Gender
Arrestato per aver condiviso un meme critico degli LGBT. La psicopolizia è realtà
Un video circolante ora in rete mostra la polizia britannica arrestare un veterano dell’esercito dopo che l’uomo ha condiviso un meme su Facebook.
A quanto è stato detto, tale meme, che era stato solo condiviso dal cittadino messo agli arresti, avrebbe «causato ansia» a qualcuno, che lo ha quindi segnalato alle forze dell’ordine, che a loro volta hanno ritenuto di dover intervenire fisicamente.
Il 51enne Darren Brady è stato arrestato venerdì ad Aldershot, una località a Sud Ovest di Londra, per aver ripubblicato un meme di bandiere LGBT disposte a forma di svastica.
If you saw this video go viral, the details are even more insane.
British police arrested a guy for posting this meme on social media of the trans flag shaped like a swastika.
They also arrested the guy who filmed the video for good measure. pic.twitter.com/1nnUxZR0jU
— Greg Price (@greg_price11) July 31, 2022
Il meme è stato originariamente pubblicato dall’attivista politico conservatore Laurence Fox, il cui account Twitter è stato successivamente bloccato, come riportato dal Daily Mail. Il Fox aveva spiegato che il meme è un modo per attirare l’attenzione sul mese del Pride Month che egli vede sempre più come «forzato da un senso di autoritarismo prepotente».
Quando Brady ha ripubblicato il meme su Facebook, qualcuno lo ha denunciato alla polizia, che si è presentata a casa sua, non una ma due volte, scrive Summit News.
«La prima volta, Brady ha detto che la polizia gli ha dato la “possibilità” di frequentare un “corso di rieducazione” a proprie spese di 80 sterline per evitare di essere arrestato e potenzialmente accusato di un crimine d’odio».
«La polizia è quindi tornata dieci giorni dopo e ha arrestato Brady, così come Harry Miller, un ex agente di polizia diventato attivista che ha cercato di impedire l’arresto».
Laurence Fox, l’attivista autore del post condiviso che Brady aveva contattato nel frattempo, ha filmato l’arresto.
— Laurence Fox (@LozzaFox) July 28, 2022
Nel filmato, Brady chiede agli agenti: «Perché sono in manette?».
Un membro delle forze dell’ordine risponde. «Non doveva assolutamente arrivare a questo».
«Qualcuno ha avuto ansia a causa al tuo post sui social media. Ecco perché sei stato arrestato».
Guardati voi stessi le immagini: manette, per un meme.
“Someone has been caused anxiety based on your social media post. And that is why you’re being arrested.” British policing, 2022. pic.twitter.com/D4MZhbXq08
— Paul Embery (@PaulEmbery) July 30, 2022
La lista degli psicoreati perseguiti concretamente in Gran Bretagna attuale – davvero degna patria di Orwell – è oramai lunghissima.
Elenca sempre Summit News:
- Un uomo del Regno Unito è stato incarcerato per 20 settimane per il “reato” di aver pubblicato meme offensivi di George Floyd nelle chat di gruppo private di WhatsApp e Facebook
- L’anno scorso, una madre di 50 anni in Scozia è stata accusata di «crimine d’odio transfobico» dopo aver ritwittato l’immagine di un nastro di suffragette.
- A giugno, le forze di polizia dell’Essex sono state ridicolizzate per aver twittato il loro sostegno al gay pride , ma nello stesso tweet hanno avvertito gli intervistati che avrebbero «monitorato» le risposte per «crimini d’odio».
We celebrate diversity by raising the Pride Progress flag for #PrideMonth at our HQ & to honour those who championed for equality before us! #WeValueDifference #PoliceinPride https://t.co/rOXvmf2B7G *We’re monitoring our posts. All hate crime will be reported & investigated* pic.twitter.com/iYYwJiheXQ
— Essex Police (@EssexPoliceUK) June 6, 2022
- Dopo aver contattato i suoi datori di lavoro, la polizia di Humberside ha interrogato un uomo e gli ha detto di «controllare il suo pensiero» dopo aver pubblicato una filastrocca che offendeva una persona transgender.
