Storia
Borrell ripete l’antica offesa: la Russia è un stazione di benzina dotata di bombe atomiche. Storia plurisecolare di un insulto
Josep Borrell, Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza (quello che viene chiamato «signor PESC») ha insultato nuovamente la Federazione Russa, utilizzando un frusto luogo comune privo di fondamento – ora più che mai.
Il Borrello sembra essersi offeso per i commenti del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, nella sua intervista alla rivista International Affairs. Lavrov aveva dichiarato che «l’Occidente di oggi è guidato da persone come Josep Borrell che dividono il mondo in un “giardino” fiorito e nella “giungla”, dove quest’ultima si applica chiaramente alla maggior parte dell’umanità».
«Oserei dire che questa visione del mondo razzista impedisce loro certamente di accettare l’inizio del multipolarismo. L’establishment politico ed economico in Europa e negli Stati Uniti teme ragionevolmente che la transizione verso un sistema multipolare comporterà gravi perdite geopolitiche ed economiche, lo smantellamento definitivo della globalizzazione nella sua forma attuale modellata secondo i modelli occidentali» aveva continuato il Lavrov, per concludere che essi «sono principalmente spaventati dalla prospettiva di perdere l’opportunità di sfruttare il resto del mondo, alimentando la propria rapida crescita economica a spese degli altri».
Nel bel mezzo di un’intervista pubblicata oggi nella sua casa di Madrid con lo spagnolo El País, Borrell, parlando della politica dell’UE nei confronti della Cina e apparentemente non provocato in alcun modo dall’intervistatore, si è scagliato contro la Russia. Innanzitutto ha notato che era impossibile confrontare Pechino e Mosca.
Poi ha spiegato: «Prima di tutto, la Cina non è la Russia. La Cina è un vero attore geopolitico, mentre la Russia è un nano economico, come una stazione di servizio, il cui proprietario ha una bomba atomica».
La storia del «nano economico» è davvero fuori tempo massimo, visto che ai BRICS lo stesso Putin ha dichiarato che la Russia è ora, nel contesto della de-dollarizzazione, tra le prime economie mondiali, piazzandosi ai livelli della Germania, e con tante, tantissime risorse ancora da offrire: sia risorse naturali che tecnologiche, che pensiamo troveranno acquirenti fra i restanti 7 miliardi di non euroamericani viventi sulla Terra.
Ma torniamo alla storia della pompa di benzina con le nucleari. Non tutti sanno che questa è un’espressione usata da varie parti: il Borrello non ha, tra le varie cose che gli mancano, il dono dell’originalità.
Come non lo ha il filosofo di Davis Yuval Noah Harari, quello per cui siamo una massa di esseri inutili di cui non si è capito ancora come disporre. Il 3 marzo 2022, se ne esce con questo tweet.
Russia is a gas station with nukes. When oil is down to 20 USD a barrel, the Putin regime is finished. We need a Green Manhattan Project now.
— Yuval Noah Harari (@harari_yuval) March 3, 2022
«La Russia è una stazione di servizio con armi nucleari. Quando il petrolio scenderà a 20 dollari al barile, il regime di Putin sarà finito. Abbiamo bisogno di un progetto Green Manhattan adesso».
Il pensatore gay transumanista la sa lunghissima, con evidenza. Come mister PESC.
Borrell e Harari attingono da un’espressione fin dagli anni Ottanta ampiamente utilizzata come insulto all’URSS, che veniva definita come un «Alto Volta con i missili». La Repubblica dell’Alto Volta era un Paese dell’Africa occidentale senza sbocco sul mare fondato l’11 dicembre 1958 come stato autonomo all’interno della Comunità francese.
In tempi recenti l’offesa è mutata in «benzinaio con armi nucleari», che parrebbe aver avuto origine nei commenti del defunto senatore americano guerrafondaio John McCain, cui raramente, se non mai, non è piaciuta una guerra sostenuta dall’Occidente. Memorabile il discorso di Putin nei suoi riguardi, quando disse che in effetti essere stato prigioniero dei Viet Cong per tutti quegli anni forse non gli aveva fatto bene.
