Immigrazione
Champions League, chi è il vero responsabile dei disordini prima della finale? Indovinate
I disordini prima della finale di Champions League Liverpool – Real Madrid disputata a Parigi stanno tenendo banco anche ora, con accuse al ministro degli Interni francesi, accusato di aver fornito una versione farebbe acqua da tutte le parti.
I media mainstream hanno inizialmente raccontato questa storia: dei tifosi del Liverpool avrebbero tentato di entrare, provocando così la risposta della polizia francese, che avrebbe quindi sparato lacrimogeni anche su quei tifosi che invece non c’entravano nulla.
La partita è iniziata con 35 minuti di ritardo. Migliaia e migliaia di supporter inglesi muniti di biglietto valido sono alla fine rimasti fuori. Il rischio di trovarsi con una strage di persone calpestate e soffocate era immenso.
Shocking ???? French police #Disgraceful #Liverpool we feel for you ❤️ pic.twitter.com/kn3JyvFvm2
— AamirTahir29 (@AamirTahir29) May 28, 2022
Ora anche i mezzi di informazione mainstream stanno arrivando alla realtà.
I disordini, come appare da alcuni video e da testimonianze finite in rete, sono stati causati da masse di ragazzi di Saint-Denis, il quartiere parigino dove si trova lo Stade de France, conosciuto per la radicale maggioranza etnica straniera, al punto che qualcuno lo definisce una No-go zone.
Agression de supporters de Liverpool #LiverpoolVsRealMadrid #saintdenispic.twitter.com/IXBJfeAvfK
— Fdesouche.com est une revue de presse (@F_Desouche) May 29, 2022
Autre vidéo d’agressions de supporters de #Liverpool #stadedefrance pic.twitter.com/HUVT7OOiIV
— Fdesouche.com est une revue de presse (@F_Desouche) May 29, 2022
Violente charge policière dans un bar à proximité de la fan zone de Liverpool à Nation, la situation dégénère. Les personnes en terrasse reçoivent des coups de matraques. #Liverpool #LIVRMA #LiverpoolVsRealMadrid pic.twitter.com/Wl0Vu2kMTd
— Remy Buisine (@RemyBuisine) May 28, 2022
Capita così, dopo giorni, di leggere qualche ammissione perfino sul Corriere della Sera: «decine di ragazzi, in prevalenza abitanti di Saint-Denis, la banlieue di Parigi dove si trova lo stadio, hanno scavalcato i cancelli e sono riusciti a entrare senza biglietto, inutilmente rincorsi dai pochi addetti alla sicurezza, completamente superati dagli eventi; altri gruppi di teppisti locali hanno derubato, in qualche caso picchiandoli, pacifici tifosi del Real Madrid e del Liverpool, anche famiglie con bambini e persone anziani, sottraendo loro telefonini, portafogli e biglietti validi; molti tornelli sono rimasti bloccati per tutti, senza distinguere tra i biglietti falsi e quelli regolarmente comprati per migliaia di euro».
The French police are charging fans and locals outside the Stade de France. #UCLFinal pic.twitter.com/stQkzX0l4G
— Jam Williams-Thomas (@JamAntonioTV) May 28, 2022
I fan del Liverpool denunciano di essere stati aggrediti da bande di immigrati, e chiedono l’intervento dei loro rappresentanti al Parlamento britannico.
In pratica, le bande etniche locali avrebbero preso di mira i 50 mila turisti inglesi considerandoli facili prede.
La reazione della polizia francese, denunciano alcuni osservatori, è stata quella di picchiare i tifosi inglesi. Tra i tanti liverpudlians scesi nella capitale francese anche il sindaco della città inglese, rimasto sconvolto dall’accaduto.
È d’uopo ricordare che a breve Parigi ospiterà le Olimpiadi: questa è una prova generale, sia per le orde criminali etniche che per la polizia.
Insomma, un altro trionfo per l’Europa multiculturale, l’Europa che abbraccia i migranti e si sottomette alla loro cultura nomade e rapace.
Immagine screenshot da Twitter
Immigrazione
Orban promette di sfidare le «scandalose» quote di migranti dell’UE
Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha annunciato che il suo paese non adempirà agli obblighi europei sull’accoglienza dei migranti a partire dal prossimo anno, accusando Bruxelles di aver sferrato «un attacco assurdo e ingiusto» contro l’Ungheria.
Il Patto UE sulla migrazione e l’asilo, approvato lunedì e previsto in vigore da luglio 2026, stabilisce che ciascun Stato membro partecipi in proporzione alla popolazione e al PIL. Lo scopo è ridurre il carico sui paesi più esposti – Cipro, Grecia, Italia e Spagna –, come ha precisato la Commissione Europea.
I governi dovranno ospitare un numero prefissato di migranti provenienti dagli hotspot o versare 20.000 euro per ciascun rifiuto.
«Finché l’Ungheria avrà un governo nazionale, non metteremo in atto questa decisione scandalosa», ha postato martedì su X Orban, da sempre oppositore delle politiche migratorie di Bruxelles.
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La Commissione ha inoltre classificato Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia e Polonia tra i paesi esposti a una «significativa pressione migratoria». L’Ungheria, però, non figura in questa lista.
Orbsn ha contestato l’idea che il suo paese sia immune dalla crisi migratoria, definendola «completamente slegata dalla realtà». Ha ricordato che ogni anno decine di migliaia di individui tentano ingressi illegali, intercettati dalle guardie di frontiera e dal sistema di barriere ungheresi.
