Pensiero
Berlusconi ha difeso la vita umana più dell’arcivescovo che ne ha celebrato il funerale
Permettetemi di definire oscena l’omelia di monsignor Delpini, l’arcivescovo di Milano che ha celebrato il funerale di Silvio Berlusconi.
Qualcuno ha detto che era ambigua, che poteva leggersi in vari modi. A me invece è sembrato che tutto fosse chiarissimo. E drammatico, errato, insolente, disperante.
L’arcivescovo di Milano ha fatto la sua predica, che per qualche ragione è circolata immediatamente pure via Whatsapp in PDF, sfogliando e leggendo a testa china: ci rendiamo conto di vivere nell’era in cui chiedere ad un vescovo di parlare a braccio ad un funerale di Stato sia troppo.
È bizzarro: sappiamo come le omelie funebri dopo il Concilio siano divenute delle santificazioni per direttissima del caro estinto, al punto che a fine messa invitano pure qualche conoscente a caso a dire quanto era buono il defunto. Eulogi, cabaret funebre. Etc.
Non sembra essere questo il caso. Il Delpini ha tenuto tutt’altra linea.
«Quando un uomo è un uomo d’affari, allora cerca di fare affari. Ha quindi clienti e concorrenti. Ha momenti di successo e momenti di insuccesso. Si arrischia in imprese spericolate. Guarda ai numeri a non ai criteri. Deve fare affari. Non può fidarsi troppo degli altri e sa che gli altri non si fidano troppo di lui. È un uomo d’affari e deve fare affari».
Si dice che qui un famigliare abbia scosso la testa. Siamo d’accordo Ma di cosa sta parlando lo zucchetto?
Chiunque sa che nelle sue aziende molto raramente si veniva licenziati. Quando per lavoro anni fa passai per Cologno Monzese, trovai dei dipendenti che dicevano che sì, oramai quel posto era un ministero, e che forse c’era personale in eccesso, ma che importa: tutti quelli che ho visto erano felici di lavorare lì. Erano sicuri, protetti, in pace.
E poi, come anche solo suggerire che Berlusconi non si fidava troppo degli altri, e che gli altri non si fidavano di lui? Fiducia e gratitudine erano una cifra evidente del personaggio. Come può Delpini non aver presente l’abnorme, talvolta eccessiva gratitudine verso le persone che hanno lavorato con lui? Mike Bongiorno, Sandra e Raimondo, Iva Zanicchi messi ad vitam su Rete4, forse per riconoscenza per aver creduto in lui agli esordi… e uscendo dalla TV, come non aver presente Ennio Doris (che da sconosciuto presentò un’idea a Berlusconi intercettandolo a Portofino, e fu ascoltato), Marco Van Basten (che gli mandava telegrammi alle vittorie rossonere: «milanista per sempre»), Sacchi, Capello, Maldini, Costacurta e pure figure intellettuali come Antonio Martino, Gianni Baget Bozzo, Marcello Pera, Lucio Colletti che aderirono al suo progetto politico?
«Quando un uomo è un uomo politico, allora cerca di vincere. Ha sostenitori e oppositori. C’è chi lo esalta e chi non può sopportarlo. Un uomo politico è sempre un uomo di parte» ha proseguito l’arcivescovo. «Quando un uomo è un personaggio, allora è sempre in scena. Ha ammiratori e detrattori. Ha chi lo applaude e chi lo detesta».
Qui cominciamo a capire dove vuole andare a parare. Il prelato riconosce che il personaggio è «divisivo», aggettivo che piace a quella CEI affiliata da lustri al PD e al network democristiano che ha portato l’Italia al collasso morale e biologico. Monsignore riconosce che davanti a sé ha un pubblico che potrebbe non amare un discorso che, come si usa nella modernità della Chiesa in uscita, parli solo bene dell’illustrissimo defunto.
Eppure, guardiamo i volti fra le navate del Duomo, e ci rendiamo conto che davvero pochi lì non debbano la loro carriera, o scatti di essa, alla sua presenza, alla sua azione diretta o indiretta. La Meloni fu lanciata come ministro nel governo Berlusconi, e fece parte del suo partito il PDL. Draghi, che pure si racconta l’aveva silurato nel 2011 con la famosa letterina che la BCE recapitò a Silvio per spianare la strada al tecnocrate Monti, è stato premier perché Forza Italia lo ha (purtroppo) votato. E poi quanti calciatori e allenatori (vincitori di sfide straordinarie, campioni veri), quanti giornalisti, starlettes, vedettes, manager assortiti e creature del sottobosco presenti alle esequie gli devono tutto – ma proprio tutto?
C’è il presidente della Repubblica, quello a fianco dell’emiro del Qatar al-Thani (uno, nonostante la montagna di morti dei mondiali di calcio, da tenersi buono, visto che l’Italia – antiberlusconianamente – si è privata del gas russo: anche se Doha ci ha già ripetuto varie volte che non c’è trippa per gatti). Non possiamo dire Mattarella che sia lì grazie a Silvio, e non sappiamo neppure se sia legale pensarlo. Tuttavia nell’ultima elezione presidenziale ebbe i voti del partito di Berlusconi, come di tutta la restante palude parlamentare. È però l’episodio della rielezione del predecessore, che vorremmo ricordare: quando venne rieletto Napolitano, con una manovra che scongiurò l’ascesa al Colle dell’eterno avversario Prodi, appena dopo gli applausi di rito, partì un coro tra i Parlamentari: «Sil-vio, Sil-vio…». Fu una sua manovra, una sua vittoria.
Ecco, Delpini sta parlando considerando loro. I Draghi, i Gentiloni, le Schlein presenti in Duomo. Quei personaggi messi lì e gonfiati da giornali e potentati che, monsignore forse lo sa, non sono esattamente di estrazione cattolica. Diciamo così, e fermiamoci qui.
Non pare, invece, che l’arcivescovo si voglia rivolgere alla famiglia, ai figli presenti, composti e addolorati. Questi ragazzi, a questo punto va scritto, danno un’immagine rara, rarissima: ciascuno con le loro peculiarità sono tutti solidi, decorosi, decenti – pure belli da vedere. Questo a evidente differenza dei rampolli di altre famiglie industriali, quelle dell’oligarcato profondo del Paese, che rappresentano plasticamente disperazione e decadenza, degrado e demenza (cosa che possiamo dire per i figli di papà imprenditori zonali molto, molto meno abbienti di Berlusconi).
