ramadan (padre di Tariq).

 

La radio era finanziata dal National Committee for a Free Europe, emanazione della CIA: ne erano membri il direttore della radio Alan Dulles, il futuro presidente Dwight Eisenhower, il magnate della stampa Henry Luce, nonché il regista Cecil B. DeMilles. Lo presiedeva lo specialista di guerra psicologica, e futuro protettore degli Straussiani, Charles D. Jackson.

 

Quanto a Vladimir Jabotinsky, dopo aver abitato in Palestina, si rifugiò a New York, dove lo raggiunse Benzion Netanyahu (padre di Benjamin, attuale primo ministro israeliano). Insieme redassero i testi dottrinali del sionismo revisionista e l’Enciclopedia Ebraica.

 

Bandera e Stetsko viaggiarono molto. Organizzarono operazioni di sabotaggio in tutta l’Unione Sovietica, in particolare in Ucraina, e volantinaggi aerei. Allo scopo crearono il Blocco delle Nazioni Antisovietiche (ABN), che riuniva Paesi omologhi dell’Europa centrale (6).

 

L’agente britannico che faceva il doppio gioco, Kim Philby, informava in anticipo i sovietici delle azioni dei banderisti. Bandera incontrò Dontsov in Canada per chiedergli di mettersi a capo della lotta. L’intellettuale rifiutò nuovamente, preferendo dedicarsi ai propri scritti. Il suo pensiero andò alla deriva, involvendosi in un delirio mistico ispirato ai miti vichinghi variaghi: annunciava la battaglia finale dei cavalieri ucraini contro il dragone russo.

 

Bandera invece si alleò con il leader cinese Chiang Kai-Schek, che incontrò nel 1958. L’anno successivo Bandera fu assassinato a Monaco dal KGB.

 

Chiang Kai-Schek e Iaroslav Stetsko alla fondazione della Lega Anticomunista Mondiale.

 

Stetsko continuò la lotta per mezzo di Radio Free Europe e l’ABN. Andò negli Stati Uniti per testimoniare davanti alla Commissione per la repressione delle attività antiamericane, presieduta dal senatore Joseph McCarthy.

 

Nel 1967 fondò con Chiang Kai-Schek la Lega Anticomunista Mondiale (6). Alla Lega aderirono molti dittatori filostatunitensi di tutto il mondo; aveva due scuole di tortura, a Panama e a Taiwan. Ne fece parte anche Klaus Barbie, che assassinò Jean Moulin in Francia e poi Che Guevara in Bolivia.

 

Nel 1983 Stetsko venne ricevuto alla Casa Bianca dal presidente Ronald Reagan e partecipò con il vicepresidente George Bush padre alle cerimonie delle «Nazioni prigioniere» (ossia occupate dai sovietici) di Lev Dobrianski. Finché morì nel 1986.

 

Ma la vicenda non finisce qui. La moglie, Slava Stetsko, si mise a capo delle organizzazioni del marito. Anch’ella andò in giro per il mondo per sostenere ogni lotta contro russi e cinesi; meglio: contro i comunisti. Al crollo dell’URSS, Slava Stetsko si limitò a cambiare il nome della Lega facendola diventare Lega per la Libertà e la Democrazia, denominazione che conserva a tutt’oggi. In seguito si dedicò a riaffermarsi in Ucraina.

 

Nel 1994 Slava Stetsko si presentò alle prime elezioni dell’Ucraina indipendente. Fu eletta alla Verkhovna Rada ma, essendole stata revocata la cittadinanza ucraina dai sovietici, non poté presentarsi. Non desistette: fece venire il presidente ucraino Leonid Kuchma a Monaco, dove lo incontrò nei locali della CIA per dettargli passaggi della nuova Costituzione, che ancora oggi all’art. 16 sancisce che «la preservazione del patrimonio genetico del popolo ucraino pertiene alla responsabilità dello Stato». L’Ucraina persiste a proclamare ancora la discriminazione razziale, come nei periodi più bui della seconda guerra mondiale.

 

Slava Stetsko fu rieletta nelle due successive legislature, di cui presiedette solennemente le sedute di apertura, il 19 marzo 1998 e il 14 maggio 2002.

 

Nel 2000 Lev Dobransky organizzò a Washington un grande convegno con molti ufficiali ucraini. Vi invitò lo Straussiano Paul Wolfowitz, ex collaboratore di Charles D. Jackson. Durante il simposio i nazionalisti integralisti si misero a disposizione degli Straussiani per distruggere la Russia (8).

