Politica
Biden ha incontrato 14 soci in affari di suo figlio Hunter

Nonostante le ripetute smentite di aver mai parlato con suo figlio Hunter dei rapporti d’affari all’estero di quest’ultimo, il canale TV americano Fox News ha riferito giovedì che il presidente Joe Biden ha incontrato almeno 14 soci in affari di Hunter da Stati Uniti, Messico, Ucraina, Cina e Kazakistan.
Abbandonato in negozio di riparazioni di computer del Delaware qualche tempo prima delle elezioni del 2020 e portato alla luce da articoli del New York Post – per la pubblicazione dei quali l’antico quotidiano è stato bandito da Twitter durante la campagna elettorale 2020 – il laptop di Biden junior conterrebbe presunte prove di numerosi accordi esteri in cui uomini d’affari offrivano decine di milioni di dollari per presentazioni a Joe Biden, oltre a inquietanti prove di uso di droghe e di molto disinvolte relazioni con prostitute (forse pure caricate online su Pornhub?) da parte dell’Hunter, nonché, aveva raccontato l’ex sindaco di Nuova York Rudolph Giuliani, anche materiale ancora più indicibile.
«Non ho mai parlato con mio figlio dei suoi affari all’estero», aveva insistito Biden nel 2019. Quando il mese scorso il giornale britannico Daily Mail ha pubblicato un messaggio vocale del 2018 in cui Biden parlava con Hunter di un accordo con la compagnia petrolifera cinese CEFC, la linea ufficiale è rimasta la stessa , con il segretario stampa della Casa Bianca Karine Jean-Pierre che ha ribadito che «ciò che ha detto il presidente è ancora valido».
Come riportato da Renovatio 21, a inizio mese si è scoperto che il presidente Biden ha venduto 1 milione di barili dalla riserva di petrolio strategica USA all’azienda cinese in cui ha investito suo figlio Hunter: invece che esseri usati per allievare l’aumento insostenibile patito dai cittadini americani alla pompa di benzina, il presidente ha mandato le riserve strategiche alla Cina – e curiosamente proprio ad una azienda che lavora con il figlio… Alcuni membri del Partito Repubblicano giudicano questo fatto come degno di un processo di impeachment, ma, esattamente come avviene per ogni altra oscenità dei Biden (dalla droga alla prostituzione, ai sospetti di atti simil-incestuosi, ai ripetuti segni di demenza di Joe) niente si muove davvero contro l’ultimo pupazzo dell’establishment del Deep State – e non solo di quello.
In molti infatti accusano Biden di essere una marionetta degli interessi del Partito Comunista Cinese. Secondo un libro uscito qualche mese fa, i Biden avrebbero guadagnato 31 milioni di dollari da individui con «legami diretti con gli apparati cinesi di spionaggio., ma si parla anche di affari diretti con il giro del presidente cinese Xi Jinpingo.
Secondo Fox News, Joe Biden ha incontrato gli uomini d’affari messicani Miguel Aleman Velasco e Miguel Aleman Magnani nel 2014, facendo fare alla coppia un tour della Casa Bianca. Un anno dopo, Biden avrebbe parlato in video con il miliardario messicano Carlos Slim e tutti e tre i messicani – con cui Hunter stava facendo affari o con cui stava negoziando in quel momento – li avrebbero visitati nella residenza della vicepresidenza a Washington DC.
In un messaggio di testo trovato sul laptop, Hunter ha detto al suo socio in affari, Jeff Cooper, di aver parlato con suo padre dell’accordo che coinvolgeva Slim.
Secondo quanto riferito, Joe Biden ha anche incontrato l’ex presidente colombiano Andres Pastrana Arango ed Eric Schwerin, un altro dei partner commerciali di Hunter, nel 2012, prima di cenare con Arango e Juan Esteban Orduz, un uomo d’affari colombiano, più tardi quello stesso giorno.
I file del laptop mostrano che durante un’unica cena nel 2015, Joe Biden ha incontrato i soci in affari di Hunter dal Kazakistan, dall’Ucraina e dalla Russia, incluso un dirigente di Burisma Holdings, la società energetica ucraina che ha pagato a Hunter 50.000 dollari al mese dal 2014 al 2018 sedersi sul suo board. Il giorno seguente, il dirigente di Burisma ha inviato un’e-mail a Hunter, ringraziandolo per avergli «dato l’opportunità di incontrare tuo padre».
