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Boom di vaccini, calo della popolazione: legame tra il vaccino HPV e l’incremento dell’infertilità?

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Renovatio 21 pubblica la traduzione di questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense.

 

 

Le giovani generazioni di America, nel Regno Unito, in Francia, Italia, Giappone, Australia – praticamente ogni paese occidentale – sono afflitte da un rapido aumento del tasso d’infertilità.

Una piaga sta dilagando in silenzio a livello globale. Le giovani generazioni di America, nel Regno Unito, in Francia, Italia, Giappone, Australia – praticamente ogni paese occidentale – sono afflitte da un rapido aumento del tasso d’infertilità.

 

Questa primavera, gli Stati Uniti hanno riportato il più basso tasso di natalità degli ultimi 30 anni, nonostante la crescita economica. Il tasso di nascite della Finlandia è precipitato a un minimo mai visto in 150 anni. Il Presidente Russo Vladimir Putin ha recentemente introdotto una serie di riforme mirate ad arginare il «profondo declino demografico». Il governo danese ha introdotto una campagna pubblicitaria per incoraggiare le coppie a «farlo per la Danimarca» e concepire in vacanza, e la Polonia ha prodotto una campagna esortando i suoi cittadini a «riprodursi come conigli».

Qualcosa  sta privando  giovani donne e uomini della loro capacità di procreare e la sanità pubblica ammette che non ha la più pallida idea da dove iniziare per rimediare all’emergente priorità.

 

La «bomba demografica» alla quale tutti noi eravamo stati avvisati dagli ambientalisti, ha mancato l’esplosione, e invece, i demografi hanno cercato di accrescere l’allarme riguardo la crisi dell’implosione demografica che si sta dispiegando in tutto l’Occidente – la società sta affrontando un invecchiamento demografico senza precedenti, e in futuro ci saranno troppo pochi giovani a dare supporto agli anziani.

 

Molto spesso, incolpano i fattori sociali: giovani donne che abbracciano la carriera piuttosto che la maternità, uomini che evitano il matrimonio o la paternità, incrementando il consumismo o le coppie che scelgono di ritardare la formazione della famiglia fino al raggiungimento di una stabilità economica.

 

Ma c’è un altro fenomeno che viene citato di rado – l’aumento del numero di giovani che non ha figli, non per scelta, ma per l’incapacità di concepirne.

I Centres for Disease Control  riferiscono che più del 12% delle donne Americane – una su otto – ha difficoltà a concepire un figlio

 

I Centres for Disease Control (Centri per la Prevenzione delle Malattie, NdT) riferiscono che più del 12% delle donne Americane – una su otto – ha difficoltà a concepire un figlio. Anche la fertilità maschile sta precipitando, e l’andamento è globale. Qualcosa – od alcune cose – stanno privando giovani donne e uomini della loro capacità di procreare e la sanità pubblica ammette di non avere la più pallida idea di dove iniziare per rimediare all’emergente priorità. Aldilà delle chiacchiere sull’estendere l’accesso alle costose e rischiose tecnologie riproduttive artificiali, è stato fatto molto poco per discernere le cause della crescente crisi dell’infertilità.

 

Così, all’inizio di questo mese, quando uno studio inedito, reso pubblico, che ha esaminato un database di più di otto milioni di donne americane e ha evidenziato un sonoro aumento del 25 per cento di sterilità associato ad una  diffusa medicina che le giovani donne hanno assunto per solo un decennio – in tandem con un marcato declino nella fecondità – avreste pensato che ci sarebbe stato un interesse significativo da parte della sanità pubblica, dei professionisti medici e dei media, no?

È stato fatto molto poco per discernere le cause della crescente crisi dell’infertilità

 

Un Denominatore Comune Dietro i Tassi di Crescita dell’Infertilità

Invece, tutti e tre questi colossi rimangono silenti come una pietra.

Il motivo? Uno studio, pubblicato nel corrente numero del Journal of Toxicology and Environmental Health, esamina la capacità di procreare da parte di donne che sono state vaccinate contro lo Human Papilloma Virus (HPV) – rispetto a coloro che non lo sono state – e i risultati sono agghiaccianti.

Uno studio esamina la capacità di procreare da parte di donne che sono state vaccinate contro l’HPV e i risultati sono agghiaccianti

 

Nessuno nella sanità pubblica, media medici o principali, i quali sono invischiati nel business lucrativo di questo vaccino, osa porre in dubbio il mantra sulla «sicurezza ed efficacia» che hanno promulgato riguardo i prodotti farmaceutici «di gran successo» della Merck e GSK che valgono miliardi.

 

Lo studio è a cura di Gayle DeLong, docente di economia e finanza al Baruch College, University of New York. La DeLong ha osservato che il declino del tasso di natalità in America è precipitato in anni recenti – dal 118 per 1.000 nel 2007, al 105 nel 2015 per il gruppo di età tra i 25 e i 29 anni.

 

Il vaccino HPV fu approvato dalla Food and Drug Administration per essere usato negli USA dal 2006 per prevenire il cancro alla cervice uterina – una malattia per la  quale le donne hanno un rischio di diagnosi dello 0,6%. Benché negli Stati Uniti venga più frequentemente diagnosticata all’età di 47 anni, è stata divulgata in massa, inizialmente mirando alle ragazze dagli 11 ai 26 anni (e da allora commercializzato ai ragazzi sin dai 9 anni per prevenire rari cancri anali e del pene – una malattia che colpisce lo 0,2% degli uomini nel corso della vita).  

Hanno sollevato domande preoccupanti sugli impatti documentati che hanno alcuni componenti contenuti nei vaccini, sulla riproduzione (qualcuno direbbe negligenza criminale) nei test preliminari sui vaccini e hanno concluso che fosse urgentemente necessaria un’ulteriore ricerca… ai fini della salute della popolazione e della sicurezza vaccinale pubblica.

 

La dottoressa DeLong aveva letto di un caso di studio nel British Medical Journal a cura di Deirdre Little, una dottoressa australiana e Harvey Ward, che descrisse di una ragazza di 16 anni alla quale si era interrotto il ciclo mestruale dopo aver ricevuto il vaccino HPV e le fu diagnosticata l’insufficienza ovarica prematura.