 

L’8 maggio 2007, a Ternopol, per iniziativa della CIA i nazionalisti integralisti dell’Autodifesa del Popolo Ucraino e gli islamisti fondarono un Fronte Antimperialista antirusso, presieduto congiuntamente dall’emiro di Ichkeria, Dokka Umarov, e da Dmytro Yarosh (attuale consigliere speciale del capo delle forze armate ucraine). Vi presero parte organizzazioni di Lituania, Polonia, Ucraina e Russia, oltre ai separatisti di Crimea, Adighezia, Dagestan, Inguscezia, Cabardino-Balcaria, Karachayevo-Cherkessia, Ossezia e Cecenia. Non potendovi partecipare a causa delle sanzioni internazionali, Umarov inviò un intervento scritto.

 

Retrospettivamente, i tatari di Crimea non riescono a spiegare la loro presenza alla riunione se non con il loro passato al servizio della CIA contro i sovietici.

 

Dopo la «rivoluzione arancione», il presidente filostatunitense Viktor Yushchenko creò un Istituto Dmytro Dontsov. Yushchenko è un esempio di ripulitura anglosassone: ha sempre affermato di non avere alcun rapporto con i nazionalisti integralisti. L’Istituto Dmytro Dontsov fu chiuso nel 2010 e riaperto dopo il colpo di Stato del 2014.

 

Il presidente Yushchenko poco prima della fine del suo mandato elevò il criminale contro l’umanità Stepan Bandera al titolo di «eroe della Nazione».

 

Nel 2011 i nazionalisti integralisti riuscirono a far approvare una legge che vieta di commemorare la fine della seconda guerra mondiale, perché vinta dai sovietici e persa dai banderisti. Ma il presidente Viktor Yanukovich rifiutò di promulgarla. Furiosi, i nazionalisti integralisti attaccarono il corteo dei veterani dell’Armata Rossa, caricando di botte dei vecchi. Due anni dopo le città di Leopoli e d’Ivano-Frankivsk abolirono le cerimonie della Vittoria e vietarono ogni manifestazione di esultanza.

 

Nel 2014 gli ucraini di Crimea e del Donbass rifiutarono di riconoscere il governo frutto di un colpo di Stato. La Crimea, che si era proclamata indipendente prima dell’Ucraina, espresse di nuovo la propria volontà e aderì alla Federazione di Russia. Il Donbass scelse un compromesso. I nazionalisti ucraini, guidati dal presidente Petro Poroshenko, smisero di provvedere ai servizi pubblici e bombardarono la popolazione. In otto anni assassinarono almeno 16 mila concittadini nell’indifferenza generale.

 

È così che dopo il colpo di Stato del 2014 le milizie nazionaliste integraliste furono incorporate nelle forze armate ucraine. Nel loro regolamento interno impongono a ogni combattente di leggere le opere di Dmytro Dontsov, in particolare il suo capolavoro, Націоналізм (Nazionalismo).

 

Ad aprile 2015 la Verkhovna Rada dichiarò i membri dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN) «combattenti per l’indipendenza». La legge fu promulgata a dicembre 2018 dal presidente Poroshenko. Chi fece parte delle Waffen SS ebbe diritto a una pensione di vecchiaia retroattiva e a ogni genere di privilegio. La stessa legge stabilì che affermare che i militanti dell’OUN e i combattenti dell’UPA collaborarono con i nazisti e praticarono la pulizia etnica di ebrei e polacchi è reato. Se questo articolo fosse pubblicato in Ucraina manderebbe in prigione me per averlo scritto e voi per averlo letto.

 

Il 1° luglio 2021 il presidente Volodymyr Zelensky ha promulgato una legge che pone le popolazioni autoctone dell’Ucraina sotto la protezione dei diritti dell’uomo. Diritti che, per difetto, i cittadini di origine russa non possono invocare davanti a un tribunale.

 

A febbraio 2022 le milizie nazionaliste integraliste, che rappresentavano un terzo delle forze armate del Paese, stavano pianificando un’invasione coordinata di Crimea e Donbass. Furono fermate dall’operazione militare russa, finalizzata a far applicare la risoluzione 2202 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e mettere fine al calvario delle popolazioni del Donbass.

