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Cardinale Müller: i «falsi profeti» cercheranno di usare il Sinodo per l’Agenda 2030 dell’ONU

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L’ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF), il cardinale Gerhard Müller, ha sostenuto a proposito del Sinodo sulla sinodalità che «falsi profeti» stanno cercando di trasformare la Chiesa «in un’organizzazione di aiuto per l’Agenda 2030».

 

Müller si è già rivelato un forte critico dell’imminente Sinodo sulla sinodalità, essendo uno dei pochi prelati nella Chiesa che ha rilasciato dichiarazioni critiche nei confronti dell’iniziativa del Papa. In una recente intervista con la testata ispanofona InfoVaticana, il cardinale Müller ha approfondito i suoi pensieri sull’incontro del sinodo dell’ottobre 2023 – un incontro al quale è stato infatti invitato personalmente da Papa Francesco.

 

Alla domanda se ci sia «qualcosa da temere» al sinodo, Müller ha risposto:

 

«Sì, i falsi profeti che si presentano come progressisti hanno annunciato che trasformeranno la Chiesa cattolica in un’organizzazione umanitaria per l’Agenda 2030».

 

Secondo Müller, «solo una Chiesa senza Cristo è adatta a un mondo senza Dio».

 

Il cardinale nell’intervista ha fatto più volte riferimento alla recente Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona – un evento segnato da aspetti particolarmente controversi, tra cui la promozione dell’Agenda 2030 pro-aborto delle Nazioni Unite – affermando come «molti giovani tornati da Lisbona sono delusi dal fatto che l’attenzione non sia più rivolta all’aborto e alla salvezza in Cristo, ma su una dottrina mondana di salvezza».

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«A quanto pare – ha proseguito Müller – ci sono addirittura vescovi che non credono più in Dio come origine e fine dell’uomo e salvatore del mondo, ma che, in modo pannaturalistico o panteistico, considerano la presunta “Madre Terra” come l’inizio dell’esistenza e la neutralità climatica l’obiettivo del pianeta Terra».

 

Müller ha citato la crisi moderna derivante dalla «mancanza di una formazione teologica di base anche tra i vescovi» come fonte di confusione che si è diffusa nella Chiesa. Senza un’adeguata formazione, le persone confondono «il contenuto della fede e la sua insuperabile pienezza in Cristo con la progressiva riflessione teologica e la crescita della coscienza di fede da parte della Chiesa attraverso la tradizione ecclesiastica».

 

Come ricorda LifeSiteNews, le parole di Müller sono apparse online un giorno dopo che l’attuale prefetto della CDF, il cardinale designato Victor Fernández, aveva affermato che Papa Francesco ha «un dono vivo e attivo» pari al «deposito della fede». Come ha fatto in precedenza, Müller ha tratto spunto da documenti del Vaticano II per affermare come «il Papa e i vescovi non ricevono una nuova rivelazione».

 

Come riportato da Renovatio 21, a luglio il cardinale tedesco aveva affrontato direttamente il suo successore alla CDF. «Il compito del Dicastero per la Dottrina della Fede è mostrare come quest’ultima si fonda sulla Scrittura e come si è sviluppata nella storia del dogma: il Papa e i vescovi non possono quindi esigere che obbediamo alle loro opinioni private, men che meno quando contraddicono la Rivelazione e la morale naturale», aveva tuonato il Müller.

 

Nella recente intervista, il cardinale Müller ha poi ha risposto alle domande sulla possibile approvazione da parte del Sinodo delle benedizioni per persone dello stesso sesso – un evento verso il quale il nuovo prefetto della CDF ha segnalato apertura in più di un’occasione, nonostante sia in violazione della dottrina cattolica.

 

«Benedire il comportamento immorale di persone dello stesso sesso o di sesso opposto è una diretta contraddizione con la parola e la volontà di Dio, una blasfemia gravemente peccaminosa», ha osservato. Riferendosi a tali benedizioni e alla promozione delle donne diaconi, Müller ha sostenuto che tali sviluppi «sarebbero obsoleti a priori».

 

«Né potrebbero essere attuati nel diritto canonico dall’intero collegio dei vescovi con il papa, o dal solo papa», ha detto, «perché contraddicono la rivelazione e la chiara confessione della Chiesa».