La prima moglie, Carla dall’Oglio, lo ha scritto nel suo necrologio sul Corriere: è stato un papà eccezionale. Tutti possono vederlo, ma forse non l’arcivescovo, che nella sua omelia non pare toccare la questione della famiglia (che è cattolicamente delicata, per il divorzio) o anche solo della discendenza, della quantità di esseri umani che si porta dietro: oltre ai figli, 16 nipoti, e un bisnipote. Tanta robba. Questa nota positiva in fondo allo spartito, la persistenza della persona tramite i suoi eredi, colpisce noi, ma, si vede, non lo zucchetto sul pulpito.
Tuttavia non di queste mancanze che vogliamo parlare davvero. Ci ha infastidito, più di tutti, il discorso sulla «vita».
«Vivere. Vivere e amare la vita. Vivere e desiderare una vita piena» è stato l’attacco della predica di monsignore, stile film di Kurosawa. «Vivere e desiderare che la vita sia buona, bella per sé e per le persone care. Vivere e intendere la vita come una occasione per mettere a frutto i talenti ricevuti. Vivere e accettare le sfide della vita. Vivere e attraversare i momenti difficili della vita…»
Insomma, l’arcivescovo, con un fiume di stile retorico, vuole parlarci della vita. Una parola, ripetuta quasi nemmeno come in un tema di liceo, a cui l’omelia assegna un significato preciso: la vita, qui, è l’esistenza individuale, è ciò che ti accade – la vita è un fenomeno soggettivo.
Abbiamo tuttavia le prove che Berlusconi, oltre che amare la vita, amasse la Vita: e cioè la vita umana come forza sacra che esiste al di fuori di noi, che sostiene il cosmo degli uomini, che permette la continuazione dell’universo – la Vita come fenomeno oggettivo. La vita non come questione personale, ma come realtà cosmica.
Ciò divenne chiaro all’altezza degli ultimi giorni di Eluana Englaro.
Maurizio Sacconi, allora sottosegretario, gli propose un decreto legge per salvare Eluana. Berlusconi, secondo quanto ha raccontato il suo deputato veneto, accettò senza nemmeno chiedergli dei sondaggi, che sapeva potevano essere ostili. Perché gli parve chiaro che quello che stava accadendo non era un attacco alla «vita da vivere» di cui parla Delpini, ma alla Vita che ci abita ma che sta al di fuori di noi, alla vita come dono sacro sceso sulla Terra. Si sarebbe messo contro il presidente Napolitano e un largo strato del suo stesso partito, la fazione liberale che poteva tranquillamente starsene con Pannella o col PD.
Quando all’epoca ne parlò, Berlusconi aggiunse qualcosa che sconvolse tutti – compresi i sedicenti cattolici, i sedicenti pro-vita, oramai privi totalmente degli strumenti per capire la portata di quelle parole. Eluana non poteva essere lasciata morire, perché Eluana poteva ancora essere madre. Si era detto, all’epoca, che nei 17 anni di coma, in cui era assistita dalle suore Misericordine, aveva continuato ad avere le mestruazioni.
Disse proprio così: «Eluana potrebbe generare un figlio».
Questa dichiarazione è stata ricordata, con orrore, anche in questi giorni dai vari commentatori liberali.
Come poteva il primo ministro dire una cosa così abominevole? Una donna in coma che può far figli? Un figlio, per l’utenza moderna, è qualcosa che deve essere programmato, voluto, preparato – insomma, letteralmente «planned parenthood» – da cui partono l’aborto e la prole prodotta in provetta. Un figlio, oggidì, è un desiderio, un fatto soggettivo – e mai una realtà biologica, un fatto oggettivo.
Con evidenza, non era il mondo di Berlusconi. Non era il modo in cui pensava alle donne, alla riproduzione, all’umanità, alla vita e alla morte: se una donna può biologicamente generare un figlio, allora è viva. E ciò e logico e vero.
Non crediate che tale bigotto pensiero non abbia basi scientifiche – e mistiche. Ogni singolo ovulo che una donna ha in sé è generato ancora prima che nasca. Ciò vuol dire che tutte le cellule uovo che saranno utilizzati per i figli già esistono quando ancora la madre è un feto, dentro la madre. Tutti noi siamo stati generati da ovuli che esistevano dentro a nostra nonna, quando aspettava nostra madre. Se vostra madre è del 1950, l’ovulo con cui siete stati plasmati era già apparso magari perfino nel 1949, a seconda del mese in cui la mamma è nata.
È la matrioska della vita umana, custodita dal mistero assoluta della femmina. Chi ammette la legge naturale, chi è in contatto sincero con il proprio cuore, comprende nel profondo, automaticamente, come questo miracolo vada difeso – e come il mondo moderno lo voglia distruggere: predazione degli ovuli (a fine commerciali, ma pure scientifici e «sociali» – magari col cancro come conseguenza), congelamento, bioingegneria, affitto di organi riproduttivi, distruzione della femminilità tramite il transessualismo (dove è in divenire il trapianto di utero da donna a uomo).
Una donna che può generare, grazie a questo diritto divino, è una donna viva. Berlusconi comprendeva questa realtà oggettiva, la realtà di base della Vita umana che si espande e si tramanda. E si schierava per difenderla.
Alcuni lettori ci hanno scritto: Renovatio 21 deve ricordare la storia di Berlusconi ed Eluana, perché la sua difesa vale tutta la sua presidenza (la più lunga della Storia d’Italia). È vero. La comprensione della sacralità della Vita vale più di qualsiasi altra cosa, vale più delle manovre economiche, più dei trattati tra la NATO e la Russia.
Certo, la difesa della Vita in Berlusconi non fu un fatto completo. Perché comprendere la Vita in questi termini significa lottare contro l’aborto e la fecondazione in vitro. Significa, in termini molto pratici, opporsi con ogni forza ai trapianti di organi a cuor battente: perché se una donna in coma è viva perché i suoi organi possono tecnicamente ancora generare figli, allora anche un uomo è vivo finché gli batte il cuore.
Ma diciamo pure che oggi ci accontentiamo. Anche perché, c’è a questo punto da chiedersi cosa Delpini abbia fatto per difendere la Vita.
Visto che si parla di eutanasia e dintorni, ci sovviene un caso preciso, quello di DJ Fabo, il ragazzo milanese tetraplegico che accompagnato da un politico andò in Svizzera per trovare la morte volontaria.
Il 10 marzo 2017 nella parrocchia di Sant’Ildefonso fu organizzato un evento chiamato sul sito dell’arcidiocesi «Una preghiera per DJ Fabo». La parrocchia, apprendiamo, «ha accolto il desiderio della madre di Fabo di pregare per suo figlio morto – sottolinea don Davide Milani, responsabile dall’Ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Milano. Quello di venerdì sera sarà un momento di preghiera, non un funerale. Il giudizio della Chiesa sull’eutanasia e sul fine vita non cambia».
