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Cina

Attacchi nucleare al Giappone: funzionari del Partito Comunista Cinese condividono un video

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Le relazioni tra Cina e Giappone hanno visto un rapido deterioramento negli ultimi mesi, poiché Tokyo si è dichiarata fermamente dalla parte di Washington sulla sua volontà di difendere Taiwan nel futuro evento di un’invasione cinese dell’isola.

 

Inoltre, come riportato da Renovatio 21, il Giappone sta ulteriormente innervosendo Pechino con la donazione di vaccini a Taipei, da sempre considerata dal potere cinese una «provincia ribelle». Come abbiamo scritto, la reconquista di Taiwan ha fatto minacciosamente capolino anche nel recente, importantissimo, discorso del presidente Xi Jinping durante la celebrazione dei 100 anni del Partito Comunista Cinese, occasione per il quale ha tirato fuori dall’armadio una impressionante giacca alla Mao Zedong.

 

Il video senza mezzi termini di colpire «continuamente» il Giappone con armi nucleari se continua a sostenere le aspirazioni indipendentiste di Taiwan

A proposito della tensione geopolitica nell’area, qualche giorno fa un inquietante video sui social media è diventato virale sui social cinesi(che, ribadiamo, non sono quelli occidentali). Il video era stato originariamente pubblicato sull’account ufficiale dei social media di un’autorità municipale locale gestita da funzionari comunisti. Risalendo alla fonte, il filmato pare essere stato creato da un canale militare cinese con oltre due milioni di follower.

 

Il video senza mezzi termini di colpire «continuamente» il Giappone con armi nucleari se continua a sostenere le aspirazioni indipendentiste di Taiwan.

 

Dopo aver attirato l’attenzione dei media internazionali, il video originariamente caricato è stato rimosso da Xigua, il social media cinese che agisce a mo’ di YouTube (che è proibito in Cina).

 

Eccolo:

 

«Se il Giappone interviene negli affari militari per riunificare Taiwan, bisogna raccomandare la teoria eccezionale degli attacchi nucleari sul Giappone», recita il titolo del video.

«Se il Giappone interviene negli affari militari per riunificare Taiwan, bisogna raccomandare la teoria eccezionale degli attacchi nucleari sul Giappone», recita il titolo del video.

 

Il narratore dichiara quindi che il Giappone «non ha imparato la lezione dalla storia», il che significa che la Cina deve «usare continuamente bombe nucleari fino a quando il Giappone non annuncia la sua resa incondizionata per la seconda volta». Il riferimento è alla Seconda Guerra Mondiale, con la distruzione atomica di Hiroshima e Nagasaki.

 

Il pezzo di propaganda bellico-termonucleare stato pubblicato domenica dal consiglio comunale di Baoji, nella provincia nordoccidentale dello Shaanxi. La «teoria eccezionale» è la controversa opinione sostenuta da molti funzionari cinesi secondo cui l’uso di bombe atomiche da parte della Cina «solo per autodifesa» non si applica nel caso dell’ex invasore giapponese, per il quale è lecito fare un’«eccezione».

 

Il Giappone «non ha imparato la lezione dalla storia», il che significa che la Cina deve «usare continuamente bombe nucleari fino a quando il Giappone non annuncia la sua resa incondizionata per la seconda volta»

«Il nostro Paese sta attraversando grandi cambiamenti come nessun altro nel secolo scorso… Per garantire l’ascesa pacifica del nostro Paese, è necessario prendere delle misure», continua la narrazione.

 

Il video quindi esorta i cittadini e i leader di governo a «combinare il nuovo e il vecchio odio» per il Giappone, anche dall’invasione della Cina della Seconda Guerra Mondiale da parte del Giappone e dal massacro di Nanchino – a cui si dice che gli spettatori dovrebbero pensare in relazione al vice primo ministro giapponese Taro Aso, il quale in precedenza ha dichiarato che qualsiasi futura invasione cinese di Taiwan sarebbe probabilmente interpretata a Tokyo come una minaccia alla sopravvivenza del Giappone, consentendo al governo edochiano  di schierare le sue cosiddette «Forze di autodifesa» (il Giappone, secondo la Costituzione imposta durante l’occupazione americana, non può avere propriamente un esercito).