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Il cardinale tedesco ha inoltre emesso un fermo pronunciamento contro un’interpretazione ampiamente permissiva dell’autorità papale, sottolineando attentamente che «l’autorità formale… del Papa non può essere separata dal collegamento sostanziale con la Sacra Scrittura, la Tradizione apostolica e le decisioni dogmatiche del Magistero che lo ha preceduto».

 

Sostenere o agire diversamente, ha proseguito Müller, significherebbe imitare l’erronea impressione di Martin Lutero che vedeva il Pontefice come uno che si mette «al posto di Dio, che è l’unico autore della sua verità rivelata, invece di limitarsi a testimoniare fedelmente, in autorità di Cristo, alla fede rivelata in modo integrale e non adulterato. e presentandolo autenticamente alla Chiesa».

 

Il Müller ha infine osservato che in «una situazione così estrema» Dio «può salvarci». Aggiungeva inoltre come «ogni funzionario ecclesiastico avrebbe perso la sua autorità e nessun cattolico è più obbligato a obbedire religiosamente a un vescovo eretico o scismatico».

 

Müller ha già dichiarato apertamente di aver definito il sinodo una «presa di potere ostile» nei confronti della Chiesa che minaccia di «porre fine» al cattolicesimo.

 

Come riportato da Renovatio 21, in una precedente intervista dell’anno scorso il cardinale aveva accusato il Sinodo di voler distruggere la Chiesa.

 

Con grande lucidità e coraggio, il Müller due anni fa aveva attaccato il Grande Reset, dichiarando che il COVID era utilizzato per stabilire uno «Stato di sorveglianza» globale.

 

Non si tratta dell’unica figura della gerarchia cattolica che attacca frontalmente l’Agenda 2030 dell’ONU, della quale la chiesa si vuole fare ancella.

 

Lo scorso aprile monsignor Manuel Sánchez Monge, vescovo della diocesi spagnuola di Santander, aveva pubblicato un editoriale in cui si scagliava contro gli obiettivi delle Nazioni Unite definiti come «una trappola» di carattere anticristiano.

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«Dietro l’Agenda 2030 c’è un tentativo di cambiare la civiltà, un nuovo ordine mondiale che cambierà le convinzioni degli individui. È un sistema globalista – che non ha nulla a che fare con la globalizzazione – volto a stabilire un governo mondiale non eletto e non democratico», aveva denunziato il prelato iberico.

 

«Nell’Agenda 2030, la famiglia e la religione sono presentate come elementi di conflitto. Religione e famiglia sono problemi, non soluzioni. Ad esempio, avere figli, la responsabilità coniugale o la generosità nel matrimonio non fanno parte di questo nuovo buon senso» scriveva l’editoriale apparso su El diario Montañés, una testata locale con il titolo non esattamente sibillino «Agenda 2030 y el nuevo orden mundial» («Agenda 2030 e il Nuovo Ordine Mondiale»).

 

«L’intenzione è quella di stabilire un nuovo ordine mondiale che escluda molte istituzioni, soprattutto quelle a fondamento cristiano. È lo stato che determina il modo di vivere, generando così un relativismo che fa della tolleranza il valore morale per eccellenza».

 

«Dovremmo anche essere tolleranti verso il male? Loro [gli obbiettivi ONU, ndr] sono assassini della libertà e generano relativismo» si domanda il vescovo spagnuolo.

 

La domanda vale per tutti noi, che abbiamo visto la nostra libertà assassinata, e che sappiamo che si è trattato solo dell’inizio del massacro che sarà l’instaurazione del Nuovo Ordine.

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Immagine di Raimond Spekking via Wikimedia pubblica su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

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Due nuovi «santi» venezuelani riaccendono le tensioni tra Chiesa e Stato

