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Bannon: «il presidente Trump deve revocare» la medaglia presidenziale conferita a Soros. Poi attacca Musk

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L’ex consigliere di Trump Steve Bannon ha dichiarato che il presidente Donald Trump, non appena entrerà in carica questo mese, dovrebbe revocare la medaglia presidenziale della libertà che Joe Biden ha conferito a George Soros, a causa dei tentativi di Soros di «distruggere» gli Stati Uniti.

 

Sabato scorso il Bannon ha raccomandato al presidente Trump di firmare un ordine esecutivo per revocare la medaglia presidenziale della libertà di Soros come «una delle primissime azioni» del suo secondo mandato, «come simbolo» a nome del Paese. La medaglia è stata ritirata dal figlio Alex, erede designato dell’impero filantrocapitalista sorosiano.

 

L’ex stratega della campagna Trump 2016 ha denunciato l’assegnazione a Soros della «massima onorificenza civile che si possa conferire» come una presa in giro degli Stati Uniti, poiché il miliardario «odia» il paese, alla cui distruzione ha «dedicato la sua vita».

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La Casa Bianca ha annunciato sabato che avrebbe conferito la prestigiosa medaglia a Soros e ad altre 18 persone prima che Biden lasciasse l’incarico, suscitando indignazione nei confronti di alcuni dei destinatari, tra cui Soros e Hillary Clinton

 

Bannon ha suggerito che Trump invii una squadra a Soros per prendere la medaglia presidenziale della libertà e «poi fonderla … in pezzi» per darla alle famiglie dei 13 «coraggiosi eroi» morti nell’attentato di Abbey Gate all’aeroporto di Kabul dopo che Biden aveva avviato un sconsiderato ritiro delle truppe dall’Afghanistan.

 

«Non si tratta di Trump. Non si tratta di me… Si tratta di questa repubblica», ha detto Bannon. «È una vergogna. Per ogni tomba di patriota dalla Rivoluzione fino ai tempi moderni».

 

«Se lo accetti e lo segui, lo stai approvando», ha continuato. «Non si fermerà finché non lo costringerai a fermarsi».

 

 

Elon Musk, che aveva scherzato sulla cerimonia della medaglia paragonando il magiaro all’imperatore Palpatine di Guerre Stellari, ha denunciato l’encomio al Soros definendolo una «parodia».

 

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«Secondo me, odia fondamentalmente l’umanità», ha detto Musk di Soros in un video allegato di una precedente intervista video con Joe Rogan. «Sta facendo cose che erodono il tessuto della civiltà. Sai, far eleggere procuratori distrettuali che si rifiutano di perseguire i crimini».

 

Pur considerando entrambi Soros un nemico, i rapporti tra Bannon e Musk non sono dei migliori, con Bannon che ha attaccato frontalmente Musk nelle scorse ore dichiarando che si sarebbe impegnato a impedirgli il libero accesso alla Casa Bianca della nuova amministrazione Trump.

 

In una infuocata intervista al Corriere della Sera Bannon ha aperto il fuoco contro i «tecnofeudatari» che usano i visti H1B (quelli per gli immigrati in teoria altamente qualificati) «a proprio vantaggio e la gente è furiosa (…) Il 76% degli ingegneri a Silicon Valley non sono americani. È una parte centrale del riprenderci la nostra economia. Sono i lavori migliori, e neri e ispanici non vi hanno accesso».

 

«Peter Thiel, David Sacks, Elon Musk sono tutti sudafricani bianchi… Dovrebbero tornarsene in Sudafrica. Perché abbiamo sudafricani bianchi, le persone più razziste del mondo, a commentare su tutto ciò che succede negli Stati Uniti?». C’è da dire che Thiel, la cui influenza in questa tornata elettorale sarebbe concentrata sul vicepresidente eletto JD Vance suo ex sottoposto in un fondo di Venture Capital, non è sudafricano ma americano di origini tedesche – è nato a Francoforte; David Sacks, socio con Thiel e Musk in PayPal (dove vi era anche Roelof Botha, nipote del Pik Botha che fu ministro degli Esteri di Pretoria alla fine dell’Apartheid) è sudafricano di origini ebraiche; Musk è sudafricano con ascendenze inglesi e canadesi, e nemmeno il New York Times è riuscito a trovare qualcosa di razzista nel suo passato nel Sudafrica pre-Mandela, anzi, l’opposto – partecipava ai funerali dei parenti dei compagni neri (cosa rara all’epoca) e il padre pure era impegnato contro il razzismo.