 

Nel 2014, i dottori pubblicarono una serie di casi di più adolescenti che erano entrate in menopausa prematura – un fenomeno descritto da Little e Ward come solitamente «così rara da essere sconosciuta». Hanno sollevato domande preoccupanti sugli impatti documentati che hanno alcuni componenti contenuti nei vaccini, sulla riproduzione (qualcuno direbbe negligenza criminale) nei test preliminari sui vaccini e hanno concluso che fosse «urgentemente necessaria un’ulteriore ricerca… ai fini della salute della popolazione e della sicurezza vaccinale pubblica».

 

Inoltre, tra il 2006 e il 2014, il Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS) (Sistema di Segnalazione di Reazione Avversa da Vaccino, NdT) cita 48 casi di danno ovarico associato a reazioni autoimmuni agli ingredienti presenti nel vaccino HPV. Tra il 2006 e il Maggio 2018, VAERS ha catalogato altre questioni sulla riproduzione: aborto spontaneo (256 casi), amenorrea (172 casi), mestruazioni irregolari (172 casi), dei quali tutti rientrano probabilmente nei sintomi riportati.  

 

Tutto ciò ha intrigato DeLong, che ha seguito per anni il dibattito sui vaccini e non fa mistero del fatto che ha due figlie, 18 e 21 anni, entrambe diagnosticate con spettro autistico, delle quali ha visto il regredire del loro sviluppo e isolamento dopo essere state vaccinate nei primi anni di vita.

 

«Sono scettica riguardo la scienza dei vaccini e gli studi fatti o non fatti, sulla loro sicurezza», dice.

 

Ha iniziato ad analizzare le informazioni raccolte dal National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES), il quale ha rappresentato 8 milioni di donne tra i 25 e i 29 anni che vivevano negli Stati Uniti tra il 2007 e il 2014.

 

Utilizzando la regressione logistica, ha abbinato le donne giovani ad altre variabili, compresa l’età, e ha confrontato la gravidanza come un esito in quelle che avevano ricevuto il vaccino HPV paragonate a coloro che non avevano ricevuto nessuna iniezione.

Circa il 60% delle donne che non aveva ricevuto il vaccino HPV era stata incinta almeno una volta rispetto al solo 35% di donne che avevano avuto un’iniezione del vaccino HPV che non aveva mai concepito.

 

«Volevo solo vedere se c’era un problema», dice DeLong. «Certamente non mi aspettavo di trovare una tale forte associazione». Circa il 60% delle donne che non aveva ricevuto il vaccino HPV era stata incinta almeno una volta rispetto al solo 35% di donne che avevano avuto un’iniezione del vaccino HPV che non aveva mai concepito.

 

Anche per le donne sposate, il gap era circa del 25%: il 75% di quelle che non avevano ricevuto il vaccino HPV avevano concepito, mentre solo il 50% di quelle vaccinate erano state gravide.

 

«I risultati suggeriscono che le femmine vaccinate con HPV avevano meno probabilità di rimanere gravide di quelle che, nel gruppo con la stessa età, non erano state vaccinate», dice lo studio. Si conclude, come fanno tutti gli studi come questo, che i dati indicano  un’associazione, non una casualità, tra il nuovo vaccino e la fertilità ridotta, ma che un ulteriore studio è legittimo.

 

Se l’associazione è la causa, in ogni caso, la matematica di DeLong suggerisce che se tutte le femmine coinvolte in questo studio avevano ricevuto il vaccino HPV, il numero delle donne che ha mai concepito sarebbe sceso a due milioni.

 

Sono due  milioni di donne che non possono concepire uno, due, o più bambini

Questo non significa due milioni di bambini non nati. Sono due  milioni di donne che non possono concepire uno, due, o più bambini. Sono milioni di bambini Americani che mancano da un’unica coorte. La conseguenza, considerando la vastità della campagna sul vaccino HPV a livello globale mirata ad entrambi maschi e femmine dai nove anni in su, è sconcertante.

 

La Risposta Scettica

Gli scettici sono difensori affidabili dell’industria del vaccino. Gli scienziati «da poltrona» che spesso si nascondono dietro pseudonimi, hanno una sorta di schizofrenia riguardo ai vaccini. Insistono che i vaccini sono farmaci potentemente immunomodulanti in grado di modificare la risposta del sistema immunitario verso l’esposizione alle infezioni.

 

Ma non possono accettare che, come tutti i farmaci, i vaccini possono e causano migliaia di reazioni avverse a lungo termine documentate – in particolar modo perché sono stati concepiti per indurre una produzione ritardata di anticorpi a cura del sistema immunitario che è adattabile. Siccome queste reazioni sono mediate dal sistema immunitario, sono differenti, imprevedibili e profonde.

«I risultati suggeriscono che le femmine vaccinate con HPV avevano meno probabilità di rimanere gravide di quelle che, nel gruppo con la stessa età, non erano state vaccinate»

 

Come ci si aspettava, gli scettici hanno accolto la ricerca di DeLong con attacchi beffardi e personali (se pure non scientifici). Hanno criticato duramente la sua mancanza nell’includere informazioni sull’uso dei contraccettivi. Di conseguenza, DeLong intende aggiungere quelle informazioni in un addendum sullo studio, ma ciò che ha trovato e riportato sul sito web Age of Autism dà solo supporto alle scoperte dello studio.

 

Tra le donne sposate del sondaggio, il 36,6% di quelle che aveva fatto il vaccino HPV disse al NHANES che stavano usando la contraccezione (almeno la metà delle volte il preservativo, contraccettivi o in alternativa iniettabili), paragonate a più della metà (51,5%) di quelle che non avevano fatto il vaccino – una differenza quasi del 15%.

 

Un minor utilizzo di contraccettivi dovrebbe tradursi in una maggiore nascita di bambini tra le vaccinate. Ma, in questo studio, pare che le donne vaccinate in realtà stavano cercando più seriamente di concepire (o almeno non troppo preoccupate a riguardo) ma comunque avendo meno fortuna – cosa a sfavore della disputa degli Scettici.