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Tralasciando il dubbio valore delle nuove procedure di canonizzazione, una doppia canonizzazione in Venezuela è diventata rapidamente una questione di Stato, rivelando le profonde fratture tra una Chiesa cattolica fortemente coinvolta nell’arena politica, a rischio di apparire come una forza di opposizione, e il potere chavista detenuto dal presidente Nicolas Maduro.   Per comprendere la storia, dobbiamo fare un passo indietro. Il 19 ottobre 2025, papa Leone XIV proclamò «santi» i primi due venezuelani nella storia del Paese: José Gregorio Hernández Cisneros, il «medico dei poveri», e María del Carmen Rendiles Martínez, fondatrice della comunità delle Serve di Gesù. L’evento divenne rapidamente un affare politico.   Nicolás Maduro, al potere dal 2013, non ha perso tempo a sfruttare la canonizzazione. Dopo la cerimonia nella casa-museo di José Gregorio Hernández, circondato da fedeli e autorità governative, il capo dello Stato ha rilasciato una serie di dichiarazioni sui social media: «Siamo felici per i nostri santi. Sono entrambi grandi! Il papa ha agito giustamente!», ha dichiarato, esprimendo «immensa, eterna gratitudine» al pontefice, che ha definito un «amico» e un «fratello».   E presentare l’evento come un gesto provvidenziale di fronte alle «minacce» che la «più grande potenza militare della storia» rappresenterebbe nei Caraibi, vale a dire gli Stati Uniti, che da diversi anni cercano invano di far cadere il regime chavista.   Il chavismo ha una lunga storia con la religione: Hugo Chavez ha invocato la cosiddetta Teologia della Liberazione per la sua «Rivoluzione Bolivariana». Il processo di canonizzazione, guidato con grande entusiasmo dal defunto Papa Francesco, è visto da Nicolas Maduro come una forma di benedizione per il regime.   Ma l’opposizione non è rimasta indietro. Maria Corina Machado, vincitrice del premio Nobel per la Pace 2025, un premio altamente politico, ed Edmundo Gonzalez, il candidato presidenziale fallito, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui José Hernández e Carmen Rendiles vengono descritti come «due santi per 30 milioni di ostaggi venezuelani», riferendosi al destino di 800.000 prigionieri «politici» e migliaia di esuli.

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«Questi santi esemplari, che hanno dedicato la loro vita al servizio degli altri, offrono speranza e consolazione in mezzo all’oscurità», scrivono, invocando un «miracolo imminente»: la caduta del regime chavista.   Temendo che la messa papale del 19 ottobre potesse suggerire una forma di approvazione per Maduro, il giorno seguente, durante una messa di ringraziamento a San Pietro, il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede ed ex nunzio in Venezuela dal 2009 al 2013, ha pronunciato un’omelia in cui ha chiesto «di aprire le prigioni ingiuste, di spezzare le catene dell’oppressione, di liberare gli oppressi, di spezzare tutte le catene».   Il caso torna di attualità a Caracas: la «Festa della Santità», prevista per il 25 ottobre 2025 allo stadio Monumental Simon Bolívar , davanti a 50.000 fedeli e alla presenza di tutti i vescovi venezuelani, è stata annullata il 22 ottobre, ufficialmente per «problemi di sicurezza e capienza» – erano state registrate più di 80.000 iscrizioni mentre la capienza non supera i 40.000 posti: «È una questione di sicurezza, sarebbero stati necessari circa tre stadi», spiega uno dei portavoce dell’arcidiocesi.   Nell’arcidiocesi di Caracas si vociferava addirittura che il regime chavista intendesse noleggiare autobus per migliaia di sostenitori, trasformando l’evento in una dimostrazione di forza pro-Maduro. Il cardinale Baltazar Porras, arcivescovo emerito di Caracas, ha denunciato il 17 ottobre una situazione «moralmente inaccettabile»: «crescente povertà, militarizzazione come forma di governo, corruzione, mancanza di rispetto per la volontà popolare» e ha chiesto il rilascio dei prigionieri.   Nicolas Maduro rispose quattro giorni dopo: «Baltazar Porras ha dedicato la sua vita a cospirare contro José Gregorio Hernández (uno dei neo-canonizzati). È stato sconfitto da Dio, dal popolo». L’accesa discussione tra Chiesa e Stato – in un Paese in cui l’80% della popolazione è cattolica – arriva mentre gli Stati Uniti intensificano la pressione contro il regime chavista.   Lo schieramento di una grande flotta al largo delle coste del Paese, accompagnata da un sottomarino nucleare d’attacco, da caccia F-35 e dalla CIA ufficialmente autorizzata da Donald Trump a operare sul territorio venezuelano: si intensifica la pressione su un Paese economicamente rovinato dal bolivarianismo e che – per fortuna o per sfortuna? – è uno dei più dotati in termini di risorse petrolifere. Abbastanza da suscitare cupidigia.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News  

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Immagine di Guillermo Ramos Flamerich via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Omelia relativista di Papa Leone XIII: «nessuno possiede tutta la verità»

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Papa Leone XIV ha dichiarato che «nessuno possiede la verità assoluta» e che «nessuno è escluso» dalla Chiesa, durante la sua omelia domenicale del 26 ottobre, pronunciata in occasione della messa giubilare per i gruppi sinodali e gli organismi partecipativi.