Eccerto. Il giudizio non cambia, tutto il resto sì, e di conseguenza. I religiosi non devono mai aver sentito parlato di piano incrinato, slippery slope, rana bollita, Finestra di Overton, etc. Non devono aver mai pensato che la celebrazione può spingere in alcuni l’idea della liceità dell’atto – il motivo per cui ai giornalisti l’Ordine dice che dei suicidi devono parlare con estrema cautela… ma del resto, se ai suicidi la chiesa conciliare offre senza problema funerali pubblici… perché prendersela con chi sceglie l’eutanasia?
Delpini all’epoca era Vicario generale di Milano. Poche settimane dopo, Delpini sarebbe divenuto arcivescovo di Milano. Ci furono polemiche per la scelta della curia dell’evento di preghiera, tuttavia abbiamo cercato, ma non abbiamo trovato dichiarazioni in merito fatte da monsignore.
Tuttavia forse abbiamo rinvenuto in una vecchia intervista su La Stampa un indizio. «L’arcivescovo di Milano Angelo Scola è d’accordo con l’iniziativa di Don Antonio?» chiede al responsabile comunicazione della Diocesi don Davide Milani l’intervistatore – che altri non è che Andrea Tornielli, attuale direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede.
Risposta: «il parroco ha condiviso la sua decisione di celebrare questo momento di preghiera prima con il vicario generale e poi con il cardinale, che è d’accordo».
Lo vedete anche voi. C’è un abisso.
Non che ci sorprendiamo: siamo nell’epoca in cui alcuni discorsi di Putin – l’uomo che più di ogni altro avrebbe meritato di farsi una spremuta d’occhi in Duomo, ma a frapporsi a questa amicizia sono stati i veri padroni del mondo – al Club Valdai sono più rilevanti e corretti, spiritualmente, delle devastanti encicliche che scrivono per l’ultimo papa.
Del resto, Delpini è quel non-cardinale che, forse pensando genuinamente di essere simpatico, fece una serie di battute che vennero interpretate come un attacco diretto al papa. Berlusconi, pur in una volgarità che via via si faceva più parossistica, con battute e barzellette lo stracciava di sicuro. E non ne ripetiamo nemmeno mezza.
Delpini è tecnicamente erede del Santo Ambrogio, l’uomo che per vox populi fu acclamato vescovo dai milanesi, quando lui, magistrato di origine tedesca, neppure era battezzato. Ora, Berlusconi sicuramente non era un santo, tuttavia come testimoniano le immagini di Piazza Duomo, è stato acclamato dai milanesi, o per lo meno dai milanisti – ancora, la gratitudine… – e pure, incredibile dictu, da una vasta porzione di interisti, come ad esempio il sottoscritto.
Perché il suo amore per la Vita è lontano dalla macchietta equilibrista che ne ha dato l’arcivescovo nella sua oscena omelia.
Il suo amore per la Vita era concreto, oggettivo, materiale – e potente, debordante.
Quanto vorremmo dire lo stesso della gerarchia cattolica odierna.
Roberto Dal Bosco
Immagine screenshot da YouTube
Necrocultura
La generazione perduta nel suo egoismo
La notizia era circolata la scorsa estate. Il titolo diceva già tutto: americana di 77 anni vende tutto per imbarcarsi in una «crociera infinita».
La signora Sharon L., 77 anni, ha venduto tutti i suoi beni e ha acquistato un biglietto per la nave di lusso Villa Vie Odyssey per una «crociera infinita». Spera di trascorrere i prossimi dieci anni a bordo, godendosi un giro del mondo. Il costo del viaggio è stato di circa 129.000 dollari per una cabina di 15 anni, più spese mensili che vanno dai 2.000 ai 3.000 dollari, inclusi pasti, assistenza medica, pulizie e internet illimitato.
La signora con evidenza sta realizzando un sogno, che a molti può repellere: lustri in una baracca galleggiante, un alveare di sconosciuti gozzoviglianti, tra overdose di cibo e spettacolini che servono alla narcosi funzionale del casinò, un incubo vero, ma ci rendiamo conto che è una prospettiva generazionale, la ripulsione quindi è tutta nostra. La signora, invece, sta coronando finalmente una prospettiva di vita ideale.
Non è tuttavia riguardo ai gusti nautici che vogliamo soffermarci: ci sono tante altre questioni che questa insignificante storia, a nostro avviso, nasconde.
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La signora, ci chiediamo, ha famiglia? I figli, i nipoti, i fratelli e le sorelle, i cugini e le cugine… come faranno a vederla? Come tipico, una volta, dell’esistenza per mare, la cesura con le proprie radici diviene netta, inevitabile. Ma lei, con probabilità, sta praticando un calcolo utilitaristico: c’è più piacere in un’esistenza a bordo piscina, con i camerieri in livrea, o nella via in casa con pranzi familiari e cene le domeniche e le feste comandate? La risposta pare se la sia data.
Ma andiamo ancora più sotto, nel greto materialismo sociale: i soldi ottenuti dalla vendità di beni e proprietà per la sua crociera verso la morte (questo, alla fin fine, pare che il progetto sia) sono percepiti – come vuole la legge, certo – come una sua disponibilità assoluta, individuale. Può farne ciò che vuole: così dice lo Stato, così vuole anche il senso comune moderno.
Qui si innesta un discorso spinoso: e se la signora ha dei figli, dei nipoti? Magari sono sistemati stupendamente, guadagnano cifre da capogiro, hanno già casa di proprietà, magari più di una, come riusciva alla generazione precedente. E poi, le mogli a casa: un altro trick che oggi sembra nemmeno solo numericamente impensabile, ma moralmente blasfemo.
Oppure, i figli dell’anziana boomerra come è più probabile nell’ora presente, sono parte di una società che li sottopaga, che li stritola con le tasse e i costi della vita impazziti (inflazioni, carestie artificiali come il COVID e la guerra in Ucraina, bollette pazze) che non consente loro il benessere, il risparmio, l’agio personale e famigliare che è stato invece magnificamente garantito alla generazione nata tra il 1946 e il 1964, i cosiddetti boomer.
I boomer hanno avuto tutto, e in cambio hanno lasciato meno di niente: hanno consegnato alla generazione successiva, e a quella dopo della loro, un mondo devastato, quasi irrecuperabile – e per questo capolavoro collettivo, ora sono anche pagati, con le pensioni d’oro che gli arrivano grazie al lavoro dei loro figli, che la pensione invece (tutti lo sappiamo) non la vedranno mai.
I boomer – il nome stesso lo vuole sottolineare – hanno goduto di un’era di espansione economica senza precedenti nella Storia. Impossibile, per loro, evitare il benessere, decenni di benessere, dove per stare male bisognava impegnarsi. Non parliamo solo degli imprenditori, dei bottegai, di tutti quelli che in più di mezzo secolo hanno preso e forse messo via danaro a palate: nell’era dei boomer anche la classe lavoratrice riusciva a comprarsi la casa, a volte persino due. L’operaio si comperava l’auto, magari pure senza leasing e maxirata usuraia finale, e poi andava pure a sciare – tutte cose che ho fatto in tempo di vedere con questi miei occhi.