 

La vice-prima ministra canadese, Chrystia Freeland, e i membri della sezione canadese dell’OUN durante una manifestazione di sostegno al presidente Zelensky. Freeland è candidata alla segreteria generale della Nato.

 

A marzo 2022 il primo ministro israeliano, Naftali Bennett, rompendo con il «sionismo revisionista» di Benjamin Netanyahu (figlio del segretario di Jabotinsky) suggerì al presidente Volodymyr Zelensky di acconsentire alle richieste russe e di denazificare l’Ucraina (9).

 

Imbaldanzito dall’insperato sostegno, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, osò evocare il caso del presidente ebreo dell’Ucraina: «Il popolo ebreo nella sua saggezza ha detto che gli antisemiti più veementi sono in genere loro stessi ebrei. Ogni famiglia ha la sua pecora nera, come si suol dire». Era troppo per gli israeliani, che si allarmano sempre quando si tenta di dividerli. L’omologo di Lavrov, Yair Lapid, ricordò che gli ebrei non hanno mai organizzato da sé l’olocausto di cui sono stati vittime.

 

Stretto fra la propria coscienza e le alleanze, lo Stato ebraico ribadì a non finire il proprio sostegno all’Ucraina, ma rifiutò di inviarle anche la benché minima arma.

 

Alla fine fu lo stato-maggiore a decidere: il ministro della Difesa, Benny Gantz chiuse ogni possibilità di sostegno in armi al successore dei massacratori degli ebrei.

 

Gli ucraini sono gli unici nazionalisti che si battono non per il loro popolo, non per la loro terra, ma per un’unica idea: annientare ebrei e russi.

 

 

Thierry Meyssan

 

 

Principali fonti:

Ukrainian Nationalism in the age of extremes. An intellectual biography of Dmytro Dontsov, Trevor Erlacher, Harvard University Press (2021).
Stepan Bandera, The Life and Afterlife of a Ukrainian Nationalist. Fascism, Genocide, and Cult, Grzegorz Rossoliński-Liebe, Ibidem (2014).

 

 

NOTE

1) «La strategia occidentale per smantellare la Federazione di Russia», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 16 agosto 2022.

2) «La Polonia e l’Ucraina», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 14 giugno 2022.

[3«L’Holodomor, nouvel avatar de l’anticommunisme “européen”» (estratto di Le Choix de la défaite), Annie Lacroix-Riz (2010).

4) «The Wannsee Conference in 1942 and the National Socialist living space dystopia», Gerhard Wolf, Journal of Genocide Research, Vol 17 N°2 (2015). https://doi.org/10.1080/14623528.2015.1027074

5) Notiziari del Blocco delle Nazioni Antisovietiche sono disponibili nella Biblioteca di Réseau Voltaire. ABN Korrespondenz (auf Deutsch), ABN Correspondence (in english).

6) «L’internazionale criminale: la Lega anticomunista mondiale», di Thierry Meyssan, Traduzione Alessandro Lattanzio, Rete Voltaire, 3 luglio 2016.

7) «Ucraina: la seconda guerra mondiale non è finita», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 26 aprile 2022.

9) «Israele sbalordito dai neonazisti ucraini», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 8 marzo 2022.

 

 

 

Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND

 

 

 

 

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Immagine di Mykola Vasylechko via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

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Spirito

Turchia, scoperte pagnotte di 1.300 anni con l’immagine di Cristo Seminatore

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Nel sito di Topraktepe, nella Turchia meridionale, un gruppo di ricercatori ha scoperto cinque pani carbonizzati recanti iscrizioni e immagini religiose. Uno raffigura Cristo che semina il grano, accompagnato da una dedica in greco, mentre gli altri recano croci maltesi.

 

La scoperta è avvenuta a Topraktepe, un sito identificato come l’antica città bizantina di Irenopolis, situata nell’attuale provincia turca di Karaman, in Anatolia. Gli archeologi hanno rinvenuto cinque pagnotte carbonizzate che, secondo gli esperti, potrebbero essere state utilizzate durante le celebrazioni liturgiche da una comunità cristiana rurale dedita principalmente all’agricoltura, risalenti al VII o VIII secolo.

 

«Questi pani, risalenti a oltre 1.300 anni fa, gettano nuova luce su un affascinante capitolo della vita bizantina. Dimostrano che la fede andava oltre preghiere e cerimonie, manifestandosi in oggetti che davano un significato spirituale a un bisogno umano fondamentale: il pane», ha spiegato uno dei membri del team di scavo.