 

DeLong «non è nemmeno un’epidemiologa» ribattevano gli scettici (in altre parole, spara al messaggero se non ti piace il messaggio). Ai quali lei risponde «No. Non lo sono. Sono una statista, comunque. Sarei grata se gli epidemiologi facessero il loro lavoro e conducessero questa ricerca pienamente». Questo è esattamente ciò che il suo studio ha richiesto. Se l’avessero fatto, le madri dei bambini danneggiati dal vaccino non sarebbero state necessarie.

 

Donne Sterili Escluse dallo Studio sulla Sterilità

DeLong cita un altro studio, dalla Scuola della Sanità Pubblica dell’Università di Boston e dall’Institute Research Triangle (RTI) nel Nord Carolina, il quale non ha trovato un’associazione tra la vaccinazione HPV e la fertilità danneggiata. Curiosamente, l’Università di Boston è stata il contenitore di decine di milioni di promotori a livello globale della Fondazione Bill and Melinda Gates, così come per RTI, un’organizzazione che ha ricevuto più di 47 milioni di dollari in sovvenzioni in anni recenti.

 

RTI ha pubblicato un numero di studi recenti sul vaccino HPV, includendone uno fondato dall’unione con GlaxoSmithKline (un produttore di vaccini) sulla sicurezza del vaccino HPV della compagnia stessa, e un altro, mettendo in guardia le agenzie della sanità pubblica di «prendere misure speciali per assicurare che il loro messaggio non fosse percepito come sponsorizzato dalle compagnie farmaceutiche» per timore che incitasse «ridotta approvazione e fiducia» da parte dei genitori che saranno meno inclini a far somministrare il vaccino HPV ai loro figli.

«Queste potrebbero essere le donne con “seri” problemi di fecondità – dice DeLong –ma sono proprio quelle che dovrebbero essere incluse».

 

Lo studio dell’RTI riguardo gli impatti del vaccino HPV sulla fecondità era basato su ciò che le pazienti ricordavano riguardo l’essere state vaccinate (ricordate prima quanto gli scettici avessero da ridire sulle informazioni date da se stessi?). Ma lo studio non controllò un ulteriore fattore importante sulla fertilità – l’età. In questo contesto l’età non riguarda solo i possibili effetti del vaccino stesso sulla fertilità, ma la fertilità è drammaticamente alterata in favore dei giovani e lo studio mette insieme le diciottenni con le trentenni.

 

Inoltre, all’inizio, escludeva 881 donne su un gruppo di 5.020 perché stavano già tentando – senza fortuna – di concepire un bambino da più di sei mesi. Questo ha l’effetto di ridurre nel complesso le scoperte sulla sterilità. «Queste potrebbero essere le donne con “seri” problemi di fecondità – dice DeLong –ma sono proprio quelle che dovrebbero essere incluse».

 

Il numero degli spermatozoi maschili, nelle ultime decadi è sceso rapidamente – l’anno scorso gli scienziati hanno pubblicato dei dati che mostrano che globalmente, sono scesi del 50 percento solo negli ultimi 40 anni

Problemi ambientali

Certamente, molti fattori ambientali potrebbero influire sulla fertilità femminile. Il crollo della fertilità maschile è uno di questi. Il numero degli spermatozoi maschili, nelle ultime decadi è sceso rapidamente – l’anno scorso gli scienziati hanno pubblicato dei dati che mostrano che globalmente, sono scesi del 50 percento solo negli ultimi 40 anni – indicando seri rischi ambientali non identificati.

 

Gli scienziati ambientali hanno indicato tutto, dagli OGM e alluminio tossico (di più su questo argomento più avanti) al Wi-Fi, ai contraccettivi espulsi dalle donne nell’acqua potabile, come cause possibili di scomparsa degli spermatozoi e abbassamento della fertilità in generale.

 

Ma negli studi della DeLong, questi fattori ambientali influenzano in ugual modo l’intero gruppo di donne. Non c’è motivo per cui le donne che si vaccinano sceglierebbero uomini con un basso numero di spermatozoi, per esempio.

Gli scienziati ambientali hanno indicato tutto, dagli OGM all’alluminio tossico al Wi-Fi, ai contraccettivi espulsi dalle donne nell’acqua potabile, come cause possibili di scomparsa degli spermatozoi e abbassamento della fertilità in generale.

 

Che cosa c’è nel vaccino HPV?

Dunque, che cos’è che potrebbe non funzionare in un vaccino che ha come bersaglio un virus associato al cancro del tratto riproduttivo? DeLong nota che entrambi i vaccini HPV contengono l’alluminio, un metallo tossico con documentato potenziale di indurre un attacco immunitario verso sé stessi, inclusi gli organi riproduttivi.

 

I vaccini HPV sono carichi di alluminio: l’originale vaccino Gardasil della Merck conteneva 225 microgrammi di nanoparticelle di alluminio in ognuna delle tre iniezioni, per un totale di 675 microgrammi; il «nuovo migliorato» Gardasil da 9 inienzioni contiene un totale di 1500 microgrammi – un colpo pesante di stimolanti per il sistema immunitario che DeLong pensa potrebbe proprio essere «un punto critico» per i giovani che precedentemente hanno avuto così tante iniezioni di alluminio nel programma delle 50 vaccinazioni prima dell’età scolare.

 

Entrambi i vaccini HPV contengono l’alluminio, un metallo tossico con documentato potenziale di indurre un attacco immunitario verso sé stessi, inclusi gli organi riproduttivi

Forse è per questo che le iniezioni HPV hanno un numero così alto di denunce di reazioni avverse: 45.277 dalla sua introduzione nel 2006 al maggio 2018 (e queste sono considerate essere ampiamente non denunciate).

La certezza della CDC è basata su informazioni incomplete.

 

«Alcuni effetti avversi del vaccino contro l’HPV non sono stati ben studiati poiché non sono ben definiti» aggiungono i ricercatori che descrivono un mucchio di malattie, documentate, varie autoimmuni, neurologiche e cardiovascolari subito dopo aver ricevuto il vaccino.

Il CDC dichiara che tutte queste reazioni sono normali e che i vaccini HPV sono sicuri senza impatto avverso sulla maternità o formazione fetale durante la gravidanza.

 

I sintomi riportati più frequentemente dopo essersi vaccinati sono mal comprese – svenimento, dolore cronico con formicolio o sensazioni di bruciore, mal di testa, fatica, capogiro, nausea e altri sintomi che peggiorano quando si sta in piedi, per esempio.

