Politica
Biden parla di guerra civile. Trump lo canzona

Parlando martedì dal National Constitutional Center di Filadelfia, il presidente Biden ha condannato con forza l’ondata di leggi sull’integrità elettorale recentemente approvate negli stati repubblicani, definendo le leggi un «assalto» al diritto di voto e la «minaccia più significativa» per gli Stati Uniti da quando la guerra civile.
L’espressione «civil war» è stata utilizzata con grande parsimonia dai presidenti dopo Lincoln, al punto che ci chiediamo quanti abbiamo pubblicamente dipinti in un discorso questa prospettiva.
C’è «un assalto in corso in America oggi, un tentativo di sopprimere e sovvertire il diritto di voto», ha detto Biden. «Stiamo affrontando la prova più significativa della nostra democrazia dalla Guerra Civile. Non è un’iperbole, dai tempi della Guerra Civile»
C’è «un assalto in corso in America oggi, un tentativo di sopprimere e sovvertire il diritto di voto», ha detto Biden. «Stiamo affrontando la prova più significativa della nostra democrazia dalla Guerra Civile. Non è un’iperbole, dai tempi della Guerra Civile».
Come noto, i Repubblicani vogliono istituire controlli per il voto come l’obbligo di esibire un documento di identità – cosa che in alcuni Stati gli elettori non sono tenuti a fare, con evidenti rischi di brogli. I democratici si oppongono in maniera strenua a questa proposta di buon senso, tacciando i repubblicani di razzismo, con la scusa che molti cittadini appartenenti alle minoranze (neri, ispanici) non hanno documenti. Il Partito Democratico USA è in una fase di autismo ideologico tale da non capire che è proprio questa argomentazione ad essere in re ipsa razzista assai.
Dall’altro lato, i Repubblicani intendono evitare un’altra inspiegabile débacle elettorale basata su brogli massivi: nessuno lo vuole dire, per paura di essere censurato sui social network, indagato, o ancora una volta tacciato di razzismo, ma il vero oggetto del contendere è la consapevolezza che le elezione presidenziale 2020 potrebbero essere state truccate.
«I confederati, all’epoca, non hanno mai violato il Campidoglio come hanno fatto gli insorti il 6 gennaio», ha detto Biden, estendendo l’analogia con la Guerra Civile. «Non sto dicendo questo per allarmarvi; Lo dico perché dovreste essere allarmati»
Durante il discorso a Filadelfia, il Biden ha cercato di legare le leggi sull’integrità elettorale recentemente approvate negli Stati a guida repubblicana come la Georgia alla rivolta del Campidoglio del 6 gennaio 2021, suggerendo che sono sintomi della stessa sfiducia nel sistema americano.
«I confederati, all’epoca, non hanno mai violato il Campidoglio come hanno fatto gli insorti il 6 gennaio», ha detto Biden, estendendo l’analogia con la Guerra Civile. «Non sto dicendo questo per allarmarvi; Lo dico perché dovreste essere allarmati».
I Repubblicani che hanno avanzato tali leggi hanno sostenuto che sono necessarie per ripristinare la fiducia nel processo di voto dopo che sono state adottate una serie di misure di emergenza per rendere più facile il voto durante la pandemia.
Il discorso di Biden arriva settimane dopo che i Democratici del Senato non sono riusciti a far avanzare il For the People Act, una legge che federalizzerebbe molti aspetti del processo di voto. Tutti i repubblicani del Senato hanno votato contro il disegno di legge.
«Biden ha appena detto che 150 persone hanno votato alle elezioni presidenziali del 2020 (truffa!). Partendo dal presupposto che intendesse 150 milioni di persone, e in base al fatto che io ho ottenuto 75 milioni, ciò significherebbe che Biden ha ottenuto 75 milioni di voti, ovvero 6 milioni di voti in meno di quanto hanno affermato di aver ottenuto. Quindi di cosa si tratta? Stanno già concedendo 6 milioni di voti?», ha detto Trump in una dichiarazione martedì sera, alludendo a possibili riconteggi di voti che aleggiano sottotraccia nelle vicende politiche USA.
«Il popolo americano può essere sollevato dal fatto che il governo federale – almeno in quest’area – non si espanderà e soppianterà gli stati, che sono stati coinvolti nella conduzione delle elezioni nel corso della storia del nostro paese”, il senatore repubblicano leader della minoranza Mitch McConnell aveva detto all’epoca. Si è visto…
Al preoccupante discorso di Biden ha risposto il presidente Trump, che ha criticato l’inquilino della Casa Bianca prendendolo in giro per aver detto nel suo speech che hanno votato 150 milioni di persone. Secondo le stime elettorali, quasi 158,4 milioni di americani hanno votato nel 2020 con 81 milioni per Biden, 74 milioni per Trump e il resto per contendenti di terze parti.
«Biden ha appena detto che 150 persone hanno votato alle elezioni presidenziali del 2020 (truffa!). Partendo dal presupposto che intendesse 150 milioni di persone, e in base al fatto che io ho ottenuto 75 milioni, ciò significherebbe che Biden ha ottenuto 75 milioni di voti, ovvero 6 milioni di voti in meno di quanto hanno affermato di aver ottenuto. Quindi di cosa si tratta? Stanno già concedendo 6 milioni di voti?», ha detto Trump in una dichiarazione martedì sera, alludendo a possibili riconteggi di voti che aleggiano sottotraccia nelle vicende politiche USA.
Politica
Orban dice che l’UE potrebbe andare al «collasso» e chiede accordi con Mosca