Lo stesso dirigente, Vadim Pozharski, aveva contattato Hunter nel 2014 chiedendo «consigli su come utilizzare la propria influenza» per contrastare un’indagine del governo sull’azienda, secondo quanto riportato dal New York Post nel 2020.
Come riportato da Renovatio 21, nel 2014 l’allora vicepresidente Biden andò in Ucraina e chiese a presidente e primo ministro la destituzione di un procuratore generale che, guarda caso, indagava anche sull’azienda che pagava il figlio Hunter. Il presidente, non si sa se in un momento di demenza senile, ha confessato in pubblico l’episodio durante un incontro al Council for Foreign Relation.
Al momento della cena, Hunter stava lavorando a un accordo petrolifero tra Burisma e una compagnia energetica cinese in Kazakistan, riferisce il Daily Mail.
Come riportato da Renovatio 21, i legami dei Biden con la casta kazaka sono emersi anche a inizio 2022, quando esplosero le rivolte in varie città del Kazakistan. Un gruppo anti-corruzione kazako produsse anche una foto di Hunter, suo padre e l’ex capo dell’Intelligence kazaka Karim Massimov, poi messo in carcere dal presidente assediato Kassim-Jomart Tokaev con l’accusa di alto tradimento. Nella foto vi è anche Kenes Rakishev, un giovane membro dell’oligarcato kazako molto ben connesso finanziariamente e politicamente, che secondo Forbes è una delle 50 persone più influenti del Paese
Tra gli altri contatti che si sono incontrati con Joe Biden c’era secondo quanto riferito Francis Person, un ex consigliere dell’allora vicepresidente che nel 2015 ha fatto pressioni sulla famiglia Biden per conto di una società immobiliare cinese. La persona era anche in corsa per il Congresso nella Carolina del Sud in quel momento, con Biden senior che si recava nello stato per raccogliere fondi per lui.
Tony Bobulinski, l’ex CEO di una joint venture tra Hunter e una compagnia energetica cinese, ha detto in una intervista a Tucker Carlson nel 2020 che Joe Biden ha parlato con suo figlio di questo accordo e di altri.
«Ho visto il vicepresidente Biden dire di non aver mai parlato con Hunter dei suoi affari», ha detto Bobulinski a Fox quell’ottobre. «Ho visto in prima persona che non è vero, perché non erano solo affari di Hunter, hanno detto che stavano mettendo in gioco il nome della famiglia Biden e la sua eredità».
Alcune delle informazioni nell’ultimo servizio di Fox sono già state rese pubbliche da altri organi di stampa, mentre alcune sono nuove.
Hunter Biden parrebbe davvero coinvolto anche nella questione dei biolaboratori ucraini finanziati dagli USA, che la Russia accusa di produzione di armi biologiche all’interno di una determinata operazione militare che vedrebbe coinvolti Big Pharma e membri e sostenitori miliardari del Partito Democratico USA.
Come riportato da Renovatio 21, gli USA avevano un contratto in Ucraina per la ricerca COVID-19 tre mesi prima che il COVID-19 esistesse ufficialmente. È noto inoltre che in quei laboratori si studiassero i coronavirus di pipistrello, esattamente come a Wuhano. I riferimenti dei contatti di Hunter Biden con società coinvolte è stata cancellata da Wikipedia.
I Repubblicani hanno ottenuto il contenuto del laptop e hanno promesso di avviare indagini se dovessero riprendere il Congresso questo novembre.
Hunter è anche indagato dai pubblici ministeri federali per presunte violazioni fiscali e di lobbying per potenze straniere.
Tuttavia, non è stato accusato di reato.
Potreste esserlo voi, invece, se scaricate dal forum 4chan il materiale trafugato di recente dal suo account iCloud, ha detto più o meno scherzosamente qualche commentatore americano: voi che le guardate potreste andare in galera per averlo fatto; Hunter Biden, che quelle cose le ha fatte e le ha pure registrate, invece no.
Così va il mondo.
Politica
Orban dice che l’UE potrebbe andare al «collasso» e chiede accordi con Mosca

L’UE è sull’orlo del collasso e non sopravvivrà oltre il prossimo decennio senza una «revisione strutturale fondamentale» e un distacco dal conflitto ucraino, ha avvertito il primo ministro ungherese Viktor Orban.
Intervenendo domenica al picnic civico annuale a Kotcse, Orban ha affermato che l’UE non è riuscita a realizzare la sua ambizione fondante di diventare una potenza globale e non è in grado di gestire le sfide attuali a causa dell’assenza di una politica fiscale comune. Ha descritto l’Unione come entrata in una fase di «disintegrazione caotica e costosa» e ha avvertito che il bilancio UE 2028-2035 «potrebbe essere l’ultimo se non cambia nulla».