 

I ricercatori hanno affermato che i pani si sono conservati dopo che un incendio, probabilmente domestico, li ha improvvisamente carbonizzati, preservandone la forma e la decorazione. I funzionari provinciali hanno definito la scoperta «uno degli esempi meglio conservati finora identificati in Anatolia», secondo il quotidiano Posta .

 

Il sito di Topraktepe aveva già portato alla luce resti di necropoli, camere scavate nella roccia e fortificazioni, ma pochi oggetti riflettevano così direttamente la devozione quotidiana dei suoi abitanti. «Questa scoperta è interpretata come prova del valore simbolico dell’abbondanza e del lavoro nella spiritualità dell’epoca», ha aggiunto una dichiarazione ufficiale citata da Star.

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Come sottolinea Anatolian Archaeology, queste scoperte «forniscono prove materiali dirette di pratiche cristiane provinciali, raramente accessibili al di fuori di fonti scritte. Questo risultato conferisce al sito un interesse molto speciale per lo studio dell’espressione locale e provinciale del cristianesimo bizantino».

 

Gli studiosi hanno sottolineato che queste testimonianze rurali differiscono dalle forme di culto urbane di Costantinopoli, dimostrando come la religiosità contadina rimanesse strettamente legata al ciclo agricolo. Irenopoli, situata lungo una rotta commerciale, viveva di agricoltura e pastorizia; pertanto, la raffigurazione di Cristo come seminatore rifletteva fedelmente la vita e lo spirito di questa comunità cristiana.

 

Secondo La Vanguardia, i ricercatori collegano l’iscrizione al brano del Vangelo di San Giovanni (6,35): «Io sono il pane della vita». Questa scoperta, quindi, introduce un nuovo contesto archeologico a una delle metafore più profonde della fede cristiana.

 

Il team di archeologi prevede di condurre analisi chimiche e botaniche per determinare quali tipi di cereali e lieviti siano stati utilizzati nella preparazione del pane. Stanno anche cercando di stabilire se si trattasse di pane eucaristico, utilizzato nelle celebrazioni liturgiche, o di pane benedetto distribuito ai fedeli.

 

Va ricordato che il cristianesimo orientale utilizza, per la maggior parte delle chiese o dei riti, pane lievitato, non pane azzimo. Ma va anche notato che il pane antidoron, benedetto, ma non consacrato, veniva distribuito ai fedeli alla fine della messa, come talvolta avviene ancora con il pane benedetto.

 

Inoltre, sperano di individuare una cappella vicina che sarebbe stata utilizzata per conservare i pani prima dell’uso. «La conservazione del pane liturgico del VII o VIII secolo è estremamente rara. I pani di Topraktepe offrono quindi una finestra unica sul culto cristiano primitivo», ha concluso il team di ricerca.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

 

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Droga

La mafia ebraica, quella siciliana e il traffico di droga USA nel periodo interbellico

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Secondo Alfred W. McCoy nel suo The Politics of Heroin: CIA Complicity in the Global Drug Trade, dagli anni venti del Ottocento negli Stati Uniti la malavita ebraica aveva controllato lo smercio dell’eroina per le strade americane. Si era creata questa situazione soprattutto perché la mafia siciliana aveva seguito una linea tradizionale ed idealistica in cui vietava al suo interno gli affari riguardanti prostituzione e narcotraffico.   In questo modo, questo tipo di affari venne prese completamente in mano da potenti gangster ebrei come Irving «Waxey Gordon» Wexler, Arnold Rothstein o Louis «Lepke» Buchalter.    Nel 1917 il New York Kehillah, un’agenzia della comunità ebraica, aveva pubblicato una serie di studi sul problema della droga a New York City. I risultati raccontavano come su 283 spacciatori di droga catalogati si potevano contare tra loro, 83 ebrei, 23 italiani, 8 irlandesi, 5 afroamericani e 3 greci. Riguardo lo specifico caso dello smercio della cocaina riscontrarono come l’85% fossero costituito da ebrei e il restante 15% da italiani. 

