Militaria
Autogolpe vaccinale. Vogliono davvero il colpo di stato dei militari con la siringa?
La faccenda tiene banco, al punto che l’interessato ha già fatto retromarcia: «solo un paradosso».
Eppure Marcello Sorgi, palermitano già direttore del TG1 e del quotidiano torinese del gruppo FIAT, lo ha scritto: se cade Draghi potrebbe andare al potere un governo militare.
Marcello Sorgi, palermitano già direttore del TG1 e del quotidiano torinese del gruppo FIAT, lo ha scritto: se cade Draghi potrebbe andare al potere un governo militare
Avete letto bene. Se non vi fidate, vi riportiamo tutto il periodo, apparso nell’editoriale del Sorgi sul giornale agnelliano La Stampa di giovedì 29 luglio:
«Se Draghi fosse costretto a dimettersi (ma va ripetuto: è un’ipotesi del terzo tipo, il periodo ipotetico dell’impossibilità), Mattarella lo rinvierebbe immediatamente alle Camere, mettendo i partiti di fronte alle loro responsabilità. A quel punto la confusione a cui si assiste in questi giorni cesserebbe tutt’insieme. Ma metti anche che, in un intento suicida, gli stessi responsabili delle dimissioni insistessero per mandare a casa il banchiere, giocandosi la fiducia dell’Europa e i miliardi di aiuti di cui sopra, al Presidente della Repubblica non resterebbe che mettere su un governo elettorale, forse perfino militare, com’è accaduto con il generale Figliuolo per le vaccinazioni. A mali estremi, estremi rimedi. Anche se non è affatto detto che ci si arriverà».
«Forse perfino militare«: il corsivo è nostro.
La Repubblica Italiana nasce non senza una certa fobia degli uomini in divisa: la presa di potere da parte dei soldati era un babau continuo nei decenni di tensione, quando la sinistra parlamentare ed extraparlamentare non parlava d’altro. Da lì, tutta una serie di spauracchi, prontamente gonfiati dai media e dalla politica nell’ottica (il cui senso andrebbe oggi un po’ recuperato) della Strategia della Tensione, dal fallito golpe di Junio Valerio Borghese in giù.
Ora abbiamo invece la sinistra progressista ad invocare una situazione in cui l’esercito prende il comando del Paese. La soluzione potrebbe essere un’autocrazia militare, direttamente così, e Overton sparisci.
Ci avevano scassato per anni con la sacra «democrazia» demilitarizzata, la bandiera arcobalenata della Pace, la marcia di Assisi, «l’Italia ripudia la guerra» (e quindi, i suoi soldati?), il servizio civile, etc.
Ci avevano scassato per anni con la sacra «democrazia» demilitarizzata, la bandiera arcobalenata della Pace, la marcia di Assisi, «l’Italia ripudia la guerra» (e quindi, i suoi soldati?), il servizio civile, etc.
E poi Pinochet: dove lo mettiamo Pinochet e il suo golpe crudele contro il papà della scrittrice Feltrinelli? (massone totale e desideroso di piazzare missili sovietici sotto il sedere degli USA, l’Allende).
Negli anni Settanta era tale, la fobia dei militare al potere, che fecero un film comico con Ugo Tognazzi, Vogliamo i colonnelli. La clip con il discorso in neogreco del generale Andreas Automatikos, ospite ellenico dei congiurati, spopola ancora in rete.
Ora i colonnelli li vogliono davvero.
Negli anni Settanta era tale, la fobia dei militare al potere, che fecero un film comico con Ugo Tognazzi, Vogliamo i colonnelli. Ora i colonnelli li vogliono davvero.
Chi scrive ricorda la sua insegnante di prima media, una bella triestina che si chiamava Eufemia. Di solito spiegava la storia parlando molto rapidamente, ma un bel giorno, si prese una pausa, sospirando e guardando fuori dalla finestra, per impartire a quei ragazzi di 12 anni un insegnamento duraturo: «il giorno che a dirigere il traffico vedrete un soldato invece che un vigile, dovete preoccuparvi».
