Bizzarria
Chi fa il dito medio a Macron rischia il carcere

Tre manifestanti del comune francese di Selestat, che si trova vicino al confine con la Germania, rischiano il carcere per aver dato il dito medio al presidente francese Emmanuel Macron durante la sua visita in città il 19 aprile.
A causa del loro gesto nei confronti del presidente francese, i tre manifestanti rischiano fino a un anno di carcere e una multa di 15.000 euro. Nessuno dei manifestanti ha precedenti penali. Anche una quarta persona è stata arrestata, tuttavia nel suo caso le accuse sono state ritirate per mancanza di prove.
Quando Macron è arrivato a Selestat è stato accolto da una folla che chiedeva le sue dimissioni e da un coro di fischi. L’indice di approvazione di Macron nel paese è precipitato da quando ha deciso di andare avanti con le riforme delle pensioni nonostante le massicce proteste di mesi in tutto il paese contro le riforme.
All’epoca, Macron disse di credere nel diritto di protestare. «Non sono ingenuo, ho appena approvato una legge difficile e impopolare, ma non vedo l’ora di restare in contatto [con la popolazione]. Le persone dovrebbero essere in grado di esprimersi liberamente, ma il Paese deve andare avanti», aveva detto Macron ai giornalisti dopo le proteste.
I manifestanti hanno seguito Macron nella regione dell’Alsazia, picchiando su pentole e padelle per interrompere i suoi discorsi. Ciò ha portato il governo ad approvare frettolosamente il divieto di «dispositivi di suono portatili» poche ore prima che Macron arrivasse nel villaggio di Ganges. La polizia ha confiscato le pentole ai manifestanti, classificandole come soggette a tale legge.
I sindacati francesi hanno finora rifiutato ulteriori dialoghi con Macron e, secondo quanto riferito, la situazione è talmente grave che il presidente francese ha fatto ricorso al trasporto di generatori ovunque vada perché i sindacati hanno interrotto l’alimentazione nelle aree che sta visitando.
I manifestanti hanno anche promesso di spegnere e togliere l’elettricità a eventi popolari, tra cui il festival del cinema di Cannes e il Gran Premio di Monaco.
L’indice di gradimento di Macron è solo del 26%, secondo un sondaggio BVA.
Un altro sondaggio, condotto da L’Opinion en direct, ha affermato che la candidata del 2022 del Rassemblement National Marine Le Pen batterebbe facilmente Macron se le elezioni si tenessero oggi, con il 55% dei voti ipotetici.
Come riportato da Renovatio 21, già in passato si erano visti manifestanti che mostravano «le doigt» (il dito) al presidente durante le cerimonie del 14 luglio, mostrando poi il video in rete.
French citizens boo and whistle at #Macron during the Bastille Day parade in Paris-Parisians made their feelings known about the globalist poster child who is now struggling to get anything passed in the French Parliament under his newly castrated minority government. pic.twitter.com/IDSNBO151B
— Sue Ellen (@EstergrenSue) July 16, 2022
In altre occasioni Macron è stato accolto da lanci di pomodori.
Le tiran tomates a Macron pic.twitter.com/BTHuh4WAkQ
— Ramon Fonseca Mora (@ramonfonsecamor) April 27, 2022
È inoltre noto l’episodio in cui il presidente è stato giflé, cioè è stato preso da schiaffi.
Recentemente gli è stato lanciato un uovo addosso. I manifestanti delle proteste parigine gli stanno insistentemente mostrando la ghigliottina.
Macron è noto per una certa permalosia quando si tratta di incontri con il popolo. Anni fa si adirò grandemente con un adolescente che lo salutò chiamandolo «Manu», diminutivo del suo nome di battesimo «Emmanuel», pure utilizzando verbi del tutoyer, cioè del dare del tu invece che del voi. Manu Macrone produsse una scenata presidenziale sul posto, appena al di là della transenna che lo separava dal povero ragazzino malcapitato .
Nel frattempo, Il presidente francese, in piena agenda woke, ha reso omaggio a Toussaint Louverture, il leader della rivoluzione haitiana morto 220 anni fa.
In un’altra visita ai Caraibi qualche anno fa, durante una visita nel Quartier d’Orleans, uno dei quartieri più poveri dell’isola francese di Saint Martin, emersero foto che furono giudicate «oltraggiose» e che diedero da pensare.
Saint-Martin : Reaulf Fleming, le braqueur qui a posé dans un selfie controversé avec Emmanuel Macron aux Antilles, a été interpellé pour possession de stupéfiants et rébellion (Le Parisien). pic.twitter.com/qi4IWYy4e7
— Infos Françaises (@InfosFrancaises) October 17, 2018
Le jeune braqueur photographié avec Macron à Saint-Martin condamné pour possession de drogue https://t.co/NmoRagB210 pic.twitter.com/QsmiDEnce0
— BFMTV (@BFMTV) October 17, 2018
Non c’è che dire: qui il gestaccio del dito lo faceva uno dei suoi «amici» (di cui uno poi condannato per droga), mentre il Macrone sorrideva beato fra loro.
Bizzarria
Ecco la catena alberghiera dell’ultranazionalismo revisionista giapponese