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Allo stesso modo quando il proibizionismo cominciò nel 1920, altri criminali ebrei cominciarono i loro affari, Benjamin «Bugsy» Siegel, Arthur Schulz e Meyer Lansky e in breve tempo avevano preso il controllo del contrabbando di liquori. Negli anni Venti, delle diciassette maggiori organizzazioni, sette erano ebree, cinque italiane, tre irlandesi. Prima dell’inizio della guerra i nomi più noti vennero piano piano fatti fuori o arrestati, l’unico che rimase e che continuò la sua ascesa fu Lansky grazie ad un’alleanza con gli italiani.    Dagli anni Trenta però una nuova generazione di malavitosi italiani cominciarono a prendere il potere all’interno della mafia. In seguito anche a una guerra senza precedenti che lasciò sul campo più di sessanta gangsters uccisi si cominciò a modificare il codice d’onore della tradizione. Il carismatico capofila di questa nuova ondata di giovani mafiosi era Salvatore C. Lucania, meglio conosciuto come Lucky Luciano.    Dopo una serie di «riunioni» dove eliminò la vecchia guardia, delineò la sua idea di riorganizzazione del cartello in un sistema più moderno e di respiro mondiale. Vincendo il supporto delle ventiquattro famiglie mafiose americane, Luciano fu in grado di far diventare la mafia la più importante organizzazione criminale americana, mettendo in atto tecniche organizzative pionieristiche per l’epoca.   L’alleanza con la malavita ebraica, in particolar modo con la persona di Meyer Lansky, durò oltre quarant’anni contribuendo a farla diventare la caratteristica principale della criminalità organizzata americana.    L’eroina era un sostituto interessante per l’alcool. Nonostante i numeri dei tossicodipendenti non fossero comparabili, l’eroina aveva dei notevoli vantaggi. La sua recente entrata nella famiglia delle sostanze proibite la rendeva attraente per via di un mercato enorme ancora da esplorare. Era più leggera e si trasportava con meno spesa. Le sue fonti produttive limitate la rendevano facile da monopolizzare.    L’eroina oltretutto si rendeva perfettamente complementare all’altro nuovo segmento di mercato esplorato da Luciano: l’organizzazione della prostituzione su una scala mai vista prima. L’unione tra tossicodipendenza e prostituzione organizzata divenne il marchio di fabbrica della mafia di Luciano negli anni trenta. Nel 1935 controllava duecento bordelli solamente a New York e circa mille duecento prostitute, unendo questo alle scommesse e dal controllo dei sindacati la mafia aveva nuovamente raggiunto la sua sicurezza finanziaria.    Attraverso minacce e taglio dei prezzi la svolta data da Luciano si fece sentire presto nelle strade di New York. Con il crollo della purezza dell’eroina, fumarla non produceva più gli effetti desiderati, costringendo i consumatori a doversela iniettare sotto pelle. Secondo uno spacciatore di Times Square: «gli italiani stavano vendendo merda piena di chimica e acidi… sono talmente tanto affamati di soldi che l’hanno tagliata almeno una mezza dozzina di volte».   Verso la fine degli anni Trenta, in ogni caso, l’organizzazione di Luciano cominciò a perdere colpi. Lo schema quasi industriale con cui aveva costruito il suo monopolio sulla prostituzione soprattutto, si rivoltò contro di lui. Le prostitute si organizzarono per denunciarlo. Thomas Edmund Dewey quindi, procuratore distrettuale di New York, dopo aver già condannato Waxey Gordon, riuscì a infliggere una pena dai trenta ai cinquant’anni a Luciano e ai suoi nove coimputati italiani ed ebrei, per prostituzione forzata.   Durante gli anni Trenta la quasi totalità delleroina arrivava da raffinerie posizionate a Shanghai e a Tientsin, con qualche eccezione della Marsiglia dei corsi e della tratta del Medio Oriente in mano ai fratelli Eliopoulos. Con la fine della guerra le raffinerie cinesi avevano appena ricominciato a produrre ma con l’arrivo a Shanghai di Mao Tse-Tung e del suo esercito, tutti i trafficanti dovettero sparire. I fratelli Eliopoulos si erano ritirati con l’arrivo del conflitto e i marsigliesi soffrirono dell’alleanza con la Gestapo che li aveva infine portati alla rovina o all’esilio. La mafia in Sicilia allo stesso modo era ridotta ai minimi termini avendo sofferto vent’anni di oppressione da parte della polizia fascista di Mussolini.    Con larrivo della guerra, l’attenzione maniacale derivata dalla potenziale presenza di spie aveva reso gli accessi al territorio statunitense praticamente invalicabili. La maggioranza dei tossicodipendenti erano stati forzati a trovare una soluzione alla mancanza di materia prima e di conseguenza il consumo di eroina negli Stati Uniti si era ridotto al minimo storico. Assieme a questo, gli operatori logistici illegali del traffico di stupefacenti avevano sofferto della mancanza di introiti e avevano raggiunto un livello di debolezza mai visto.