 

Il Bannone tuttavia è un fiume in piena: «Musk non fa parte di questo governo, sta facendo un rapporto di efficienza per aiutarci a costruire lo Stato amministrativo»

 

«Ha subito una grossa sconfitta in America sui visti H1B, ha deriso il nostro movimento come razzista e di ritardati, e ha perso. Ha la maturità di un bambino. Ha cercato di cambiare discorso, dopo la perdita di credibilità negli Stati Uniti e il fatto che, francamente, le persone intorno a Trump sono stanche di lui» dice parlando del CEO di Tesla.

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«Abbiamo visto la sua natura intrusiva, la sua mancanza di comprensione dei veri temi e il suo appoggio solo per se stesso. Il suo unico obiettivo è diventare trilionario. Farà qualsiasi cosa per assicurarsi che ogni sua azienda sia protetta o abbia un accordo migliore o faccia più soldi. L’aggregazione di ricchezza e, attraverso la ricchezza, di potere: è questo il suo obiettivo. I lavoratori americani non lo tollereranno».

 

«Sono stato un sostenitore dell’assegno da 250 milioni di dollari che ha staccato per Trump e sono un sostenitore del suo coinvolgimento coi movimenti di estrema destra in Europa: spero che stacchi assegni e dia loro una piattaforma» continua il Bannon. «Quello che non è positivo è che all’improvviso tenti di applicare le sue idee raffazzonate che puntano all’implementazione del tecno-feudalesimo su scala globale».

 

Bannon aveva già attaccato Musk anche prima che si avvicinasse definitivamente alla sfera MAGA, accusandolo di non essere un nazionalista americano, addirittura di non essere americano (nonostante Elon abbia preso la cittadinanza). Bannon, considerato un grande falco anti-Cina (Paese dove ha vissuto lungamente prima di darsi integralmente alla politica), diceva che Musk aveva venduto l’anima alla Repubblica Popolare Cinese, spiegando che andrebbe ovunque trovasse contratti pubblici, che secondo Bannon sarebbero ciò che tiene a galla il business muskiano.

 


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Nella tirata di due anni fa, Bannon ridicolizzava l’idea di Musk di picchiarsi con Zuckerberg («livello di bambini di 9 anni») e lanciava oscuri riferimenti simbologici al mago protosatanista Aleister Crowley che sarebbero contenuti nell’opera di Musk, definito come «uomo-bambino, individuo fortemente disturbato».

 

«Pensavo che Bannon fosse intelligente e malvagio. Mi ero sbagliato sulla prima parte» aveva risposto su X Musk, chiedendo altri attacchi da Bannon sostenendo che essi costituirebbero «le migliori PR».

 


Pochi giorni fa nel suo programma Bannon ha insultato Musk chiamandolo «war profiteer» («approfittatore delle guerre») e «globalista», massimo insulto nel mondo MAGA.

 

 

«Elon Musk, ancora una volta, fratello, sono intelligente abbastanza da dirti no in faccia. E sono malvagio abbastanza da essere in grado di rivelare che sei un cane da corsa per il più grande nemico che questa nazione ha mai avuto (…) stai andando a letto col nemico, fratello». Il riferimento è chiaramente a Pechino.

 

Soros, intanto, non può ridersela guardando la rissa tra i due mastini trumpiani, perché secondo Elon non è «compos mentis». Tuttavia, va chiarito che non è sempre funzionale la regola dei proxy («il nemico del mio nemico è mio amico»).

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Immagine di Gage Skidmore via Flickr pubblicata su licenza CC BY-SA 2.0

 

 

 

 

 

 

 

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Senatrice ebrea ortodossa accusata di ricatto tramite video sessuale. Non è un caso isolato…