 

Il vaccino HPV – così come quello del tetano – in letteratura medica è stato collegato a una condizione chiamata sindrome da anticorpi antifosfolipidi che è una malattia mal definita che si manifesta quando il sistema immunitario produce erroneamente anticorpi contro certe proteine lipidiche che si trovano nelle membrane di un sacco di tessuti – occhi, cuore, cervello, nervi, pelle – e nel sistema riproduttivo.

 

Uno studio del 2012 a cura di ricercatori serbi all’Institute for Virology, Vaccines and Ser «Torlak», ha trovato che l’«iperimmunizzazione» del sistema immunitario con diversi adiuvanti, incluso l’alluminio, nei topi, è risultato indurre la sindrome da anticorpi antifosfolipidi ed anche l’abbassamento della fertilità.

 

Vennero trovate alte concentrazioni del metallo, «prova inequivocabile», specialmente nel seme di uomini con basso numero di spermatozoi.

Un’altra ricerca trova implicato l’alluminio nei problemi di concepimento. Un ricercatore sull’infertilità, il francese Jean Philippe Klein e i suoi colleghi all’University of Lyon hanno pubblicato gli esiti del loro studio, svolto nel 2014, sullo sperma di uomini in cerca di assistenza in una clinica francese.

 

Hanno inviato al laboratorio di ricerca di alluminio di Christopher Exley, alla Keele University in Inghilterra,  campioni di liquido seminale di 62 uomini che stavano incontrando problemi d’infertilità, che sono stati macchiati con una sostanza fluorescente di un luminescente blu per mostrare la presenza di alluminio. Vennero trovate alte concentrazioni del metallo, «prova inequivocabile», specialmente nello sperma di uomini con basso numero di spermatozoi.

Vennero trovate alte concentrazioni di alluminio, «prova inequivocabile», specialmente nello sperma di uomini con basso numero di spermatozoi

 

Evidente fluorescenza e alluminio concentrato nelle teste ricche di DNA dello spermatozoo, ha condotto i ricercatori a riflettere su quale impatto ciò potrebbe avere sull’abilità di procreare e sullo sviluppo di embrioni appena formati.

 

Deidre Little, il medico di base australiano che ha documentato l’insufficienza ovarica prematura a seguito della vaccinazione HPV, ha criticato anche il fatto che il prodotto della Merck era ingannevole circa il tipo di placebo «salino» usato durante i test del vaccino Gardasil – ha mancato  di dire che i «placebo» contenevano sia alte dosi di alluminio che un altro ingrediente terrificante, il polisorbato 80.

 

Questo ingrediente chimico ha mostrato una tossicità ovarica differita nelle ovaie dei topi su tutte le dosi iniettate testate su una gamma decupla.

 

Nessuno degli esperimenti valutava accuratamente l’impatto a lungo termine del vaccino sulla salute riproduttiva delle ragazze, dissero Deidre e Ward, aggiungendo che il danno da farmaco alla salute riproduttiva potrebbe richiedere anni o decenni per manifestarsi.

Quale genere di agenzia per la sanità pubblica ignora 45.277 rapporti su eventi avversi – inclusi sintomi neurologici e riproduttivi – tra giovani donne in età fertile?

Domande Urgenti e Senza Risposta

Il problema che tutti vedono ma di cui non vogliono parlare, è, tanto per cominciare, perché il vaccino HPV è così fortemente commercializzato?

Perché produrre un vaccino contro una malattia che colpisce meno dello 0,3% delle persone in tutta la vita?

E perché aggiungere componenti che sono tossici, specialmente alte dosi di componenti che gli scienziati hanno disapprovato, con tossicità documentata, verso gli organi della riproduzione?

Perché non usare un vero controllo negli test sperimentali? Quale tipo di scienziato opererebbe quella tale scienza?

Quale genere di agenzia per la sanità pubblica ignora 45.277 rapporti su eventi avversi – inclusi sintomi neurologici e riproduttivi – tra giovani donne in età fertile?

 

Rispondere a queste domande risulta molto più arduo di quello che appare. Esistono dei fatti agghiaccianti che sono difficili da mettere da parte. In tempi recenti, nel 2015, vescovi cattolici e attivisti dei diritti umani, hanno accusato le agenzie della sanità pubblica di aver contaminato deliberatamente i vaccini antitetanici somministrati solo alle donne in età riproduttiva in Kenya.

In tempi recenti, nel 2015, vescovi cattolici e attivisti dei diritti umani, hanno accusato le agenzie della sanità pubblica di aver contaminato deliberatamente i vaccini antitetanici somministrati solo a donne in età riproduttiva in Kenya.

 

Le organizzazioni della sanità pubblica hanno negato di aver avvelenato i vaccini antitetanici con l’ormone Beta gonadotropina corionica umana (Beta-hCG), che induce l’aborto spontaneo – un componente sterilizzante descritto nell’ampia letteratura medica riguardo la ricerca di un vaccino contraccettivo per controllare l’aumento della popolazione. I vescovi kenioti hanno insistito che avevano la prova di laboratorio che era stata ignorata così come erano stati ignorati la questione e lo studio della DeLong.

 

Un’altra verità sconveniente è che coloro che hanno finanziato il devastante vaccino HPV sono gli stessi che hanno maggior interesse a ridurre i tassi di nascita. Quando Melinda Gates lanciò il suo Family Planning Summit nel 2012 con l’obiettivo di portare i contraccettivi ai poveri del mondo, era chiaro che aveva in mente un’idea su quel goal: «se vedi quello che è successo in altre nazioni ove hanno avuto a disposizione i contraccettivi, li hanno usati loro prima di tutto e i tassi di nascita sono scesi» disse allora.

«La domanda è, avrebbe potuto scendere persino più velocemente?»

Finché non ci sono risposte soddisfacenti al perché l’Occidente stia affrontando una crisi di infertilità, le domande sull’impatto a lungo termine del vaccino HPV sulla sterilità umana, non solo sono lecite e ragionevoli, ma se non rispondiamo ad esse, il futuro è molto tetro.

