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Spirito

Bizzarra affermazione di Bergoglio sui Salmi

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Nel corso dell’udienza generale tenutasi in piazza San Pietro mercoledì 19 giugno, nell’ambito del ciclo di catechesi su «Lo Spirito e la Sposa», il Papa ha affrontato il tema «Lo Spirito Santo insegna alla Sposa a pregare. I Salmi, una sinfonia di preghiera nella Bibbia». In questo contesto, ha fatto una strana affermazione riguardo ai Salmi.

 

Francesco ricorda che «tutti i libri della Bibbia sono ispirati dallo Spirito Santo, ma anche il libro dei Salmi è ispirato, nel senso che è pieno di ispirazione poetica». Egli nota che i Salmi «avevano un posto privilegiato nel Nuovo Testamento».

 

È allora che spiega che «i cristiani e ancor meno l’uomo moderno non possono riprendere e appropriarsi di tutti i salmi – né di tutto in ciascun salmo. A volte riflettono una situazione storica e una mentalità religiosa che non sono più le nostre».

 

«Ciò non significa che non siano ispirati», rileva, «ma che per certi aspetti sono legati a un tempo e a una fase provvisoria della rivelazione, come avveniva anche per gran parte della vecchia legge».

 

L’affermazione è più o meno scandalosa, perché la Chiesa, fin dalle sue origini, ha sempre pregato tutti i salmi – il Salterio – e i 150 Salmi fanno ancora parte del breviario di san Pio X fino al breviario di Giovanni XXIII compreso. Alcuni sarebbero diventati obsoleti nel giro di pochi anni?

 

Va notato che il paragone papale tra l’antica legge del popolo d’Israele e il libro dei Salmi non è valido. È vero che ciò che, nella Legge antica, riguardava l’organizzazione del popolo eletto, non ha più ragione di esistere. Ma la preghiera dei Salmi resta valida.

 

Il testo papale non ci dice a quali Salmi si riferisce, ma non è molto difficile discernere: alcune di queste preghiere contengono, ad esempio, forti minacce contro i nemici, per fare solo un esempio. Tuttavia, ciò non toglie nulla al valore perpetuo di questi canti ispirati.

 

Perché la Sacra Scrittura non viene letta in modo univoco: racchiude diversi significati che i Padri della Chiesa, gli esegeti, i dottori o i teologi, hanno lungamente esplorato. Sant’Agostino ha scritto ben tre commenti sui Salmi e san Tommaso ha lasciato un commento sui primi 50 Salmi.

 

Questi commenti hanno rivelato il significato di questi canti ispirati dallo Spirito Santo. Quattro sono questi sensi – come per tutta la Sacra Scrittura: il senso letterale, dato dal testo; e i tre sensi spirituali, che si fondano sul senso letterale: senso morale, senso dogmatico e senso profetico. Così Gerusalemme designa la città in senso letterale, l’anima in senso morale, la Chiesa in senso dogmatico e il Cielo in senso profetico.

 

E proprio i brani a cui fa riferimento il Papa sono stati spiegati dalla tradizione patristica e scolastica per mostrare che convergono tutti verso il Nuovo Testamento e verso Cristo. Lo Spirito Santo ha voluto racchiudere dei tesori sotto un guscio a volte sconcertante, per spronarci a cercare e trovare la gustosa noce in esso contenuta.

 

Così, tutti questi brani a cui allude Francesco possono essere ripresi dagli uomini di ogni tempo, e anche da quelli di oggi. Ciò di cui hanno bisogno sono guide sagge, illuminate e prudenti, come i rappresentanti della tradizione, patristica in particolare, che non hanno mai smesso di chinarsi, con l’aiuto dello Spirito Santo, per estrarre da essa tesori e affidarceli.

 

È un peccato che il Sommo Pontefice si allontani da queste magnifiche spiegazioni e allontani da esse i fedeli.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

 

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Spirito

Vaticanista americana conferma: il documento per la soppressione della Messa in latino è «serio e reale»

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Il divieto pressoché assoluto della Santa Messa Tradizionale di cui tutti parlano pare essere realtà.   In un articolo per la testata cattolica tradizionalista americana The Remnant, la giornalista vaticana Diane Montagna ha confermato che un documento che limita ulteriormente la Messa latina tradizionale, sostenuto dal Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, è stato «presentato a Papa Francesco».   Secondo «fonti ben informate», se pubblicato, il documento vieterebbe la celebrazione della Messa tridentina a tutti i sacerdoti tranne quelli appartenenti agli  «istituti approvati dall’ex Ecclesia Dei», tra cui la Fraternità Sacerdotale San Pietro (FSSP) e l’Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote.   La Montagna ha osservato, tuttavia, che «non è chiaro» se e in quale misura a questi sacerdoti sarà consentito amministrare la forma tradizionale dei sacramenti, tra cui il battesimo e il matrimonio, così come se saranno consentite le ordinazioni sacerdotali tradizionali.   Il documento «proibirebbe ai vescovi stessi di celebrare o autorizzare» la Messa di sempre e «sospenderebbe i permessi esistenti» per la Messa tradizionale oltre a quelli offerti dalle comunità ex-Ecclesia Dei. La Pontificia commissione Ecclesia Dei era il dicastero della Curia Romana per i rapporti con il tradizionalismo cattolico istituito il 2 luglio 1988 da papa Giovanni Paolo II dopo le ordinazioni episcopali del 1988 da parte di monsignor Marcel Lefebvre e soppresso il 17 gennaio 2019 da papa Francesco.

