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Assassinata donna sindaco in Messico, mentre viene eletta la presidente pro-aborto e pro-LGBT

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Un altro atroce omicidio politico si è consumato in Messico a poche ore dalla trionfale elezione della prima presidente donna, Claudia Sheinbaum.

 

Yolanda Sanchez Figueroa, alcaldesa («sindaca») della città di Cotija, è stata assassinata, una città nello stato messicano occidentale di Michoacan. La politica messicana l’anno scorso era già stata rapita da un gruppo armato. Ora è stata assassinata a colpi di arma da fuoco.

 

Lo ha comunicato il governo regionale, che ha condannato su X «l’omicidio della Presidente municipale di Cotija, Yolanda Sánchez Figuero», aggiungendo che è in corso un’operazione di sicurezza per catturare i colpevoli.

 


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Nel 2023, la Sánchez Figueroa era stata presa dai rapitori nel comune di Zapopan. La donna era stata poi rilasciata dopo alcuni giorni.

 

«Per individuare i responsabili dell’incidente è stata avviata un’operazione di sicurezza coordinata con le agenzie federali», si legge sul profilo X del governo dello stato di Michoacán.

 

Avvocato e consulente legale in diritto civile, con esperienza nel settore agricolo, la Sánchez è stata la prima donna a diventare presidente municipale di Cotija, grazie alla vittoria nelle elezioni di giugno 2021, dove ottenne 3.486 voti.

 

Entrata in carica il 1 settembre 2021, espresse subito la sua gioia di essere la prima donna sindaco del comune, da lei descritto come «terra di santi, culla di giramondo, di gente di lavoro, di lotta e di buona volontà».

 

Nel frattempo si sprecano le lodi internazionali per la neopresidente del Paese, la scienziata climatica di origini ebraiche Claudia Sheinbaum, che, nonostante qualche ritrosia a parlarne apertamente dovuta al fatto che la maggioranza del Paese è cattolica e pro-life, aveva inserito nei suoi 100 impegni programmati per dopo l’elezione anche la garanzia all’«accesso alla salute per le donne per tutto il loro ciclo vitale, con special riguardo per la salute sessuale e riproduttive», come noto un convoluto eufemismo orwelliano per indicare l’aborto.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Messico ha depenalizzato l’aborto lo scorso anno, di fatto separandosi da molti altri Paesi latinoamericani dove rimane proibito, al punto che la Corte Suprema di Città del Messico è arrivata ad inventare un «diritto all’aborto».

 

La Sheinbaum ha definito l’aborto un «diritto» e aveva reagito al ribaltamento del caso Roe v. Wade da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti nel 2022 affermando che si tratta di sarebbe «una battuta d’arresto» se gli Stati Uniti dovessero proteggere i bambini nel grembo materno.

 

L’allora segretario alla sanità dell’allora sindaco di Città del Messico, Oliva López Arellano, dichiarò che Città del Messico era un luogo in cui le donne americane potevano ottenere aborti non disponibili nel loro paese dopo la sentenza della Corte Suprema USA. In questo contesto, sembra probabile che, nonostante i sospetti in certi angoli delle femministe che volevano che Sheinbaum facesse una campagna più aperta, il presidente eletto sarà fermamente favorevole all’aborto

 

Le stesse previsioni si possono fare anche riguardo la tematica omotransessualista.

 

«Alcuni gruppi LGBT hanno rimproverato Sheinbaum per aver ampiamente evitato la questione transgender – altri partiti di sinistra l’hanno abbracciata, con alcuni che presentano candidati uomini in corsa per una carica come donne – ma questo, ancora una volta, è probabilmente dovuto alla sua attenzione a non spaventare ampie fasce di elettori social-conservatori» scrive LifeSite. «L’opposizione all’ideologia di genere è stata forte tra i leader latinoamericani e sudamericani, anche tra i leader fermamente di sinistra».