Ecco: ora i militari non dirigono ancora il traffico, ma trafficano i vaccini. Cioè: dirigono il traffico di sostanze dentro il nostro corpo – sono i vigili urbani dell’mRNA.
Tuttavia, la vera questione non è lo scandalo del democratico giornalista degli Agnelli che contempla la possibilità dei rappresentati più o meno eletti dal popolo sostituiti con i militari.
La vera questione è: perché? Perché arrivare a invocare qualcosa che assomiglia vagamente a uno di quei sistemi politici che da decenni ci hanno educato a detestare e a considerare illiberali, invivibili, inferiori?
La vera questione è: perché? Perché arrivare a invocare qualcosa che assomiglia vagamente a uno di quei sistemi politici che da decenni ci hanno educato a detestare e a considerare illiberali, invivibili, inferiori? A quale scopo fare questo salto verso la mano militare?
A quale scopo fare questo salto verso la mano militare?
Beh, è presto detto: la siringa. Hanno il coraggio di dire che non considerano l’obbligo, tuttavia è da subito che sono andati a pescare nel mondo in cui la libertà di scelta non è sempre contemplata, si obbedisce e basta: la caserma.
Ricorderete la scenata del primo lotto arrivato a poche ore dal Natale – la discesa del divin vaccino! – nello scorso dicembre.
Renovatio 21 lo aveva scritto ancora giorni prima: eravamo davanti ai germi di una «religione militare del vaccino».
Tuttavia, se ci pensate, i militari qui non sono il fine, ma lo strumento. Il fine vero, è la siringa. Bisogna armare la siringa. Farla trasportare da persone implacabili, addestrate a combattere, all’esecuzione di ordini – e ricordiamoci che un militare quando si esercita con un’arma si esercita anche a uccidere, o quantomeno a trasmettere l’idea che può farlo (la deterrenza… mai scherzare con uno armato).
I militari qui non sono il fine, ma lo strumento. Il fine vero, è la siringa. Bisogna armare la siringa. Farla trasportare da persone implacabili, addestrate a combattere, all’esecuzione di ordini
(Vi capiamo se guardando il volto di Figliuolo tutto questo non vi viene in mente)
Sì, i militari sono il mezzo con cui la siringa deve penetrare ancora più a fondo nel popolo italiano. Non siamo soli: Renovatio 21 ha riportato di come la Guardia Nazionale del Texas pattugli le strade offrendo vaccinazione nei bar e dei minimarket.
Per il trionfo finale della dea siringa, ben venga lo scenario sudamericano, dunque.
Tuttavia, questa combo soldati più vaccino l’abbiamo già vista, e proprio in Sudamerica. E con risultati imprevedibili – anzi, proprio una bella eterogenesi dei fini…
Per il trionfo finale della dea siringa, ben venga lo scenario sudamericano, dunque
Ad inizio Novecento in Brasile, Paese da sempre a forze trazione massonica, si sviluppò quella che gli storici chiamano «Revolta da Vacina», la rivolta del vaccino (1904).
Il governo carioca aveva stabilito di implementare una vaccinazione coatta contro il vaiolo casa per casa: così, come si vede nelle vignette d’epoca, mandò le forze dell’ordine dotate di armi e siringa per vaccinare tutti.
Il popolo di Rio si ribellò contro la vaccinazione coatta portata casa per casa dalle autorità dotate di armi e siringa, ne nacquero scontri violentissimi. Ad un certo punto alla rivolta aderirono anche gli studenti dell’Accademia militare. Si rischiò un golpe, un un vero golpe-autogol, un autogolpe.
Il popolo di Rio si ribellò, ne nacquero scontri violentissimi. Ad un certo punto alla rivolta aderirono anche gli studenti dell’Accademia militare. Si rischiò un golpe, un un vero golpe-autogol, un autogolpe.
Il governo decretò lo stato di assedio. Contestualmente, sospese la vaccinazione obbligatoria. I moti, piano piano, si spensero.