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Le fonti della Montagna affermano che non è stata decisa una data di pubblicazione, ma che il suo «rischio» è «serio, reale e potenzialmente imminente». Sarà un duro colpo, persino devastante, per i fedeli che contano sulla loro diocesi per la Messa in latino. Alcuni, è riportato, si sono persino trasferiti dall’altra parte del Paese con le loro famiglie principalmente per partecipare alla messa tradizionale.   La Fraternità San Pio X (FSSPX), la «madre» di questi ex istituti Ecclesia Dei, non ne sarà toccata, poiché ha sempre riconosciuto che i prelati vaticani non hanno l’autorità di limitare la Messa dei secoli, codificata nel 1570, con il Canone Romano ricondotto agli stessi Apostoli.   Lo stesso papa Benedetto XVI ha chiarito attraverso il suo motu proprio Summorum Pontificum che la messa latina non è mai stata abolita e che nessun sacerdote ha bisogno del permesso del suo vescovo per celebrarla.   Seguendo il motu proprio originale di Papa Francesco che limitava la messa in latino, Traditionis Custodes, il cardinale Raymond Burke ha affermato che la liturgia tradizionale non è qualcosa che può essere ignorato come «espressione valida della lex orandi», anche dal papa stesso.   «Si tratta di una realtà oggettiva della grazia divina che non può essere modificata da un semplice atto di volontà anche della più alta autorità ecclesiastica», scriveva il cardinale nel 2021.   Montagna ha osservato che il cardinale Parolin, che è l’«architetto» dell’accordo segreto tra Vaticano e Cina e che si dice sostenga l’imminente soppressione della Messa vetus ordo, aveva raccomandato durante un incontro del gennaio 2020 presso l’allora Congregazione per la Dottrina della Fede che la CDF «richiedesse ai gruppi sacerdotali tradizionali di fornire un segno concreto di comunione che riconoscesse la validità del novus ordo e dimostrasse chiaramente che sono “nella Chiesa”».   Come scritto da Renovatio 21, la soppressione finale della Messa in latino arriva esattamente nel momento in cui monsignor Carlo Maria Viganò, divenuto inesausto critico del Concilio Vaticano II e campione della Messa di sempre, è stato messo sotto processo dal Dicastero per la Dottrina della Fede.   In vista della legge draconiana neocattolica contro la Messa, colpire un vescovo per educarne 5340?

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Immagine di Novis-M via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata.
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Spirito

«L’elevazione al Soglio di papa Francesco è nulla. Venga giudicato e rimosso»: dichiarazione di mons. Viganò

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Renovatio 21 riceve e pubblica questo comunicato dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Le opinioni degli scritti pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

J’ACCUSE

Dichiarazione 

di S.E. Mons. Carlo Maria Viganò, Arcivescovo titolare di Ulpiana, Nunzio Apostolico sull’accusa di scisma

 

«Anche se noi o un angelo dal cielo 

vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, 

sia anatema. 

Come abbiamo già detto, lo ripeto di nuovo anche adesso: 

se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, 

sia anatema»

Gal 1, 8-9

 

«Quando penso che ci troviamo nel palazzo del Sant’Uffizio, che è il testimone eccezionale della Tradizione e della difesa della Fede cattolica, non posso impedirmi di pensare che sono a casa mia, e che sono io, che voi chiamate “il tradizionalista”, che dovrei giudicarvi». Così l’Arcivescovo Marcel Lefebvre nel 1979, convocato all’ex Sant’Uffizio, in presenza del Prefetto Cardinal Šeper e di due altri Prelati. 

 

Come ho dichiarato nel Comunicato del 20 Giugno scorso, non riconosco l’autorità né del tribunale che pretende di giudicarmi, né del suo Prefetto, né di chi lo ha nominato. Questa mia decisione, certamente sofferta, non è frutto di precipitazione o di spirito di ribellione; bensì dettata dalla necessità morale che come Vescovo e Successore degli Apostoli mi obbliga in coscienza a rendere testimonianza alla Verità, ossia a Dio stesso, a Nostro Signore Gesù Cristo. 

 

Affronto questa prova con la determinazione che mi viene dal sapere di non avere alcun motivo per considerarmi separato dalla comunione con la Santa Chiesa e con il Papato, che ho sempre servito con filiale devozione e fedeltà. Non potrei concepire un solo istante della mia vita al di fuori di quest’unica Arca di salvezza, che la Provvidenza ha costituito come Corpo Mistico di Cristo, nella sottomissione al suo Capo divino e al Suo Vicario in terra.

 

I nemici della Chiesa Cattolica temono il potere della Grazia che opera per mezzo dei Sacramenti e massimamente il potere della Santa Messa, terribile katèkon che vanifica molti dei loro sforzi e conquista a Dio tante anime che altrimenti si dannerebbero. Ed è proprio questa consapevolezza della potenza dell’azione soprannaturale del Sacerdozio Cattolico nella società che sta all’origine della loro feroce ostilità alla Tradizione. Satana e i suoi servi sanno benissimo quale minaccia costituisca l’unica vera Chiesa al loro piano anticristico.

 

Questi eversori – che i Romani Pontefici hanno coraggiosamente denunciato come nemici di Dio, della Chiesa e dell’umanità – sono identificabili nella inimica vis, la Massoneria. Essa si è infiltrata nella Gerarchia ed è riuscita a farle deporre le armi spirituali di cui disponeva, aprendo le porte della Cittadella al nemico in nome del dialogo e della fratellanza universale, concetti appunto intrinsecamente massonici. Ma la Chiesa, sull’esempio del suo divino Fondatore, non dialoga con Satana: lo combatte. 

 

Le cause della crisi presente

Come ha evidenziato Romano Amerio nel suo fondamentale saggio Iota unum, questa resa vile e colpevole inizia con la convocazione del Concilio Ecumenico Vaticano II e con l’azione sotterranea e organizzatissima di ecclesiastici e laici legati alle sette massoniche, volta a sovvertire lentamente ma inesorabilmente la struttura di governo e di magistero della Chiesa per demolirla dall’interno.

 

Inutile cercare altre ragioni: i documenti delle sette segrete dimostrano l’esistenza di un piano di infiltrazione concepito nell’Ottocento e portato a compimento un secolo dopo, esattamente nei termini in cui esso era stato pensato. Analoghi processi dissolutori si erano realizzati in precedenza nella sfera civile, e non è un caso se i Papi seppero cogliere nei moti e nelle guerre che hanno insanguinato le Nazioni europee l’opera disgregatrice della Massoneria internazionale. 