Tale cuccagna, ora lo possiamo dire, ha avuto effetti distruttori sulla società umana. Il consumismo ha eroso lo spazio del sacro, come sa chiunque sia mai andato ad un grande concerto (modello Woodstock: alla fin fine, nient’altro che un ritrovo massivo di consumatori di dischi) o chi noti il culto che esiste attorno a certi marchi (Apple, per esempio, con gli adesivi della mela dietro a tante utilitarie e non solo). E senza il sacro, e senza il santo, cosa può diventera la realtà se non il contenitore del Male?
La generazione boomer, che ora rivendica di doversi godersi al massimo gli anni della pensione «perché abbiamo lavorato» (con lauti risparmi custoditi gollumescamente in banche che a volte poi li fregano), ha prodotto il mondo in rovina che abbiamo qui dinanzi a noi. È una generazione a cui è stata fatta trovare la pappa pronta – per questo, forse non è mai davvero cresciuta, con il fenomeno incontrovertibile dei vecchi che, tra capricci ed egomanie disperanti, si comportano come bambini.
E quindi eccoteli con la macchina nuova di zecca, usata per fare qualche migliaio di chilometri l’anno, eccoteli a Sharm-el Sheik, in Nepal, a Lanzarote, nella casa in montagna, eccoteli che bisbocciano ai tornei di burraco, eccoteli che intasano le stazioni termali – mentre chi è venuto dopo di loro lavora e fatica a sopravvivere, tra salassi energetici e fiscali, e una congiuntura economica che, lo sappiamo, è in realtà un aperto programma di sterminio della classe media e dell’umanità in generale.
I boomer hanno vissuto decenni e decenni di crescita economica, senza praticamente mai avere dovuto affrontare un vero conflitto – con l’eccezione di qualche boomer americano che è andato in Vietnam, per poi tornare e trasformare la questione in una lagna dalla quale non è possibile imparare nulla, e infatti eccoti l’Iraq e l’Afghanistan inflitti alla generazione successiva. In realtà è peggio di così: boomer italiani non hanno avuto il Vietnam, per cui si sono dovuti inventare una guerra loro, gli anni di piombo, definiti giustamente da alcuni come una «guerra civile a bassa intensità».
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La lista dei danni cosmici prodotti dai boomer non è breve.
I boomer hanno subito adottato, con gran voluttà, la rivoluzione sessuale – anzi, ci hanno sguazzato dentro, oscenamente. «L’amore libero» che hanno cantato e praticato da ragazzi ci ha dato divorzi di massa, omosessualità (cose che sono, come sappiamo, correlate), epidemie globali di malattie veneree (correlazione, sempre), pornografia e adulterio e disperazione, via via ramificando in milioni vite spezzate, e milioni di bambini con la psiche segnata, pronti a ripetere ciclicamente i cortocircuiti una volta divenuti genitori.
I boomer hanno fatto l’occhiolino alla droga libera, che si è trasformata in qualcosa di ancora peggiore: la droga farmaceutica, la droga psichiatrica, e degli otto milioni di italiani sotto psicofarmaci – e quindi, riteniamo, a rischio di violenza contro di sé e contro i famigliari e il prossimo – siano della generazione narcisa e perduta.
I boomer hanno accettato, senza batter ciglio, Israele e le sue guerre: solo ora, con Gaza (ma Sabra e Shatila, qualcuno ricorda? Cosa dissero all’epoca?), l’ultimo dei massacri, la gente si sta svegliando, ma sono le nuove generazioni: è questo il pensiero che sta facendo il potere ebraico, comprando ora TikTok e testate Millenial, perché sa che una volta estintisi i boomer, indottrinati e indottrinabili bovinamente con la TV, il sostegno dell’opinione pubblica per lo Stato Giudaico sarà finito.
I boomer hanno permesso il dominio della NATO sull’Europa, con il risultato che nell’ora in cui l’Alleanza Atlantica, quella sì, dovrebbe essere andata in pensione, essa ci porta una crisi economica infinita (senza gas russo, crediamo che vivere costerà meno?) e il rischio pantoclastico di apocalisse nucleare mai tanto vicino alle nostre esistenze.
I boomer hanno permesso, in scioltezza, che i loro Paesi fossero invasi da milioni di forestieri con intenzioni platealmente criminali, e non hanno alzato un dito contro questo abominio. Anzi: privati della morale cristiana, eccoteli a fare i caritatevoli verso le orde di invasori, con la pietà pelosa verso i distruggitori della civiltà come unico motto spirituale rimasto, quello che poi giustifica la continua delizia della vita comoda ed abbondante.
I boomer hanno approvato, felici felici, il figlicidio: anzi hanno votato in massa per legalizzarlo. L’idea, vediamo oggi, rientra perfettamente nel disegno: tanti si stanno «godendo la pensione» perché anni fa hanno ucciso i loro figli prima ancora che nascessero. Sacrifici umani per andare al mare, che sia in vacanza o in pensione – la menta egoriferita di questa generazione è arrivata a questo abisso indicibile, e certo ha contagiato anche la successiva. Di qui la degradazione morale che ha intaccato i più giovani, giù sino al nichilismo assassino che riempie le cronache nere al di fuori degli ambulatori frulla-feti.
I boomer hanno accolto, in grande serenità, il Concilio Vaticano II. E ci crediamo: azzerare il cristianesimo significa togliere ogni responsabilità personale, rendere il paese della Cuccagna pinocchiesca, della goduria e del consumo ad infinitum una condizione legittima, lo stato di default della società in cui credono di vivere. Il risultato è che molti non sanno nemmeno di cosa sto parlando, e di quale immane conseguenza il Concilio ha avuto sull’umanità, di fatto alterando profondamente il codice del suo sistema operativo, liberando il diavolo e l’inferno dicendo che essi non esistono.
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Desacralizzando il mondo, essi hanno desacralizzato la loro stessa vita: ed eccoci alla fine vera della crociera, che diventa anche quella programmabile con l’aiuto dello Stato moderno – ecco l’eutanasia, il suicidio assistito, il MAiD canadese che uccide ormai una persona ogni 25 e oltre. È l’egoismo arrivato al suo apice satanico: sono padrone di qualsiasi cosa, compresa soprattutto la mia vita, che è stata bene spremuta, e quindi, invece di soffrire, mi faccio uccidere, beninteso sempre comodamente e col danaro del contribuente, come con i lustri di ferie pensionistiche.
