Internet
Bill Gates compra World of Warcraft. Per competere nel metaverso di solitudine e disperazione che stanno preparando per noi

La Microsoft, la colossale azienda di (pessimo) software fondata da Bill Gates ha comprato Activision Blizzard, la casa di produzione di videogiochi della serie di Call of Duty, StarCraft, Guitar Hero, Diablo, Candy Crush e soprattutto di World of Warcraft.
L’operazione di acquisizione ha avuto un costo di 68,7 miliardi di dollari. Activision Blizzard diventerà una divisione di Microsoft Gaming.
Per gli appassionati di questi giochi , che non sono pochi (in Corea StarCraft è praticamente, da decenni, lo sport nazionale, i cui campioni sono divi che arrivano a fare i testimonial dell’esercito), sta scattando il panico. Se Microsoft farà a Blizzard quello che ha fatto con Skype – un software eccezionale, che ha perso funzionalità dopo essere stato venduto a Gates – è finita per tutti i gamer. Ci sono tanti altri esempi che vengono in mente. Qualcuno ricorda cosa è successo a Nokia (e, per estensione, alla Finlandia) dopo che è stata acquisita da Microsoft? La storia è più complessa, ma è tremenda. Non la racconteremo qui.
Quello che ci preme di analizzare è il motivo per il quale il gruppo di Gates spende una somma che corrisponde ad una manovra economica di un Paese medio-grande per compare un’azienda di videogiochi, che peraltro negli ultimi tempi aveva avuto i soliti problemi della vita americana in era post-#metoo: accuse di maschilismo, atteggiamenti impropri verso le poche dipendenti femmine, etc.
Dietro a questa operazione gigantesche c’è una cosa precisa: il metaverso. Il metaverso è, dice Mark Zuckerberg che ci crede talmente tanto da aver cambiato il nome della società Facebook in Meta, la prossima grande trasformazione dell’informatica. «La prossima internet mobile», ha spiegato il padrone di Facebook, cioè di Meta.
Il metaverso, una parola che, come la parola «criptovaluta», viene dai libri dello scrittore di fantascienza Neal Stephenson, non è altro che internet e le sue funzioni (lavoro, relazioni, giochi, acquisti, esplorazioni varie) resa in forma di realtà virtuale, un immenso spazio immersivo al quale si accederà, per lo più, con visori che coprono gli occhi escludendo la realtà esteriore – cioè la realtà reale, cioè la verità della vostra vita nella carne e nella materia.
Facebook si dice che abbia messo sul piatto, senza fare troppa pubblicità, una diecina di miliardi di dollari per comprare ogni possibile azienda di interesse che lavora sulla realtà virtuale.
A Microsoft deve quindi essere scattato il FOMO. Il termine è molto usato nel gergo dei venture capital della Silicon Valley: significa Fear Of Missing Out, cioè paura di perdere, di non essere nel gruppo di quelli che colgono una determinata occasione. Il FOMO decreta i fenomeni salienti del mondo dell’elettronica; soprattutto, determina gli investimenti: nella competizione tra fondi e investitori vari, quando scatta un determinato trend, c’è l’esplodere del FOMO che può far lievitare la valutazione di un’azienda (sì, gli uomini più intelligenti e ricchi del mondo, quelli della Silicon Valley, ad una certa si comportano come branchi di pecore, ma lo sapevate).
Il FOMO è per il metaverso, dove Zuckerberg sta facendo all-in, e nonostante lo scetticismo di tanti, le aziende ultramiliardarie non possono stare a guardare la roulette del futuro senza puntare qualche gettone
Il FOMO è per il metaverso, dove Zuckerberg sta facendo all-in, e nonostante lo scetticismo di tanti, le aziende ultramiliardarie non possono stare a guardare la roulette del futuro senza puntare qualche gettone.
«È la hype del metaverso», ha scritto la testata di tecnologia e startup Tech Crunch. È il clamore verso questa nuova idea.
Tuttavia, vi è una strategia concreta. Perché è prevedibile cosa succederà qualora il metaverso dovesse attecchire.