 

«Se si verificasse un grave incidente [a Taiwan], non sarebbe affatto strano se toccasse una situazione che minaccia la sopravvivenza», ha detto il cattolico Aso il 5 luglio. «Se è così, il Giappone e gli Stati Uniti devono difendere Taiwan insieme. La situazione su Taiwan sta diventando estremamente intensa».

 

Ciò è avvenuto dopo la visita del primo ministro giapponese Yoshihide Suga alla Casa Bianca ad aprile, in cui ha ribadito «obiezioni alle rivendicazioni e attività marittime illegali della Cina nel Mar Cinese Meridionale» e ha indignato la Cina firmando una dichiarazione congiunta che includeva la seguente riga: «Gli Stati Uniti hanno ribadito il loro incrollabile sostegno alla difesa del Giappone in base al Trattato di mutua cooperazione e sicurezza USA-Giappone, utilizzando l’intera gamma di capacità, compreso il nucleare».

«Il nostro Paese sta attraversando grandi cambiamenti come nessun altro nel secolo scorso… Per garantire l’ascesa pacifica del nostro Paese, è necessario prendere delle misure»

 

L’ambasciata cinese negli Stati Uniti aveva condannato le parole come «completamente al di là dello scopo» di sane relazioni bilaterali, affermando che il Giappone si sarebbe solo «danneggiato» in tali dichiarazioni con gli Stati Uniti.

 

Spesso le minacce più bellicose di Pechino ai nemici esterni vengono lanciate attraverso i canali dei media statali, per essere fatte indirettamente. Data la rapidità con cui questo ultimo minaccioso video sui social media è diventato virale e le sue origini su un popolare canale militare cinese, è probabile che abbia avuto l’approvazione «ufficiale» per il rilascio da qualche parte all’interno dei vertici del PCC.

 

 

 

 

 

 

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Cina

La Casa Bianca annuncia l’incontro Trump-Xi

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump incontrerà il presidente cinese Xi Jinping la prossima settimana durante un viaggio in Asia, ha dichiarato giovedì la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt.

 

Trump si recherà in Malesia e Corea del Sud, dove incontrerà Xi Jinping giovedì prossimo a margine del Vertice di Cooperazione Economica Asia-Pacifico (APEC). Leavitt non ha fornito ulteriori dettagli sull’incontro.

 

L’annuncio giunge in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra i due Paesi. La settimana scorsa, Trump ha minacciato di introdurre un ulteriore dazio del 100% sui prodotti cinesi a partire da novembre.

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Questa escalation segue la decisione di Pechino di imporre restrizioni più severe sulle esportazioni di terre rare, nonostante avesse precedentemente definito «insostenibili» le tariffe elevate. La nuova politica cinese non colpisce direttamente gli Stati Uniti, ma le aziende tecnologiche americane dipendono fortemente dalle forniture cinesi di terre rare.

 

Sebbene Trump avesse annunciato settimane fa l’intenzione di incontrare Xi al vertice APEC, non aveva specificato la data. Tuttavia, aveva anche accennato alla possibilità di cancellare l’incontro, a causa del disappunto per le restrizioni cinesi sull’export di minerali di terre rare.

 

Mercoledì, il presidente statunitense ha dichiarato che i due leader avrebbero discusso di temi che spaziano dal commercio all’energia nucleare, aggiungendo che intende affrontare anche la questione degli acquisti di petrolio russo da parte della Cina.

 

L’incontro in Corea del Sud sarà il primo faccia a faccia tra i due leader da quando Trump è tornato al potere a gennaio. I due si sono parlati almeno tre volte quest’anno, ma l’ultimo incontro di persona risale al 2019, durante il primo mandato di Trump.