Per chi è stato in viaggio in Giappone il nome APA hotels potrebbe risultare familiare. La catena di alberghi dalla caratteristica insegna arancione è onnipresente nel Paese del Sol Levante, possiede circa 900 strutture alberghiere e in alcune zone urbane la loro densità è incredibile: così a memoria direi che ce ne sono almeno 5 nella zona tra Asakusa e Asakusabashi (due fermate di metro o mezz’ora scarsa a piedi).
La catena ha anche già iniziato la sua espansione nell’America settentrionale, con 40 strutture tra Stati Uniti e Canada.
Di recente ho avuto l’occasione di provare per la prima volta un hotel APA a Kanazawa, dove la catena è nata nei primi anni ottanta. Il giudizio complessivo è positivo: pulito, molto pratico da usare, al netto di stanze piuttosto anguste (ma nella norma nipponica) non posso dire che mi sia mancata alcuna comodità.
Anzi, le stanze dispongono del «bottone buonanotte» (oyasumi botan) cioè un pulsante vicino al comodino che spegne tutte le luci in un colpo solo. Di questo sono particolarmente grato perché mi ha risparmiato la classica caccia agli interruttori che contraddistingue le serate passate negli alberghi meno recenti qui in Giappone – in alcuni ryokan ci sono persone che si rassegnano a dormire con le luci accese per la disperazione, spossati dalla caccia all’interruttore nascosto.
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Un’altra caratteristica degli hotel APA è l’onnipresenza dell’effigie della presidentessa dell’azienda, la buffa Fumiko Motoya, sempre accompagnata da uno dei suoi vistosissimi cappelli (la sua collezione ne conta circa 240).

Fumiko Motoya, di hirune5656 via Wikimedia CC BY 3.0
Insegne, pubblicità, bottiglie di acqua minerale, confezioni di curry liofilizzato: non c’è posto da cui non spunti il sorriso della nostra Fumiko, il tutto ha una lieve sfumatura di culto della personalità da regime totalitario.
Ma quello che porta ripetutamente questa azienda al centro di aspre polemiche non sono i vistosi copricapo del suo presidente, né tanto meno la folle varietà di ristoranti ospitati dagli alberghi APA (a seconda della località mi è capitato di vedere ristoranti italiani, indiani, singaporiani, coreani, caffè in stile europeo, letteralmente la qualsiasi). Si tratta, invece, della cifra politica della catena alberghiera.
Ogni stanza d’albergo ha in dotazione almeno un paio di copie degli scritti del fondatore dell’azienda, Toshio Motoya, storico e ideologo di orientamento decisamente patriottico.
Gli scritti in questione innescano periodicamente polemiche furibonde: il picco era stato raggiunto tra 2016 e 2017, quando il volume che si trovava nelle stanze degli alberghi conteneva una revisione storica del massacro di Nanchino (1937). Apriti cielo: il clima allora era meno liberticida di adesso, si era agli albori dei social media totalitari come li conosciamo oggidì, ma le polemiche in Asia e occidente furono furibonde.
Il bello è che l’autore e l’azienda hanno fatto quello che oggi nessuno fa: nessun passo indietro, nessuna scusa, soltanto ribadire le proprie ragioni in maniera più articolata. In un mondo come quello in cui viviamo, in cui la gogna internettiana ha reso tutti ominicchi, quaquaraquà e, d’altronde love is love, un po’ invertiti, un atteggiamento del genere si può forse definire eroico.
Cotale attitudine mi ha ricordato l’epoca d’oro del movimento ultrà italiano, quando ancora dalle curve, allora libere da qualsiasi controllo da parte di partiti politici, malavita e istituzioni, si alzava il coro liberatorio: «Noi facciamo il cazzo che vogliamo!».
La pagina in inglese dell’azienda usa uno stile revisionistico che in Europa sarebbe ragione sufficiente per arresto, condanna e detenzione. Ve la ricordate la libertà, voi europei? Pensate che brivido trovare in albergo letteratura che rivede il dogma riguardo agli eventi accaduti nei primi anni quaranta tra Polonia, Germania e Austria…
Di fronte alle furiose contestazioni, l’azienda continua imperterrita a fare trovare in ogni camera delle copie di Theoretical modern history (理論近現代文学), i volumi che raccolgono gli scritti del fondatore della catena Motoya. Durante il mio soggiorno a Kanazawa ho avuto modo di leggere alcuni articoli che mi hanno dato una prospettiva diversa della storia giapponese.
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L’insegnamento della storia nel Giappone post bellico ha frequentemente preso l’aspetto di una forma di autoflagellazione (sotto la guida dell’occupante statunitense). Questa colpevolizzazione del paese a scapito di tutte le altre forze coinvolte nel conflitto mondiale raggiunge picchi disturbanti nelle prefetture più sinistrorse del Paese, le così dette H2O (Hiroshima, Hokkaido, Oita).
Ci sono stati casi di genitori che hanno protestato dopo avere sentito che ai figli veniva insegnato che «le bombe atomiche ce le siamo meritate». Dopo decenni di scuse a capo chino, non c’è da stupirsi che parte del Paese inizi a manifestare insofferenza verso questo clima culturale e a volersi riconciliare con la propria storia, senza intenti necessariamente autoassolutori.
L’articolo che riporto nella foto riguardo al pilota suicida (quelli che l’occidente chiama kamikaze, ma che in Giappone sono tokkoutai, 特攻隊、le squadre speciali d’assalto), mi ha ricordato il manifesto elettorale del partito Sanseito, in cui due piloti «kamikaze» sono raffigurati abbracciati e con le lacrime agli occhi, un’immagine dei cosiddetti kamikaze diversa da quella che solitamente ci viene mostrata.
Passare una notte all’APA hotel è stata l’occasione per capire una volta di più che al popolo del Giappone, come a quelli d’Europa, è stato messo sulle spalle il giogo di un senso di colpa che impedisce loro di esistere in quanto tali, costringendoli ad abiurare sé stessi quotidianamente.
Adesso basta, noi facciamo il katsu che vogliamo.
Taro Negishi
Corrispondete di Renovatio 21 da Tokyo
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Immagine di Mr.ちゅらさん via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata
Bizzarria
Chirurgo del servizio sanitario pubblico britannico si è fatto amputare le gambe per «gratificazione sessuale»