«Come le precedenti proprietà del Web 2.0, il “metaverso” riguarda il possesso del tempo di un utente online» scrive Tech Crunch. «In un certo senso, ciò che sembra davvero essere il metaverso è l’idea che gli utenti trascorrano del tempo online facendo cose sempre più noiose, ma come avatar in un mondo virtuale 3D. Il gioco si concentra sul mantenere le cose lontane dalla noia, ma man mano che gli MMO [Massive Multiplayer online, giochi in rete dove possono partecipare masse di utenti, come World of Warcraft, ndr] diventano più realistici, la speranza è che questi mondi separati si confondano l’uno nell’altro e che gli utenti inizino a pensare alla loro presenza online come a qualcosa di più coeso».
Si tratta quindi di un processo di trasformazione spaventoso: nientemeno che la sostituzione della realtà. La progressiva separazione della nostra vita «reale» da quella virtuale, che sarà sempre più simile, per grafica e per stimoli, della prima, al punto da essere preferita dagli utenti.
In verità per molti è già così: chi gioca a videogame collettive online come World of Warcraft, chi ha una «squadra» che tutte le sere si trova a sparare su Call of Duty, in molti casi preferisce la sua esistenza elettronica rispetto a quella reale e ai suoi problemi. Abbiamo notato, negli anni, come lutti, problemi famigliari, lavorativi, sentimentali facciano accrescere negli individui il tempo speso nei giochi online.
Si tratta quindi di un processo di trasformazione spaventoso: nientemeno che la sostituzione della realtà. La progressiva separazione della nostra vita «reale» da quella virtuale, che sarà sempre più simile, per grafica e per stimoli, della prima, al punto da essere preferita dagli utenti.
La realtà di pixel e elettroni diventa più appetibile – perché sicura, eroica, pulita dalle vere sfide dell’esistenza – di quella dell’essere.
Si tratta, decisamente, della psicotizzazione di una larga fetta dell’umanità. La creazione di vere e proprie prigioni mentali dove sono gli utenti stessi a chiedere di essere rinchiusi.
Tristan Harris, un ex Google che ora è tra i principali critici dei disastri etici delle grandi aziende di informatica (è suo il fortunato documentario Netflix The social dilemma, che si occupa delle tattiche indicibili messa in atto dagli algoritmi di Facebook per tenere gli utenti incollati al sito) racconta che in realtà il metaverso è l’estensione in 3D di qualcosa che già esiste e che devasta le nostre vite: la «bolla» dei social che ci tengono sempre all’interno dello stesso giro di amici, di opinioni, di modo da radicalizzarci, con il risultato di aver creato in tutto il mondo società polarizzate dove lo spettro della guerra civile non è più una prospettiva così impensabile.
Il metaverso ti inghiottirà nello stesso modo in cui lo ha già fatto Facebook, solo con grafica e interfaccia più avanzata. I vostri figli, che sono cosiddetti digital native, ci cadranno dentro per direttissima. Ed è bene ricordare che nel metaverso di Facebook, ha scritto il New York Times, già si sono consumate le prime «molestie sessuali». Non crediamo che saranno gli ultimi.
Si tratta, decisamente, della psicotizzazione di una larga fetta dell’umanità. La creazione di vere e proprie prigioni mentali dove sono gli utenti stessi a chiedere di essere rinchiusi.
No, il metaverso, al momento, non sembra il posto ideale per crescere i figli. Tuttavia, dopo mesi di DAD, sono percettivamente più pronti che mai – hanno accettato che la cosa più concreta della loro giovane vita, la scuola – può ridursi a cosa virtuale. E non è escluso, conoscendo la sudditanza di tutta la nostra politica ai colossi Tech, che il prossimo ministro dell’Istruzione non deciderà di spostare la scuola nel metaverso per legge.
Ovviamente, non tutti si stanno bevendo la cosa. L’inventore della PlayStation, l’ormai anziano ingegnere Ken Kutaragi, si è scagliato contro l’idea del metaverso in una recente intervista a Bloomberg.
«Preferiresti essere un avatar raffinato invece del tuo vero io? In sostanza non è diverso dai message board anonimi». Per Kutaragi i visori da realtà virtuale che permettono il metaverso sono «semplicemente fastidiosi», e «ti isolano dal mondo reale».
Il giapponese pare non capire che la disintegrazione del mondo reale è esattamente ciò che vogliono.