 

Le sue parole, che potrebbero essere interpretate come relativistiche rispetto alla proclamazione della fede unica della Chiesa cattolica, hanno sconvolto moltissimi.

 

L’amore è la «regola suprema della Chiesa». «Nessuno è chiamato a comandare», ma «tutti sono chiamati a servire»; nessuno deve «imporre le proprie idee», tutti sono invitati all’ascolto reciproco; e «nessuno è escluso» poiché «tutti siamo chiamati a partecipare».

 

«Nessuno possiede la verità tutta intera, tutti dobbiamo umilmente cercarla, e cercarla insieme»: un’affermazione scioccante per chi è il vicario di colui che è la Via, la Verità e la Vita..

 

Essere Chiesa sinodale significa riconoscere che la verità non si possiede, ma si cerca insieme, lasciandosi guidare da un cuore inquieto e innamorato dell’Amore.

 

Leone ha enfatizzato il concetto di Chiesa «sinodale», termine spesso usato dal suo predecessore, Papa Francesco, pur rimanendo vago nel significato. «Le équipe sinodali e gli organi di partecipazione sono immagine di questa Chiesa che vive nella comunione», ha aggiunto oscuramente il romano pontefice.

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«Dobbiamo sognare e costruire una Chiesa umile. Una Chiesa che non sta dritta in piedi come il fariseo, trionfante e gonfia di sé stessa, ma si abbassa per lavare i piedi dell’umanità; una Chiesa che non giudica come fa il fariseo col pubblicano, ma si fa luogo ospitale per tutti e per ciascuno; una Chiesa che non si chiude in sé stessa, ma resta in ascolto di Dio per poter allo stesso modo ascoltare tutti».

 

«Impegniamoci a costruire una Chiesa tutta sinodale, tutta ministeriale, tutta attratta da Cristo e perciò protesa al servizio del mondo» ha esortato il sommo pontefice con linguaggio sempre più tecnico e cervellotico.

 

Sebbene nessun individuo possegga la pienezza della verità, la Chiesa cattolica, in quanto Corpo mistico di Cristo guidato dallo Spirito Santo, ha sempre sostenuto di essere la custode del deposito della fede, ossia la verità rivelata da Dio.

 

I commenti di papa Leone appaiono ambigui e potenzialmente relativistici, poiché non ha chiarito la distinzione tra i membri fallibili della Chiesa, che possono errare nella comprensione della verità, e la Chiesa stessa, che custodisce e proclama l’unica vera fede.

 

Le parole di Prevost sembrano andare contro il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Il Magistero della Chiesa si avvale in pienezza dell’autorità che gli viene da Cristo quando definisce qualche dogma, cioè quando, in una forma che obbliga il popolo cristiano ad un’irrevocabile adesione di fede, propone verità contenute nella rivelazione divina, o anche quando propone in modo definitivo verità che hanno con quelle una necessaria connessione» (CCC, I dogmi della fede, 88).

 

La Sacra Scrittura parla della «casa di Dio, che è la chiesa del Dio vivente, colonna e base della verità» (1Tim 3,15).