 

A partire dal Concilio la Chiesa si è dunque fatta portatrice dei principi rivoluzionari del 1789, come hanno ammesso alcuni tra i fautori del Vaticano II e come è confermato dall’apprezzamento da parte delle Logge nei confronti di tutti i Papi del Concilio e del post-concilio proprio per i cambiamenti che i Massoni da tempo invocavano. 

 

Il cambiamento, anzi: l’aggiornamento è stato talmente al centro della narrativa conciliare da costituire il marchio distintivo del Vaticano II e porre questa assise come il terminus post quem che sancisce la fine dell’ancien régime – quello della «vecchia religione», della «vecchia Messa», del «preconcilio» – e l’inizio della «chiesa conciliare», con la sua «nuova messa» e la sostanziale relativizzazione di ogni Dogma.

 

Tra i fautori di questa rivoluzione compaiono i nomi di coloro che sino al Pontificato di Giovanni XXIII erano stati condannati e allontanati dall’insegnamento in ragione della loro eterodossia. La lista è lunga e comprende anche quell’Ernesto Buonaiuti, scomunicato vitandus, amico di Roncalli, morto impenitente nell’eresia e che proprio pochi giorni fa il Presidente della CEI Card. Matteo Zuppi ha commemorato con una Messa nella cattedrale di Bologna, come riporta con malcelata enfasi Il Faro di Roma (qui): «Quasi ottant’anni dopo un cardinale del tutto in linea col Papa riparte proprio da un gesto liturgico che ha in tutto e per tutto il sapore della riabilitazione. O almeno di un primo passo in questa direzione».

La Chiesa e l’antichiesa

Vengo dunque chiamato dinanzi al tribunale che ha preso il posto del Sant’Uffizio per esser processato per scisma, mentre il capo dei Vescovi italiani – indicato tra i papabili e del tutto in linea col Papa – celebra illecitamente una Messa di suffragio per uno dei peggiori e più ostinati esponenti del Modernismo, contro cui la Chiesa – quella da cui secondo costoro io sarei separato – aveva pronunciato la più severa sentenza di condanna. Nel 2022, sul quotidiano della CEI Avvenire, il prof. Luigino Bruni tesseva in questi termini l’elogio del Modernismo: 

 

«[…] un processo di necessario rinnovamento per la Chiesa cattolica del suo tempo, ancora impermeabile agli studi critici sulla Bibbia che si stavano da molti decenni affermando nel mondo protestante. Accogliere gli studi scientifici e storici sulla Bibbia era per Buonaiuti la via maestra per l’incontro della Chiesa con la modernità. Un incontro che invece non ci fu, perché la Chiesa cattolica era ancora dominata dai teoremi della teologia neo-scolastica e bloccata dalla paura controriformista che i venti protestanti potessero finalmente invadere il corpo cattolico».

 

Basterebbero queste parole a far comprendere l’abisso che separa la Chiesa Cattolica da quella che le si è sostituita con il Concilio Vaticano II, quando i venti protestanti invasero finalmente il corpo cattolico. Questo episodio recentissimo è solo l’ultimo di un’infinita serie di piccoli passi, di silenziose acquiescenze, di complici ammiccamenti con cui gli stessi vertici della Gerarchia conciliare hanno reso possibile la transizione «dai teoremi della teologia neo-scolastica» – ossia dalla formulazione chiara e inequivocabile dei Dogmi – all’apostasia presente.

 

Ci troviamo nella surreale situazione in cui una Gerarchia si definisce cattolica e per questo pretende obbedienza dal corpo ecclesiale, mentre allo stesso tempo professa dottrine che prima del Concilio la Chiesa aveva condannato; e che condanna come eretiche, dottrine che sino ad allora erano state insegnate da tutti i Papi. 

 

Questo accade quando si toglie l’assoluto al Vero e lo si relativizza adattandolo allo spirito del mondo. Come avrebbero agito, oggi, i Pontefici degli ultimi secoli? Mi giudicherebbero colpevole di scisma, o piuttosto condannerebbero colui che si spaccia per loro Successore? Assieme a me il sinedrio modernista giudica e condanna tutti i Papi cattolici, perché la Fede che essi difesero è la mia; e gli errori che difende Bergoglio sono quelli che essi, nessuno escluso, condannarono.

 

Ermeneutica della rottura

Mi chiedo allora: quale continuità si può dare tra due realtà che si contrappongono e contraddicono reciprocamente? Tra la chiesa conciliare e sinodale di Bergoglio e quella «bloccata dalla paura controriformista» dalla quale costui ostentatamente prende le distanze? E da quale «chiesa» sarei in stato di scisma, se quella che pretende di essere cattolica si distingue dalla vera Chiesa proprio nella sua predicazione di ciò che quella condannava e nella condanna di ciò che essa predicava? 

 

Gli adepti della «chiesa conciliare» risponderanno che ciò è dovuto all’evoluzione del corpo ecclesiale in un «necessario rinnovamento»; mentre il Magistero Cattolico ci insegna che la Verità è immutabile e che la dottrina dell’evoluzione dei dogmi è eretica. Due chiese, certamente: ciascuna con le sue dottrine e le sue liturgie e i suoi santi; ma per il Cattolico la Chiesa è Una, Santa, Cattolica e Apostolica, per Bergoglio la chiesa è conciliare, ecumenica, sinodale, inclusiva, immigrazionista, ecosostenibile, gay-friendly. 

 

L’autodestituzione della Gerarchia conciliare 

La Chiesa avrebbe dunque iniziato ad insegnare l’errore? Possiamo credere che l’unica Arca di salvezza sia allo stesso tempo strumento di perdizione per le anime? che il Corpo Mistico si separi dal Suo Capo divino, Gesù Cristo, facendo venir meno la promessa del Salvatore? Questo non può ovviamente essere ammissibile e chi lo sostiene cade nell’eresia e nello scisma.