Il boomer consuma e crepa, e tutto alle spalle dei figli e dei nipoti, che non hanno avuto nemmeno una fetta della fortuna della generazione egotista, e che sembrano non in cima ai pensieri: se la vita è godimento, perché pensare alla discendenza? Perché pensare al futuro, al tempo in cui non ci saremo più? Perché pensare a tramandare – saggezza, stabilità, vita – a chi viene dopo di noi, magari pure con il nostro stesso sangue?
Qui torna la questione del feticidio. L’aborto altro non è che un abuso assassino del più forte verso il più debole, l’indifeso – allo stesso modo, i boomer vivono con prepotenza a discapito di quanti, con meno fortuna, sono costretti a vivere il tempo di incertezza e povertà creato dai boomer stessi: un atto soverchiante, una sorta di «diritto del più forte» della jungla della democrazia terminale, dove vige la primazia totale del più privilegiato, perché boomer o immigrato che sia, due categorie che si danno come immagini chirali della distruzione anarco-tirannica in caricamento.
Lo sappiamo, non tutti sono così. Anzi, diremo di più: chi legge questo sito, con buona probabilità non è un boomer, anche se ci avesse l’età. Perché se siete qui è perché sapete che importante non è la crociera INPS, ma la continuazione dell’essere, del vostro essere, cioè la vostra famiglia, e se non ce l’avete, dell’umanità che sta attorno.
Perché quella boomer, e crediamo sia lampante, è la generazione della Necrocultura; i loro piaceri sono un rischio per l’umanità intera, e non scherziamo – è evidente quanto essi siano connessi al piano di morte che ci è stato preparato.
Ci era stato detto che la generazione successiva ai boomer era la prima a essere più povera della precedente. Il problema è che anche i boomer lo sanno, perché vedono i propri agi, e gli sforzi immani di coloro ai quali è toccato questo tempo – tuttavia, non gliene frega niente. I boomer sono la prima generazione che sa perfettamente che quelle dopo staranno peggio, e va bene così.
Sta scritto: «siate irreprensibili e schietti figli di Dio, senza biasimo in mezzo a una generazione prava e perversa, fra cui voi risplendete come luminari nel mondo» (Fil 2, 15).
Cerchiamo di resistere, sì: anche se sappiamo che la nave della società umana è compromessa, è stata guastata dai parassiti perversi, da una generazione di merda che riuscirà a far danni anche da estinta.
Roberto Dal Bosco
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Immagine di Flowering Dagwood via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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Renovatio 21 pubblica questo scritto dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Le opinioni degli scritti pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

Ex fructibus igitur eorum cognoscetis eos.
Mt 7, 20
Premessa
La crisi nella Chiesa è di natura teologica, non canonica. Non solo: questa non è una crisi tra le tante, ma la crisi dell’Autorità, perché è appunto l’Autorità ad essere oggetto di un sovvertimento che fino a sessant’anni fa non era nemmeno immaginabile in seno alla Chiesa Cattolica. Se infatti l’Autorità, quando è esercitata per il bene, è certamente lo strumento più idoneo ad assicurare il buon governo dell’istituzione che presiede, così essa si può mutare in uno strumento altrettanto efficace per distruggerla, nel momento in cui chi la ricopre rescinde il proprio vincolo di obbedienza verso Dio, che dell’Autorità è supremo garante (1).
Questo hanno fatto i Giacobini nel 1789, questo hanno ripetuto i fautori della rivoluzione conciliare nel 1965: appropriarsi illegittimamente dell’Autorità per costringere i sudditi ad accettare di obbedire a ordini iniqui, finalizzati ad un piano eversivo. E tanto i Giacobini quanto i Modernisti si sono avvalsi non solo della collaborazione attiva dei propri complici e dell’inazione dei codardi, ma anche del consenso di coloro che obbedivano in buona fede e da una massa progressivamente indotta ad accettare in nome dell’obbedienza qualsiasi cambiamento (2).
L’idealizzazione dell’autorità
Nelle scorse settimane «conservatori» come Riccardo Cascioli, Luisella Scrosati, Daniele Trabucco e Giovanni Zanone hanno sostenuto che laici e chierici, dinanzi alla crisi della Gerarchia cattolica, non dovrebbero adottare forme di resistenza nei confronti di cattivi Superiori; né dovrebbero mettere in discussione la loro Autorità, dal momento che essa promana direttamente da Nostro Signore.
Costoro affermano che l’indegnità di un vescovo o del papa non inficia la legittimità della loro autorità, ma questo può essere vero nel caso di un’indegnità personale che non coinvolge l’esercizio dell’autorità stessa. L’autorità, tuttavia non può essere esercitata legittimamente al di fuori dei confini che le sono dati né tantomeno contro i propri fini o contro la volontà del divino Legislatore. Un vescovo che coopera consapevolmente ad uno scopo iniquo con atti di governo, inficia la legittimità di quegli atti e la sua stessa autorità, proprio perché sono posti in fraudem legis.(3)
La visione idealista e sconnessa dalla realtà degli Autori citati, secondo la quale l’Autorità non perderebbe la propria legittimità nemmeno quando i suoi ordini sono volti al male, rende evidente il cortocircuito logico tra la realtà di papi e vescovi eretici – formali o materiali, poco importa: è comunque una cosa inaudita – e la teoria di un’Autorità immune dall’eresia e dalle cattive intenzioni di chi ricopre quell’Autorità.
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Una crisi sistemica
Chi si ostina a giudicare i singoli fatti prescindendo dall’evidente coerenza che li lega tra loro e dal quadro complessivo che se ne evince, falsifica la realtà dandone una rappresentazione ingannevole. Questa è una crisi che dura da sessant’anni, sempre nella medesima direzione, sempre con la connivenza dell’Autorità, sempre contraddicendo gli stessi articoli di Fede e sostenendo i medesimi errori già condannati.
I responsabili di questa crisi sono tutti accomunati dalla volontà eversiva di appropriarsi e mantenere il potere per raggiungere gli scopi che si prefiggono. E a riprova che deep state e deep church agiscono di concerto, basti vedere come gli artefici di questa sovversione in campo ecclesiastico agiscono specularmente ai loro omologhi nella sfera civile, giungendo a mutuarne il lessico e le tecniche di manipolazione di massa. L’evidenza dei risultati disastrosi ottenuti dai papi e dai vescovi conciliari non li ha indotti a tornare sui propri passi e a riparare al danno compiuto, ma al contrario li vediamo proseguire ostinatamente sulla medesima linea, confermando dolo e premeditazione, ossia la mens rea. (4)
Ci troviamo in una situazione di gravissimo conflitto istituzionale, dal quale emerge che la maggior parte dei vescovi costituiti in Autorità – senza alcuna ombra di dubbio – agisce con l’intenzione determinata e volontaria di commettere atti illeciti contro il bene della Chiesa e delle anime, nella consapevolezza delle loro conseguenze.