La pandemia, è evidente, ha aiutato molto. Persone chiuse in casa per due anni, e che chissà per quanto ancora, non possono che essere sempre più compatibili con il metaverso.
Il metaverso ti inghiottirà nello stesso modo in cui lo ha già fatto Facebook, solo con grafica e interfaccia più avanzata
Guardate al disastro psichiatrico pandemico fra i giovani: ragazzi impazziti dalla rabbia, sfiniti da disturbi alimentari, presi da ansia perenne, se non attaccati da manie suicide. Disperati, soli – privati di qualsiasi cosa, e costrette al calcolo di cosa sia la vita senza relazioni e contatti.
Questa generazione di danneggiati dalle restrizioni non potrà che trovare sollievo nei mondi virtuali perennemente accesi, del resto ha passato il biennio attaccata al telefonino, ai social, ai giochi online. Si tratta solo di dare loro una spinta in più verso la catatonia indotta, la perdita del principio di realtà programmata dai colossi di Big Tech – i quali, è bene ricordarlo, sono divenuti molto, molto più ricchi durante il lockdown globale.
Il disegno a questo punto speriamo sia chiaro a tutti. Si tratta, come potete intuire, di un programma che va contro il vostro bene. Si tratta, infine, di un programma di morte, si tratta della propaggine elettronica della Necrocultura.
A fronte di questa minaccia evidente, vi diciamo che bisogna fare qualcosa. Per prima cosa, disintossicatevi: abbandonate i social, non fidatevi praticamente di nessuna delle grandi società tecnologiche.
E tornate a vivere. A incontrarvi, a guardarvi, a toccarvi: cose che al momento potrebbero essere ritenute perfino illegali. Ma che sono la base dell’esistenza umana.
La pandemia, è evidente, ha aiutato molto. Persone chiuse in casa per due anni, e che chissà per quanto ancora, non possono che essere sempre più compatibili con il metaverso
Vogliono cancellare la legge naturale, abbiamo detto, e la pandemia è servita essenzialmente a quello, al punto di arrivare a recidere i legami più profondi, i legami di sangue, quelli della famiglia.
Della realtà, della legge naturale ci daranno un surrogato. Le sostituiranno con un’architettura da videogame, e una legge che stabiliranno loro.
Se questo non è un incubo, non sappiamo cos’altro lo possa essere.
Roberto Dal Bosco
Cina
La Cina presenta il primo chip 6G al mondo

I ricercatori cinesi hanno presentato il primo chip 6G al mondo, in grado di aumentare la velocità di connessione nelle aree remote fino a 5.000 volte rispetto al livello attuale. Lo riporta il giornale di Hong Kong South China Morning Post (SCMP).
La tecnologia 6G si prevede possa ridurre il divario digitale tra aree rurali e urbane. Sviluppato da ricercatori dell’Università di Pechino e della City University di Hong Kong, il chip 6G «all-frequency» potrebbe offrire velocità internet mobile oltre i 100 gigabit al secondo su tutto lo spettro wireless, incluse le frequenze usate nelle zone remote, rendendo l’accesso a internet ad alta velocità più disponibile nelle regioni meno connesse e permettendo, ad esempio, di scaricare un film 8K da 50 GB in pochi secondi.
Tuttavia, le tecnologie 5G e 6G suscitano preoccupazioni. Critiche riguardano i possibili rischi per la salute dovuti alle radiazioni elettromagnetiche, soprattutto con le alte frequenze del 6G, oltre a vulnerabilità agli attacchi informatici a causa dell’aumento dei dispositivi connessi. L’espansione delle infrastrutture potrebbe inoltre avere un impatto ambientale e accentuare le disuguaglianze, lasciando indietro le aree rurali. Si temono anche un incremento della sorveglianza e problemi legati alla privacy dei dati con l’aumento della connettività.
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Le tecnologie wireless come il 5G operano su gamme di frequenza limitate. Il nuovo chip 6G, invece, copre l’intero spettro (da 0,5 GHz a 115 GHz) in un design compatto di 11 mm x 1,7 mm, eliminando la necessità di più sistemi per gestire diverse frequenze. Questo permette al chip di funzionare in modo efficiente su bande sia basse che alte, supportando applicazioni ad alta intensità e migliorando la copertura in aree rurali o remote.