In realtà l’insulto potrebbe avere origini ancora più antiche. Potrebbe essere infatti derivato da affermazioni del pensatore del XIX secolo Aleksandr Herzen, e quindi avere alle spalle più di un secolo e mezzo di storia.
Del concetto vi sono infatti diverse varianti susseguitesi nei secoli. Ad esempio, «Gengis Khan con il telegrafo e i razzi Congreve», espressione coniata da Herzen per commentare un libro del barone Modest Korf nel 1857. Il «razzo Congreve» – un proiettile di polvere da sparo con una gittata fino a tre chilometri – fu inventato dal generale britannico William Congreve e gettò le basi per la missilistica europea. La lettera di Herzen voleva sfidare un celebre aforisma del poeta Aleksandr Pushkin: «Il governo è l’unico europeo in Russia». Herzen invece rivendicava il progresso fatto da tutti i russi.
«Se avessimo fatto tutti i nostri progressi solo nel governo – scriveva Herzen nella sua lettera aperta – avremmo dato al mondo un esempio senza precedenti di autocrazia, armati di tutto ciò che la libertà ha sviluppato; schiavitù e violenza, supportate da tutto ciò che la scienza ha scoperto. Sarebbe come Gengis Khan con i telegrafi, le navi a vapore, le ferrovie, con Carnot e Monge al quartier generale, con i cannoni Minier e i razzi Congreve sotto il comando di Batu.
La metafora di «Genghis Khan con i telegrafi» entrò nella coscienza pubblica molto più tardi, alla fine del XIX secolo, anche grazie al libro Il Regno di Dio dentro di Voi (1893) di Leone Tolstoj, che discute l’espressione di Herzen.
«Gengis Khan con la bomba atomica», fu invece utilizzata dal filosofo emigrato Semjon Frank. Il 21 settembre 1973 il giornale tedesco Die Zeit pubblicò un articolo intitolato: «Russland – ein Kongo mit Raketen» («La Russia: un Congo con i missili») che ovviamente riprende la tradizione partita con lo Herzen. L’espressione «Alto Volta con i missili» risale invece all’autunno 1983, quando compare, tra le tensioni per il Boeing sudcoreano zeppo di americani abbattuto dall’URSS sopra Sakhalin in quei giorni, sul settimanale di sinistra britannico New Statesman in una recensione di un libro sulla minaccia dell’esercito sovietico. L’articolo scrive che la definizione scherzosa ed irrispettosa sarebbe nata nei circoli dei diplomatici stranieri a Mosca, e la cosa avrebbe alcune conferme. Tuttavia, alcuni la fanno risalire al cancelliere della Germania Ovest Helmut Schimdt, che avrebbe usato l’espressione «Obervolta mit Raketen» («Alto Volta con razzi») ma forse anche «Obervolta mit Atomwaffen» («Alto Volta con armi atomiche»).
Come nota RT, in tutte queste formule, la prima parte simboleggia una forza vista come incivile ed estranea ai valori occidentali, e la seconda parte simboleggia le conquiste della civiltà occidentale, principalmente in campo militare.
Ora non è chiaro come si possa dire una cosa del genere oggi, dove a divenire Terzo Mondo è, economicamente e biologicamente, in un processo che è sotto i nostri occhi, l’Europa e l’Occidente tutto.
Del resto di tratta, però, del Borrello catalano. Quello dei continui discorsi euroguerrafondai, quello che incontra i membri del «governo bielorusso in esilio» (in momento di tensione totale tra un membro della UE, la Polonia, e Minsk), quello che va a Kiev a ripetizione, ad ammettere di non voler la pace – beccandosi, quindi, una bella definizione, quasi quanto quella della pompa di benzina atomica: «la UE è ora il dipartimento relazioni economiche della NATO», disse il ministero degli Esteri russo.
Vero. Verissimo. Ricordando pure che, a differenza della Russia, l’Europa non ha benzina né, con la sola eccezione della Francia, controllo sulle atomiche.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Intelligence
Gehlen, la superspia da Hitler alla CIA
«È legittimo usare Belzebù per scacciare Satana». Con questa semplice frase, veniva riassunto dal giornalista del New Republic in un articolo dell’aprile 1972, il particolare rapporto venutosi a creare tra i servizi statunitensi e l’intelligence tedesca dalla fine della guerra in avanti. L’uomo che fece da collante tra i due universi prima e dopo la conferenza di Potsdam fu Reinhard Gehlen (1902-1979) o anche conosciuto come la superspia di Hitler.