 

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Immagine di Edgar Beltrán via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International 

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Pensiero

Miseria dell’ora legale, contro Dio e la legge naturale

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Ho un argomento molto metafisico, e al contempo concretissimo, per combattere l’abominio dell’ora legale. Un argomento che sono persino in grado di visualizzare.   Ci sono, certo i numeri: ci dicono che risparmieremo 300 gigawattora. Quando stanotte mi sono svegliato ad un orario innaturale, nella confusione inevitabile di non sapere se è troppo presto o troppo tardi, ho ripensato ad un altro dato: quante persone, in questi giorni, moriranno negli incidenti stradali dovuti ai colpi di sonno? Non credo che nessuno abbia mai fatto questo calcolo, che sarebbe più importante che qualsiasi discorso sparagnino.   Ma a chi importa? L’ora legale, teorizzata da Beniamino Franklin che, democraticamente, voleva piazzare un cannone in ogni via per svegliare la popolazione all’ora che diceva lui per risparmiare in candele, in Italia fu adottata nel 1916, in piena Prima Guerra Mondiale: i nostri ragazzi andavano verso l’inutile strage, il potere pensava a cambiargli l’orologio. Non sono in grado di calcolare l’effetto che l’ora legale può aver avuto sulle trincee, e non ho voglia nemmeno di chiedermelo.   Tuttavia non è questo pensiero di morte – diligente e terminale conseguenza dell’azione dello Stato moderno, che è macchina antiumana – che mi spinge a vedere nell’ora legale un’aberrazione satanica.

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Ho, negli occhi, e nel cuore, un’immagine invincibile, quella della chiesetta dove assisto alla Santa Messa, ovviamente in rito tridentino. Molti lettori già la conoscono, perché ho usato la sua foto in vari articoli.   Andò più o meno così: oramai sette anni fa, trovammo questa chiesetta – dell’estrema nobiltà della proprietà che ce la concesse parlerò altrove. Si tratta di un oratorio che risale al XII secolo, ma notizie certe in merito non si hanno, e mi piace pensare che vi sia davvero un millennio di storia lì.   La chiesa sta fuori dalla città, sopra un borghetto che sa ancora di medioevo, su una collina di boschi e pareti di roccia. L’oratorio stesso sembra posato su un’enorme roccia, anzi sembra esservi stato scolpito, sottratto una scalpellata dopo l’altra da quantità di mani laboriose e fedeli vissute in secoli dimenticati.   Arrivati al nostro secolo, arrivati a noi, c’era pronto tutto quello che serviva: il luogo era stato restaurato, nessuno vi aveva introdotto il tavolone-alare conciliare, a poca distanza c’era tanto parcheggio… per i tanti che, non solo dalla provincia, finalmente potevano avere a portata la Messa in latino.   Iniziarono così le celebrazioni del rito antico, tuttavia ottenemmo dai sacerdoti, impegnati a dire Messe in tanta parte della regione ed oltre, un orario pre-serale, alle 18.   D’inverno, a quell’ora è il buio. Nella scala di pietra mettevamo delle candeline, e lo facciamo ancora oggi in caso di celebrazione notturna. L’effetto è abbastanza magico, tuttavia nulla ha a che fare con quanto avremmo scoperto più avanti.  

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Anni dopo, a fronte di una comunità di fedeli sempre più vasta e persistente (unita davvero, come dimostrò la solidarietà in pandemia…) aumentarono il numero di Sante Messe, e fu concessa quindi una celebrazione la domenica mattina, alle 11:00.   Saltò così fuori il fenomeno che ancora mi stupisce, mi commuove. Ci accorgemmo che, precisamente a mezzogiorno – ora nella quale si ha, con la messa iniziata alle 11, la consacrazione eucaristica, un raggio di luce entra dalla finestra a lato e colpisce esattamente il centro dell’altare, dove è posato il tabernacolo.   L’incenso aiuta a vederlo, tuttavia a volte può capitare di notarlo anche in assenza di fumo. È impressionante. Tendo a sospettare di quanti vedono questa cosa e non restano sbalorditi. Le immagini che vedete qui sotto non sono ritoccate in nessun modo. Anzi, ad occhio nudo l’effetto è ancora più forte.    