«Le bande ad alta frequenza come le onde millimetriche e i terahertz offrono una larghezza di banda estremamente ampia e una latenza estremamente bassa, rendendole adatte ad applicazioni come la realtà virtuale e le procedure chirurgiche», ha dichiarato al China Science Daily il professor Wang Xingjun dell’Università di Pechino.
I ricercatori stanno sviluppando moduli plug-and-play per diversi dispositivi, come smartphone e droni, che potrebbero facilitare l’integrazione del nuovo chip nelle tecnologie di uso quotidiano.
La Cina pare accelerare per una primazia tecnologica non solo nelle telecomunicazioni – con il caso di Huawei, e relativi incidenti diplomatici internazionali, e sospetti anche in Italia – ma in genere nel settore tecnologico, dove si assiste ai consistenti sforzi per l’IA, visibili nell’ascesa di DeepSeek, un’Intelligenza Artificiale realizzata nel Dragone che non abbisogna di chip particolarmente performanti.
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Internet
Metriche pubblicitarie di e-commerce artificialmente gonfiate, afferma un ex dipendente Meta

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Intelligenza Artificiale
Facebook spenderà milioni per sostenere i candidati pro-IA

Il colosso tecnologico Meta-Facebook lancerà un super-PAC incentrato sulla California per sostenere i candidati a livello statale favorevoli a una regolamentazione tecnologica più flessibile, in particolare per quanto riguarda l’intelligenza artificiale.
Un Super PAC è un comitato politico indipendente che può raccogliere e spendere fondi illimitati da individui, aziende e sindacati per sostenere o contrastare i candidati. Non può coordinarsi direttamente con campagne o partiti ed è stato creato dopo le sentenze dei tribunali statunitensi del 2010 che hanno allentato le regole sul finanziamento delle campagne elettorali.
Secondo quanto riferito dalla stampa americano, il gruppo, denominato Mobilizing Economic Transformation Across California, sosterrà i candidati dei partiti democratico e repubblicano che danno priorità all’innovazione dell’intelligenza artificiale rispetto a regole severe.
Secondo la testata Politico, la società madre di Facebook e Instagram prevede di spendere decine di milioni di dollari tramite il PAC, il che potrebbe renderla uno dei maggiori investitori politici dello Stato in vista delle elezioni a governatore del 2026.
L’iniziativa è in linea con l’impegno più ampio di Meta per salvaguardare lo status della California come polo tecnologico, nonostante le preoccupazioni che una supervisione rigorosa possa soffocare l’innovazione.
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«Il contesto normativo di Sacramento potrebbe soffocare l’innovazione, bloccare il progresso dell’Intelligenza Artificiale e mettere a rischio la leadership tecnologica della California», ha affermato Brian Rice, vicepresidente per le politiche pubbliche di Meta. Rice guiderà il PAC insieme a Greg Maurer, un altro dirigente addetto alle politiche pubbliche, in qualità di dirigenti principali, secondo un portavoce dell’azienda.
La California è uno degli Stati più attivi nel promuovere la regolamentazione dell’Intelligenza Artificiale e dei social media, con i funzionari pronti a decidere sulle norme in materia di sicurezza, trasparenza e tutela dei consumatori che potrebbero avere ripercussioni sui prodotti delle aziende tecnologiche.
Questa mossa rispecchia gli sforzi di altri colossi della tecnologia. Aziende come Uber e Airbnb hanno utilizzato strategie politiche basate sui grandi donatori per influenzare le politiche in California.
Questa primavera, Meta ha anche speso oltre 518.000 dollari in attività di lobbying a livello statale per contestare la legislazione sulla sicurezza dell’intelligenza artificiale, che imporrebbe standard di sicurezza e trasparenza sui grandi modelli di intelligenza artificiale.
Il nuovo super-PAC di Meta si unisce a una crescente ondata di impegno politico nel settore tecnologico. La rete rivale Leading the Future, sostenuta da Andreessen Horowitz (venture capitalist ora attivo nell’amministrazione Trump) e dal presidente di OpenAI Greg Brockman, ne è un esempio e mira a promuovere politiche pro-IA con oltre 100 milioni di dollari di finanziamenti.
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