Se in costoro non vi fosse intenzione di compiere il male – se, cioè, essi fossero in buona fede – non si ostinerebbero a ripetere i medesimi errori, nel perseguimento dei medesimi risultati. Né cercherebbero con ogni mezzo di indurre fedeli e sacerdoti a rinnegare ciò che la Santa Chiesa ha insegnato per secoli, facendo loro abbracciare quanto essa condannava e puniva con le pene più severe.
L’accettazione della frode
Abbiamo dunque una Gerarchia composta da vescovi e papi traditori che pretende dai propri fedeli non solo il silenzio inerte dinanzi ai peggiori scandali dei suoi membri, ma anche l’entusiastica accettazione e condivisione di questo tradimento, secondo quel principio esoterico che il satanista Aleister Crowley aveva così riassunto agli inizi del Novecento: «Il male deve nascondersi alla luce del sole, poiché le regole dell’universo impongono che chi viene ingannato acconsenta al proprio inganno».
Questo è il modus operandi del demonio e dei suoi servi, che troviamo confermato dalla narrazione delle tentazioni cui Satana sottopone Nostro Signore nel deserto: «Tutto questo io ti darò – dice il Maligno a Cristo – se prostrato mi adorerai» (Mt 4, 9). Nel pretendere di essere adorato come Dio, Satana chiede anzitutto l’accettazione della frode, ossia della premessa – Tutto questo io ti darò – che è assolutamente falsa, in quanto Satana non può cedere ciò che non gli appartiene. Se per assurdo Nostro Signore si fosse prostrato a Satana adorandolo, Egli non avrebbe avuto da lui nemmeno un granello di polvere del deserto e questo baratto si sarebbe rivelato una frode.
er questo il Signore gli risponde «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto» (ibid., 10). Con queste parole Nostro Signore svela l’identità del tentatore e i suoi inganni. Anche nell’Eden, tentando Eva, il Serpente aveva prospettato ai Progenitori di diventare sicut dii (Gen 3, 5).
Essi sapevano benissimo che Satana non sarebbe stato in grado di renderli come dèi e che avrebbero dovuto rispondere a Dio della loro orgogliosa disobbedienza, ma nonostante questo hanno consentito alla menzogna del Maligno come se fosse vera, rendendosi responsabili del sovvertimento di Bene e Male e agendo come se Dio non fosse onnipotente e in grado di punirli. È questa, in definitiva, la ὕβρις, la superbia che spinge l’uomo a sfidare Dio scegliendo di compiere il peccato, che ha come conseguenza la νέμεσις, ossia la punizione inevitabile che colpisce chi ha violato l’ordine divino oltrepassando i limiti imposti da Dio.
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La «Rivelazione del Metodo»
Lo storico ed esperto di ingegneria sociale Michael A. Hoffman ha affrontato il medesimo tema da una prospettiva differente, identificando un’élite nascosta che usa tecniche di manipolazione per controllare le masse. Essa non vuole solo conquistare il potere, ma intende condurre una guerra psicologica che trasforma la realtà in un rituale magico, alchemico (e in questo coincide con le parole di Crowley).
Questa élite non nasconde più tutto, ma rivela deliberatamente parti del suo piano (da qui la Rivelazione del Metodo), come atto di umiliazione dei sudditi e di affermazione della propria supremazia. Gli studi di psicologia sociale confermano che questo gioco crudele per soggiogare e dominare le vittime serve a provocare la dissonanza cognitiva, ossia quello stato di disagio psicologico che si verifica quando ci troviamo dinanzi a due affermazioni o fatti in conflitto tra loro, come ad esempio è avvenuto quando le autorità sanitarie sostenevano, mentendo, che il siero genico sperimentale fosse «sicuro ed efficace» ma allo stesso tempo chiedevano lo scudo penale per i medici inoculatori; o quando abbiamo sentito affermare da Jorge Bergoglio che «Dio non è cattolico».
Questa dissonanza cognitiva, questa percezione di una contradictio in terminis è voluta, perché ci demoralizza (siamo consapevoli della nostra impotenza), perché ci induce ad un consenso implicito (un consenso passivo, come dire: «Ti mostro cosa faccio, e tu non fai nulla, quindi acconsenti») e infine perché ci porta all’accettazione di un potere dispotico (anche se esso sbeffeggia le masse, rafforzando su di noi il proprio controllo psicologico).(5)
La «dissonanza cognitiva» e il «gaslighting» dei conservatori
Non ci deve dunque stupire se queste tecniche di manipolazione di massa sono usate anche nella sfera ecclesiastica, allo scopo di provocare la stessa dissonanza cognitiva nei fedeli, la stessa demoralizzazione, lo stesso consenso estorto, la medesima accettazione dell’autorità che ostenta la contraddizione ma pretende obbedienza. Pensiamo al paradosso di Leone che dichiara la libertà religiosa un diritto umano sulla base del Vaticano II e allo stesso tempo canonizza il Beato Bartolo Longo, che nei suoi scritti condanna l’indifferentismo religioso e il concetto di libertà religiosa (6); o che presiede incontri ecumenici con gli islamici, ma canonizza il Beato Ignazio Choukrallah Maloyan, vescovo armeno martirizzato dai maomettani per essersi rifiutato di apostatare la vera Fede.
Non ci deve stupire nemmeno che la Nuova Bussola si comporti esattamente come previsto in questi casi dai manuali di psicologia sociale, negando ostinatamente la contraddizione ancorché evidente, in un’operazione di vero e proprio gaslighting (7): «Ciò che hai visto non è mai successo».
Anche il ricorso a video o immagini generate dall’AI diventa strumento di destabilizzazione, perché queste contribuiscono a erodere la base sensibile della conoscenza della realtà, rendendo impossibile distinguere il vero dal falso e di fatto cancellando la nozione stessa di «reale» mediante la sua sostituzione con il «verosimile».
L’apparenza prende così il posto della sostanza, solo perché essendo veicolata dall’immagine che appare sul cellulare o sul computer noi non sappiamo se ciò che ci sembra vero lo è davvero o lo sembra soltanto. Come non vedere in questo nuovo fenomeno un attacco con cui Satana sfida con i suoi artifici teatrali e con i suoi effetti speciali la verità di Dio che è simplex, senza pieghe?
Questi sono test di massa per mettere alla prova la devozione alla religione sinodale, esattamente come in ambito civile avviene con la religiones anitaria o la religione green. E non è diverso chiedere al fedele di accettare la messa protestantizzata di Paolo VI se vuole avere il permesso di assistere alla Messa tridentina, che del Novus Ordo è l’antitesi.