«L’UE è attualmente sull’orlo del collasso ed è entrata in uno stato di frammentazione. E se continua così… passerà alla storia come il deprimente risultato finale di un esperimento un tempo nobile», ha dichiarato Orban, proponendo di trasformare l’UE in «cerchi concentrici».
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L’anello esterno includerebbe i paesi che cooperano in materia di sicurezza militare ed energetica, il secondo cerchio comprenderebbe i membri del mercato comune, il terzo quelli che condividono una moneta, mentre il più interno includerebbe i membri che cercano un allineamento politico più profondo. Secondo Orbán, questo amplierebbe la cooperazione senza limitare lo sviluppo.
«Ciò significa che siamo sulla stessa macchina, abbiamo un cambio, ma vogliamo muoverci a ritmi diversi… Se riusciamo a passare a questo sistema, la grande idea della cooperazione europea… potrebbe sopravvivere», ha affermato.
Orban ha accusato Brusselle di fare eccessivo affidamento sul debito comune e di usare il conflitto in Ucraina come pretesto per proseguire con questa politica. Finché durerà il conflitto, l’UE rimarrà una «anatra zoppa», dipendente dagli Stati Uniti per la sicurezza e incapace di agire in modo indipendente in ambito economico, ha affermato.
Il premier magiaro ha anche suggerito che, invece di «fare lobbying a Washington», l’UE dovrebbe «andare a Mosca» per perseguire un accordo di sicurezza con la Russia, seguito da un accordo economico.
Il primo ministro di Budapest non è il solo a nutrire queste preoccupazioni. Gli analisti del Fondo Monetario Internazionale e di altre istituzioni hanno lanciato l’allarme: l’UE rischia la stagnazione e persino il collasso a causa di sfide strutturali, crescita debole, scarsi investimenti, elevati costi energetici e tensioni geopolitiche.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
Il passo indietro di Ishiba: nuovo capitolo nella lunga crisi del centro-destra giapponese

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Politica
Il governo francese collassa

Il governo francese è collassato dopo che il Primo Ministro François Bayrou ha perso un cruciale voto di fiducia in Parlamento lunedì. Bayrou è il secondo primo ministro consecutivo sotto Emmanuel Macron a essere destituito, precipitando la Francia in una crisi politica ed economica.
Per approvare una mozione di sfiducia all’Assemblea Nazionale servono almeno 288 voti. Quella di lunedì ne ha ottenuti 364, con il Nuovo Fronte Popolare di sinistra e il Raggruppamento Nazionale di destra coalizzati per superare lo stallo sul bilancio di austerità di Bayrou.
Dopo aver resistito a otto mozioni di sfiducia, Bayrou ha convocato questo voto per ottenere supporto alle sue proposte, che prevedevano tagli per circa 44 miliardi di euro per ridurre il debito francese in vista del bilancio di ottobre.
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Bayrou, che aveva definito il debito pubblico un «pericolo mortale», sembra aver accettato la sconfitta. Domenica, ha criticato aspramente i partiti rivali, che, pur «odiandosi a vicenda», si sono uniti per far cadere il governo.
Bayrou è il secondo primo ministro deposto dopo Michel Barnier, rimosso a dicembre dopo soli tre mesi, e il sesto sotto Macron dal 2017.
La caduta di Bayrou lascia Macron di fronte a un dilemma: nominare un Primo Ministro socialista, cedendo il controllo della politica interna, o indire elezioni anticipate, che i sondaggi indicano favorirebbero il Rassemblement National di Marine Le Pen.
Con la popolarità di Macron al minimo storico, entrambe le opzioni potrebbero indebolire ulteriormente la sua presidenza. Gli analisti temono che una perdita di fiducia dei mercati nella gestione del deficit e del debito francese possa portare a una crisi simile a quella vissuta dal Regno Unito sotto Liz Truss, il cui governo durò meno della via di un cavolo prima della marcescenza.
Il malcontento verso Macron è in crescita: un recente sondaggio di Le Figaro rivela che quasi l’80% dei francesi non ha più fiducia in lui.
Come riportato da Renovatio 21, migliaia di persone hanno protestato a Parigi nel fine settimana, chiedendo le dimissioni di Macron con slogan come «Fermiamo Macron» e «Frexit».
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Immagine di © European Union, 1998 – 2025 via Wikimedia pubblicata secondo indicazioni
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