 

Le sue azioni negli anni scorsi, tuttavia, non lasciano spazio a molti dubbi. Nel 2022, ha celebrato la legalizzazione del «matrimonio» omosessuale negli Stati di Guerrero e Tamaulipas dichiarando: «oggi l’intero paese fa progressi in termini di parità di diritti con il passaggio dell’uguaglianza dei matrimoni [sic] a Guerrero e Tamaulipas. Celebro questa dimostrazione della volontà popolare e della ricerca della giustizia per tutti gli uomini e le donne da parte di entrambi i congressi statali. L’amore è amore».

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Nello stesso anno, è diventata il primo sindaco di Città del Messico a prendere parte alla parata del gay pride della città.

 

Nel 2023, in occasione della festa di Nostra Signora di Guadalupe, ha pubblicato una sua foto su Twitter affermando: «il mio sogno è continuare a lottare per le persone sessualmente diverse [sic] come ho fatto a Città del Messico».

 

Come riportato da Renovatio 21, matrimonio omofilo è stato legalizzato in tutto il Paese due anni fa. Il Paese sarebbe divenuto un contendente dell’Ucraina come principale sede dell’industria della maternità surrogata.

 

La Sheinbaum è stata coinvolta anni fa in un caso di demolizione di una chiesa.

 

Come riportato da Renovatio 21, il caos è tale che il sindaco della città di Tijuana, proprio sotto il confine americano, l’anno passato ha dovuto rifugiarsi in una base militare. Pochi giorni fa un allarme sulla sicurezza del Paese era stato lanciato anche dal vescovo di San Cristobal de Las Casas, monsignor Rodrigo Aguilar.

 

«In alcune zone del Chiapas colpite dalla violenza, i trafficanti di droga controllano il movimento e non ci sono le condizioni per organizzare un voto elettorale», aveva spiegato in un video pubblicato sul sito informativo della diocesi.

 

Il tasso di omicidi in Messico è tra i più alti al mondo e oltre 100.000 persone risultano disperse in tutto il Paese. Secondo alcuni dati spesso utilizzati da chi parla di «femminicidio», circa 10 donne vengono uccise ogni giorno. Sui rapporti tra questo fiume di sangue e l’antica usanza al sacrificio umano di quelle terre in era precolombiana – cioè, precristiana – sono state fatte speculazioni socio-religiose e metafisiche.

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I detenuti minacciano Sarkozy e giurano vendetta vera per Gheddafi

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Un video girato con un cellulare nella prigione parigina La Santé sembra mostrare che i detenuti hanno minacciato l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy di vendicare la morte del defunto leader libico Muammar Gheddafi.   Sarkozy, 70 anni, ha iniziato a scontare la sua condanna a cinque anni martedì, dopo che un tribunale di Parigi lo ha dichiarato colpevole di associazione a delinquere finalizzata a finanziare la sua campagna presidenziale del 2007 con denaro di Gheddafi, contro il quale in seguito guidò un’operazione di cambio di regime sostenuta dalla NATO che distrusse la Libia e portò alla morte di Gheddafi.   Martedì hanno iniziato a circolare video ripresi da La Sante, in cui presunti detenuti minacciavano e insultavano Sarkozy, che sta scontando la sua pena nell’ala di isolamento del carcere.   «Vendicheremo Gheddafi! Sappiamo tutto, Sarko! Restituisci i miliardi di dollari!», ha gridato un uomo in un video pubblicato sui social media. «È tutto solo nella sua cella. È appena arrivato… se la passerà brutta».  