- La polizia del Merseyside è stata costretta a rispondere dopo che gli agenti avevano preso parte a una campagna pubblicitaria elettronica fuori da un supermercato in cui affermava che “essere offensivi è un reato”, con le autorità che in seguito hanno chiarito che in realtà non si tratta di un reato.
Merseyside Police outside an Asda store today. “Being offensive is an offence.” Staggering. pic.twitter.com/VBeCJsDS2s
— Paul Embery (@PaulEmbery) February 21, 2021
Sì, siamo dentro l’incubo distopico della società post-costituzionale, dove la libertà di espressione è un ridicolo miraggio, e dove si viene perseguiti perfino per ciò che si ospita dentro il proprio foro interiore.
La parola giusta è, esattamente: psicopolizia.
Gender
La prima donna primo ministro del Giappone si oppone al «matrimonio» omosessuale
La nuova prima ministra giapponese, Sanae Takaichi, prima donna a ricoprire questa carica, si oppone al «matrimonio» omosessuale.
Takaichi, insediatasi martedì, ha espresso durante un dibattito elettorale dello scorso mese la sua contrarietà al «matrimonio» omosessuale, pur definendo «giusta» una relazione omosessuale, secondo il sito di informazione LGBT Them.
Nel 2023, durante una riunione della commissione bilancio del governo, ha descritto la legalizzazione del «matrimonio» omosessuale come una «questione estremamente complessa», citando un articolo della costituzione giapponese che definisce il matrimonio come basato sul «consenso reciproco di entrambi i sessi».
Le posizioni di Takaichi sul «matrimonio» omosessuale, non legale in Giappone, sono in contrasto con l’opinione pubblica del Paese, prevalentemente laica. Un sondaggio Pew del 2023 ha rilevato che circa il 70% dei giapponesi sostiene il «matrimonio» omosessuale, il tasso di approvazione più alto tra i Paesi asiatici analizzati.
Diverse città e località giapponesi emettono «certificati di unione» per le coppie omosessuali. Ad esempio, nel 2015 il distretto di Shibuya a Tokyo ha approvato una normativa che riconosce le coppie omosessuali «come partner equivalenti a quelli sposati per legge».
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Inoltre, l’anno scorso un’Alta corte giapponese ha stabilito che il divieto del codice civile sul «matrimonio» omosessuale viola il principio costituzionale contro la discriminazione basata su «razza, credo, sesso, status sociale o origine familiare». Tuttavia, le Alte corti giapponesi non possono abrogare il divieto, rendendo la sentenza simbolica.
Paradossalmente, nonostante sia la prima donna a capo del governo giapponese, l’amministrazione di Takaichi è stata criticata dalla sinistra come un ostacolo per la «parità di genere» e i «diritti delle minoranze sessuali». L’emittente pubblica americana PBS News l’ha definita «non femminista».
Takaichi sostiene la successione esclusivamente maschile della famiglia imperiale, che ha un ruolo cerimoniale, e si oppone alla possibilità per le coppie sposate di mantenere cognomi separati, sostenendo che ciò potrebbe «minare la struttura sociale basata sulle unità familiari». Tuttavia, non insiste sul fatto che la donna debba adottare il cognome del marito. Curiosamente, il marito di Takaichi, il politico LDP Taku Yamamoto, ha preso il suo cognome quando si sono risposati, per cui ora legalmente si chiama Taky Takaichi
«La nascita della prima donna primo ministro giapponese è storica, ma (Takaichi) rappresenta un’ombra per la parità di genere e i diritti delle minoranze sessuali», ha dichiarato a PBS Soshi Matsuoka, attivista LGBT. «Le opinioni di Takaichi su genere e sessualità sono estremamente conservatrici e potrebbero costituire un grave ostacolo per i diritti, in particolare per le minoranze sessuali».
