Alimentazione
Carne sintetica, arrivano le polpette di mammut
Una polpetta ricavata dalla carne di un mammut – animale oramai estintosi migliaia di anni or sono – è quanto potremmo ritrovarci presto nel piatto. O quantomeno qualcosa che possa assomigliare a quella carne,
Nella nota pellicola di Spielberg, cult movie anni Novanta, Jurassic Park, venivano ricreati dinosauri in laboratorio, oggi la realtà si spinge verso le fantasie più paradossali. Nel film tratto dal romanzo di Michael Crichton erano gli animali preistorici a cibarsi degli uomini – ora siamo invece arrivati al punto in cui sono gli uomini che vogliono mangiare gli animali preistorici.
Un’azienda australiana di carne coltivata, ha preparato nel suo laboratorio una delle fonti di proteine più esotiche e decisamente bizzarre pensabili: polpette di mammut.
Questa azienda che si chiama Vow, sta spingendo per farci consumare carne coltivata in laboratorio come alternativa a quella vera e propria proveniente dalle creature viventi. A questo proposito, la bizzarra scelta di un mammut sembra voler simboleggiare con forza la perdita di fauna selvatica per l’uomo e il cambiamento climatico.
Una polpetta di elefante preistorico per fermare il Climate Change, e la genetica per resuscitare le specie dall’estinzione: un piano di marketing etico che non fa una grinza.
«Dobbiamo iniziare a ripensare a come otteniamo il nostro cibo. La mia più grande speranza per questo progetto è… che molte più persone in tutto il mondo inizino a sentire parlare di carne coltivata», ha detto alla CNN James Ryall, direttore scientifico della Vow.
Gli scienziati dell’azienda hanno trovato la sequenza del DNA del mammut per la mioglobina, una proteina del muscolo scheletrico presente nei mammiferi, e poi hanno colmato le lacune utilizzando il DNA dell’elefante.
Per coltivare la carne, i ricercatori hanno inserito la sequenza della mioglobina mammut nelle cellule staminali del muscolo di una pecora. Da lì lasciano crescere le cellule per qualche settimana per arrivare alla supposta carne di mammut.
«Da un punto di vista genomico, è solo un gene tra tutti gli altri geni delle pecore che è mammut», ha detto alla CNN Ernst Wolvetang, senior group leader presso l’Australian Institute for Bioengineering and Nanotechnology . «È un gene su 25.000».
«Non ho idea di quale possa essere la potenziale allergenicità di questa particolare proteina», ha detto Ryall. «Non verrà messo in vendita, perché non abbiamo idea del profilo di sicurezza di questo particolare prodotto».
«Senza dubbio mi piacerebbe provarlo!», ha dichiarato sempre al canale di notizie statunitense Love Dalén, professore di genomica evolutiva all’Università di Stoccolma, che ha mangiato un pezzo di cucciolo di mammut congelato durante una spedizione in Sibera.
Vow forse non venderà carne di mammutto ai clienti, ma vuole portare i suoi altri prodotti, come la carne di quaglia coltivata, nei ristoranti. Singapore è uno dei luoghi più propensi per questa nuova subcultura culinaria, dove la carne di laboratorio è già stata approvata per il consumo umano.
Anche in Europa questa nuova frontiera della cucina trova i suoi adepti: una startup di carne coltivata in vitro, la Primeval Foods ha in programma di portare sul mercato tutta una serie di carni esotiche, tra cui zebra, leone, elefante e tigre. Tale azienda ha già trovato un paio di ristoranti stellati Michelin a Londra per presentare in anteprima i suoi piatti.
Il famoso e controverso filantropo Bill Gates fortemente investito belle carni sintetiche, tanto che il miliardario di Seattle è arrivato a raccomandare che ogni singolo «Paese ricco» sulla Terra si allontani dalla carne di manzo al più presto possibile.
Il Gates ha affermato che quelli che definisce gli «80 Paesi più Poveri» continueranno a mangiare vera carne bovina ancora per un po’, purtroppo. Ma è ottimista sul percorso del mondo sviluppato verso la fake meat, la carne finta.