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Il ministro degli Interni francese Laurent Nunez ha sottolineato che, a causa del pericolo, due agenti di polizia della scorta di sicurezza assegnata agli ex presidenti saranno di stanza in modo permanente nelle celle adiacenti a quella di Sarkozy.   «L’ex presidente della Repubblica ha diritto alla protezione in virtù del suo status. È evidente che sussiste una minaccia nei suoi confronti, e questa protezione viene mantenuta durante la sua detenzione», ha dichiarato Nunez mercoledì alla radio Europe 1.   Sarkozy, che ha guidato la Francia tra il 2007 e il 2012, ha negato tutte le accuse a suo carico, sostenendo che siano di matrice politica. Il suo team legale ha presentato una richiesta di scarcerazione anticipata, in attesa del procedimento di appello.   L’inchiesta su Sarkozy è iniziata nel 2013, in seguito alle affermazioni del figlio di Gheddafi, Saif al-Islam, secondo cui suo padre aveva fornito alla campagna dell’ex presidente circa 50 milioni di euro.   A dicembre 2024, la Corte Suprema francese ha confermato una condanna del 2021 per corruzione e traffico di influenze, imponendo a Sarkozy un dispositivo elettronico per un anno. È stato anche condannato per finanziamento illecito della campagna per la rielezione fallita del 2012, scontando la pena agli arresti domiciliari.   Nel 2011, Sarkozy ha avuto un ruolo di primo piano nell’intervento della coalizione NATO che ha portato alla cacciata e alla morte di Gheddafi, facendo sprofondare la Libia in un caos dal quale non si è più risollevata.   Come riportato da Renovatio 21, all’inizio del 2025 gli era stata revocata la Legion d’Onore. In Italia alcuni hanno scherzato dicendo che ora «Sarkozy non ride più», un diretto riferimento a quando una sua risata fatta con sguardo complice ad Angela Merkel precedette le dimissioni del premier Silvio Berlusconi nel 2011 e l’installazione in Italia (sotto la ridicola minaccia dello «spread») dell’eurotecnocrate bocconiano Mario Monti.     Nell’affaire Gheddafi finì accusata di «falsificazione di testimonianze» e «associazione a delinquere allo scopo di preparare una frode processuale e corruzione del personale giudiziario» anche la moglie del Sarkozy, l’algida ex modella torinese Carla Bruni, la quale, presentatole il presidente dall’amico comune Jacques Séguela (pubblicitario autore delle campagne di Mitterand e Eltsin) secondo la leggenda avrebbe confidato «voglio un uomo dotato della bomba atomica».  

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Il Giappone elegge una donna conservatrice come primo ministro

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Sanae Takaichi è diventata la prima donna Primo Ministro del Giappone, vincendo le elezioni parlamentari di Tokyo martedì. Esponente di lungo corso del Partito Liberal Democratico (LDP), nota come la «Lady di Ferro» del Giappone per la sua ammirazione verso l’ex primo ministro britannico Margaret Thatcher, Takaichi è riconosciuta per il suo conservatorismo sociale, il nazionalismo e il sostegno a un ruolo più ampio per le forze armate giapponesi.

 

A 64 anni, Takaichi ha sostenuto la revisione della clausola pacifista della costituzione postbellica del Giappone e il riconoscimento ufficiale delle Forze di autodifesa come esercito nazionale. Ha inoltre appoggiato un aumento della spesa per la difesa e una maggiore cooperazione militare con gli Stati Uniti.

 

Le sue posizioni sulla sicurezza nazionale richiamano le politiche dell’ex premier Shinzo Abe, di cui è considerata una protetta e con cui aveva stretti legami politici.

 

Frequente visitatrice del Santuario Yasukuni di Tokyo, che rende omaggio ai caduti giapponesi, inclusi criminali di guerra della Seconda Guerra Mondiale, Takaichi è stata spesso criticata dai Paesi vicini per quello che considerano revisionismo storico. Ha difeso le sue visite come atti di rispetto personale, sostenendo che i crimini di guerra dei soldati giapponesi siano stati esagerati.

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A livello interno, Takaichi si oppone al matrimonio tra persone dello stesso sesso, sostiene la successione imperiale esclusivamente maschile e ha criticato le proposte di cognomi separati per le coppie sposate.

 

La Takaicha ha inoltre appoggiato il rafforzamento dei confini e politiche migratorie più rigide, chiedendo misure contro i visti non concessi, il turismo eccessivo e l’acquisto di terreni da parte di stranieri, soprattutto vicino a risorse strategiche.

 

In politica estera, la Takaichi ha definito la crescente potenza militare della Cina una «seria preoccupazione», proponendo misure di deterrenza, tra cui un patto di sicurezza con Taiwan.

