Politica
Censura ucraina, Zelen’skyj dà al suo governo i poteri di limitare i media, bloccare i siti web, dare ordini alle Big Tech

Lo scorso giovedì, il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha firmato un controverso disegno di legge che aumenta sostanzialmente l’autorità di regolamentazione del governo sui mezzi di informazione. La nuova legge conferisce al governo di Kiev nuovi poteri di censura ed è un nuovo colpo alla libertà di stampa nel Paese.
Come riporta il sito Reclaim the Net, la legislazione aumenta in modo significativo i poteri dell’autorità di regolamentazione statale delle trasmissioni radiotelevisive dell’Ucraina per consentirgli di regolamentare sia la carta stampata che i mezzi di informazione online.
Inoltre, la legge consente di imporre multe ai media, di revocare le loro licenze senza un giusto processo e persino di bloccare temporaneamente alcuni siti web senza passare attraverso ordinanze di tribunali.
Molto significativamente, la nuova legge zelenskiana conferisce all’autorità di regolamentazione l’autorità di ordinare ai giganti della ricerca come Google e altre piattaforme di social media di rimuovere i contenuti – un potere che, ad esempio, lo Stato italiano non siamo certi abbia.
La nuova legge bavaglio del regime kievita ha suscitato le critiche di membri di organizzazioni internazionali come la Federazione europea dei giornalisti e il Comitato per la protezione dei giornalisti, che hanno espresso le loro preoccupazioni riguardo il futuro della libertà di stampa.
«La regolazione coercitiva prevista dal disegno di legge e in mano a un regolatore totalmente controllato dal governo è degna dei peggiori regimi autoritari. Deve essere ritirato. Uno stato che applichi tali disposizioni semplicemente non ha posto nell’Unione Europea», ha affermato il segretario generale dell’EFJ Ricardo Gutiérrez.
«La regolamentazione dei media dovrebbe essere attuata da un organismo indipendente dal governo e il suo obiettivo dovrebbe essere l’indipendenza dei media, non il controllo dei media», ha aggiunto Gutiérrez.
«Il disegno di legge ucraino sui media mette seriamente in pericolo la libertà di stampa nel paese rafforzando il controllo del governo sulle informazioni in un momento in cui i cittadini ne hanno più bisogno», ha dichiarato Gulnoza Said, coordinatore del programma Europa e Asia centrale del Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ).
«I legislatori ucraini dovrebbero abbandonare il disegno di legge, o almeno sospendere i suoi progressi in parlamento fino a quando l’Unione europea non potrà intervenire con raccomandazioni”.
I membri dell’Unione nazionale dei giornalisti ucraini si sono fortemente opposti al disegno di legge a causa del suo potenziale di ridurre le libertà fondamentali all’interno del Paese, scrive Reclaim the Net.
Tuttavia, Yevheniia Kravchuk, vicepresidente della commissione per la politica dell’informazione del Parlamento, ha contraddetto tali preoccupazioni affermando che la legislazione ucraina sui media non era aggiornata, vista l’assenza di Internet 16 anni prima. Questo nuovo disegno di legge più ampio sarebbe necessario per aggiornare le loro leggi sui media e fornire un maggiore accesso a informazioni e tecnologie accurate, dice l’autorità statale.
L’enormità di una legge che impone la censura alle aziende teoricamente intoccabili della Silicon Valley tuttavia va letta seguendo le tracce lasciate in questi mesi: Facebook, è stato rivelato a inizio conflitto, avrebbe fatto delle eccezioni ai suoi standard riguardo appelli all’assassinio politico e all’apologia di gruppi neonazisti per permettere agli utenti ucraini di chiedere la morte di Putin e inneggiare al Battaglione Azov. Con giusto gergo militare, lo Zelens’kyj ha quindi ringraziato il social di Mark Zuckerberg per l’aiuto nello «spazio informativo».