L’UE è sull’orlo del collasso e non sopravvivrà oltre il prossimo decennio senza una «revisione strutturale fondamentale» e un distacco dal conflitto ucraino, ha avvertito il primo ministro ungherese Viktor Orban.
Intervenendo domenica al picnic civico annuale a Kotcse, Orban ha affermato che l’UE non è riuscita a realizzare la sua ambizione fondante di diventare una potenza globale e non è in grado di gestire le sfide attuali a causa dell’assenza di una politica fiscale comune. Ha descritto l’Unione come entrata in una fase di «disintegrazione caotica e costosa» e ha avvertito che il bilancio UE 2028-2035 «potrebbe essere l’ultimo se non cambia nulla».
«L’UE è attualmente sull’orlo del collasso ed è entrata in uno stato di frammentazione. E se continua così… passerà alla storia come il deprimente risultato finale di un esperimento un tempo nobile», ha dichiarato Orban, proponendo di trasformare l’UE in «cerchi concentrici».
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L’anello esterno includerebbe i paesi che cooperano in materia di sicurezza militare ed energetica, il secondo cerchio comprenderebbe i membri del mercato comune, il terzo quelli che condividono una moneta, mentre il più interno includerebbe i membri che cercano un allineamento politico più profondo. Secondo Orbán, questo amplierebbe la cooperazione senza limitare lo sviluppo.
«Ciò significa che siamo sulla stessa macchina, abbiamo un cambio, ma vogliamo muoverci a ritmi diversi… Se riusciamo a passare a questo sistema, la grande idea della cooperazione europea… potrebbe sopravvivere», ha affermato.
Orban ha accusato Brusselle di fare eccessivo affidamento sul debito comune e di usare il conflitto in Ucraina come pretesto per proseguire con questa politica. Finché durerà il conflitto, l’UE rimarrà una «anatra zoppa», dipendente dagli Stati Uniti per la sicurezza e incapace di agire in modo indipendente in ambito economico, ha affermato.
Il premier magiaro ha anche suggerito che, invece di «fare lobbying a Washington», l’UE dovrebbe «andare a Mosca» per perseguire un accordo di sicurezza con la Russia, seguito da un accordo economico.
Il primo ministro di Budapest non è il solo a nutrire queste preoccupazioni. Gli analisti del Fondo Monetario Internazionale e di altre istituzioni hanno lanciato l’allarme: l’UE rischia la stagnazione e persino il collasso a causa di sfide strutturali, crescita debole, scarsi investimenti, elevati costi energetici e tensioni geopolitiche.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
Il passo indietro di Ishiba: nuovo capitolo nella lunga crisi del centro-destra giapponese

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Politica
Il governo francese collassa

Il governo francese è collassato dopo che il Primo Ministro François Bayrou ha perso un cruciale voto di fiducia in Parlamento lunedì. Bayrou è il secondo primo ministro consecutivo sotto Emmanuel Macron a essere destituito, precipitando la Francia in una crisi politica ed economica.
Per approvare una mozione di sfiducia all’Assemblea Nazionale servono almeno 288 voti. Quella di lunedì ne ha ottenuti 364, con il Nuovo Fronte Popolare di sinistra e il Raggruppamento Nazionale di destra coalizzati per superare lo stallo sul bilancio di austerità di Bayrou.
Dopo aver resistito a otto mozioni di sfiducia, Bayrou ha convocato questo voto per ottenere supporto alle sue proposte, che prevedevano tagli per circa 44 miliardi di euro per ridurre il debito francese in vista del bilancio di ottobre.
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Bayrou, che aveva definito il debito pubblico un «pericolo mortale», sembra aver accettato la sconfitta. Domenica, ha criticato aspramente i partiti rivali, che, pur «odiandosi a vicenda», si sono uniti per far cadere il governo.
Bayrou è il secondo primo ministro deposto dopo Michel Barnier, rimosso a dicembre dopo soli tre mesi, e il sesto sotto Macron dal 2017.
La caduta di Bayrou lascia Macron di fronte a un dilemma: nominare un Primo Ministro socialista, cedendo il controllo della politica interna, o indire elezioni anticipate, che i sondaggi indicano favorirebbero il Rassemblement National di Marine Le Pen.
Con la popolarità di Macron al minimo storico, entrambe le opzioni potrebbero indebolire ulteriormente la sua presidenza. Gli analisti temono che una perdita di fiducia dei mercati nella gestione del deficit e del debito francese possa portare a una crisi simile a quella vissuta dal Regno Unito sotto Liz Truss, il cui governo durò meno della via di un cavolo prima della marcescenza.
Il malcontento verso Macron è in crescita: un recente sondaggio di Le Figaro rivela che quasi l’80% dei francesi non ha più fiducia in lui.
Come riportato da Renovatio 21, migliaia di persone hanno protestato a Parigi nel fine settimana, chiedendo le dimissioni di Macron con slogan come «Fermiamo Macron» e «Frexit».
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Immagine di © European Union, 1998 – 2025 via Wikimedia pubblicata secondo indicazioni
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