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

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Cina

La Cina accusa gli Stati Uniti di un grave attacco informatico

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La Cina ha accusato la National Security Agency (NSA) degli Stati Uniti di aver condotto un «significativo» attacco informatico protrattosi per anni contro l’ente cinese incaricato di gestire l’orario nazionale ufficiale.   In un comunicato diffuso domenica sul suo account social ufficiale, il Ministero della Sicurezza dello Stato (MSS) ha dichiarato di aver acquisito «prove inconfutabili» dell’infiltrazione della NSA nel National Time Service Center. L’operazione segreta sarebbe iniziata nel marzo 2022, con l’obiettivo di sottrarre segreti di Stato e compiere atti di sabotaggio informatico.   Il centro rappresenta l’autorità ufficiale cinese per l’orario, fornendo e trasmettendo l’ora di Pechino a settori cruciali come finanza, energia, trasporti e difesa. Secondo l’MSS, un’interruzione di questa infrastruttura fondamentale avrebbe potuto provocare «instabilità diffusa» nei mercati finanziari, nella logistica e nell’approvvigionamento energetico.

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L’MSS ha riferito che la NSA avrebbe inizialmente sfruttato una vulnerabilità (exploit) nei telefoni cellulari di fabbricazione straniera utilizzati da alcuni membri del personale del centro, accedendo così a dati sensibili.   Nell’aprile 2023, l’agenzia avrebbe iniziato a utilizzare password rubate per penetrare nei sistemi informatici della struttura, un’operazione che avrebbe raggiunto il culmine tra agosto 2023 e giugno 2024.   Il ministero ha dichiarato che gli intrusi hanno impiegato 42 diversi strumenti informatici nella loro operazione segreta, utilizzando server privati virtuali con sede negli Stati Uniti, in Europa e in Asia per nascondere la loro provenienza.   L’MSS ha accusato gli Stati Uniti di «perseguire in modo aggressivo l’egemonia informatica» e di «violare ripetutamente le norme internazionali che regolano il cyberspazio».   Le agenzie di intelligence americane «hanno agito in modo sconsiderato, conducendo incessantemente attacchi informatici contro la Cina, il Sud-est asiatico, l’Europa e il Sud America», ha aggiunto il ministero.   Negli ultimi anni, Pechino e Washington si sono scambiate accuse reciproche di violazioni e operazioni di hacking segrete. Queste tensioni si inseriscono in un più ampio contesto di scontro tra le due potenze, che include anche una guerra commerciale.   All’inizio di gennaio, il Washington Post aveva riportato che, il mese precedente, hacker cinesi avrebbero preso di mira l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) del dipartimento del Tesoro statunitense. All’epoca, Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese, aveva definito tali accuse «infondate».   Come riportato, ad inizio anno le agenzie federali USA accusarono hacker del Dragone di aver colpito almeno 70 Paesi. Due anni fa era stata la Nuova Zelanda ad accusare hackerri di Pechino di aver penetrato il sistema informatico del Parlamento di Wellington.

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Le attività dell’hacking internazionale da parte di gruppi cinesi hanno negli ultimi anni raggiunto le cronache varie volte. A maggio 2021 si è saputo che la Cina ha spiato per anni i progetti di un jet militare USA, grazie a operazioni informatiche mirate.   Come riportato da Renovatio 21, a ottobre 2023 si è scoperto che hackers cinesi hanno rubato dati da un’azienda biotech americana, colpendo il settore della ricerca.   A febbraio 2022, allo scoppio del conflitto ucraino, Microsoft ha rilevato un malware «wiper» diretto a Kiev, con sospetti di coinvolgimento cinese.   Come riportato da Renovatio 21, a gennaio 2023 un attacco cibernetico cinese ha colpito università sudcoreane. Due anni fa vi fu inoltre un attacco cibernetico a Guam, isola del Pacifico che ospita una grande base USA. Analisti dissero che poteva essere un test per il vero obbiettivo, cioè lo scontro con Taiwan.

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La Cina espelle 9 generali di alto rango, tra cui due dirigenti del Partito Comunista, in una purga radicale

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In una delle più significative operazioni di epurazione degli ultimi decenni, il presidente cinese Xi Jinping ha avviato una nuova ondata di licenziamenti ai vertici delle forze armate. Il Partito Comunista Cinese (PCC) ha infatti espulso nove generali di alto rango, in quella che gli analisti definiscono una mossa dettata non solo da motivazioni disciplinari, ma anche da logiche di lealtà politica.