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Un atto d’accusa reso noto giovedì accusa una senatrice democratica di religione giudeo-ortodossa dello Stato americano del Maryland di estorsione, per aver architettato un ricatto fondato su filmati intimi girati di nascosto.   Dalya Attar, eletta per la prima volta alla Camera dei delegati del Maryland nel 2018 e riconfermata nel 2022, è entrata quest’anno al Senato statale come prima donna ebrea ortodossa a ricoprire tale carica.   I documenti giudiziari sostengono che la Attar abbia orchestrato un piano per zittire un’ex collaboratrice che intendeva opporsi alla sua ricandidatura nel 2022. In complicità con il fratello Joseph Attar e l’agente di polizia di Baltimora Kalman Finkelstein – quest’ultimo attivo nella sua campagna – dal 2020 avrebbe iniziato a intimidire la donna con video clandestini che la riprendevano a letto con un uomo sposato.   Nei messaggi WhatsApp citati, Attar scrive di voler rendere l’ex consulente «un non-problema per me» e aggiunge: «Due anni dopo sta ancora cercando di fregarmi… un motivo in più perché abbia paura di esporsi in qualsiasi momento».   Il trio avrebbe pedinato la vittima con un GPS installato sull’auto prestatale e filmato scene intime installando telecamere occultate in rilevatori di fumo nell’appartamento di proprietà della famiglia Finkelstein. Il Joseph Attar si sarebbe poi presentato all’amante della donna per minacciarne la diffusione del video e ordinarle di «stare fuori da queste elezioni».   Tutti e tre sono imputati di estorsione, intercettazioni illegali e altri reati; in caso di condanna su tutti i capi, rischiano almeno 20 anni di carcere.

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La vicenda ricorda un’altra storia di ricatto sessuale tra prominenti ebrei ortodossi americani, quello del ricco palazzinaro del Nuovo Jersey, tra i primi fiancheggiatori economici statunitensi di Netanyahu (e del Partito Democratico USA) Charles Kushner, padre del genero del presidente Donaldo Trump Jared Kushner.   Il Kushner senior era finito in galera per storie davvero sordide: condannato nel 2005 a due anni di carcere per 18 capi d’accusa, tra cui evasione fiscale, contributi elettorali illeciti e subornazione di testimoni.   Il caso, seguito dal procuratore Chris Christie (poi governatore del Nuovo Jersey, e sostenitore nel 2016 della prima campagna Trump, per poi venire estromesso dalla scena post-vittoria elettorale), emerse per un tentativo di ricatto: Kushner pagò una prostituta 10.000 dollari per sedurre il cognato, filmando l’incontro e inviandolo alla sorella Esther, testimone contro di lui, per intimorirla. Scontò 14 mesi in carcere federale in Alabama e fu radiato dall’albo degli avvocati in tre stati. Nel 2020, il genero Donald Trump lo graziò, suscitando polemiche. La vicenda ispirò una puntata di Law & Order.   Nel 2025, Kushner è stato nominato ambasciatore USA in Francia, nonostante il passato. In questi mesi il suo supporto veemente allo Stato Ebraico ha creato frizioni nel contesto parigino, con tanto di convocazione per le accuse di antisemitismo rivolte al Paese.   Come noto, ricatti a base di video sessuali sarebbero alla base dell’intera operazione del defunto miliardario pedofilo Jeffrey Epstein, che in moltissimi considerano lavorasse per i servizi segreti israeliani, come pareva facesse il padre della sua «dama», Ghislaine Maxwell, il magnate mediatico britannico Robert Maxwell.  

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Immaginem di Maryland GovPics via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic; immagine tagliata
 
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Uomo picchiato a morte da un rom, il governo sloveno vara misure di sicurezza

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Il governo sloveno ha presentato un pacchetto di riforme radicali in materia di sicurezza e assistenza sociale in seguito all’omicidio di un uomo picchiato a morte da un membro della comunità rom a Novo Mesto.

 

Ales Sutar, 48 anni, è stato aggredito la scorsa settimana mentre si dirigeva in un bar del centro per prendere il figlio, il quale aveva riferito di essere stato minacciato da un gruppo di rom. L’uomo ha subito un grave trauma cranico ed è deceduto in ospedale. La polizia ha arrestato un ventunenne in relazione all’aggressione.

 

L’episodio ha innescato proteste di massa: migliaia di persone sono scese in piazza accusando il governo di aver abbandonato i cittadini e di aver ignorato anni di violenza legata agli insediamenti rom. I manifestanti hanno chiesto misure di sicurezza più rigorose e le dimissioni del primo ministro Robert Golob.

 


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Mercoledì i ministri dell’Interno e della Giustizia si sono dimessi ufficialmente, citando la loro «responsabilità oggettiva» per il peggioramento della sicurezza nella Slovenia sudorientale, dove si è intensificata la violenza che coinvolge i rom.