 

La Chiesa non può insegnare l’errore, né il suo Capo, il Romano Pontefice, può essere allo stesso tempo eretico e ortodosso, Pietro e Giuda, in comunione con tutti i suoi Predecessori e allo stesso tempo in scisma con loro. L’unica risposta teologicamente possibile è che la Gerarchia conciliare, che si proclama cattolica ma abbraccia una fede diversa da quella insegnata costantemente per duemila anni dalla Chiesa Cattolica, appartiene ad un’altra entità e per questo non rappresenta la vera Chiesa di Cristo.

 

A chi mi ricorda che l’Arcivescovo Marcel Lefebvre mai giunse a mettere in discussione la legittimità del Romano Pontefice, pur riconoscendo l’eresia e addirittura l’apostasia dei Papi conciliari – come quando esclamò: «Roma ha perso a Fede! Roma è nell’apostasia!» – a costoro ricordo che in questi ultimi cinquant’anni la situazione è drammaticamente peggiorata e che con ogni probabilità questo grande Pastore oggi agirebbe con pari fermezza, ripetendo pubblicamente ciò che allora diceva solo ai suoi chierici: «In questo concilio pastorale, lo spirito di errore e di menzogna ha potuto lavorare a proprio agio, piazzando ovunque bombe a scoppio ritardato che faranno esplodere le istituzioni a tempo debito» (Principes et directives, 1977).

 

E ancora: «Colui che è assiso sul Soglio di Pietro partecipa a culti di falsi dèi. Quale conclusione dovremmo trarre, forse in capo a qualche mese, dinanzi a questi atti reiterati di comunicazione con i falsi culti? Non lo so. Me lo chiedo. Ma è possibile che ci troveremo obbligati a credere che il Papa non è Papa. Perché a prima vista mi sembra – non voglio ancora dirlo in un modo solenne e pubblico – che è impossibile che uno che è eretico pubblicamente e formalmente sia Papa» (30 Marzo 1986). 

 

Da cosa comprendiamo che la «chiesa sinodale» e il suo capo Bergoglio non professano la Fede Cattolica? Dall’adesione totale e incondizionata di tutti i suoi membri ad una molteplicità di errori ed eresie già condannati dal Magistero infallibile della Chiesa Cattolica e dall’ostentato rifiuto di qualsiasi dottrina, precetto morale, atto di culto e pratica religiosa che non sia sancita dal «loro» concilio. Nessuno di essi può in coscienza sottoscrivere la Professione di Fede tridentina e il Giuramento Antimodernista, perché quanto entrambi esprimono è l’esatto contrario di ciò che insinua e insegna il Vaticano II e il cosiddetto «magistero conciliare».

 

Dato che non è teologicamente sostenibile che la Chiesa e il Papato siano strumenti di perdizione anziché di salvezza, dobbiamo necessariamente concludere che gli insegnamenti eterodossi veicolati dalla cosiddetta «chiesa conciliare» e dai «papi del Concilio» da Paolo VI in poi costituiscono un’anomalia che mette in seria discussione la legittimità della loro autorità magisteriale e di governo. 

 

L’uso eversivo dell’autorità

Dobbiamo comprendere che l’uso eversivo dell’autorità nella Chiesa finalizzato alla sua distruzione (o trasformazione in una chiesa altra rispetto a quella voluta e fondata da Cristo) costituisce di per sé un elemento sufficiente per rendere nulla l’autorità di questo nuovo soggetto che si è dolosamente sovrapposto alla Chiesa di Cristo usurpandone il potere. Ecco perché non riconosco la legittimità del Dicastero che mi processa.

 

Le modalità con cui è stata condotta l’azione ostile contro la Chiesa Cattolica confermano che essa era pianificata e voluta, perché altrimenti coloro che la denunciavano sarebbero stati ascoltati e quanti vi cooperarono si sarebbero immediatamente fermati. Certo, con gli occhi di allora e la formazione tradizionale di gran parte dei Cardinali, dei Vescovi e del Clero lo «scandalo» di una Gerarchia che contraddiceva sé stessa apparve come una tale enormità da indurre molti Prelati e chierici a non voler credere possibile che i principi rivoluzionari e massonici potessero trovare accoglienza e promozione nella Chiesa.

 

Ma fu proprio questo il colpo da maestro di Satana – come lo definì l’Arcivescovo Lefebvre – che seppe avvalersi del connaturale rispetto e amore filiale dei Cattolici verso l’Autorità sacra dei Pastori per indurli ad anteporre l’obbedienza alla Verità, forse sperando che un futuro Papa potesse in qualche modo sanare il disastro compiuto e del quale si potevano intuire già gli esiti dirompenti. Ciò non avvenne, nonostante alcuni avessero coraggiosamente lanciato l’allarme. Ed io stesso mi annovero tra coloro che in quella fase travagliata non osarono opporsi ad errori e deviazioni che ancora non si erano mostrati del tutto nella loro valenza distruttrice. Non voglio con questo dire di non aver intravisto quanto avveniva, ma di non aver trovato – a causa dell’intenso lavoro e delle incombenze totalizzanti di natura burocratica ed amministrativa al servizio della Santa Sede – le condizioni per cogliere la gravità inaudita di quanto stava compiendosi sotto i nostri occhi.

 

Lo scontro

L’occasione che mi ha condotto allo scontro con i miei Superiori ecclesiastici iniziò quand’ero Delegato per le Rappresentanze Pontificie, poi come Segretario Generale del Governatorato e infine come Nunzio Apostolico negli Stati Uniti. La mia guerra alla corruzione morale e finanziaria scatenò la furia dell’allora Segretario di Sato Card. Tarcisio Bertone, quando – conformemente alle mie competenze di Delegato per le Rappresentanze Pontificie – denunciai la corruzione del Card. McCarrick, e mi opposi alla promozione all’Episcopato dei candidati corrotti e indegni presentati dal Segretario di Stato, il quale mi fece trasferire al Governatorato, perché «gli impedivo di fare i vescovi che lui voleva».