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Bizzarria
Ladro d’auto si ferma a far benzina mentre è inseguito dalla polizia

Eccezionale scena ripresa da varie telecamere: un uomo a bordo di un’Infiniti blu rubata ha condotto la polizia della California in un inseguimento a 160 chilometri orari nel traffico di Losa Angeles, epperò fermandosi a metà inseguimento per fare benzina.
Un video mostra il sospetto di Grand Theft Auto (GTA), cioè furto di macchina, in una stazione di servizio Shell nella zona di Wilshire, a Los Angeles, mentre faceva rifornimento nervosamente con la camicia tirata sul viso – il tutto mentre sapeva di avere la polizia alle calcagna. Il motociclista alla pompa successiva sembrava ignaro della drammatica situazione.
«Non potrebbe comportarsi in modo più sospetto, te lo assicuro», ha commentato il giornalista che stava riprendendo l’inseguimento dall’elicottero. Il cronista volante ha anche notato che non c’era polizia nelle vicinanze, dando all’uomo più di un minuto per fare rifornimento.
What if you needed to fill up with gas in GTA 6? pic.twitter.com/S9argH5k7H
— GTA Sheriff (@GTA_Sheriff) August 24, 2025
GTA suspect STOPS FOR GAS mid pursuit 🔥🏆#inmateswithtalent #prisonlife #losangeles #policechase #gas
(via @ABC7LA) pic.twitter.com/ONWkkjP4rE
— Inmates With Talent (@InmatesWTalent) August 25, 2025
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Dopo aver riavvitato con calma il tappo del serbatoio, l’uomo si è allontanato a tutta velocità, passando poi sotto un cavalcavia per evitare di essere visto dagli elicotteri. Ha quindi abbandonò l’auto (a cui aveva appena fatto il pieno), facendola per qualche ragione schiantare contro un palo della luce. Il reporter dall’elicottero la ha definita «forse la mossa più intelligente della serata».
L’uomo si è quindi dileguato. Di lui, al momento, nessuna traccia – se non il serbatoio pieno dell’auto rubata.
La polizia ritiene che un altro automobilista possa averlo aiutato a fuggire. L’inseguimento ha attirato grande attenzione sui social media, con gli spettatori che hanno seguito increduli la diretta dell’elicottero mentre il sospettato si fermava casualmente per fare benzina durante l’inseguimento.
I commentatori hanno notato l’insolita decisione degli agenti di indietreggiare ripetutamente, una tattica talvolta utilizzata per ridurre il pericolo per il pubblico durante gli inseguimenti ad alta velocità.
È interessante notare che il cavalcavia da cui il sospettato è fuggito è esattamente lo stesso cavalcavia da cui, in un altro recente inseguimento della polizia, il sospettato è sceso da un’autocisterna rubata ed è salito su un altro veicolo rubato, scrive ABC7.
GTA, o Grand Thef Auto, è una popolarissima e pluridecennale serie di videogiuochi open-world incentrato su ogni sorta di violenza stradale, incluso soprattutto il ladrocinio di automobile. Ebbene, crediamo che in nessuna versione di GTA una mossa del genere sia stata tentata.
Pensiamo sempre di averle viste tutte. E invece.
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Immagine screenshot da Twitter
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