Politica
Arrestata e rilasciata l’ex premier scozzese paladina woke
Nicola Sturgeon, ex primo ministro scozzese e un tempo uno dei politici più importanti della Gran Bretagna, è stata arrestata domenica da agenti di polizia che indagavano sulle finanze del Partito Nazionale Scozzese, che domina la politica del Paese e che la Sturgeon ha guidato fino alle sue inaspettate dimissioni a febbraio. Lo riporta il New York Times.
Il marito della Sturgeon, Peter Murrell, ex amministratore del partito, è stato pure arrestato a inizio aprile. Arrestato pure l’ex tesoriere del partito Colin Beattie. Entrambi gli uomini sono stati rilasciati dopo essere stati interrogati e senza essere accusati di alcun reato. In una dichiarazione rilasciata nel tardo pomeriggio di domenica, la polizia scozzese ha affermato che anche la Sturgeon era stata «rilasciata senza accusa in attesa di ulteriori indagini».
L’ex primo ministro ha quindi proclamato pubblicamente la sua innocenza.
«Trovarmi nella situazione in cui mi trovavo oggi quando sono certa di non aver commesso alcun reato è sia uno shock che profondamente angosciante”, ha scritto la signora Sturgeon su Twitter. «L’innocenza non è solo una presunzione a cui ho diritto per legge. So oltre ogni dubbio che in realtà sono innocente di qualsiasi illecito».
STATEMENT pic.twitter.com/MlpWJGzwi0
— Nicola Sturgeon (@NicolaSturgeon) June 11, 2023
Il recente sviluppo costituisce una drammatica caduta in disgrazia per la signora Sturgeon, una popolare figura politica che è stato primo ministro della Scozia per più di otto anni fino a quando ha annunciato che si sarebbe dimessa.
La prospettiva di un nuovo voto – dopo la batosta dell’ultimo referendum del 2014 dove gli indipendentisti persero di 10 punti percentuali – sulla secessione dal Regno Unito era già svanita prima che la Sturgeon si dimettesse, tuttavia le indagini sul partito sono una significativa battuta d’arresto per le forze indipendentiste.
L’operazione Branchform, il nome in codice dell’inchiesta della polizia scozzese, è iniziata nel 2021 e avrebbe seguito denunce sulla gestione di circa 600.000 sterline, o circa 750.000 dollari, in donazioni raccolte per la campagna per un secondo voto sull’indipendenza scozzese.
Si pensa che le autorità stiano esaminando se il denaro destinato a lottare per un altro voto sull’indipendenza sia stato dirottato per uno scopo diverso e stiano indagando sul motivo per cui Murrell, marito della Sturgeona dal 2010 e amministratore dello Scottish National Party dal 1999, ha concesso un prestito al partito.
Dopo l’arresto dell’uomo, i media britannici hanno riferito che la polizia aveva sequestrato un camper di lusso parcheggiato fuori dalla casa di sua madre, ma tuttavia è stato confermato ai giornalisti dall’attuale premier che il partito aveva acquistato il veicolo come ufficio mobile per le campagne – tuttavia ha anche detto di aver appreso dell’acquisto solo dopo essere diventato leader.
Come riportato da Renovatio 21, l’attuale premier scozzese è il musulmano non osservante Humza Yousaf, preferito nel rush finale dopo le strane dimissioni della Sturgeon alla cristiana praticante Kate Forbes, contraria al matrimonio omosessuale, così come alle nascite extramatrimoniali, e difensore accorato della famiglia tradizionale.
Alcuni commentatori avevano detto al momento del passo indietro della Sturgeon che la sua parabola era stata distrutta dall’estremismo woke.
«Sotto l’egregio malgoverno del Partito Nazionalista Scozzese, la Scozia stava gradualmente diventando uno stato fallito, ma è stata la sua conversione quasi religiosa alla forma più estrema di ideologia di genere che l’ha fatta cadere» aveva scritto un editoriale del Telegraph. La Sturgeon aveva lanciato un «Gender Recogniotion Reform Bill» («Legge di riforma del riconoscimento di genere»). Sulla legge pose il veto il primo ministro britannico Rishi Sunak, appena atterrato a Downing Street.