 

Benché Gates giurò che la sua campagna «non riguardava il controllo della popolazione», i suoi goal sono gli stessi di coloro che condussero la sterilizzazione di massa degli uomini indiani sulle banchine ferroviarie negli anni ‘70 e che oggigiorno continuano a sterilizzare in massa le donne indiane affinché i tassi di nascita diminuiscano.

 

Per Gates, il successo non si misura con l’accesso all’acqua pulita o energia o nello sviluppo delle infrastrutture o libertà politica, ma è misurato con l’accesso ai farmaci, farmaci dei quali lei e suo marito hanno delle azioni in borsa: contraccettivi e vaccini.

 

Il loro successo è misurato con l’esportazione di ciò che la maggior parte dei paesi occidentali stanno affrontando come catastrofe sociale: declino demografico.

Il successo dei Gates è misurato con l’esportazione di ciò che la maggior parte dei paesi occidentali stanno affrontando come catastrofe sociale: declino demografico.

 

Finché non ci sono risposte soddisfacenti al perché l’Occidente stia affrontando una crisi di infertilità, le domande sull’impatto a lungo termine del vaccino HPV sulla sterilità umana, non solo sono lecite e ragionevoli, ma se non rispondiamo ad esse, il futuro è molto tetro.

 

 

Celeste MCGovern

per il Children’s Medical Safety Research Institute

 

© 29 novembre 2019, Children’s Health Defense, Inc. Questo lavoro è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.

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Fertilità

Microplastiche scoperte nei fluidi riproduttivi umani

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Uno studio riporta la scoperta di microplastiche nei fluidi riproduttivi maschili e femminili, sollevando allarmanti interrogativi sul loro impatto sulla fertilità.

 

I ricercatori hanno esaminato il fluido follicolare di 29 donne e il liquido seminale di 22 uomini. Entrambi i fluidi riproduttivi svolgono un ruolo fondamentale nel concepimento.

 

Nei campioni di fluido è stata rilevata un’ampia gamma di polimeri microplastici. In entrambi i gruppi sono stati riscontrati politetrafluoroetilene (PTFE), polistirene (PS), polietilene tereftalato (PET), poliammide (PA), polipropilene (PP) e poliuretano (PU).

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Le microplastiche erano presenti nel 69% dei campioni follicolari analizzati. Il polimero più comune era il PTFE, ampiamente presente nei rivestimenti antiaderenti, comprese le pentole antiaderenti. Oltre il 30% dei campioni conteneva questo polimero.

 

Le microplastiche erano presenti in una percentuale minore (55%) dei campioni di liquido seminale. Il PTFE è risultato ancora una volta il polimero più comune, rilevato nel 41% dei campioni.

 

«Studi precedenti avevano già dimostrato che le microplastiche possono essere presenti in vari organi umani». ha commentato il ricercatore principale, il dottor Emilio Gomez-Sanchez. «Di conseguenza, non siamo rimasti del tutto sorpresi nel trovarle nei fluidi dell’apparato riproduttivo umano, ma siamo rimasti colpiti dalla loro frequenza: presenti nel 69% delle donne e nel 55% degli uomini che abbiamo studiato».

 

Uno studio condotto lo scorso anno ha rilevato la presenza di microplastiche nel 100% dei campioni di sperma prelevati da un gruppo di uomini in Cina.

 

Si stima che tra il 1950 e il 2017 siano state prodotte più di nove miliardi di tonnellate di plastica, di cui oltre la metà è stata prodotta dal 2004. La stragrande maggioranza della plastica finisce nell’ambiente in una forma o nell’altra, dove si decompone, attraverso l’azione degli agenti atmosferici, l’esposizione ai raggi UV e a organismi di ogni tipo, in pezzi sempre più piccoli, diventando prima microplastiche e poi nanoplastiche.

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Nelle nostre case, le microplastiche vengono prodotte principalmente dalle fibre sintetiche di vestiti, mobili, tappeti e altri oggetti in plastica che si disperdono nell’aria. Si accumulano in grandi quantità nella polvere e fluttuano nell’aria, che poi inaliamo.

 

Nuove ricerche stanno già collegando le microplastiche a una vasta gamma di malattie croniche, dall’Alzheimer all’autismo, fino all’obesità e al diabete. Oltre alle proprietà fisiche delle microplastiche stesse, che consentono loro di causare infiammazioni e ostruzioni fisiche nei tessuti corporei, agiscono anche come vettori di sostanze chimiche tossiche, trasportandole in profondità nei tessuti corporei, inclusi cervello, polmoni, fegato e organi riproduttivi.

 

L’esposizione alla microplastica è inoltre collegata alla grave crisi della fertilità che sta colpendo i Paesi sviluppati, con un calo catastrofico del numero di spermatozoi che, secondo alcuni terrificanti scenari delineati dagli esperti, potrebbe rendere impossibile la riproduzione naturale entro pochi decenni.

 

Come riportato da Renovatio 21recenti studi danesi hanno mostrato che nel caso degli individui maschi l’esposizione ai PFAS durante il primo trimestre potrebbe ridurre il numero di spermatozoi dei figli. I PFAS avevano sollevato molte preoccupazioni anche in Italia, che, dopo un incidente industriale dei primi anni 2000, avrebbero contaminato le acque sotterranee di zone del Vicentino. Si tratta del più grave inquinamento delle acque della storia italiana: tre province, 350 mila persone coinvolte, 90 mila cittadini a cui fare check up clinici.

 

Come riportato da Renovatio 21, il tema dell’infertilità, come quello del cancro, era stato toccato da altri studi che investigavano le microplastiche presenti nell’inquinamento atmosferico.

 

Gli scienziati stanno trovando tracce della plastica in varie parti del corpo umano, compreso il cervello. Un altro studio ha provato la presenza di plastica nelle nuvole della pioggia.

Come riportato da Renovatio 21, uno studio di pochi mesi fa ha collegato l’esposizione a microplastiche alle nascite premature. Uno studio sottoposto a revisione paritaria, pubblicato sulla rivista Toxicological Sciences a inizio anno aveva trovato nella placenta umana microplastiche dannose, alcune delle quali sono note per scatenare l’asma, danneggiare il fegato, causare il cancro e compromettere la funzione riproduttiva.

