Nucleare
Atomiche e «Opzione Sansone», politico israeliano minaccia: se l’America non fornirà aiuti armati «dovremo usare tutto quello che abbiamo»
Il politico israeliano Nissim Vaturi ha lanciato una sorta di minaccia, affermando che se gli americani non invieranno armi per combattere una guerra con l’Iran, Israele «dovrà usare tutto ciò che ha».
Come noto, dopo che Israele ha assassinato un generale di brigata iraniano di alto rango e altre 15 persone in un attacco aereo contro l’edificio dell’ambasciata iraniana in Siria il 1° aprile, l’Iran ha minacciato azioni di ritorsione, suscitando timori di una guerra regionale.
Il Vaturi, un rappresentante del partito Likud al governo del primo ministro Benjamin Netanyahu, ha suggerito che Israele dovrebbe essere pronto a usare il suo arsenale nucleare nel caso in cui l’America non fornisse munizioni.
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«In caso di conflitto con l’Iran, se non riceviamo munizioni americane, dovremo usare tutto ciò che abbiamo», ha scritto il deputato della Knesset su X. In precedenza aveva suscitato polemiche quando aveva affermato che Gaza dovrebbe essere «bruciata adesso» e che non ci sono «innocenti» nella regione.
L’espressione «tutto ciò che abbiamo» potrebbe includerebbe le centinaia testate nucleari che si ritiene possieda lo Stato Ebraico.
Il riferimento alla cosiddetta «Opzione Sansone», secondo la quale Israele lancerebbe tutte le sue armi nucleari, dando potenzialmente inizio ad un Armageddone globale, come «ultima risorsa» per preservare la propria esistenza.
Il conduttore di Fox News Mark Levin e il commentatore Ben Shapiro hanno rilasciato dichiarazioni simili in risposta all’attacco di Hamas del 7 ottobre.
Jewish pundit Mark Levin threatens Samson Option if America doesn’t supply Israel with weapons.
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— AF Post (@AFpost) October 16, 2023
Gli israeliani «hanno il loro arsenale, che non ammettono mai», ha detto il Levin, riferendosi alle testate atomiche. «Se Israele si trova ad affrontare l’annientamento, pensi che abbiano quelle armi nucleari lì dentro per raccogliere la polvere?»
Il Ben Shapiro, kippah sempre in testa, ha affermato che «Israele non permetterà che abbia luogo un secondo olocausto senza utilizzare tutto il suo arsenale» nel caso in cui Hezbollah e l’Iran attaccassero mentre Israele sta combattendo Hamas.
Zionist pundit Ben Shapiro says Israel will initiate Samson Option if America doesn’t arm Israel and force Egypt and Jordan to open their borders to Palestinian refugees.
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— AF Post (@AFpost) October 17, 2023
Come riportato da Renovatio 21, a novembre scorso il ministro del Patrimonio Amichai Eliyahu ha suscitato indignazione nel mondo musulmano quando ha lanciato l’idea di sganciare una «bomba nucleare» su Gaza. Il primo ministro Benjamin Netahyau ha sospeso il ministro dalle riunioni del gabinetto in seguito ai suoi commenti, che hanno fatto dire al portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova che potevano lasciar pensare ad un’ammissione riguardo al possesso di testate atomiche da parte dello Stato Ebraico. Il presidente turco Receps Erdogano approfittò per dire che era ora di fare chiarezza sullo status nucleare di Israele.
L’«Opzione Sansone» è il tema in un libro dei primi anni Novanta del giornalista investigativo premio Pulitzer Seymour Hersh, che documentava gli sforzi atomici di Israele, parlando del ruolo che avrebbe avuto il magnate inglese di origine transcarpatico-ebraica Robert Maxwell (vero nome Ján Ludvík Hyman Binyamin Hoch) come spia atomica dello Stato degli ebrei. Maxwell era il padre di Ghislaine, la madame di Jeffrey Epstein, arrestata dopo una enigmatica latitanza (si era fatta fotografare in un bar a Los Angeles mentre leggeva in libro sugli agenti segreti morti) e ora detenuta in carcere dove avrebbe ritrovato la fede ebraica di suo padre.
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Maxwell citò in giudizio Hersh, e nel 1994, il Mirror Group pagò «danni sostanziali» a Hersh e si scusò per attacchi stampa che mettevano in dubbio il suo lavoro, il quale sosteneva legami tra Maxwell e il Mossad.
Misteriosamente annegato di notte mentre si trovava sul suo panfilo in mezzo all’Atlantico (mentre uno scandalo finanziario travolgeva il suo impero a Londra), il Maxwell ricevette un funerale da eroe da parte dello stato israeliano, con sepoltura sul Monte degli Ulivi alla presenza di vari capi dell’Intelligence. Alcuni sostengono che questo onore eccezionale sia stato concesso in cambio dell’aiuto di Maxwell nella cattura (avvenuta in Italia) dell’attivista ed ex tecnico nucleare israeliano Mordecai Vanunu, il quale aveva rivelato al mondo il programma segreto di armamento nucleare dello Stato Ebraico.
Un’altra sospetta spia atomica israeliana sarebbe stato il produttore Arnon Milchan, fondatore della casa di produzione Regency a cui si devono film come C’era una volta in America, Brazil, Pretty Woman, Natural Born Killers, L.A. Confidential, The Revenant, 12 Years a Slave, Heat, Fight Club.