Iniziò la sua rapida ascesa nell’esercito tedesco sul fronte polacco del 1939. Successivamente prese parte allo staff del generale Franz Halder (1884-1972), comandante in capo del Comando Supremo dell’Esercito Tedesco e ne divenne in breve uno degli assistenti principali. Ebbe un ruolo importante nell’organizzazione delle operazioni in Grecia, Yugoslavia e Unione Sovietica e nella primavera del 1942 venne incaricato di gestire la FHO, Fremde Heere Ost, una nuova entità nata con lo scopo di ottenere informazioni sull’Armata Rossa e sul fronte orientale in generale.
Si ritrovò a lavorare molto vicino alla Abwehr di Willelhm Canaris (1887-1945), l’Intelligence tedesca nata dopo la fine della Grande Guerra e soppressa durante in seguito alla scoperta di un complotto ordito per assassinare Adolf Hitler (1889-1945). Il lavoro preparatorio svolto dalla Abwehr per l’operazione Barbarossa si rivelò essere approssimativo e concorse al disastro di Stalingrado. La fine dei servizi gestiti da Canaris lasciò la strada spalancata al giovanissimo Gehlen che a soli quarantanni si ritrovo in carico della gestione della nuova intelligence tedesca.
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Gehlen rinforzò immediatamente la struttura dei servizi portando professionisti in grado di studiare i nemici sovietici come mai prima era stato fatto. Prima di lui, la hybris della Abwehr sulla convinzione della superiorità ariana sopra quella slava non aveva mai permesso l’approfondimento perché considerato uno sporcarsi le mani ad un livello non consono. Gehlen, tra gli altri, assunse un antropologo, un esperto in slavistica, un geografo, un avvocato, con l’obiettivo di raccogliere più materiale possibile.
Gehlen si ritrovo ben due volte contro il favore di Hitler. La prima quando stilò un prospetto in cui dichiarava perso il fronte orientale e l’armata Rossa militarmente superiore a quella tedesca. La seconda volta quando il suo studio mostrava persa Berlino e proponeva come unico modo di difesa finale l’attivazione dei Werewolf, gruppi paramilitari nazisti che avrebbero dovuto operare in assetto di guerriglia dietro le linee. Con questo documento, nell’aprile 1945, Hitler lo depose con l’accusa di disfattismo.
Da quel momento in avanti, in anticipo sui tempi e sui suoi colleghi, cominciò la sua preparazione personale per il dopo guerra. Radunò, copiò in microfilm e sotterrò in diversi punti delle Alpi bavaresi oltre cinquanta barili stagni, colmi dell’archivio dell’intelligence tedesca. Si arrese agli americani e portato nel campo di concentramento Camp King, dichiarò che avrebbe potuto fornire informazioni fondamentali sull’Armata Rossa sovietica. Oltre ai documenti avrebbe potuto informare su dove si stesse nascondendo la maggioranza degli ufficiali nazisti in ottica di reclutamento per la causa anti comunista.
Nel mondo post conferenza di Potsdam del 2 agosto 1945, la presenza dell’intelligence dell’Asse nei paesi al di là della cortina di ferro era stata completamente azzerata. Gli unici ad avere ancora delle informazioni rimanevano i membri degli apparati nazisti. Gehlen stesso durante la corsa dell’Armata Rossa verso Berlino aveva impiantato una rete di agenti doppi dentro i futuri Paesi a influenza sovietica. In questa situazione di nebbia totale ma anche di grande sopravvalutazione delle forze sovietiche, venne considerato da Allen Dulles (1893.1969), il modo più veloce per recuperare una forma di presenza nell’Europa del dopoguerra. Bedell-Smith (1895-1961) a capo dell’ufficio di Berna in quel momento e futuro direttore della prima CIA, lo reclutò e lo spedì a Washington dove lavorò per formare quella che venne da quel momento chiamata la Gehlen Organization.