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Come riportato da Renovatio 21, quantità di microplastica avrebbero raggiunto i polmoni umani con l’uso delle mascherine imposto durante il biennio pandemico.

 

La microplastica nell’intestino è stata correlata da alcuni studi a malattie infiammatorie croniche intestinali. Altre ricerche hanno scoperto che le microplastiche causano sintomi simili alla demenza.

 

Come riportato da Renovatio 21un nuovo studio emerso settimane fa ha stabilito che le comuni bustine da tè realizzate in fibre polimeriche rilasciano enormi quantità di micro e nanoplastiche tossiche nel liquido durante l’infusione.

 

L’onnipresenza della microplastica è provata dalla presenza nei polmoni degli uccelli e persino strati di sedimenti non toccati dall’uomo moderno.

 

Secondo nuove ricerche, le microplastiche sarebbero in grado inoltre di rendere batteri come l’E.Coli più resistente agli antibiotici.

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Secondo un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria pubblicato la scorsa settimana sull’International Journal of Risk & Safety in Medicine, il tasso di concepimento riuscito (una gravidanza che porta a un parto vivo nove mesi dopo) per le donne che hanno ricevuto il vaccino contro il COVID-19 è stato «sostanzialmente inferiore» rispetto alle donne non vaccinate.   Secondo un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria, il tasso di concepimento riuscito (una gravidanza che porta a un parto vivo nove mesi dopo) per le donne che hanno ricevuto il vaccino contro il COVID-19 è stato «sostanzialmente inferiore» rispetto alle donne non vaccinate.   Brian Hooker, Ph.D., direttore scientifico di Children’s Health Defense (CHD), ha definito allarmanti le conclusioni dello studio. Ha affermato:   «Questa analisi preliminare dimostra che sono necessarie molte più informazioni per comprendere le implicazioni a breve e lungo termine dei diversi tipi di vaccini anti-COVID sui parametri di fertilità e gravidanza. Queste informazioni avrebbero dovuto essere ottenute prima di qualsiasi utilizzo pubblico del vaccino anti-COVID».   I risultati hanno mostrato che entro giugno 2021, circa sei mesi dopo che i vaccini contro il COVID-19 erano diventati disponibili al pubblico, i concepimenti riusciti ogni 1.000 donne erano considerevolmente inferiori tra le donne vaccinate rispetto a quelle non vaccinate.   I ricercatori hanno osservato un aumento del tasso di concepimenti riusciti nelle donne non vaccinate a partire da giugno 2021, tasso che «si è mantenuto nel successivo periodo di 6 mesi».   Nel 2022, il tasso di concepimenti riusciti si è «stabilizzato» sia tra le donne vaccinate che tra quelle non vaccinate, ma è rimasto «circa 1,5 volte più alto» per quest’ultimo gruppo.

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Risultati «preoccupanti» indicano un impatto a lungo termine sulla salute riproduttiva

L’analisi preliminare, condotta da cinque ricercatori provenienti da Repubblica Ceca, Danimarca e Svezia, è stata pubblicata la scorsa settimana sull’International Journal of Risk & Safety in Medicine.   Lo studio ha esaminato i dati ottenuti dalla Repubblica Ceca, uno dei pochi Paesi in cui sono disponibili dati nazionali sulle nascite di donne vaccinate o non vaccinate contro il COVID-19, hanno affermato gli autori.   I ricercatori hanno analizzato i dati relativi a 1,3 milioni di donne, di età compresa tra 18 e 39 anni, tra gennaio 2021 e dicembre 2023.   Gli autori hanno affermato che le ragioni per cui hanno intrapreso lo studio includevano ricerche esistenti che dimostravano che i vaccini contro il COVID-19 hanno effetti negativi sulle «caratteristiche mestruali» e la mancanza di dati sull’effetto dei vaccini contro il COVID-19 sui tassi di natalità.   I dati provenienti da diversi Paesi hanno mostrato un calo dei tassi di natalità durante la pandemia di COVID-19, hanno affermato i ricercatori. Tuttavia, «la potenziale influenza dei vaccini contro il COVID-19 sulla salute riproduttiva non è stata valutata» negli studi randomizzati di pre-autorizzazione per tali vaccini.   La pediatra dottoressa Michelle Perro ha affermato che i risultati dello studio sono «profondamente preoccupanti» e «forniscono informazioni sugli effetti negativi sulla fertilità che giustificano un’indagine scientifica immediata e imparziale».   «Il rilascio di una nuova tecnologia, in particolare se somministrata alle nostre popolazioni più vulnerabili senza dati completi sulla sicurezza a lungo termine, si è rivelato ancora una volta disastroso per la salute delle generazioni future», ha affermato la Perro.   Karl Jablonowski, Ph.D., ricercatore senior presso il CHD, ha affermato che è «preoccupante» che i tassi di concepimento con successo tra donne vaccinate e non vaccinate non siano convergenti dopo il 2021, il che indica il potenziale impatto a lungo termine dei vaccini sulla salute riproduttiva delle donne.   «Se l’esposizione avesse avuto un’influenza a breve termine, i due gruppi avrebbero dovuto convergere nel tempo, ma non è così», ha affermato Jablonowski.   Tra le donne vaccinate esaminate nello studio, il 96% ha ricevuto il vaccino Pfizer-BioNTech o Moderna; il numero di donne che ha ricevuto il vaccino Pfizer è 11 volte superiore rispetto a quello Moderna.

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Diversi studi collegano i vaccini COVID ai problemi riproduttivi

I ricercatori hanno notato che la relazione tra vaccinazione e fertilità non è necessariamente causale e che alcune donne potrebbero aver basato la loro decisione di vaccinarsi sulla pianificazione di una gravidanza, un possibile esempio di «bias di autoselezione».   Tuttavia, i ricercatori hanno sottolineato che, durante la pandemia, il tasso di fertilità complessivo nella Repubblica Ceca è diminuito. In quel periodo, le autorità sanitarie pubbliche ceche hanno raccomandato alle donne incinte di vaccinarsi, una raccomandazione che, secondo i ricercatori, molte donne hanno probabilmente seguito.   Questi fattori riducono la probabilità che la differenza nei tassi di concepimento riuscito tra donne vaccinate e non vaccinate sia dovuta a un bias di autoselezione.   Anche altri studi recenti hanno riscontrato un’associazione tra i vaccini contro il COVID-19 e i problemi riproduttivi.   Uno studio sottoposto a revisione paritaria, pubblicato ad aprile su BMC Pregnancy and Childbirth, ha rilevato che tra le donne incinte risultate positive al COVID-19, quelle che avevano ricevuto il vaccino contro il COVID-19 avevano una probabilità significativamente maggiore di avere un aborto spontaneo rispetto alle donne non vaccinate.   Uno studio sottoposto a revisione paritaria, pubblicato a marzo sulla rivista Vaccines, ha scoperto che i vaccini contro il COVID-19 hanno ridotto fino al 60% il numero di follicoli primordiali, «il fondamento della fertilità», nei ratti femmina.