Anche la «scomunica» che Jorge Bergoglio mi ha inflitto palesa una enorme contraddizione: da un lato io sono stato dichiarato scismatico per aver denunciato gli stessi errori che tutti i Papi fino a Pio XII incluso hanno condannato; dall’altro i veri eretici e scismatici sono ammessi alla communicatio in sacris con chi mi condanna, senza alcuna conseguenza canonica. Il messaggio è chiaro: «Possiamo mostrarti la contraddizione tra le nostre parole e le nostre azioni, e tu non farai nulla. Accetterai sia la menzogna che la prova di essa».
Ogni assurdità accettata indebolisce la capacità di discernimento dei fedeli e del Clero, per poter responsabilmente obbedire ai propri Pastori. Se la nostra Fede non è forte e convinta, questo ci porta ad una forma di apatia verso ogni nuova provocazione. È una forma di umiliazione rituale che funziona non più attraverso la segretezza, ma attraverso una sfacciata ostentazione, specialmente quando l’obbedienza all’Autorità che imparte ordini abusivi e addirittura criminali è richiesta come un sacrificio della propria razionalità, come un’immolazione della volontà mediante un concetto pervertito di autorità e di obbedienza.
Se l’Autorità della Gerarchia, fino ai suoi massimi vertici, si rende responsabile di questa manipolazione psicologica dei fedeli finalizzata a perpetuare il proprio potere per demolire la Chiesa, a chi dovrebbero rivolgersi, sacerdoti e laici, per veder condannati i colpevoli di tanto tradimento? A quegli stessi eretici manipolatori, incistati a Roma e in tutti gli organi e le istituzioni della Chiesa Cattolica?
Non stupisce che troppe vocazioni sacerdotali si perdano e che molti fedeli si rassegnino o abbandonino la pratica religiosa. È il risultato voluto e pianificato di questo crudele stillicidio.
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Il «colpo da maestro» di Satana
Il demonio vuole ottenere la nostra adesione al male non per inganno, ma portandoci ad accettare la menzogna con la quale egli definisce bene il male, e ad accettare la finzione mediante la quale ci presenta il bene come un male. Il colpo da maestro di Satana consiste in questo: nell’ottenere da noi un assenso irrazionale, pur dinanzi all’evidenza della frode e del sovvertimento che riconosciamo per tali ma che, in un atto di folle annientamento suicida, accettiamo come se fossero verità divinamente rivelate. Per il Cattolico la Fede non è mai irrazionale: rationabile sit obsequium vestrum, dice San Paolo (Rom 12, 1), perché Dio è autore della Fede e della ragione, e non vi può essere contraddizione nella Verità.
Satana, al contrario, essendo menzognero e padre della menzogna (Gv 8, 44) non può non dissimulare i propri inganni con la frode, per i quali pretende da noi non un’adesione razionale, ma un consenso superstizioso, un atto di fede al contrario, nel quale l’assenso dell’intelletto a errori e eresie evidenti è motivato non dall’autorità di un Dio verace, ma dall’usurpazione di quell’autorità da parte di una creatura ribelle, bugiarda e che sappiamo che ci vuole ingannare e perdere.
Satana vuole che abdichiamo alla ragione e allo stesso sensus fidei, trasformando l’atto di fede in una folle apostasia.
L’assolutizzazione dell’obbedienza
Assolutizzare l’obbedienza, scardinandola dalla necessaria coerenza che essa presuppone tra tutti i soggetti del corpo gerarchico in cui essa viene esercitata,[8] significa consegnare nelle mani dell’autorità vicaria della Gerarchia un potere che il supremo Legislatore non le ha mai concesso, ossia la facoltà di poter legittimamente legiferare contro la volontà del Legislatore stesso e in danno dei fedeli.
Qui non stiamo parlando di ordini incidentalmente sbagliati, o di singoli vescovi che abusano della propria autorità in un contesto ecclesiale in cui la Virtù è incoraggiata e il peccato condannato e punito. Qui stiamo parlando di un intero sistema gerarchico che è riuscito – nella Chiesa Cattolica come nella cosa pubblica – ad impossessarsi del potere, ottenendo riconoscimento e obbedienza dai sottoposti mediante l’uso di mezzi coercitivi.
Non solo: l’assolutizzazione dell’obbedienza nei riguardi dell’autorità finisce anche con l’essere deresponsabilizzante: un comodo alibi offerto ai tanti, troppi don Abbondio in veste filettata o in clergyman, ben attenti a non dispiacere ad alcuno, ad «evitare polarizzazioni» – secondo l’auspicio di Leone – a beneficiare dei favori del potente che si conosce come iniquo ma a cui si presta ossequio per viltà o interesse.
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Conclusione
La Sacra Scrittura, i Padri, i mistici e la stessa Vergine Maria a Fatima ci hanno messi in guardia su un’apostasia che la Chiesa dovrà affrontare negli ultimi tempi. Come possiamo pensare che questa apostasia si concretizzi, se non attraverso falsi pastori al posto di buoni pastori, e di pseudocristi e falsi profeti al posto di Cristo e dei Profeti? Come potrebbero gli eletti essere tratti in inganno dagli eretici e dagli scismatici (Mt 24, 24), se non nel momento in cui questi ricoprono ruoli d’autorità nella Chiesa? Ma la Chiesa è indefettibile, ripetono alcuni con petulanza.
E lo è davvero: nonostante la stragrande maggioranza dei suoi vescovi infierisca su di essa e agisca di concerto con nemici di Cristo. La Chiesa Cattolica è indefettibile nel senso che essa non può mai venir meno nella sua missione di custodire e trasmettere la Verità rivelata da Dio, né può cadere in errore definitivo nella sua Fede e nella sua Morale. E questo di fatto non accade nemmeno quando una Gerarchia eretica e corrotta cerca di oscurare o di sfigurare il sacro Deposito della Fede. Non dimentichiamo che la Chiesa non è solo quella militante su questa terra (hic) e oggi (nunc), ma è anche quella penitente in Purgatorio e trionfante in Paradiso.
La sua compagine celeste è garanzia di quell’indefettibilità che il suo divino Fondatore le ha promesso e che lo Spirito Santo le assicura. E se la chiesa conciliare-sinodale che oggi si presenta come militante contraddice quella di ieri, spezzando la continuità e l’unità nella Professione dell’unica Fede che la rende una e apostolica anche nel fluire del tempo e non solo nella sua diffusione nello spazio, essa non è più la stessa Chiesa.