 

Il governo ha inoltre annunciato un disegno di legge omnibus d’emergenza che conferirebbe alla polizia poteri più ampi, tra cui la facoltà di effettuare irruzioni e allontanare individui dagli spazi pubblici senza ordine del tribunale in caso di minaccia immediata. Gli agenti potranno chiudere temporaneamente bar o assembramenti pubblici in cui si verificano reati o incitamento alla violenza.

 

Alla polizia sarà consentito entrare in proprietà private senza mandato quando le azioni di una persona compromettano gravemente l’ordine pubblico, nonché utilizzare droni, videosorveglianza e sistemi di riconoscimento targhe nelle aree ad alto rischio.

 

Le riforme prevedono anche di limitare o sequestrare i benefici sociali ai recidivi, di imporre multe attingendo ai pagamenti di assistenza precedentemente protetti e di abolire gli assegni familiari per madri minorenni, che secondo Golob sono diventati «un modello finanziario che trascina le ragazze in schiavitù negli insediamenti rom».

 

Golob ha sottolineato che le riforme mirano a contrastare la criminalità, non a colpire un gruppo etnico specifico. «Questa non è una lotta contro i rom. È una lotta contro la criminalità», ha dichiarato.

 

Il disegno di legge, intitolato ad Ales Sutar, dovrebbe arrivare in parlamento il mese prossimo e potrebbe essere approvato entro la fine di novembre.

 

Le tensioni con le comunità rom sono risalenti, con gli sloveni a parlare di furti e atti di vandalismo, riportava tre anni fa Euronews.

 

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Elezioni e violenze in Tanzania

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Sono esplosi disordini a Dar es Salaam e in altre città della Tanzania in seguito alle contestate elezioni generali nella nazione dell’Africa orientale. Gli scontri di mercoledì e giovedì hanno radunato grandi folle, mentre l’accesso a internet è stato bloccato in tutto il Paese.   A Dar es Salaam, secondo Reuters, alcuni testimoni hanno riferito che la polizia ha sparato proiettili e lanciato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti, mentre Al Jazeera, citando Amnesty International, ha riportato due morti.   Il governo ha ordinato ai dipendenti pubblici di restare a casa. L’ambasciata statunitense ha segnalato gravi chiusure stradali, inclusi i collegamenti con l’aeroporto internazionale.  

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Secondo la BBC, il capo della polizia tanzaniana, Camelius Wambura, ha annunciato l’avvio del coprifuoco alle 18:00 ora locale e ha invitato i residenti a rimanere in casa, senza specificare quando le restrizioni sarebbero state revocate. Contemporaneamente, il Paese ha subito un grave blackout di internet, descritto dal gruppo di monitoraggio globale NetBlocks come un «oscuramento digitale a livello nazionale».   Le elezioni del 29 ottobre hanno visto la partecipazione della presidente Samia Suluhu Hassan del partito Chama Cha Mapinduzi, in corsa per il suo primo mandato completo. I due principali sfidanti di Hassan sono stati esclusi dalla competizione presidenziale. Il principale partito di opposizione, CHADEMA, è stato squalificato ad aprile dopo aver rifiutato di firmare un codice di condotta, e il suo leader Tundu Lissu è stato accusato di tradimento.   La commissione ha inoltre escluso il candidato dell’ACT-Wazalendo, Luhaga Mpina, leader del secondo partito di opposizione del Paese. Il partito ha respinto la decisione di esclusione definendola «infondata».   La presidente Hassan, insediatasi nel marzo 2021 dopo la morte dell’ex presidente John Magufuli – praticamente l’unico leader mondiale che si era opposto alle restrizioni pandemiche ridicolizzando i test per il virus – si candida per la prima volta a titolo personale. In precedenza aveva completato il mandato di Magufuli, e le elezioni del 2025 rappresentano la sua candidatura per il primo mandato completo come presidente eletta.   I funzionari governativi non hanno ancora diffuso cifre verificate sulle vittime né hanno risposto pubblicamente alla violenza in corso.   Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno l’OMS aveva dichiarato la presenza di un focolaio di virus Marburg nel Paese, accusa tuttavia negate dalla Tanzania.

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Immagine screenshot da Twitter
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