Il gruppo di persone, chiamato in seguito dei «realisti» e che comandò la politica estera statunitense per un quarto di secolo, lo portò subito dalla propria parte offrendogli, negli anni e in forma segreta, duecento milioni di dollari. Allen Dulles stesso, quando Gehlen ottenne di tornare in Germania per formare il BND, Bundesnachrichtendienst, i Servizi Segreti Federali, lo incensò con una buonuscita da duecento cinquantamila marchi come ricompensa per tutto ciò che aveva fatto per la CIA.
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L’organizzazione di Gehlen ottenne la vecchia dimora di Martin Bormann (1900-1945), ufficiale e primo consigliere di Hitler, a Pullach, nella Baviera meridionale, quale edificio da dove operare. Da questa base nascerà la BND, i servizi segreti della Germania Ovest, dentro la quale inserì tutti quegli ex SS e membri della Wermacht di sua preferenza. Uno dei ruoli principali di Gehlen, soprattutto grazie ai doppi agenti attivati nei Paesi dell’Est, fu quello di strutturare la rete Stay Behind o anche detta operazione Gladio, gruppi paramilitari coperti antisovietici, messa in piedi in tutta Europa
Una situazione simile accadde anche in Italia. James Jesus Angleton (1917-1987), a capo dell’ufficio italiano della OSS, organizzò la fuga di Valerio Junio Borghese (1906-1974) da Salò assieme all’archivio della SIM, il Servizio d’Informazione Militare italiano. In questo modo pose le basi, per incorporare nell’Italia del dopoguerra gli apparati dell’Intelligence fascista in funzione anti sovietica. Assieme a questo, il fratello maggiore di Reinhard, Johannes, fisico nucleare, venne messo a capo dell’ODEUM una sussidiaria della organizzazione del fratello. Roma divenne centro di diversi interessi e luogo per eccellenza di miscellaneo incontro di spie internazionali.
Nonostante l’impegno profuso da Allen Dulles per ottenere le informazioni sui sovietici attraverso Gehlen e il suo esercito di nazisti, le montagne di documenti e le migliaia di informazioni che la CIA ottenne e lavorò in quegli anni si rivelarono però quasi completamente inutili. Sempre secondo l’articolo del New Republic, la parte ancora più inquietante non fu tanto l’inutilità finale delle informazioni portate ma scoprire in seguito come la sua organizzazione fosse stata infiltrata fin dall’inizio dai Sovietici. Proprio Gehlen una volta in auge a Washington, indicò tra i migliori prospetti a disposizione proprio Igor Orlov (1923-1982), l’uomo che due decenni dopo venne scoperto essere la famigerata talpa «Sasha».
Lev Bezymenskij (1920-2007), giornalista e storico russo di base a Bonn, pubblicò una recensione del libro di memorie di Gehlen. Il russo racconta come la versione iniziale del libro non avendo molto brio e novità da raccontare a fronte di un anticipo dato a Gehlen di un milione e mezzo di marchi si decise in fase editoriale di arricchirlo. Venne inviato David Irving, un giornalista inglese esperto in materia di Seconda Guerra Mondiale che su aiuto di Gehlen stesso organizzò una serie di interviste nella casa del tedesco sulle rive del lago di Starnberg in Baviera. Quello che ne venne fuori, venne considerato altamente non pubblicabile. La versione americana venne mondata dagli aggiornamenti di Irving, una copia invece non si sa come finì tra i tipi dello Spiegel di Amburgo che non perse un secondo a pubblicarlo.
Oltre alla parte in cui si raccontava il fatto che l’organizzazione mantenesse il controllo anche sui fatti interni tedeschi, cosa assolutamente contro il suo senso formale di esistenza. Interessante era la parte in cui veniva spiegato come all’inizio degli anni Cinquanta, l’organizzazione tedesca avesse inviato diversi ufficiali in Egitto per tentare di infiltrare la polizia e i servizi egiziani senza riuscirci. Dopo questo tentativo decisero di puntare dunque sull’addestrare il Mossad ad inviare agenti doppi negli Emirati Arabi. Proprio Gehlen raccontò successivamente che Dulles e la CIA spinsero perché si prendessero in mano il Medio Oriente. In seguito alla guerra di Suez però, l’organizzazione, racconta sempre Gehlen, si concentrò solamente nell’addestrare il Mossad, l’appena nato, piccolo ma efficientissimo, servizio segreto israeliano, in modo da aiutare l’infiltrazione di spie nei Paesi arabi.