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Con la tossicodipendenza ai minimi storici nella società americana e la malavita mondiale ridotta in ginocchio da anni di distruzione e oppressione militare, la possibilità di far scomparire per sempre il narcotraffico era alla portata di mano della polizia americana. Al contrario, invece, la volontà della CIA fu quella di utilizzare questi canali irregolari per produrre dei proxy coperti in grado di operare nel momento del bisogno al lontano da sguardi indiscreti e senza necessità di ottenere l’approvazione del congresso o, peggio ancora, del popolo americano. Operazioni clandestine pagate dal narcodollaro a favore della lotta al comunismo.   La stessa situazione si può ritrovare a pochi decenni di distanza incontrando però attori diversi che seguono uno schema simile. La filiera produttiva latino americana venne preferita a quella asiatica ma allo stesso modo gruppi di proxy favoriti da ufficiali della CIA spinsero l’afflusso di cocaina prima e del suo surrogato povero, il crack, in seguito negli Stati Uniti. La quantità enorme di coca raffinata che arrivò in quegli anni negli Stati Uniti portò a stravolgere la cultura dell’epoca, non solo americana.    Ne parlò in anticipo sui tempi Gary Webb con i suoi articoli online nel 1996 sul sito del San José Mercury News che divennero poi Dark Alliance: The CIA, the Contras and the Crack Cocaine Explosion. Venne screditato apertamente dal gotha del giornalismo e dell’intellighenzia americana che produssero contro di lui svariati rapporti negando l’esistenza di prove e assieme anche qualsiasi possibilità di replica.   La vita di Webb, in seguito anche a una profonda depressione conseguenza delle difficoltà che dovette affrontare, terminò con quello che è stato ritenuto un suicidio frutto di ben due colpi di pistola alla testa.    Marco Dolcetta Capuzzo

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Immagine: foto segnaletica di Bugsy Siegel, dipartimento di Polizia di Nuova York, 12 aprile 1928. Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Alla fonte dell’antico traffico mondiale dell’eroina

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Alfred W. McCoy pubblicò nel 1972 The Politics of Heroin in Southeast Asia, un libro che diede scalpore e che venne ampiamente discusso alla sua uscita anche dalla stessa CIA, in cerca di potenziali errori al suo interno.

 

L’ultima edizione riveduta e ampliata risale al 2003 e venne rinominata, più accuratamente, The politics of heroin: CIA complicity in the global drug trade. McCoy storico accademico e autore, si specializzò inizialmente in storia delle Filippine per poi deviare verso la storia del traffico illecito di sostanze stupefacenti. 

 

All’uscita del libro nel 1972, a 26 anni ancora dottorando a Yale in Storia del Sud-Est Asiatico, accusò e testimoniò di fronte a un comitato del Senato statunitense la complicità di un gruppo di persone per la produzione e la ridistribuzione della raffinazione del papavero da oppio.

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In una copia del Daytona Beach Morning Journal del primo giugno del 1972, possiamo trovare riassunti tutti i punti portati da McCoy davanti al comitato. Le accuse di McCoy comprendevano la più alte sfere militari laotiane, cambogiane, sud vietnamite e tailandesi. Alcuni intermediari come la mafia corsa di Marsiglia e la famiglia malavitosa di Santo Trafficante di Miami. Infine accusò ufficiali americani complici di aver condonato e addirittura cooperato per sostenere questo schema di tratta illegale di stupefacenti in seguito a vantaggi politici e militari. 

 

La pronta risposta dalle istituzioni americane chiamate in causa non tardò ad arrivare commentando con fermezza che le accuse lanciate non avevano incontrato alcun riscontro e neppure alcuna prova di colpevolezza. Al contrario, sottolineavano, come se non fossero bastate già le accuse, che la collaborazione con le più alte sfere politiche e militari del Sud-Est asiatico non era mai stato così solida. 

 

McCoy spiegava come il traffico di eroina e oppio in Vietnam del Sud era diviso tra le organizzazioni politiche del presidente Nguyen Van Thieu, il vice presidente Nguyen Cao Ky a il primo ministro Tran Van Khiem. Secondo l’autore, la sorella del generale Ky, la signora Nguyen The Ly, viaggiava una volta al mese a Vientiane, la capitale del Laos, per organizzare una spedizione di eroina verso Phnom Pehn o Pakse in Cambogia. Successivamente sarebbe stata presa in carico dalla quinta divisione aerea vietnamita in direzione Saigon. 