 

Fu sempre Bertone, con la complicità del Card. Lajolo, ad ostacolare la mia opera volta a contrastare la diffusa corruzione al Governatorato, dove avevo già ottenuto importanti risultati aldilà di ogni aspettativa. Furono ancora Bertone e Lajolo a convincere Papa Benedetto a cacciarmi dal Vaticano e inviarmi negli Stati Uniti. Qui mi ritrovai a dover fronteggiare le turpi vicende del Cardinal McCarrick, compresi i suoi pericolosi rapporti con esponenti politici dell’Amministrazione Obama-Biden e a livello internazionale, che non esitai a denunciare al Segretario di Stato Parolin che non ne tenne in alcun conto.

 

Ciò mi portò a considerare molti eventi a cui avevo assistito durante la mia carriera diplomatica e di Pastore in una luce diversa, a coglierne la coerenza con un unico progetto che per sua natura non poteva essere né esclusivamente politico né esclusivamente religioso, dal momento che includeva un attacco globale alla società tradizionale basata sull’insegnamento dottrinale, morale e liturgico della Chiesa. 

 

La corruzione come strumento di ricatto

Ecco allora che da stimato Nunzio Apostolico – per il quale l’altro giorno lo stesso Cardinale Parolin mi ha riconosciuto lealtà, onestà, correttezza ed efficienza esemplari – sono diventato un Arcivescovo scomodo, non solo per aver chiesto giustizia nei processi contro Prelati corrotti, ma anche e soprattutto per aver dato una chiave di lettura che mostra come la corruzione nella Gerarchia fosse necessaria premessa per controllarla, manovrarla e costringerla col ricatto ad agire contro Dio, contro la Chiesa e contro le anime.

 

E questo modus operandi – che la Massoneria aveva descritto minuziosamente prima di infiltrarsi nel corpo ecclesiale – è speculare a quello adottato nelle istituzioni civili, dove i rappresentanti del popolo specialmente ai più alti livelli sono in gran parte ricattabili perché corrotti e pervertiti. La loro obbedienza ai deliri dell’élite globalista conduce i popoli alla rovina, alla distruzione, alla malattia, alla morte: e alla morte non solo del corpo, ma anche a quella dell’anima.

 

Perché il vero progetto del Nuovo Ordine Mondiale – al quale Bergoglio è asservito e dal quale trae la propria legittimazione dai potenti del mondo – è un progetto essenzialmente satanico, in cui l’opera della Creazione del Padre, della Redenzione del Figlio e della Santificazione dello Spirito Santo è odiata, cancellata e contraffatta dalla simia Dei e dai suoi servi. 

 

Se non parlerete voi, grideranno le pietre

Assistere al sovvertimento totale dell’ordine divino e alla propagazione del caos infernale con la zelante collaborazione dei vertici del Vaticano e dell’Episcopato, ci fa comprendere quanto terribili siano le parole della Vergine Maria a La Salette – Roma perderà la fede e diventerà la sede dell’Anticristo – e quale odioso tradimento sia costituito dall’apostasia dei Pastori, e da quello ancor più inaudito di colui che siede sul Soglio del Beatissimo Pietro. 

 

Se restassi in silenzio dinanzi a questo tradimento – che si consuma con la pavida complicità di molti, troppi Prelati riluttanti nel riconoscere nel Concilio Vaticano II la causa principale della rivoluzione presente e nell’adulterazione della Messa Cattolica l’origine della dissoluzione spirituale e morale dei fedeli – verrei meno al giuramento prestato il giorno della mia Ordinazione e rinnovato in occasione della mia Consacrazione Episcopale.

 

Come Successore degli Apostoli non posso e non voglio accettare di assistere alla sistematica demolizione della Santa Chiesa e alla dannazione di tante anime senza cercare con ogni mezzo di oppormi a tutto questo. Né posso considerare preferibile un vile silenzio per quieto vivere alla testimonianza del Vangelo e alla difesa della Verità cattolica. 

 

Una setta scismatica mi accusa di scisma: dovrebbe essere sufficiente per dar prova del sovvertimento in atto. Immaginate quale imparzialità di giudizio potrà esercitare un giudice che dipende da colui che io accuso di essere un usurpatore. Ma proprio perché questa vicenda è emblematica, desidero che i fedeli – che non sono tenuti a conoscere il funzionamento dei tribunali ecclesiastici – comprendano che il delitto di scisma non si consuma quando vi sono fondate ragioni di considerare dubbia l’elezione del Papa, in ragione del vitium consensus e delle irregolarità o delle violazioni delle norme che regolano il Conclave. (cfr. Wernz – Vidal, Ius Canonicum, Roma, Pont. Univ. Greg., 1937, vol. VII, p. 439).

 

La Bolla Cum ex apostolatus officio di Paolo IV stabilisce in perpetuo la nullità della nomina o dell’elezione di qualsiasi Prelato – ivi compreso il Papa – che fosse caduto in eresia prima della sua promozione a Cardinale o elevazione a Romano Pontefice.

 

Essa definisce la promozione o l’elevazione nulla, irrita et inanis, ossia nulla, non valida e senza alcun valore, «anche se avvenuta con la concordanza e l’unanime consenso di tutti i Cardinali; neppure si potrà dire che essa è convalidata col ricevimento della carica, della consacrazione o del possesso […], ovvero per l’intronizzazione […] dello stesso Romano Pontefice o per l’obbedienza a lui prestata da tutti e per il decorso di qualsiasi durata di tempo nel detto esercizio della sua carica. Paolo IV aggiunge che tutti gli atti compiuti da questa persona sono da considerarsi parimenti nulli e che i suoi sudditi, tanto chierici quanto laici, sono liberati dall’obbedienza nei suoi confronti, fermo tuttavia da parte di queste medesime persone sottoposte, l’obbligo di fedeltà e di obbedienza da prestarsi ai futuri Vescovi, Arcivescovi, Patriarchi, Primati, Cardinali e Romano Pontefice canonicamente subentranti. Paolo IV conclude: Ed a maggior confusione di quelli in tal modo promossi ed elevati, ove pretendano di continuare l’amministrazione, sia lecito richiedere l’aiuto del braccio secolare; né per questo coloro che si sottraggono alla fedeltà e all’obbedienza verso quelli che fossero stati nel modo già detto promossi ed elevati, siano soggetti ad alcuna di quelle censure e punizioni comminate a quanti vorrebbero scindere la tunica del Signore».