Tiriamo le somme di questa storia brasiliana – lo abbiamo scritto in passato, lo ribadiamo: è davvero bizzarro che pur di vaccinare tutti, il potere non solo incorre nella riprovazione popolare, ma va a rischiare persino non solo l’esplosione del malcontente popolare, ma addirittura un golpe fatto dagli stessi membri dell’esercito.
Ora, che la storia non insegni niente a tante persone in Italia – specie quelle che abbaiano per avere a fine mese un grasso, sicuro stipendio – mica è una novità.
Ci risparmino la retorica e le foglie di fico, ci dicano che siamo davvero in guerra contro il nemico invisibile che si annida nel nostro vicino di tavolino al bar, chiudano anche i supermercati (sì, compreso quel 40% in mano alle coop) e procedano ai razionamenti distribuiti da camion militari assiepati di persone affamate che aspettano un pacco di pasta o una pagnotta per la famiglia
Ma ci risparmino la retorica e le foglie di fico, ci dicano che siamo davvero in guerra contro il nemico invisibile che si annida nel nostro vicino di tavolino al bar, chiudano anche i supermercati (sì, compreso quel 40% in mano alle coop) e procedano ai razionamenti distribuiti da camion militari assiepati di persone affamate che aspettano un pacco di pasta o una pagnotta per la famiglia.
Davvero, lo facciano. Tutto avrebbe più senso – persino i loro stipendi, rimasti invariati mentre le partite IVA muoiono, e i loro titolari poco dopo, talvolta, si suicidano.
Rendetevi conto: non sanno davvero quello che stanno facendo. Pretendono di comandare.
Ma quale Pinochet, qui siamo a Sturmtruppen.
Roberto Dal Bosco
Rendetevi conto: non sanno davvero quello che stanno facendo. E Pretendono di comandare
Immagine © Renovatio 21
Droni
Soldati francesi attaccano droni attorno ad una base di sottomarini nucleari
Venerdì è emersa una seria violazione della sicurezza aerea presso un’installazione militare francese, mentre i rappresentanti europei stanno mettendo in evidenza i pericoli della «guerra ibrida» orchestrata dalla Russia, che di recente ha puntato su numerose incursioni «misteriose» di droni nello spazio aereo dell’UE, soprattutto vicino a obiettivi critici come gli scali aeroportuali.
I fanti di marina francesi hanno ingaggiato cinque droni sconosciuti che avevano forzato la zona proibita sopra una fondamentale base per sottomarini nucleari giovedì sera, secondo fonti militari riportate da EuroNews. Un alto funzionario ha tuttavia precisato che si è trattato di un «jammer» attivo, non di proiettili veri e propri.
Intorno alle 19:30 ora locale, i sensori radar presso la base navale di Île Longue, in Bretagna – quartier generale della flotta transalpina di sottomarini balistici armati di testate atomiche –, hanno captato l’ingresso di apparecchi non autorizzati nell’area ad altissima sicurezza.
Il reggimento di fanteria marittima deputato alla difesa del complesso ha prontamente attivato i protocolli anti-droni, aprendo il fuoco con più raffiche contro gli intrusi per neutralizzarli e abbatterli.
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Poiché non è dato sapere se gli UAV siano stati realmente centrati, le unità di sicurezza hanno dispiegato un’ampia perlustrazione sul terreno. Le autorità non hanno ancora verificato se i droni siano stati abbattuti o recuperati.
Sulla base di allusioni generiche da parte di alti gradi francesi, gli apparecchi potrebbero essere stati neutralizzati o deviati mediante interferenze elettroniche, ma i dettagli forniti sono stati scarsi:
La ministra della Difesa Catherine Vautrin ha confermato l’intercettazione di un sorvolo, senza chiarire se siano stati impiegati spari, jammer elettronici o altre contromisure contro gli intrusi aerei. L’identità dei responsabili resta ignota.
«Qualsiasi sorvolo di un sito militare è vietato nel nostro Paese», ha affermato Vautrin. «Voglio elogiare l’intercettazione effettuata dal nostro personale militare presso la base di Île Longue».
Secondo la stampa francese, l’impianto sorge nei pressi di Brest, nella Francia nord-occidentale, ed è custodito da oltre 120 militari marittimi, oltre al contingente di sicurezza della Marina.