 

Lo studioso descriveva come il primo fornitore della signora Ky fosse un malavitoso cinese chiamato Huu Tim Heng il quale a sua volta utilizzava la sua partecipazione nell’industria di imbottigliamento di Pepsi di Vientiane come copertura per l’importazione dei prodotti chimici necessari. Heng a sua volta comprava l’oppio dal generale Ouane Rattikone chief of staff del reale esercito del Laos. 

 

Lo storico ricordava come il generale Rattikone aveva ammesso di controllare il commercio di oppio nel Laos settentrionale e ponentino fin dal 1962 ma oltre a questo anche i sistemi per la sua produzione. La somma delle due iniziative lo facevano risultare come il più grande fabbricante del paese. L’eroina prodotta da Rattikone era di tale qualità che veniva venduta direttamente anche alle truppe americane nel Vietnam del Sud. 

 

McCoy spiega come la maggioranza del traffico di oppio nel Laos del nordest era controllato dal generale Vang Pao, comandante delle truppe mercenarie sostenute dalla CIA. Allo stesso modo il governo della Tailandia permetteva ai ribelli birmani, ai nazionalisti cinesi irregolari e alle bande armate di mercenari, di muovere enormi carovane di muli carichi con centinaia di tonnellate di oppio birmano attraverso i confini della Tailandia settentrionale. Secondo l’accusatore, alcuni tra i più vicini sostenitori del presidente Thieu all’interno dell’esercito vietnamita controllavano la distribuzione e la vendita dell’eroina ai soldati americani di stanza in Indocina. 

 

L’autore racconta come Santo Trafficante, principale rappresentante della sua famiglia mafiosa, organizzò assieme ai più importanti membri della cosca corsa di Marsiglia un incontrò a Saigon per aprire sempre più le strade all’eroina del Sud-Est asiatico verso le terre americane. 

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Le dichiarazioni dello studioso andavano anche verso il generale Dang Van Quang, consigliere militare del presidente Thieu, inquadrato come il più importante pusher di tutto il Vietnam meridionale. Secondo alcuni ufficiali americani, il generale Ugo Dzu, risultava come uno dei maggiori trafficanti di narcotici di tutto il Vietnam centrale. Secondo il libro, il generale, comandante della seconda armata, venne rimosso successivamente dal suo incarico per incompetenza militare. 

 

McCoy, non risparmiando nessuno, continua accusando anche le ambasciate americane in Indocina di tentare di coprire il più possibile il ruolo dei degli ufficiali locali palesemente implicati nella tratta di eroina. Secondo lo storico, McMurtrie Godley, ambasciatore statunitense in Laos, fece del suo meglio per prevenire l’assegnazione di ufficiali del U.S. Bureau of Narcotics al Laos per via del suo interesse nel continuare a cooperare con il governo e i militari laotiani. 

 

Per chiudere con uno degli esempi più famosi e ritratti anche da un celeberrimo film con Mel Gibson e Robert Downey jr., nel Laos del Nord, i velivoli e gli elicotteri della Air America affittati dalla CIA trasportavano regolarmente oppio coltivato dai mercenari al soldo dell’agenzia.

 

Nell’articolo apparso sul New York Times del 9 agosto del 1972 possiamo scoprire come Harper & Row, Inc., la casa editrice, decise comunque di pubblicare il testo del giovane studioso nonostante le forti lamentele provenienti dall’agenzia. 

 

Lawrence D. Houston, responsabile legale della CIA, richiese una copia per sua personale lettura precedente alla pubblicazione. B. Brooks Thomas, vice presidente e responsabile legale della società editrice, rispose che le accuse arrivate in seguito al controllo del testo si erano rivelate generaliste e anche abbastanza deludenti. 

 

In un intervista successiva McCoy sottolineò quanto fosse stupito dalla disparità intercorsa tra la iniziale roboante, militante critica della CIA sul libro e la lettera finale che si era rivelata essere molto debole al limite del patetico. 

 

Marco Dolcetta Capuzzo

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Immagine di D Guisinger via Wikimedia pubblicata su licenza Creaative Commons Attribution 2.0 Generic

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