Per questo il Signore non manca di suscitare una vox clamantis in deserto che rompa il muro di silenzio e di complicità dei congiurati: mi riferisco ai “dottori degli ultimi tempi” cui accenna Augustin Lémann (9) nel suo saggio L’Anticristo. Sono i nuovi Sant’Atanasio imprigionati, esiliati, perseguitati ma infine risarciti dalla Giustizia divina con la proclamazione della loro santità. Ecco come il grande Vescovo di Alessandria e Dottore della Chiesa si rivolge ai fedeli durante la grande eresia ariana (10):
Che Dio vi consoli! (…) Quello che rattrista (…) è il fatto che gli altri hanno occupato le chiese con violenza, mentre in questo periodo voi vi trovate fuori. È un dato di fatto che hanno la sede, ma voi avete la Fede apostolica. Possono occupare le nostre chiese, ma sono al di fuori della vera Fede. Voi rimanete al di fuori dei luoghi di culto, ma la Fede abita in voi. Vediamo: che cosa è più importante, il luogo o la Fede? La vera Fede, ovviamente. Chi ha perso e chi ha vinto in questa lotta – quella che mantiene la sede o chi osserva la Fede? È vero, gli edifici sono buoni, quando vi è predicata la Fede apostolica; essi sono santi, se tutto vi si svolge in modo santo… Voi siete quelli che sono felici, voi che rimanete dentro la Chiesa per la vostra Fede, che mantenete salda nei fondamenti come sono giunti fino a voi dalla Tradizione apostolica, e se qualche esecrabile gelosamente cerca di scuoterla in varie occasioni, non ha successo. Essi sono quelli che si sono staccati da essa nella crisi attuale. Nessuno, mai, prevarrà contro la vostra Fede, amati fratelli, e noi crediamo che Dio ci farà restituire un giorno le nostre chiese. Quanto più i violenti cercano di occupare i luoghi di culto, tanto più essi si separano dalla Chiesa. Essi sostengono che rappresentano la Chiesa, ma in realtà sono quelli che ne sono a loro volta espulsi e vanno fuori strada. Anche se i Cattolici fedeli alla Tradizione sono ridotti a una manciata, sono loro che sono la vera Chiesa di Gesù Cristo.
L’accusa ricorrente che tanto i Conservatori e i Sinodali rivolgono a chi rimane saldo nella Fede e denuncia i loro errori è di volersi creare una propria chiesa, separandosi con lo scisma dalla Chiesa Cattolica, visibile e gerarchica, di cui essi si sono però impossessati con un vero e proprio golpe e nella quale pretendono di esercitare una legittima Autorità per gli scopi opposti a quelli che Nostro Signore le ha affidato.
Ma non sono stati forse costoro, con i loro errori condannati da tutti i Papi preconciliari, a crearsi una chiesa parallela che contraddice il Magistero immutabile e sovverte il Papato? Come può un’autorità ribelle a Cristo Capo del Corpo Mistico pretendere di esercitare l’Autorità di Cristo per contraddire la Sua Parola?
Come può chi si è separato dalla comunione ecclesiale con la vera Chiesa Cattolica Apostolica Romana accusare di scisma chi le rimane fedele?
+ Carlo Maria Viganò
Arcivescovo
24 Ottobre MMXXV
S.cti Raphaëlis Archangeli
NOTE
1) Il termine auctoritas deriva da auctor, nell’accezione di autore e garante riferita a Dio.
2) San Pio X ricordava che il successo dei malvagi è possibile anzitutto grazie all’ignavia dei buoni.
3) L’espressione in fraudem legis si riferisce a un comportamento o un atto giuridico compiuto con l’intenzione di eludere una norma, aggirandone lo scopo o l’applicazione, pur rispettandone formalmente la lettera. In altre parole, si tratta di un’azione che, pur apparendo conforme alla legge, viene posta in essere per ottenere un risultato che la legge stessa intende vietare o limitare. Le caratteristiche di questo comportamento sono la conformità formale, l’intenzione elusiva e l’effetto contrario alla mens del legislatore.
4 – La mens rea designa la componente psicologica del reato, ossia l’intenzione o la consapevolezza di violare la legge.
5) Scrive Hoffman: «Il principio alchemico della Rivelazione del Metodo ha come componente principale una beffarda derisione delle vittime, simile a quella di un clown, come dimostrazione di potere e macabra arroganza. Quando viene eseguito in modo velato, accompagnato da certi segni occulti e parole simboliche, e non suscita alcuna risposta significativa di opposizione o resistenza da parte dei bersagli, è una delle tecniche più efficaci di guerra psicologica e violenza mentale». Cfr. Michael A. Hoffman II, Secret Societies and Psychological Warfare, 2001.
6) Scriveva Bartolo Longo: Innanzi a Dio l’uomo non ha vera libertà di coscienza, libertà di culto e libertà di pensiero, come oggi s’intende, cioè facoltà di scegliersi una religione ed un culto come gli talenta; ma solo la libertà dei figliuoli di Dio, come dice S. Paolo, cioè di lasciare l’errore e le seduzioni del secolo per correre liberamente al Cielo. L’affermare, perciò, che l’uomo ha il diritto innanzi a Dio di pensare e di credere in religione come gli piace, è un errore. Cfr. Bartolo Longo, San Domenico e l’Inquisizione al Tribunale della Ragione e della Storia, Valle di Pompei, Scuola tipografica editrice Bartolo Longo, 1888.
7) Il gaslighting è una forma di manipolazione psicologica in cui una persona (o un gruppo) fa dubitare un’altra della propria percezione della realtà, della memoria o della sanità mentale, con l’obiettivo di controllare, indebolire o destabilizzare la vittima.
8) Non vi può infatti essere vera obbedienza se chi è costituito in autorità nella Gerarchia esige di essere obbedito ma allo stesso tempo disobbedisce a Dio, che è il garante e la fonte stessa dell’Autorità. Né vi può essere legittima autorità se chi la esercita in nome di Dio non si sottomette a propria volta alla Sua suprema Autorità.
9) Augustin Lémann, L’Anticristo, Marietti, 1919, pag. 53. «Il secondo campione della verità cristiana contro l’Anticristo sarà una falange di dottori suscitata da Dio in quei tempi di prova. […] Questa falange di dottori riceverà, per la difesa e consolazione dei buoni, una maggiore intelligenza delle nostre sante Scritture». Cfr. https://www.rassegnastampa-totustuus.it/cattolica/wp-content/uploads/2014/07/LANTICRISTO-A-Lemann.pdf
Il Canonico Augustin Lémann, ebreo francese, si convertì al Cattolicesimo insieme al fratello Joseph. Divenuti amici di Pio IX, furono entrambi consultori del Concilio Vaticano I.
10) Sant’Atanasio, Epistolæ festales, Lettera XXIX, in: Coll. Selecta SS. Eccl. Patrum, a cura di Caillaud e Guillon, vol. 32, pagg. 411-412.
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