Uno dei principali ponti tra le grandi società tecnologiche e il regime di Kiev è costituito dal giovane ministro dell’Innovazione Mykhaylo Fedorov, già autore della campagna presidenziale sul web di Zelens’kyj, che scrisse a tutti i nomi di Big Tech chiedendo aiuto per l’Ucraina e censura per la Russia. Ottenne più di qualche risultato.
Il Fedorov in seguito avrebbe continuato ad operare, anche sotto i missili di precisione di Mosca, al fine di stabilire un sistema di ID digitale per la popolazione ucraina, uno dei desiderata del WEF ora in via di implementazione in vari Paesi. Non va dimenticato che proprio pochi giorni prima dello scoppio del conflitto Zelens’kyj e Fedorov organizzarono un grande evento, con presentazione teatral-tecnologica in stile Silicon Valley, per lanciare un’app chiamata Diia che fungesse da ID digitale del cittadino ucraino, dove potevano essere bonificati 30 dollari alla sua avvenuta vaccinazione anti-COVID.
Come riportato da Renovatio 21, lo Stato ucraino già a marzo ha cominciato a bandire TV e partiti politici per via giudiziaria, continuando per tutto l’anno, distinguendosi anche per arresti di blogger che vivono all’estero.
Enormi difficoltà sono state poste da Kiev anche riguardo ai sindacati, nel silenzio quasi totale dei degli organi del sindacalismo mondiale (con il presidente di una grande sigla che sarebbe stato fermato per il Qatargate).
L’apice della repressione e della censura del regime Zelens’kyj si è toccato con l’attacco alla Chiesa Ortodossa d’Ucraina.
Cionondimeno, l’attore comico (non divertente) divenuto presidente viene accolto a Washington tra tutti gli onori come santo della democrazia odierna. Incredibile.
Il giornalista americano Tucker Carlson non esita a chiamarlo «dittatore dell’Est Europa», ed è probabilmente davanti a questo concetto che il portavoce degli Esteri russi Maria Zakharova lo ha definito «il figlio di puttana dell’Occidente». La diplomatica di Mosca stava probabilmente facendo eco alle parole del presidente Franklin Delano Roosevelt nei confronti del dittatore del Nicaragua Anastasio Somoza Garcia: «è un figlio di puttana, ma è il nostro figlio di puttana».
Il sito di sinistra americano Grayzone in un articolo ha definito lo Zelens’kyj come un «Pinochet messo lì dall’ordine neoliberale».
Legibus solutus: in quanto protetto dell’Occidente, a Zelens’kyj pare essere consentita qualsiasi cosa, compreso di «sbagliare mira» (come no) e mandare missili a uccidere cittadini polacchi su suolo polacco.
Politica
Orban dice che l’UE potrebbe andare al «collasso» e chiede accordi con Mosca

L’UE è sull’orlo del collasso e non sopravvivrà oltre il prossimo decennio senza una «revisione strutturale fondamentale» e un distacco dal conflitto ucraino, ha avvertito il primo ministro ungherese Viktor Orban.
Intervenendo domenica al picnic civico annuale a Kotcse, Orban ha affermato che l’UE non è riuscita a realizzare la sua ambizione fondante di diventare una potenza globale e non è in grado di gestire le sfide attuali a causa dell’assenza di una politica fiscale comune. Ha descritto l’Unione come entrata in una fase di «disintegrazione caotica e costosa» e ha avvertito che il bilancio UE 2028-2035 «potrebbe essere l’ultimo se non cambia nulla».
«L’UE è attualmente sull’orlo del collasso ed è entrata in uno stato di frammentazione. E se continua così… passerà alla storia come il deprimente risultato finale di un esperimento un tempo nobile», ha dichiarato Orban, proponendo di trasformare l’UE in «cerchi concentrici».