Secondo articoli usciti nel 2013, Milchan fu reclutato nel Lekem, un’organizzazione segreta dell’intelligence israeliana responsabile dell’ottenimento di tecnologia e materiale per il programma nucleare israeliano e altri programmi altamente segreti.
Milchan aveva prodotto JFK, importante film di Oliver Stone sull’assassinio del presidente Kennedy, in grado di rianimare il dibattito sul caso mostrando le incongruenze delle indagini e si indicavano le probabili piste, da cui tuttavia era completamente assente quella israeliana: alcuni ritengono che Tel Aviv avesse rapporti assai difficili con i Kennedy per l’opposizione di essi al programma nucleare militare israeliano.
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Nucleare
Stupende immagini della fusione nucleare
Plasma is better in colour! Watch one of our latest #plasma pulses in our ST40 tokamak, filmed using our new high-speed colour camera at an incredible 16,000 frames per second.
Each pulse lasts around a fifth of a second. What you’re seeing is mostly visible light from the… pic.twitter.com/jWKmcl0tEx — Tokamak Energy (@TokamakEnergy) October 15, 2025
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Conferenza mondiale sulla fusione nucleare in Cina
Il 14 ottobre è stata inaugurata nella megalopoli cinese di Chengdu, in Cina, la seconda riunione ministeriale del World Fusion Energy Group dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), con 1.000 partecipanti.
Il Global Times, giornale in lingua inglese del Partito Comunista Cinese, ha titolato: «Il “sole artificiale” di nuova generazione della Cina in fase di aggiornamento per i test al plasma: un esperto», offrendo un riassunto del programma cinese sulla fusione, con particolare attenzione al Tokamak superconduttore sperimentale avanzato (EAST).
Zhong Wulu, vicedirettore del Southwest Institute of Physics della China National Nuclear Corporation (CNNC) e responsabile della Divisione di Scienza della Fusione, ha dichiarato: «Per raggiungere l’energia da fusione commerciale, dobbiamo completare sei fasi, e al momento siamo alla terza». Il Zhong ha elencato le sei fasi come «esplorazione concettuale, esperimenti su larga scala, esperimenti al plasma, reattori sperimentali, reattori dimostrativi e reattori commerciali».
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Huang Mei, capo scienziato del CNNC e responsabile del progetto del ciclotrone elettronico, ha detto al Global Times che, nonostante la tabella di marcia preveda la produzione di energia da fusione entro il 2050 circa, «stiamo lavorando intensamente per anticipare questa scadenza il più possibile». Nella fase 3, il 20 gennaio 2025, il Tokamak EAST ha raggiunto un funzionamento continuo del plasma ad alto confinamento per 1.066 secondi (circa 17 minuti e tre quarti), con temperature superiori a 82 milioni di gradi Celsius.
Tuttavia, questo risultato straordinario non ha ancora raggiunto il punto di pareggio, in cui una reazione di fusione produce più energia di quella usata per riscaldare il plasma, né l’ignizione, in cui la reazione diventa autosostenibile.
Il Global Times sottolinea che gli esperti cinesi evidenziano come «i materiali e l’ingegneria rappresentino ulteriori sfide. È necessario sviluppare materiali strutturali capaci di resistere a temperature estreme e intense radiazioni neutroniche, magneti superconduttori altamente affidabili, sistemi criogenici e sistemi di diagnostica e controllo per monitorare il plasma in tempo reale con feedback rapido».
Questo sta portando a concentrarsi su leghe di tungsteno per componenti strutturali e magneti superconduttori in niobio-stagno, niobio-titanio o materiali superconduttori ad alta temperatura. Un’altra questione cruciale è «l’autosufficienza al trizio». Un obiettivo chiave è il passaggio dell’EAST a un reattore sperimentale, corrispondente alla quarta fase del processo.
Huang Mei del CNNC ha espresso ottimismo, secondo il Global Times, affermando che «il Southwest Institute of Physics, come “squadra nazionale” per la fusione, accelererà i progressi tecnici attraverso diverse piattaforme». Ha aggiunto: «Il momento che attendo con più entusiasmo è quando useremo il primo kilowatt di energia da fusione per accendere una lampadina, sarà l’istante più emozionante».
Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa scienziati cinesi avevano introdotto un nuovo dispositivo di prova per la produzione di fusione.
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Lo scorso marzo la Cina aveva fatto sapere che costruirà un reattore ibrido a fusione-fissione entro il 2030, con l’obiettivo di generare 100 megawatt di elettricità continua e connettersi alla rete nazionale entro la fine di questo decennio.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina sta portando avanti le ricerche sulla fusione da anni. La Cina ha accelerato con i suoi studi per la fusione dopo che negli scorsi anni un team di scienziati cinesi aveva affermato di aver trovato un metodo nuovo e più conveniente per il processo.
Una volta scoperto un processo stabile per ottenere la fusione, potrebbe entrare in giuoco l’Elio-3, una sostanza contenuta in grande abbondanza sulla Luna, dove la Cina, come noto, sta operando diverse missioni spaziali di successo. Da qui potrebbe svilupparsi definitivamente il ramo cosmico dello scacchiere internazionale, la geopolitica spaziale che qualcuno già chiama «astropolitica», e già si prospetta come un possibile teatro di guerra.
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«Non c’è vittoria nella guerra nucleare»: parla l’esperto in armamenti del MIT
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