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I lotti contaminati del vaccino COVID potrebbero aver abbassato i tassi di concepimento

Secondo i ricercatori cechi, l’elevata contaminazione dei primi lotti di vaccini contro il COVID-19 potrebbe essere correlata a tassi ridotti di concepimento riuscito: una teoria che, secondo loro, merita ulteriori approfondimenti.   I ricercatori hanno citato diversi studi, tra cui un’analisi peer-reviewed di Jablonowski e Hooker pubblicata lo scorso anno sulla rivista Science, Public Health Policy and the Law, che hanno rilevato che i primi lotti di vaccini contro il COVID-19 hanno portato a un numero sproporzionatamente più elevato di eventi avversi.   Secondo l’analisi di Jablonowski-Hooker, i lotti del vaccino Pfizer-BioNTech contro il COVID-19 distribuiti negli Stati Uniti sono stati associati a tassi significativamente diversi di eventi avversi gravi.   Uno studio danese del 2023 ha rilevato che una percentuale significativa dei lotti del vaccino Pfizer-BioNTech BNT162b2 contro il COVID-19 distribuiti nell’Unione Europea era probabilmente costituita da placebo, mentre i lotti non contenenti placebo hanno mostrato eventi avversi gravi più elevati del normale nei soggetti riceventi.   In un articolo pubblicato sulla rivista Medicine lo scorso anno, gli autori dello studio danese hanno esteso la loro analisi alla Svezia, riscontrando l’esistenza degli stessi problemi dipendenti dal lotto anche in quel Paese.

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In un altro studio pubblicato lo scorso anno, i ricercatori della Repubblica Ceca hanno replicato la metodologia dello studio danese. Hanno scoperto che anche i lotti di vaccino contro il COVID-19 in quel Paese presentavano tassi di eventi avversi diversi, con un numero maggiore di problemi riscontrati nelle prime fasi di rilascio per tutti i vaccini.   L’autore principale di questo articolo, il dottor Tomáš Fürst, è uno dei coautori del nuovo studio.   Perro ha affermato che i risultati dello studio «evidenziano la necessità di estrema cautela negli interventi di salute pubblica, in particolare per le donne in età fertile e i bambini quando coinvolgono la salute riproduttiva». Sostiene le richieste di «cessazione immediata e ritiro della tecnologia mRNA».   Hooker ha affermato: «ogni calo della fertilità e aumento degli aborti spontanei e dei nati morti sono alla base del fatto che questa tecnologia vaccinale non avrebbe mai dovuto essere resa pubblica fin dall’inizio».   Michael Nevradakis Ph.D.   © 27 giugno 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Fertilità

Più aborti spontanei dopo la vaccinazione Pfizer contro il COVID-19 in Israele: studio

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Un nuovo studio ha rivelato che in Israele il numero di aborti spontanei e di altre forme di perdita del feto è stato associato alle vaccinazioni contro il COVID-19, superando le aspettative.

 

Secondo lo studio, pubblicato come preprint sul server medRxiv, i ricercatori hanno riscontrato 13 perdite fetali, quattro in più rispetto alle nove previste, ogni 100 donne incinte che hanno ricevuto il vaccino contro il COVID-19 tra l’ottava e la tredicesima settimana di gravidanza.

 

Il team dietro lo studio comprende Retsef Levi, ricercatore del Massachusetts Institute of Technology recentemente nominato nel comitato che fornisce consulenza ai Centers for Disease Control and Prevention sui vaccini, e la dottoressa Tracy Hoeg, che lavora per la Food and Drug Administration.

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I ricercatori hanno analizzato le cartelle cliniche elettroniche di Maccabi Healthcare Services, una delle quattro organizzazioni che forniscono assistenza sanitaria agli israeliani. Hanno esaminato 226.395 gravidanze avvenute tra il 1° marzo 2016 e il 28 febbraio 2022. L’analisi primaria ha esaminato la perdita fetale nelle donne in gravidanza dopo la prima o la terza dose di un vaccino contro il COVID-19, includendo aborto spontaneo, aborto spontaneo e morte fetale.

 

I ricercatori hanno elaborato un numero previsto di perdite fetali basandosi su un modello basato sui dati precedenti alla pandemia di COVID-19, per poi confrontare il numero previsto di perdite fetali con quelle verificatesi dall’ottava settimana di gravidanza in poi.

 

I ricercatori anno identificato 13.214 perdite del feto dopo l’inizio della pandemia di COVID-19, rispetto alle 12.846 perdite fetali nel periodo di riferimento, scoprendo che le donne che avevano ricevuto un vaccino contro il COVID-19 tra l’ottava e la tredicesima settimana di gravidanza avevano sperimentato un numero di perdite fetali superiore al previsto.

 

I ricercatori hanno avvertito che sono necessarie ulteriori informazioni per affermare con certezza che i vaccini causano aborti spontanei, notando che quando hanno condotto la stessa analisi sulle donne in gravidanza che avevano ricevuto il vaccino contro il COVID-19 tra la 14ª e la 27ª settimana, il numero di perdite fetali era inferiore al previsto.

 

Un’ulteriore analisi condotta su donne incinte sottoposte a vaccinazione antinfluenzale dal 1° marzo 2018 al 28 febbraio 2019 ha rilevato un numero di perdite fetali inferiore alle aspettative.

 

I ricercatori hanno affermato che tali risultati potrebbero derivare dal cosiddetto bias vaccinale sano: i dati potrebbero essere distorti perché le persone che si vaccinano sono in genere più sane di quelle che non lo fanno.