Come riportato da Renovatio 21, cosiddetta «de-estinzione» dei mammutti, sulla cui resurrezione si lavora tramite la bioingegneria, è una fissa di George Church, uno delle figure centrali nello sviluppo della riprogenetica del XXI secolo, con idee che vanno dal Tinder genetico alla creazione di Mirror Humans, ossia esseri umani dalla biochimica totalmente invertita, quindi non suscettibili, in teoria, di alcuna malattia.
Tempo fa era emerso che il progetto di una società biotech per riportare in vita i mammutti era stato finanziato da In-Q-Tel, un fondo venture capital che è risaputamente uno dei bracci finanziari della CIA.
Il progetto dei mammuth di Church, che è uno degli scienziati che rivendica la paternità della tecnica di bioingegneria CRISPR, è dettagliato nel libro Woolly: The True Story of the Quest to Revive History’s Most Iconic Extinct Creature. («Lanoso: la vera storia della ricerca per far rivivere la creatura estinta più iconica della storia»).
Tuttavia, il testo da leggere per comprendere la portata della rivoluzione genetica in arrivo è scritto dallo stesso George Churc e si intitola Regenesis: How Synthetic Biology Will Reinvent Nature and Ourselves («Rigenesi: come la biologia sintetica reinventerà la natura e noi stessi»). Si tratta di un libro manifesto dove, oltre ai progetti di far ritornare le specie estinte, si mostrano prospettive abissali che possono mettere i brividi al lettore (cambiamenti di enormi porzioni del genoma degli esseri viventi, invenzione di nuove specie, ridefinizione totale degli esseri umani), ma che tuttavia stanno accadendo.
In circolazione, a parlarne, c’è praticamente solo Renovatio 21. E da anni.
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Alimentazione
Un leader agricolo messicano assassinato in seguito allo sciopero nazionale
Bernardo Bravo Manríquez, presidente della principale associazione di agrumicoltori di Michoacán e membro del Fronte Nazionale per il Salvataggio della Campagna Messicana (FNRCM), il gruppo agricolo più attivo del Messico, è stato assassinato la mattina del 20 ottobre.
Bravo, alla guida degli Agrumicoltori della Valle di Apatzingán, aveva partecipato allo sciopero nazionale degli agricoltori del 14 ottobre, organizzato con successo dal FNRCM per sollecitare il governo a introdurre politiche a sostegno dell’agricoltura nazionale, minacciata da speculatori finanziari internazionali e dai loro cartelli.
Gli agrumicoltori avevano guadagnato l’attenzione nazionale gettando in strada circa due tonnellate di lime di alta qualità durante lo sciopero, permettendo alla gente di raccoglierli, per evidenziare che il prezzo pagato ai produttori per ogni chilo di lime è nettamente inferiore al costo di produzione.
Secondo Aristegui News, l’associazione di Bravo ha spiegato la partecipazione allo sciopero con la richiesta di istituire una banca per lo sviluppo agricolo con crediti agevolati e tassi bassi, per rilanciare le campagne. I coltivatori di lime hanno anche proposto concessioni idriche, protezione della filiera produttiva e prezzi equi.
Gli agricoltori hanno chiarito ai legislatori di non volere sussidi, ma misure per affrontare «le cause strutturali» della crisi che colpisce il settore, chiedendo «un solido quadro giuridico che ci protegga da speculazioni e abusi». L’articolo ha inoltre riportato che Bravo, come leader del settore, aveva denunciato estorsioni da parte di gruppi criminali organizzati e l’assenza di sicurezza per i coltivatori di lime.
A febbraio, Bravo aveva segnalato di aver ricevuto minacce, annunciando la chiusura degli uffici amministrativi della sua azienda. Nella dichiarazione rilasciata il giorno del suo assassinio, il FNRCM ha chiesto al governo di indagare sull’omicidio, ma ha anche criticato «l’indifferenza» del governo alle richieste di dialogo, che crea «condizioni di vulnerabilità per i produttori». La dichiarazione ha evidenziato l’esclusione, da parte del Segretario dell’Agricoltura Julio Berdegué, di due leader del FNRCM, Baltazar Valdez Armentía di Sinaloa e Yako Rodríguez di Chihuahua, da un incontro del 17 ottobre con i leader agricoli, nonostante l’approvazione del Ministero del Governo.