 

Secondo una dichiarazione del ministero della Difesa pechinese, i nove ufficiali sarebbero sotto inchiesta per «grave illecito finanziario». A rendere il caso ancora più insolito è il fatto che la maggior parte di loro erano generali a tre stelle e membri del potente Comitato Centrale del Partito.

 

Non si è trattato di semplici retrocessioni: la maggior parte dei militari è stata completamente espulsa dalle forze armate. Nella nota ufficiale, il ministero ha accusato i generali di aver «gravemente violato la disciplina di partito» e di essere «sospettati di gravi reati connessi al servizio, che coinvolgevano una quantità di denaro estremamente elevata, di natura estremamente grave e con conseguenze estremamente dannose».

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Le autorità cinesi hanno sottolineato che gli ufficiali «saranno puniti legalmente e militarmente» a seguito dell’indagine, definita «un risultato significativo nella campagna anticorruzione del partito e dell’esercito».

 

La figura più illustre tra gli epurati è il generale He Weidong, fino a poco tempo fa vicepresidente della Commissione Militare Centrale (CMC) e membro del Politburo, l’élite di 24 dirigenti che guidano il Paese. He era considerato il secondo uomo più potente dell’apparato militare dopo Xi Jinping stesso, che presiede la CMC.

 

Negli ultimi mesi si erano diffuse voci secondo cui il generale He si fosse scontrato con Xi e con la leadership del Partito. Da marzo, infatti, non era più apparso in pubblico, circostanza che aveva alimentato le speculazioni su una possibile inchiesta interna.

 

Secondo il Wall Street Journal «il generale He è l’ufficiale militare in servizio attivo più anziano che Xi abbia mai epurato, e il primo vicepresidente in carica della Commissione Militare Centrale a essere estromesso in quasi quarant’anni». Il quotidiano statunitense ricorda inoltre che il 68enne He è «il primo membro in carica del Politburo a essere indagato dal 2017».

 

L’ultima volta che la Cina aveva assistito a un’epurazione di vertici militari di simile livello risale a circa un decennio fa, quando furono espulsi due vicepresidenti in pensione della CMC per corruzione, durante il primo mandato di Xi Jinping.

 

Segnali di una possibile purga erano già emersi a luglio, quando la Commissione Militare Centrale aveva emanato nuove linee guida che invitavano a eliminare «l’influenza tossica» nelle forze armate e a seguire «regole ferree» per gli ufficiali di alto grado.

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I nove ufficiali epurati sono He Weidong (vicepresidente della Commissione Militare Centrale, CMC); Miao Hua (direttore del dipartimento di Lavoro Politico del CMCM), He Hongjun (vicedirettore esecutivo del Dipartimento di Lavoro Politico del CMC); Wang Xiubin (vicedirettore esecutivo del Centro di Comando delle Operazioni Congiunte del CMC; Lin Xiangyang (comandante del Teatro Orientale); Qin Shutong (commissario politico dell’Esercito); Yuan Huazhi (commissario politico della Marina); Wang Houbin (Comandante delle Forze Missilistiche); Wang Chunning (comandante della Forza di Polizia Armata).

 

Secondo osservatori interni, potrebbero esserci ulteriori epurazioni nelle prossime settimane. I licenziamenti, infatti, sono stati annunciati alla vigilia del conclave annuale a porte chiuse del Comitato Centrale del Partito Comunista, in programma dal 20 al 23 ottobre a Pechino, durante il quale si discuterà il prossimo piano quinquennale.

 

Wen-Ti Sung, analista del Global China Hub dell’Atlantic Council, ha commentato la notizia ai media statunitensi affermando: «Xi sta sicuramente facendo pulizia. La rimozione formale di He e Miao significa che potrà nominare nuovi membri della Commissione Militare Centrale, che è rimasta praticamente mezza vuota da marzo, durante il Plenum».

 

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Immagine di China News Service via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported

 

 

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