 

Per questo motivo, con serenità di coscienza, ritengo che gli errori e le eresie a cui Bergoglio aderiva prima, durante e dopo la sua elezione e l’intenzione posta nella presunta accettazione del Papato rendono nulla la sua elevazione al Soglio. 

 

Se tutti gli atti di governo e di magistero di Jorge Mario Bergoglio, nei contenuti e nelle forme, si dimostrano estranei e addirittura in conflitto con ciò che costituisce l’azione di qualsiasi Papa; se anche un semplice fedele e addirittura un non Cattolico capiscono l’anomalia del ruolo che Bergoglio sta svolgendo nel progetto globalista e anticristiano portato avanti dal World Economic Forum, delle Agenzie dell’ONU, dalla Commissione Trilaterale, dal Gruppo Bilderberg, dalla Banca Mondiale e da tutte le altre tentacolari ramificazioni dell’élite mondialista, ciò non dimostra minimamente la mia volontà di scisma nell’evidenziare e denunciare questa anomalia.

 

Eppure mi si attacca e mi si processa perché vi è chi si illude che condannandomi e scomunicandomi la mia denuncia del colpo di stato perda consistenza. Questo tentativo di mettere tutti a tacere non risolve nulla, ed anzi rende più colpevole e complice chi cerca di dissimulare o minimizzare la metastasi che sta distruggendo il corpo ecclesiale. 

 

La «deminutio» del papato sinodale

A questo si aggiunge il Documento di Studio Il Vescovo di Roma che il Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha recentemente pubblicato (qui) e il declassamento del Papato che in esso è teorizzato in applicazione all’Enciclica di Giovanni Paolo II Ut uum sint, che a sua volta si rifà alla Costituzione Lumen Gentium del Vaticano II. Appare del tutto legittimo – e doveroso, in nome del primato della Verità Cattolica sancita nei documenti infallibili del Magistero papale – chiedersi se la scelta deliberata di Bergoglio di abolire il titolo apostolico di Vicario di Cristo e scegliere di definirsi simpliciter Vescovo di Roma non costituisca in qualche modo una deminutio del Papato stesso, un attentato alla divina costituzione della Chiesa e un tradimento del Munus petrinum. E a ben vedere, il passo precedente è stato compiuto da Benedetto XVI, che si è inventato – assieme alla «ermeneutica» di una impossibile «continuità» tra due entità totalmente estranee – il monstrum di un «Papato collegiale» esercitato dal Gesuita e dall’Emerito.

 

Il Documento di Studio cita non a caso una frase di Paolo VI: Il Papa [] è senza dubbio il più grave ostacolo sulla via dell’ecumenismo (Discorso al Segretario per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, 28 Aprile 1967). Montini aveva iniziato a preparare il terreno quattro anni prima, deponendo enfaticamente il triregno.

 

Se questa è la premessa di un testo che deve servire per rendere il Papato Romano «compatibile» con la negazione del Primato di Pietro che gli eretici e gli scismatici rifiutano; e se lo stesso Bergoglio si presenta come primus inter pares nel consesso delle sette e denominazioni cristiane non in comunione con la Sede Apostolica, venendo meno alla proclamazione della dottrina cattolica sul Papato definita solennemente e infallibilmente dal Concilio Vaticano I, come si può pensare che l’esercizio del Papato e la stessa volontà di accettarlo non siano inficiati da un vizio di consenso (qui e qui), tale da rendere nulla o quantomeno fortemente dubbia la legittimità di “Papa Francesco»?

 

Da quale «chiesa» mi potrei separare, quale «papa» rifiuterei di riconoscere, se la prima si definisce «chiesa conciliare e sinodale» in antitesi alla «chiesa preconciliare» – ossia la Chiesa di Cristo – e il secondo dimostra di ritenere il Papato proprio appannaggio personale di cui disporre modificandolo e alterandolo a piacimento, e sempre in coerenza con gli errori dottrinali implicati dal Vaticano II e dal «magistero» postconciliare? 

 

Se il Papato Romano – il Papato, per intenderci, di Pio IX, Leone XIII, Pio X, Pio XI, Pio XII – è considerato un ostacolo al dialogo ecumenico e il dialogo ecumenico viene perseguito come priorità assoluta della «chiesa sinodale» rappresentata da Bergoglio, in quale altro modo potrebbe concretizzarsi questo dialogo, se non nella rimozione di quegli elementi che rendono il Papato incompatibile con esso, e quindi manomettendolo in modo del tutto illegittimo e invalido? 

 

Il conflitto di tanti confratelli e fedeli

Sono convinto che tra i Vescovi e i sacerdoti vi siano molti che hanno vissuto e vivono ancor oggi lo straziante conflitto interiore di trovarsi divisi tra ciò che Cristo Pontefice chiede loro (e lo sanno) e ciò che colui che si presenta come Vescovo di Roma impone con la forza, con il ricatto, con le minacce.

 

È oggi quantomai necessario che noi Pastori ci svegliamo dal nostro torpore: Hora est jam nos de somno surgere (Rom 13, 11). La nostra responsabilità dinanzi a Dio, alla Chiesa e alle anime ci impone di denunciare senza equivoci tutti gli errori e le deviazioni che troppo a lungo abbiamo tollerato, perché non saremo giudicati né da Bergoglio né dal mondo, ma da Nostro Signore Gesù Cristo. A Lui renderemo conto di ogni anima perduta per nostra negligenza, di ogni peccato da essa commesso per causa nostra, di ogni scandalo dinanzi al quale abbiamo taciuto per falsa prudenza, per quieto vivere, per complicità.