Marco Dolcetta Capuzzo
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Immagine di Bundesarchiv, Bild 183-27237-0001 via Wikimedia pubblicata su licenza CC-BY-SA 3.0; immagine modificata
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La CIA, il KGB e il mistero di Igor Orlov detto Sasha
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Intelligence
Le origini della CIA e la nascita delle operazioni coperte
Nel suo saggio storico Disciples lo scrittore e giornalista Douglas Waller racconta come Richard Helms (1913-2002), agente segreto e futuro direttore della CIA, spiegasse come la lega dei gentleman – come William J. «Wild Bill» Donovan (1883-1959) amava chiamarla – conteneva vari disadattati sociali e diversi annoiati uomini d’affari di Wall Street in cerca d’azione.
Secondo Helms probabilmente il servizio segreto americano OSS aveva avuto un minimo effetto sulla guerra, si sarebbe potuta vincere anche senza di esso ma nonostante questo Donovan aveva dato prova di essere un leader e un visionario. Il generale aveva avuto il merito di far conoscere il Pentagono e gli americani nel difficile mondo della guerra non convenzionale.
Con la fine della seconda guerra mondiale, il presidente Harry S. Truman (1884-1972) sciolse l’OSS. La battaglia per la gestione dell’Intelligence nel mondo tra Donovan e J. Edgar Hoover (1895-1972) si risolse in un pareggio a reti inviolate. Ne trasse vantaggio Allen W. Dulles (1893-1969) che inizialmente formò la parte più clandestina con l’aiuto di Frank Wisner (1909-1965) ed infine ne prese formale controllo diventandone direttore.
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Allen Dulles, assieme anche a suo fratello John Foster Dulles (1888-1959) che ricoprì parallelamente l’incarico di segretario di Stato con Dwight D. Eisenhower (1890-1966), concorse a determinare quasi due decenni di politica estera americana. La sua esperienza come spia però venne plasmata agli ordini di Donovan a capo dell’ufficio svizzero e come molti altri colleghi ebbe un rapporto difficile con Wild Bill nonostante la stima reciproca.
Un editorialista scrisse che Donovan aveva avuto una vita da cavaliere medievale, o forse quello che più poteva avvicinarsi per il mondo americano a quell’ideale romantico di stampo prettamente europeo. Scappato dalla povertà della comunità irlandese di Buffalo, visse gli anni del college come quarterback della squadra di football, si laureò alla Columbia in classe con Franklin Roosevelt (1882-1945), venne insignito della medaglia al valor militare per eroismo durante la Grande guerra e divenne miliardario come avvocato di Wall Street.
All’alba della seconda guerra mondiale Roosevelt gli diede l’incarico di formare i servizi segreti americani, quello che poi venne chiamato OSS. Sotto il suo comando assemblò una macchina da più di 10 mila spie, organizzazioni paramilitari, propagandisti e analisti che combatterono l’Asse ovunque nel mondo.
Donovan considerava Dulles, nell’immediato dopoguerra, la sua migliore spia. Ma allo stesso modo aveva sempre sospettato che Dulles pensasse di poter gestire meglio l’OSS di quanto non stesse facendo lui, e non a torto. Inoltre Donovan aveva sempre sospettato che Dulles pensasse di volergli prendere il posto prima o poi, e anche qui non a torto.
Allo stesso modo di Donovan, Dulles, era convinto che il fine giustificasse i mezzi ed era necessario violare le rigide strutture etiche della società per una giusta causa. Dulles reclutò le menti più brillanti, più idealiste, più avventurose d’America e le spedì in giro per il mondo a combattere il comunismo come Donovan aveva fatto per il nazismo qualche anno prima. Li accomunava lo stesso trasporto per le spericolate missioni clandestine e la stessa insofferenza per quelle che non reputavano interessanti. Nonostante non l’avrebbe mai ammesso, l’esperienza nell’OSS durante la guerra l’aveva formato per la vita.