Ospita quattro sottomarini balistici nucleari – Le Triomphant, Le Téméraire, Le Vigilant e Le Terrible – e si occupa della manutenzione delle unità che garantiscono il deterrente atomico nazionale. In base alla dottrina ufficiale, almeno un battello nucleare è sempre in missione di ronda.
«Non è stato stabilito alcun collegamento con interferenze straniere», ha dichiarato Frédéric Teillet, procuratore generale di Rennes, citato dall’agenzia AFP, precisandoo che nessun pilota o operatore dei droni è stato fermato o identificato.
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Immagine screenshot da YouTube
Militaria
Il disegno di legge sulla coscrizione avanza nel Parlamento tedesco
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Militaria
Giappone e Cina si scambiano le accuse dopo lo scontro tra jet sul Pacifico
Tokyo e Pechino si sono lanciate reciproche recriminazioni in seguito a due episodi ravvicinati in cui i loro caccia militari hanno rischiato di scontrarsi durante manovre navali cinesi.
È stato il Giappone a denunciare per primo l’episodio, spiegando che sabato i jet cinesi J-15 hanno puntato i loro radar di tiro su aerei da combattimento giapponesi F-15J in almeno due circostanze. L’incidente si è verificato in acque internazionali a sud-est di Okinawa, secondo il dicastero degli Esteri nipponico.
«Queste illuminazioni radar sono un atto pericoloso che va oltre quanto necessario per la sicurezza del volo degli aerei», ha dichiarato domenica ai giornalisti il primo ministro giapponese Sanae Takaichi, precisando che Tokyo aveva già sporto un formale reclamo per quelle che ha definito azioni «estremamente deplorevoli».
Pechino ha rigettato le imputazioni, sostenendo che gli apparecchi giapponesi si sono accostati in più riprese e hanno importunato la flotta cinese mentre questa svolgeva addestramenti con la portaerei nella zona, debitamente preavvisati.
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«Chiediamo solennemente alla parte giapponese di cessare immediatamente di diffamare e infangare e di limitare rigorosamente le azioni in prima linea», ha affermato il colonnello Wang Xuemeng, portavoce della marina di Pechino, ammonedo che la Cina «prenderà le misure necessarie… per salvaguardare con risolutezza la propria sicurezza e i propri legittimi diritti e interessi».
I rapporti tra Pechino e Tokyo hanno intrapreso una traiettoria discendente da quando la Takaichi – prima donna a guidare il governo nipponico e nota per il suo conservatorismo rigido – ha assunto la carica alla fine di ottobre.
La premier nipponica ha dichiarato che qualsivoglia ricorso alla forza da parte di Pechino per la riunificazione con Taiwan, entità autonoma, potrebbe configurarsi come una «situazione di minaccia alla sopravvivenza», che autorizzerebbe una reazione armata in base alla legislazione giapponese. Tali parole hanno provocato da parte cinese accuse di intromissione negli affari sovrani.
Pechino ha inoltre stigmatizzato le sue affermazioni come «estremamente malevole» e «palesemente provocatorie», asserendo che calpestano il principio della «Una sola Cina», che considera Taiwan come porzione inscindibile del territorio nazionale. La questione taiwanese rappresenta una faccenda interna alla Cina e qualsiasi velleità di intervento nipponico equivarrebbe a «un atto di aggressione» con conseguenti ritorsioni feroci, ha avvertito Pechino.
Taiwan esercita di fatto un autogoverno dal 1949, pur senza aver mai proclamato l’indipendenza formale. La Cina ha reiterato che il suo fine ultimo è la «riunificazione pacifica», ma ha chiarito che non esiterebbe a impiegare la forza nel caso in cui l’isola optasse per una separazione ufficiale.
Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa il Giappone ha censurato la Cina per aver evocato una clausola della Carta ONU che autorizza azioni contro le ex potenze dell’Asse senza il consenso del Consiglio di Sicurezza, ribadendo che tale disposizione è superata e priva di attualità.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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