 

Si ritiene che Takaichi non intenda perseguire un significativo riavvicinamento con la Russia, avendo ripetutamente rivendicato la sovranità sulle isole Curili meridionali, annesse dall’Unione Sovietica nel 1945 come parte degli accordi postbellici.

 

Takaichi assume la carica in un momento critico per il Giappone, che affronta un tasso di natalità ai minimi storici, un rapido invecchiamento della popolazione, un’inflazione persistente e il malcontento pubblico per gli scandali politici che hanno eroso la fiducia nel PLD, il partito al governo.

 

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Immagine di 内閣広報室|Cabinet Public Affairs Office via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

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Elezioni in Bolivia, il Paese si sposta a destra

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Domenica si è svolto in Bolivia il ballottaggio per le elezioni presidenziali, che ha visto contrapporsi due candidati di destra: il senatore centrista Rodrigo Paz Pereira e l’ex presidente conservatore Jorge Quiroga.   I risultati preliminari indicano che Paz ha ottenuto il 54,6% dei voti, mentre Quiroga si è fermato al 45,4%. Sebbene sia prevista un’analisi manuale delle schede, è improbabile che il risultato definitivo differisca significativamente dal conteggio iniziale, basato sul 97% delle schede scrutinate.   Le elezioni segnano la fine del ventennale dominio del partito di sinistra Movimiento al Socialismo (MAS), che ha subito una pesante sconfitta nelle elezioni di fine agosto. Il presidente uscente Luis Arce – che ha recentemente accusato gli USA di controllare l’America latina sotto la maschera della «guerra alla droga» – non si è ricandidato, e il candidato del MAS, il ministro degli Interni Eduardo del Castillo, ha raccolto solo il 3,16% dei voti, superando di poco la soglia necessaria per mantenere lo status legale del partito.

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Nel primo turno, la destra ha dominato: Paz ha ottenuto il 32,1% dei voti e Quiroga il 26,8%. Il magnate di centro-destra Samuel Doria Medina, a lungo favorito nei sondaggi, si è classificato terzo con il 19,9% e ha subito appoggiato Paz per il ballottaggio.   Entrambi i candidati hanno basato la loro campagna sullo smantellamento dell’eredità del MAS, differendo però nei metodi. Paz ha promesso riforme graduali, mentre Quiroga ha sostenuto cambiamenti rapidi, proponendo severe misure di austerità per affrontare la crisi.   Il MAS non si è mai ripreso dai disordini del 2019, quando l’ex presidente Evo Morales fu deposto da un colpo di Stato subito dopo aver ottenuto un controverso quarto mandato. In precedenza, Morales aveva perso di misura un referendum per modificare la norma costituzionale che limita a due i mandati presidenziali e vicepresidenziali. Più di recente, Morales ha accusato tentativi di assassinarlo ed è entrato in sciopero della fame, mentre i suoi sostenitori hanno dato vita ad una ribellione. Il Morales, recentemente accusato anche di stupro (accuse che lui definisce «politiche»), in una lunga intervista aveva detto che dietro il suo rovesciamento nel 2019 vi erano «la politica dell’impero, la cultura della morte» degli angloamericani.   Il colpo di Stato portò al potere la politica di destra Jeanine Áñez, seconda vicepresidente del Senato. Tuttavia, il MAS riconquistò terreno nelle elezioni anticipate dell’ottobre 2020, mentre Áñez fu incarcerata per i crimini commessi durante la repressione delle proteste seguite al golpe.

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Il passaggio storico è stato definito da alcuni come la prima «guerra del litio», essendo il Paese ricco, come gli altri Stati limitrofi, della sostanza che rende possibile la tecnologia di computer, telefonini ed auto elettriche.   Come riportato da Renovatio 21, un tentato colpo di Stato vi fu anche l’anno scorso quando la polizia militare e veicoli blindati hanno circondato il palazzo del governo nella capitale La Paz.   Sotto il presidente Arce la Bolivia si era avvicinata ai BRICS e aveva iniziato a commerciare in yuan allontanandosi dal dollaro.

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