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È interessante notare che lo abbiamo riscoperto noi a Messa, ma da qualche parte l’eco di questo miracolo luminoso risuonava ancora. Una signora della Pro Loco, che ha stampato un libro sulla chiesetta, mi aveva domandato se mai fosse vera una leggenda locale secondo cui nel giorno del Santo patrono dell’oratorio un raggio di luce colpisce l’altare. Ho risposto invitandola a Messa la domenica successiva, dove ha fatto tante foto con il telefonino, e compreso che la leggenda conteneva una realtà ancora più stupefacente: quel raggio si produce ogni giorno.   Il fenomeno impone tanti pensieri. Il primo, è che le mani che hanno eretto questa chiesa sapevano fare cose che i moderno non sono in grado di fare. Di più: chi l’ha costruita, l’ha basata su principi che sono sconosciuti all’architettura moderna. Per fare una chiesa, bisogna orientarla, cioè l’abside deve dare ad orientem (come il sacerdote prima del Concilio), ma non solo.   Ho l’idea che chi ha costruito la chiesetta lo abbia fatto proprio a partire da quel raggio, alla faccia di quanti ne osservino gli elementi (scala esterna, portone, altare) e li considerino disallineati. Ossia, l’intera chiesa è concepita a partire dal rapporto del Cielo con la Terra, cioè di Dio con l’uomo – questo è un senso ultimo della religione cristiana, quella della divinità che si fa essere umano, del Dio del Cielo che scende sulla Terra, del Cielo che nutre la Terra con la sua luce, il suo calore la sua grazia.  

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Quel raggio, che casca durante la Santa Messa esattamente nel momento più alto, significa in maniera incontrovertibile l’armonia tra il Cielo e la Terra. L’accordo, nella bellezza, accordato all’uomo da un Dio buono, un Dio che è luce, che è amore.   Questo è l’ordine celeste, infinito, stupendo. Questo è il logos. Questo è il cosmos.   Non ci sono voluti tanti mesi per capire che, a parte il cattivo tempo, c’era solo una cosa in grado di distruggere il nostro raggio divino: l’ora legale. Come a marzo si cambia l’ora, quella luce svanisce, si fa più tenue, fino a sparire, facendo capolino, forse, solo dopo la Messa, quando qualcuno si attarda ad una confessione fuori tempo ed altri (io) rassettano prima di chiudere.   Di fatto, poi, il fascio luminoso scompare del tutto, dalla vista come dai cuori. Fine della magia, per ordine dello Stato moderno.  

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Ho sempre preso questo fatto come la prova definitiva della nequizia dell’ora legale – del suo essere un invento contronatura, e quindi contro Dio.   Solo il mondo moderno poteva pensare di alterare persino il tempo: l’uomo si sente in grado di modificare l’immutabile, l’uomo introduce il suo artificio in un sistema la cui complessità ha milioni di anni. Non è diverso per tante altre questioni: ad esempio, i vaccini, la fecondazione in vitro, la bioingegneria…   L’uomo-dio crede di poter mettere mano su qualsiasi cosa, devastando le leggi stesse della creazione, disintegrando quindi l’equilibrio del Cielo e della Terra – una realtà conosciuta dalla saggezza cinese: «l’uomo si conforma alla Terra / La Terra si conforma al Cielo / il Cielo si conforma al Tao» (Tao Te King, XXV). Era chiaro, agli antichi cinesi, che il Cielo è legato alla morale: «Sotto il cielo tutti / sanno che il bello è bello, / di qui il brutto, sanno che il bene è bene, / di qui il male» (Tao Te King, II).   Ora, nel Cristianesimo l’armonia tra la Terra e il Cielo è in realtà una vera alleanze tra persone, cioè tra gli uomini e Dio – e questa nuova alleanza è il Cristo risorto.   Alterare il tempo significa frantumare la relazione naturale con il Cielo. Adulterare la luce del sole significa quindi andare contro il divino, contro la legge naturale, contro Dio.   Non poteva essere altrimenti: il mondo moderno odia, più ancora dell’uomo, Nostro Signore, che vuole sostituire con l’essere umano ubriacato di hybris satanica, l’umanità onnipotente che, apoteosi del non serviam, si crede capace di cambiare le leggi del cosmo.   Ecco perché combatto l’ora legale: perché, ve ne rendiate conto o no, fa parte della macchina in atto per distruggere la presenza di Dio sulla Terra.   E quel raggio magnifico me lo ha ricordato anche domenica scorsa: sì, tornata l’ora del Sole, l’ora vera, è tornato. E con lui è venuta ancora da noi questa immagine potente di reincanto del mondo, di bellezza divina, di armonia cosmica, questa visione sacra che vale più di qualsiasi risparmio.   Vale tutto. Vale il senso vero dell’esistenza e dell’universo.   Roberto Dal Bosco

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