 

Al momento della pubblicazione, il Maccabi Healthcare Services non ha ancora risposto alla richiesta di informazioni. Il dottor Yaakov Segal, responsabile del reparto di ostetricia e ginecologia dell’organizzazione, è uno dei coautori dell’articolo.

 

Il ministero della Salute israeliano e l’American College of Obstetricians and Gynecologists, che incoraggia le donne incinte a vaccinarsi contro il COVID-19 in qualsiasi trimestre, non hanno risposto alle richieste di commento al momento della pubblicazione.

 

La maggior parte delle persone in Israele, comprese le donne incinte, ha ricevuto il vaccino Pfizer-BioNTech contro il COVID-19. La vaccinazione contro il COVID-19 è stata raccomandata alle donne incinte in Israele e negli Stati Uniti all’inizio della pandemia di COVID-19, nonostante gli studi clinici sui vaccini escludessero le donne incinte.

 

Lo studio clinico di Moderna sulle donne in gravidanza è stato infine interrotto, mentre Pfizer ha interrotto anticipatamente il suo studio dopo aver arruolato solo 175 donne. Quest’ultima ha riscontrato un’incidenza di COVID-19 leggermente inferiore tra le donne vaccinate rispetto a quelle che hanno ricevuto un placebo.

 

Alcuni studi osservazionali hanno stabilito che le donne in gravidanza traggono beneficio dalla vaccinazione contro il COVID-19.

 

I Centers for Disease Control and Prevention hanno recentemente ridotto le raccomandazioni sul vaccino contro il COVID-19 e non consigliano più la vaccinazione contro il COVID-19 durante la gravidanza.

 

Il nuovo articolo è stato pubblicato come preprint, senza revisione paritaria. Levi ha affermato che l’articolo è stato respinto da due riviste e che gli autori hanno deciso che le implicazioni erano troppo importanti per continuare a pubblicarlo. I ricercatori continueranno a impegnarsi affinché l’articolo venga pubblicato su una rivista.

 

Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa uno studio sottoposto a revisione paritaria ha affermato che risultati dello studio «rafforzano l’efficacia e la sicurezza del vaccino contro il COVID-19 nelle donne in gravidanza». Tuttavia, gli scienziati hanno affermato che lo studio si aggiunge alle crescenti prove che i vaccini non si sono dimostrati sicuri per le donne in gravidanza.

 

Secondo la scrittrice e attivista Naomi Wolf, il vaccino mRNA «uccide i bambini nel grembo materno». La Wolf, divenuta acerrima nemica dei sieri genici, ha raccolto miriadi di dati sugli effetti della siringa mRNA sulla fertilità nel suo libro The Pfizer Papers: Pfizer’s Crime Against Humanity.

 

Due anni fa Pfizer aveva confermato di aver interrotto in anticipo la sua sperimentazione clinica che analizza la sicurezza e l’efficacia del vaccino COVID-19 nelle donne in gravidanza.

 

Al lancio della campagna di sierizzazione mRNA era chiaro che per la sicurezza delle donne in gravidanza e dei loro figli non vi era alcun dato disponibile.

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Come riportato da Renovatio 21, all’inizio della campagna vaccinale a inizio 2021 vi era molta cautela riguardo alle vaccinazioni delle donne incinte. Tale cautela è andata via via misteriosamente sparendo.

 

Ad esempio, le linee guida inziali della Sanità britannica avvertivano del rischio di vaccinare donne gravide. Poi, i britannici cambiarono idea.

 

A fine 2021 fa la lo STIKO (Comitato permanente per le vaccinazioni dello Stato tedesco) sconsigliava il vaccino Moderna per le donne incinte.

 

Alcuni test del vaccino COVID Moderna su donne gravide erano partiti solo a metà 2021. Johnson&Johnson aveva iniziato ad eseguire esperimenti su donne incinte e neonati a inizio primavera 2021.

 

Alcuni casi annotati dal VAERS, il database pubblico delle reazioni avverse al vaccino negli USA, possono essere agghiaccianti. A dicembre 2021, una donna che si era sottoposta al vaccino al 3° trimestre di gravidanza ha partorito un bambino che è morto subito dopo aver sanguinato da naso e bocca. Ci sono stati casi aneddotici come quello dell’aborto spontaneo di una dottoressa vaccinata alla 14a settimana.

 

A fine gennaio 2021 l’OMS aveva detto alle donne incinte di non fare il vaccino Moderna.

 

Poi, d’un tratto, vi è stato un cambiamento. Le linee ufficiali USA cominciarono a sostenere che le donne in dolce attesa dovevano sottoporsi al vaccino COVID. La mutazione non si avvertì solo in America: come disse una dottoressa intervistata da Renovatio 21, «vaccinano tutti», immunodepressi e donne incinte inclusi – cioè due categorie che fino a non troppi anni fa erano categoricamente escluse da tutte le campagne di vaccinazioni

 

Come già scritto da Renovatio 21, in Italia, vi sono stati esempi di politiche – per esempio la ex-sindaco grillina di Torino Chiara Appendino – che hanno pubblicizzato la loro vaccinazione in gravidanza.

 

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Diversi medici, come il dottor James Thorp, hanno lanciato l’allarme perché hanno visto enormi effetti collaterali per le donne in gravidanza a causa dei vaccini COVID, inclusi aumenti di aborti spontanei, malformazioni fetali e anomalie cardiache fetali, etc.

 

Oltre alla questione della gravidanza, pare esserci una situazione di pericolo riguardo la fertilità, sia femminile che maschile.

 

La cosa è particolarmente evidente – persino agli stessi dirigenti Pfizer – nel caso delle donne, dove le alterazioni del ciclo mestruale ad un numero vaccinate sono oramai un fatto scientifico assodato.

 

Qualcuno comincia – anche a livello istituzionale – a mettere in relazione con il vaccino il calo delle nascite di bambini vivi registrato nei Paesi oggetto della campagna vaccinale in questi mesi.

 

Ribadiamo quanto scritto da Renovatio 21 subito, oramai più di due anni fa: il vaccino COVID potrebbe essere la più grande minaccia mai affrontata dall’umanità.

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