Successivamente alla resa tedesca, Donovan mandò Dulles a Wiesbaden con l’ordine di gestire Germania, Svizzera, Austria e Cecoslovacchia. L’americano stabilì la sede centrale nella fabbrica della Henkell Trocken Champagne a Wiesbaden che, nonostante bombardata, oltre a mantenere attiva la produzione, aveva ancora le cantine sufficientemente gremite di spumante.
Dulles in Wiesbaden portò vari agenti dei servizi e organizzò un sistema di raccolta informazioni e di reclutamento di nuovi agenti esteri a tempo pieno. L’idea dell’americano era quella di mantenere l’intelligence in vita sotto al suo comando. Per questo si circondò di analisti come Arthur M. Schlesinger Jr. (1917-2007) all’epoca agente dell’OSS, vari agenti del controspionaggio e in più tutta una serie di ufficiali esperti in medicina, comunicazioni e amministrazione. Helms e Ides Van der Gracht gestivano la sezione spionaggio, dopo il rifiuto al ruolo di capo dell’intelligence di William J. Casey (1913-1987) la posizione venne affidata a Frank Wisner (1909-1965).
La conferenza di Potsdam nell’estate del 1945 sancì l’inizio della guerra fredda. La paranoia di Stalin sulla rinascita della Germania e delle elezioni libere nei Paesi dell’Est Europa andava di pari passo con la sua profonda sfiducia verso le mosse americane. Gli States non avrebbero potuto capire quel momento senza mantenere una presenza fissa in Europa. Berlino divenne il centro di gravità permanente dell’intelligence del dopoguerra e così da Wiesbaden l’ufficio venne traslocato nella capitale tedesca.
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Spiare i Russi divenne la priorità per tutta l’agenzia di Dulles a Berlino. Ma venne il giorno in cui Truman avvisò che sarebbe stata creata una nuova agenzia e che l’OSS sarebbe stata soppressa. I fondi a Berlino vennero tagliati e il morale allo stesso modo calò in maniera direttamente proporzionale al passare del tempo finché Dulles per primo non rassegnò le dimissioni e ritornò in America.
Allen Dulles ritornato alla sua carriera da avvocato non riuscì ad abbandonare l’entusiasmo per gli affari internazionali. Crebbe la sua vicinanza con Truman che gli offrì un ruolo da ambasciatore ma venne convinto dal fratello Foster a non accettare seguendo in questo modo la sua aspirazione maggiore. In seguito a un rapporto che scrisse per Truman dove delineò i problemi che stava avendo la CIA nella sua breve nuova vita, gli venne richiesto, in risposta, di gestire le operazioni clandestine.
Il passaggio successivo, dopo un breve periodo, divenne quello di ottenere il ruolo di vice direttore della CIA sotto il generale Walter Bedell Smith (1895-1961). La disciplina marziale richiesta ai suoi subordinati non si accostava al giovane Dulles con il quale nacquero diverse incomprensioni. Nel momento in cui Dwight Eisenhower divenne presidente, nominò sottosegretario il generale Bedell Smith sotto John Foster Dulles che divenne il nuovo segretario di stato.
La potenza di fuoco di John Foster consegnò in mano al fratello il ruolo tanto agognato di direttore della CIA. Bedell Smith, si oppose alla nomina di Dulles considerando la sua passione per le operazioni coperte nociva per l’agenzia e l’intera politica estera americana. Donovan, che si era speso moltissimo con «Ike» Eisenhower per ottenere la carica, allo stesso modo predisse che il suo sottoposto al tempo dell’OSS avrebbe mandato tutto all’aria.
Nonostante le gufate dei suoi ex colleghi, Allen assieme al fratello condussero per un’intera decade la politica estera americana fino all’ascesa politica di John Fitzgerald Kennedy alla presidenza e al disastro della Baia dei Porci del 1962.
Marco Dolcetta Capuzzo
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