Il Giappone resta uno dei pochi Paesi sviluppati, insieme a Paesi come Corea del Sud e Repubblica Ceca, a non aver legalizzato il «matrimonio» omosessuale.
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Immagine di 内閣広報室|Cabinet Public Affairs Office via Wikimedia pubblicata su licenza Attribution 4.0 International
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Il Parlamento austriaco vieta il linguaggio «inclusivo di genere» nelle sue comunicazioni ufficiali
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Gender
Il transgenderismo è in declino tra i giovani americani: «una moda in declino»
Un recente rapporto indica un calo nell’identificazione transgender tra i giovani americani, dopo il picco registrato durante l’amministrazione Biden.
Il rapporto, intitolato «The Decline of Trans and Queer Identity among Young Americans», redatto dal professor Eric Kaufmann, analizza i dati di studenti universitari negli Stati Uniti attraverso sette fonti.
I risultati mostrano che l’identificazione transgender è scesa a circa la metà rispetto al massimo raggiunto nel 2023, passando dal 7% al 4%.
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Tra il 2024 e il 2025, meno studenti universitari del primo anno si sono identificati come «trans o queer» rispetto agli studenti dell’ultimo anno, invertendo la tendenza osservata nel 2022-2023.
Anche l’identificazione come «non binario» (né uomo né donna) è diminuita della metà in tre delle cinque fonti di dati dello studio. L’identificazione eterosessuale è in aumento, pur rimanendo inferiore rispetto al 2020, mentre quella gay e lesbica è rimasta stabile.
«Questo suggerisce che la non conformità di genere/sessuale continuerà a diminuire», ha scritto Kaufmann su X, commentando i risultati, definendo l’identità transgender e queer una «moda» ormai in declino.
«Il calo delle persone trans e queer sembra simile allo svanire di una tendenza», ha affermato, sottolineando che tale cambiamento è avvenuto indipendentemente dalle variazioni nelle convinzioni politiche o nell’uso dei social media, ma con un ruolo significativo del miglioramento della salute mentale.
«Gli studenti meno ansiosi e, soprattutto, meno depressi [sono] associati a una minore percentuale di identificazioni trans, queer o bisessuali», ha aggiunto.
Come riportato da Renovatio 21, gennaio, il presidente Trump – che prima di rientrare alla Casa Bianca aveva promesso di fermare la «follia transgender» dal primo giorno della sua presidenza –ha firmato un ordine esecutivo per vietare al governo federale di finanziare o promuovere la transizione di genere nei minori. «Questa pericolosa tendenza sarà una macchia nella storia della nostra nazione e deve finire», ha dichiarato.
Sono seguiti interventi dell’amministrazione Trump contro il reclutamento di trans nell’esercito (nonché la cacciata dei già recluati) e la partecipazione di transessuali maschi alle gare sportive delle donne. «la guerra allo sport femminile è finita» ha dichiarato il presidente americano.
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Secondo il Williams Institute, il 76% delle persone transgender (circa 2,8 milioni) ha meno di 35 anni, di cui il 25% (724.000) è tra i 13 e i 17 anni. Il rapporto evidenzia che la composizione razziale delle persone transgender riflette quella degli Stati Uniti. Circa un terzo si identifica come donna, un terzo come uomo e un terzo come non binario.
Dal 2022, il Williams Institute stima che il numero di persone transgender sia cresciuto da 1,6 milioni a 2,8 milioni, un aumento del 75% in tre anni.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa uno studio dell’ente americano Public Religion Research Institute (PRRI) aveva rivelato che più di un americano su quattro (28%) di età compresa tra 18 e 25 anni, nota come Generazione Z, si è identificato come LGBT.
La «moda» ora può essere finita. Tuttavia, ci chiediamo: quale ne è stato il prezzo?
Quanti ragazzi castrati per sempre? Quante ragazze mutilate dei seni? Quanti adolescenti intossicati di steroidi sintetici? Quante famiglie lacerate e distrutte?
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