Nel giugno 2024, la Corte di giustizia dell’UE ha condannato l’Ungheria a una multa forfettaria di 200 milioni di euro, più 1 milione di euro al giorno, per il mancato rispetto delle norme comunitarie sull’asilo.
Il mese scorso Orban aveva ribadito che preferirebbe versare la sanzione giornaliera di 1 milione di euro piuttosto che aprire le porte ai migranti irregolari, asserendo che pagare è «meglio che vivere nella paura» e garantendo ai cittadini un’estate di vacanze in sicurezza. I mercatini natalizi sono stati bersaglio di attacchi jihadisti in vari episodi di rilievo negli ultimi anni.
L’UE affronta da oltre vent’anni un’intensa pressione migratoria. L’impegno dei Paesi NATO europei nel collasso di Libia e Siria, unito al loro appoggio all’Ucraina nel confronto con la Russia, ha indotto milioni di individui a dirigersi verso l’Unione.
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Immagine di Belgian Presidency of the Council of the EU 2024 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Immigrazione
Trump: persone «deboli» guidano un’Europa «in decadenza»
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Immigrazione
Trump definisce gli immigrati somali «spazzatura»
Il presidente statunitense Donald Trump ha espresso contrarietà all’accoglienza di immigrati somali negli Usa, invitandoli a rimpatriare nella loro terra d’origine – l’Africa orientale, «a stento una nazione» – e a «mettere ordine laggiù».
Le sue parole si inseriscono in un più ampio affondo contro la comunità somalo-americana, in particolare nel Minnesota, sede della più numerosa diaspora somala negli Stati Uniti. L’uscita segue la determinazione di Washington di sospendere le procedure di asilo, in replica alla sparatoria di due militari della Guardia Nazionale nei pressi della Casa Bianca la settimana scorsa.
Nel corso di una sessione governativa martedì, Trump ha bacchettato gli immigrati somali, tra cui la deputata democratica Ilhan Omar, accusandoli di «non recare alcun beneficio» alla società americana.
«Se proseguiamo a importare rifiuti nella nostra Patria, imboccheremo la strada del declino. Ilhan Omar è immondizia, è immondizia. I suoi amici sono immondizia», ha tuonato, aggiungendo che la Somalia «è un fallimento per un valido motivo».
TRUMP: “Our country’s at a tipping point. We could go bad.. We’re going to go the wrong way if we keep taking in garbage into our country.”
“Ilhan Omar is garbage. She’s garbage. Her friends are garbage. These aren’t people that work. These aren’t people that say, ‘let’s go,… pic.twitter.com/fmH2t3Q2gp
— Fox News (@FoxNews) December 2, 2025
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«Queste non sono persone che lavorano. Non sono persone che dicono: “Andiamo, forza. Rendiamo questo posto fantastico”. Queste sono persone che non fanno altro che lamentarsi» ha tuonato il presidente USA. «Quando vengono dall’inferno e si lamentano e non fanno altro che lagnarsi non li vogliamo nel nostro Paese. Lasciamo che tornino da dove sono venuti e risolvano la situazione».
Omar, nata in Somalia e naturalizzata statunitense, è la prima donna di origini africane a sedere al Congresso, eletta nel quinto distretto del Minnesota e membro della «squad» progressista democratica, spesso in rotta di collisione con i repubblicani.
Come riportato da Renovatio 21, Trump l’aveva già bollata come «feccia» a settembre, dopo che era scampata per un soffio a una mozione di censura alla Camera per commenti sprezzanti sull’attivista conservatore Charlie Kirk, assassinato. Aveva pure rilanciato illazioni su un presunto matrimonio con il fratello per ottenere «illecitamente» la cittadinanza americana.
In un messaggio su X diramato martedì, Omar ha tacciato di «inquietante» l’«ossessione» del presidente \nei suoi confronti. «Spero ottenga l’assistenza di cui abbisogna urgentemente», ha commentato.
His obsession with me is creepy. I hope he gets the help he desperately needs. https://t.co/pxOpAChHse
— Ilhan Omar (@IlhanMN) December 2, 2025
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La Somalia versa in una cronica instabilità e minaccia terroristica da decenni, alimentata dal gruppo qaidista Al-Shabaab e da altre frange estremiste. Molti somali approdarono negli USA negli anni Novanta, in piena guerra civile. Altri ancora arrivarono con Obama.
La scorsa settimana, Trump ha annunciato l’intenzione di estromettere i somali dal programma di Temporary Protected Status (TPS), che autorizza immigrati da nazioni in crisi a soggiornare e lavorare negli USA, denunziando «brigate» di rifugiati somali che «hanno invaso» il Minnesota, «un tempo uno Stato magnifico», seminando terrore e facendo evaporare miliardi di dollari.
Il governatore del Minnesota Tim Walz – da Trump etichettato come un capo «ritardato» per non aver «mosso un dito» contro il fenomeno – ha stigmatizzato la revoca del TPS come «discriminatoria e lesiva».
La comunità somala negli Stati Uniti, stimata tra 150.000 e 200.000 persone, è una delle più grandi diaspore somale al mondo. Lo Stato del Minnesota ospita la popolazione più numerosa, con circa 86.000 Somali, concentrati a Minneapolis, soprannominata «Little Mogadishu», o Piccola Mogadiscio. Altre comunità significative si trovano a Columbus (Ohio), Seattle (Washington) e San Diego (California). La migrazione, iniziata negli anni Novanta per la guerra civile in Somalia, è stata guidata da opportunità lavorative e supporto di agenzie di reinsediamento.
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Immagine di pubblico dominio Cc0 via Flickr
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