Il FNRCM ha avvertito che il governo dovrebbe collaborare con il movimento per «costruire un’alleanza con lo Stato per salvare le campagne e l’economia nazionale». Ha inoltre denunciato le pressioni del governo statunitense e delle sue entità, che cercano di «aggravare la polarizzazione sociale e l’ingovernabilità per giustificare interventi». In questo contesto, il governo non dovrebbe adottare «gesti divisivi e discriminatori contro i produttori nazionali», ha concluso il FNRCM.
È noto che i cartelli della droga abbiano anche interessi agricoli, soprattutto nel campo dell’avocado, frutto divenuto particolarmente popolare negli USA con le ultime generazioni per le sue proprietà nutritizie.
Alimentazione
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Alimentazione
Un terzo dei Paesi è afflitto da prezzi alimentari «anormalmente alti»: rischio di disordini sociali
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) lancia l’allarme: i prezzi dei prodotti alimentari restano eccezionalmente elevati in tutto il mondo, e in molti Paesi sono aumentati fino a cinque volte rispetto ai livelli medi del decennio scorso. Un’escalation che, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, rischia di alimentare nuovi disordini sociali, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo o politicamente instabili.
«Le condizioni attuali ricordano i periodi che hanno preceduto la Primavera Araba e la crisi alimentare del 2007-2008», si legge nel rapporto diffuso in questi giorni. E il messaggio è chiaro: le turbolenze globali, legate alla sicurezza alimentare, «sono tutt’altro che finite».
Un’analisi di BloombergNEF, basata sui dati FAO, evidenzia come il quadro sia il risultato di una combinazione di fattori: eventi meteorologici estremi, tensioni geopolitiche e politiche monetarie espansive. L’aumento dei prezzi di gasolio e benzina – spinti anche dai conflitti in corso e dalle restrizioni commerciali – ha fatto lievitare i costi di produzione e di trasporto dei beni agricoli.
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A questo si aggiunge il fattore monetario: l’eccessiva stampa di denaro da parte di molte economie avanzate ed emergenti durante e dopo la pandemia ha rappresentato, secondo gli analisti, il principale motore dell’inflazione globale.
Secondo la FAO, nel 2023 il 50% dei Paesi del Nord America e dell’Europa ha registrato prezzi alimentari «anormalmente elevati» rispetto alla media del periodo 2015-2019. L’organizzazione definisce «anormale» un livello di prezzo superiore di almeno una deviazione standard rispetto alla media storica per ciascuna merce e regione, spiega Bloomberg.
La tendenza, tuttavia, non riguarda solo l’Occidente: anche in Asia, Africa e America Latina l’impennata dei prezzi sta riducendo l’accesso ai beni di prima necessità, colpendo le fasce più vulnerabili della popolazione.
La FAO richiama nel suo rapporto due momenti emblematici della storia recente che mostrano il legame diretto tra caro-viveri e instabilità politica.
Un esempio è la cosiddetta «Primavera araba» (2010-2011): il forte aumento dei prezzi del grano e del pane, dovuto alla siccità e ai divieti di esportazione imposti dalla Russia, contribuì a scatenare proteste in Tunisia, Egitto, Libia e Siria. L’inflazione alimentare fu un fattore chiave, che si sommò al malcontento politico e sociale.
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Un ulteriore caso è quello della crisi alimentare del 2007-2008: in quel periodo, i picchi dei prezzi globali dei cereali provocarono rivolte in oltre 30 Paesi, tra cui Haiti, Bangladesh, Egitto e Mozambico, dove i beni di prima necessità divennero inaccessibili per ampie fasce della popolazione.
Gli analisti concordano sul fatto che quando «l’inflazione alimentare supera la crescita del reddito», si innesca una spirale pericolosa che può condurre a crisi sociali e politiche.
Con l’aumento dei costi dei beni di base e la perdita di potere d’acquisto, cresce la pressione sui governi, già provati da crisi energetiche, conflitti regionali e tensioni valutarie.
In breve, il mondo potrebbe trovarsi di fronte a «una nuova stagione di rivolte per il pane».
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