 

Nel giorno in cui dovrei presentarmi a difendermi dinanzi al Dicastero per la Dottrina della Fede, ho deciso di rendere pubblica questa mia dichiarazione, alla quale unisco una denuncia dei miei accusatori, del loro «concilio» e del loro «papa».

 

Prego i Santi Apostoli Pietro e Paolo, che hanno consacrato la terra dell’Alma Urbe con il proprio sangue, di intercedere presso il trono della Maestà divina, affinché ottengano alla Santa Chiesa di essere finalmente liberata dall’assedio che la eclissa e dagli usurpatori che la umiliano, facendo della Domina gentium la serva del piano anticristico del Nuovo Ordine Mondiale. 

 

In difesa della Chiesa

La mia non è dunque una difesa personale, ma della Santa Chiesa di Cristo, nella quale sono stato costituito Vescovo e Successore degli Apostoli, con il preciso mandato di custodire il Deposito della Fede e di predicare la Parola, insistere opportune importune, riprendere, rimproverare, esortare con ogni pazienza e dottrina (2 Tim 4, 2). 

 

Respingo con forza l’accusa di aver lacerato la veste inconsutile del Salvatore e di essermi sottratto alla suprema Autorità del Vicario di Cristo: per separarmi dalla comunione ecclesiale con Jorge Mario Bergoglio, dovrei essere stato prima in comunione con lui, cosa che non è possibile dal momento che lo stesso Bergoglio non può esser considerato membro della Chiesa, a causa delle sue molteplici eresie e della sua manifesta alienità ed incompatibilità con il ruolo che invalidamente ed illecitamente ricopre. 

 

Le mie accuse a Jorge Mario Bergoglio 

Dinanzi ai miei Confratelli nell’Episcopato e all’intero corpo ecclesiale, io accuso Jorge Mario Bergoglio di eresia e di scisma, e come eretico e scismatico chiedo che venga giudicato e rimosso dal Soglio che indegnamente occupa da oltre undici anni. Ciò non contraddice in alcun modo l’adagio Prima Sedes a nemine judicatur, perché è evidente che un eretico, in quanto impossibilitato ad assumere il Papato, non è al di sopra dei Prelati che lo giudicano.

 

Accuso parimenti Jorge Mario Bergoglio per aver provocato – a causa del prestigio e dell’autorevolezza della Sede Apostolica che usurpa – gravi effetti avversi, sterilità e morte nei milioni di fedeli che hanno seguito il suo martellante appello a sottoporsi all’inoculazione di un siero genico sperimentale prodotto con feti abortivi, giungendo a far pubblicare una Nota che indicava il suo uso come moralmente lecito (qui e qui). Egli dovrà rispondere dinanzi al Tribunale di Dio di questo crimine contro l’umanità.

 

Denuncio infine l’Accordo segreto tra la Santa Sede e la dittatura comunista cinese, con il quale la Chiesa è umiliata e costretta ad accettare la nomina governativa dei Vescovi, il controllo delle celebrazioni e le limitazioni alla sua libertà di predicazione, mentre i Cattolici fedeli alla Sede Apostolica sono perseguitati impunemente dal governo di Pechino nel silenzio complice del sinedrio romano.

 

Il rifiuto degli errori del Vaticano II

Mi faccio un motivo di onore l’esser «accusato» di rifiutare gli errori e le deviazioni implicati dal cosiddetto Concilio Ecumenico Vaticano II, che considero del tutto privo di autorità magisteriale a causa della sua eterogeneità rispetto a tutti i veri Concili della Chiesa, che integralmente riconosco e accolgo, così come tutti gli atti magisteriali dei Romani Pontefici. 

 

Respingo convintamente le dottrine eterodosse contenute nei documenti del Vaticano II e che sono state condannate dai Papi sino a Pio XII, o che contraddicono in qualsivoglia modo il Magistero Cattolico (cfr. Allegato I). Trovo a dir poco sconcertante che a processarmi per scisma siano coloro che fanno propria la dottrina eterodossa secondo la quale sussiste un vincolo di unione «con coloro che, essendo battezzati, sono insigniti del nome cristiano, ma non professano integralmente la fede o non conservano l’unità di comunione sotto il successore di Pietro» (LG:15). Mi chiedo con quale improntitudine si possa contestare ad un Vescovo il venir meno di una comunione che si afferma altresì esistere con gli eretici e gli scismatici. 

 

Condanno, respingo e rifiuto parimenti le dottrine eterodosse espresse nel cosiddetto «magistero postconciliare» originate dal Vaticano II, così come le recenti eresie relative alla «chiesa sinodale», alla riformulazione del Papato in chiave ecumenica, all’ammissione dei concubinari ai Sacramenti e alla promozione della sodomia e dell’ideologia «gender». Condanno parimenti l’adesione di Bergoglio alla frode climatica, folle superstizione neomalthusiana partorita da chi, odiando il Creatore, non può che detestarne anche la Creazione, e l’uomo con essa, fatto ad immagine e somiglianza di Dio. 

 

Conclusione

Ai fedeli Cattolici, oggi scandalizzati e disorientati dai venti di novità e dalle false dottrine che vengono promosse e imposte da una Gerarchia ribelle al divino Maestro, io chiedo di pregare e di offrire i loro sacrifici e digiuni pro libertate et exaltatione Sanctæ Matris Ecclesiæ, perché la Santa Madre Chiesa ritrovi la sua libertà e possa trionfare con Cristo, dopo questo tempo di passione.

 

Che quanti hanno avuto la Grazia di essere incorporati ad essa nel Battesimo non abbandonino la loro Madre, oggi sofferente e prostrata: tempora bona veniant, pax Christi veniat, regnum Christi veniat.