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L’anello esterno includerebbe i paesi che cooperano in materia di sicurezza militare ed energetica, il secondo cerchio comprenderebbe i membri del mercato comune, il terzo quelli che condividono una moneta, mentre il più interno includerebbe i membri che cercano un allineamento politico più profondo. Secondo Orbán, questo amplierebbe la cooperazione senza limitare lo sviluppo.
«Ciò significa che siamo sulla stessa macchina, abbiamo un cambio, ma vogliamo muoverci a ritmi diversi… Se riusciamo a passare a questo sistema, la grande idea della cooperazione europea… potrebbe sopravvivere», ha affermato.
Orban ha accusato Brusselle di fare eccessivo affidamento sul debito comune e di usare il conflitto in Ucraina come pretesto per proseguire con questa politica. Finché durerà il conflitto, l’UE rimarrà una «anatra zoppa», dipendente dagli Stati Uniti per la sicurezza e incapace di agire in modo indipendente in ambito economico, ha affermato.
Il premier magiaro ha anche suggerito che, invece di «fare lobbying a Washington», l’UE dovrebbe «andare a Mosca» per perseguire un accordo di sicurezza con la Russia, seguito da un accordo economico.
Il primo ministro di Budapest non è il solo a nutrire queste preoccupazioni. Gli analisti del Fondo Monetario Internazionale e di altre istituzioni hanno lanciato l’allarme: l’UE rischia la stagnazione e persino il collasso a causa di sfide strutturali, crescita debole, scarsi investimenti, elevati costi energetici e tensioni geopolitiche.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
Il passo indietro di Ishiba: nuovo capitolo nella lunga crisi del centro-destra giapponese

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Politica
Il governo francese collassa

Il governo francese è collassato dopo che il Primo Ministro François Bayrou ha perso un cruciale voto di fiducia in Parlamento lunedì. Bayrou è il secondo primo ministro consecutivo sotto Emmanuel Macron a essere destituito, precipitando la Francia in una crisi politica ed economica.
Per approvare una mozione di sfiducia all’Assemblea Nazionale servono almeno 288 voti. Quella di lunedì ne ha ottenuti 364, con il Nuovo Fronte Popolare di sinistra e il Raggruppamento Nazionale di destra coalizzati per superare lo stallo sul bilancio di austerità di Bayrou.
Dopo aver resistito a otto mozioni di sfiducia, Bayrou ha convocato questo voto per ottenere supporto alle sue proposte, che prevedevano tagli per circa 44 miliardi di euro per ridurre il debito francese in vista del bilancio di ottobre.
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Bayrou, che aveva definito il debito pubblico un «pericolo mortale», sembra aver accettato la sconfitta. Domenica, ha criticato aspramente i partiti rivali, che, pur «odiandosi a vicenda», si sono uniti per far cadere il governo.
Bayrou è il secondo primo ministro deposto dopo Michel Barnier, rimosso a dicembre dopo soli tre mesi, e il sesto sotto Macron dal 2017.
La caduta di Bayrou lascia Macron di fronte a un dilemma: nominare un Primo Ministro socialista, cedendo il controllo della politica interna, o indire elezioni anticipate, che i sondaggi indicano favorirebbero il Rassemblement National di Marine Le Pen.
Con la popolarità di Macron al minimo storico, entrambe le opzioni potrebbero indebolire ulteriormente la sua presidenza. Gli analisti temono che una perdita di fiducia dei mercati nella gestione del deficit e del debito francese possa portare a una crisi simile a quella vissuta dal Regno Unito sotto Liz Truss, il cui governo durò meno della via di un cavolo prima della marcescenza.
Il malcontento verso Macron è in crescita: un recente sondaggio di Le Figaro rivela che quasi l’80% dei francesi non ha più fiducia in lui.
Come riportato da Renovatio 21, migliaia di persone hanno protestato a Parigi nel fine settimana, chiedendo le dimissioni di Macron con slogan come «Fermiamo Macron» e «Frexit».
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Immagine di © European Union, 1998 – 2025 via Wikimedia pubblicata secondo indicazioni
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