 

Data a Viterbo, il giorno 28 del mese di Giugno, Anno del Signore 2024, Vigilia dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

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Spirito

Mons. Aguer: i canti anti-Milei durante la Santa Messa minano il sacro mistero della liturgia

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Renovatio 21 pubblica questo testo di monsignor Hector Aguer, arcivescovo emerito della diocesi argentina di La Plata, riguardo il fenomeno di canti contro il presidente argentino Javier Milei all’interno delle chiese durante le funzioni religiose.   Recentemente nelle parrocchie di Buenos Aires si sono verificati una serie di scandali, tutti dello stesso tipo: canti durante la messa contro il presidente Javier Milei. Il tema era «la patria no se vende» [«la patria non è in vendita», ndr].   Si tratta ovviamente di una questione politica che si intromette nel luogo più sacro della Tradizione cattolica. È successo nella parrocchia della Santa Croce, nel quartiere di San Cristóbal, e nella parrocchia del Cuore Immacolato di Maria, a Constitución. Forse sto dimenticando qualche nome per questo sforzo concertato; non è difficile immaginare da quale angolo dell’opposizione provenga. Qualcosa di simile era avvenuto anche durante la presidenza di Mauricio Macri qualche anno fa.   La Prensa racconta quanto accaduto nella parrocchia Cuore Immacolato di Maria, affidata ai Clarettiani. Il giornale cita le scuse del celebrante: «Monsignor [Gustavo Oscar] Carrara si è scusato per i canti durante la messa». In questo caso, forse, la circostanza ha discretamente favorito la reazione del gruppo dietro al coro. Si trattava di una Messa «per padre Mauricio Silva, membro dei Piccoli Fratelli del Vangelo che, mentre lavorava come spazzino, fu arrestato e poi scomparve il 14 giugno 1977».   Mi permetto una digressione per segnalare il caso di padre Pablo Gazzarri, sacerdote di Buenos Aires che si era unito ai Piccoli Fratelli del Vangelo in quei giorni sinistri e scomparve il 27 novembre 1976. Questo sacerdote, con il quale avevo una stretta amicizia, custodiva le armi dei Montoneros nella chiesa dove era vicario parrocchiale. C’è da chiedersi se davvero abbiano fatto sparire Silva solo perché lavorava come spazzino.  

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Secondo La Nación, monsignor Carrara «ha commentato che nella celebrazione si è ricordata la vocazione di Silva di gridare il Vangelo con la vita, poiché era amico dei poveri ed era semplicemente un lavoratore come tanti». Carrara ha spiegato che «prima della benedizione finale sono stato sorpreso da una signora che ha cominciato a scandire “La patria non è in vendita”. Molti dei presenti in chiesa hanno continuato il canto per un minuto». Le sue scuse sono che ha capito che «alcuni semplici fedeli avrebbero potuto essere confusi o addirittura turbati da questa situazione, che potrebbe essere interpretata come una politicizzazione partigiana della celebrazione dell’Eucaristia, che è sacramento di unità».   Allo stesso tempo, leggo su La Prensa che monsignor Oscar Vicente Ojea, presidente della Conferenza Episcopale Argentina, prevedeva una reiterazione di questo tipo di atteggiamenti.   Lanciando un monito prima della messa per le «Madri della Patria» di mercoledì 19 giugno, per rendere omaggio a coloro che lavorano nelle mense e nelle mense dei poveri, monsignor Ojea ha detto: «Non intendiamo invitare nessun politico a questo Messa, perché non vogliamo che qualcosa di così proprio dell’essere umano che non appartiene a nessun particolare settore politico venga utilizzato in alcun modo».   La questione della presenza di un politico è irrilevante. Nei casi citati non c’era nessun politico; era un gruppo di fedeli – non escludo infiltrati kirchneristi – a guidare i canti.   Jorge García Cuerva, arcivescovo di Buenos Aires, era un po’ più vicino alla spiegazione corretta. Nella parrocchia di San Ildefonso, nel quartiere Palermo, ha detto che «non è giusto che le cerimonie religiose servano per dividere, frammentare e partigianizzare». Ha aggiunto che «la Messa è qualcosa di sacro, la Messa è nel nucleo più profondo della fede del nostro popolo».   Purtroppo, l’argomentazione dell’arcivescovo è di ordine antropocentrico: «È qualcosa di sacro, ci aiuta a unirci, a diventare umani, a nutrirci e a essere testimoni del regno [di Dio] nelle strade»   È notevole come i nostri attuali vescovi ignorino il fatto che la Messa è indirizzata a Dio; è un sacrificio di adorazione e di supplica che contiene sacramentalmente la morte e la risurrezione di Nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. È questa confusione che si sperimenta in tante messe con la chitarra, con canti che non costituiscono una lode oggettiva della Santissima Trinità.   Nelle Messe in cui si sono sentiti canti anti-Milei, il danno maggiore è stato lo indebolimento del mistero liturgico, come se la Messa fosse un incontro protestante o evangelico.   Contro una tale abolizione del mistero del culto protesta unanime tutta la Tradizione, dall’età post-apostolica fino al Concilio Vaticano II. I vescovi non hanno letto Sacrosanctum Concilium? In questo testo, approvato praticamente all’unanimità, la liturgia è presentata come la rappresentazione sacramentale del Mistero pasquale, con l’Eucaristia come celebrazione di questo mistero per eccellenza.   I canti politici costituiscono una profanazione, un abuso arbitrario e antropocentrico, di una realtà teologica in cui Dio è presente. Dobbiamo restituire alla liturgia cattolica l’esattezza, la solennità e la bellezza che sono la dote che la identifica. Se i canti ascoltati nelle parrocchie che ho citato fossero a favore di Milei, sarebbero altrettanto riprovevoli.   + Héctor Aguer Arcivescovo emerito di La Plata   Buenos Aires, mercoledì 19 giugno 2024

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