Il disegno di legge proponeva effettivamente un sistema di «autoidentificazione» o «dichiarazione» per i transessuali in sostituzione dell’attuale legislazione che richiede a una persona trans, di età superiore ai 18 anni, di dimostrare di aver «vissuto nel proprio genere acquisito» per due anni e di produrre due referti medici per cambiare legalmente il proprio sesso.
Il nuovo disegno di legge avrebbe consentito a qualsiasi persona di età superiore ai 16 anni, nata o residente in Scozia, di cambiare sesso legalmente, entro un periodo di appena sei mesi e senza alcuna necessità di una diagnosi ufficiale di disforia di genere.
Le femministe scozzesi avevano alzato le barricate, ma la Sturgeon non si è fermata.
Secondo la legge, se una persona di sesso maschile si dichiara femmina, potrebbe richiedere un Certificato di Riconoscimento di Genere (GRC) e diventare, a tutti gli effetti di legge, donna. Nella maggior parte dei casi, ciò darebbe loro accesso diretto a spazi e strutture per sole donne come carceri, reparti ospedalieri, rifugi per violenza domestica e centri di crisi per stupro. Potrebbero anche candidarsi per posti di lavoro designati per le donne ai sensi della legge sull’uguaglianza del 2010.
«In breve, se codificato in legge, questo disegno di legge renderebbe effettivamente nulli i diritti e le protezioni basati sul sesso duramente guadagnati dalle donne» aveva scritto Al Jazeera.
Del sistema ha usufruito uno stupratore condannato e definitosi poi transessuale, che ha chiesto di essere sistemato in un carcere femminile.
Come riportato da Renovatio 21, la Scozia sta legalizzando l’eutanasia.
Solo un anno fa, nei giornali scozzesi si potevano trovare sondaggi deliranti come quelli sulla possibilità di introdurre campi di concentramento COVID.
Nel frattempo, una inspiegata ondata di neonati morti – con aumento statistico cospicuo – si è manifestata nel Paese.
Immagine di Scottish Government via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Politica
Brigitta Macron contro le femministe: «stupide stronze»
La moglie del presidente francese Emmanuel Macron, Brigitte, ha provocato un’ondata di indignazione dopo aver definito le manifestanti femministe «salles connes», cioè «stupide stronze».
All’inizio di questa settimana è emerso un video (poi cancellato) in cui la first lady francese, domenica scorsa, chiacchierava in privato nel backstage con l’attore e comico ebreo sefardita Ary Abittan, in passato accusato di stupro. L’artista 51enne era in tournée per la prima volta dopo che i giudici istruttori avevano archiviato il caso per mancanza di prove.
La sera precedente, il collettivo femminista Nous Toutes («Tutte noi») aveva fatto irruzione nel suo spettacolo di cabaret: alcune attiviste, con maschere raffiguranti il volto dell’attore e la scritta «stupratore», si erano alzate in mezzo al pubblico gridando «Abittan stupratore» prima di essere accompagnate fuori.
Nel video trapelato, Abittan scherza sul fatto di sentirsi ancora nervoso, probabilmente temendo il ritorno delle manifestanti. Si sente chiaramente Brigitte Macron rispondere in tono scherzoso: «Se ci sono delle stupide stronze, le cacceremo via».
Martedì un portavoce dell’Eliseo ha spiegato che la first lady stava solo cercando di tranquillizzare l’attore e che il suo commento era diretto unicamente ai metodi radicali usati per interrompere lo spettacolo.
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Nonostante la precisazione, le reazioni sono state immediate e trasversali: politici di tutti gli schieramenti, attivisti e personalità del mondo del cinema hanno condannato le parole.
La segretaria nazionale dei Verdi, Marine Tondelier, le ha definite «estremamente gravi»; la senatrice LR Agnès Evren le ha giudicate «profondamente sessiste». Persino l’ex presidente François Hollande ha criticato la scelta lessicale della first lady. L’attrice Judith Godrèche, divenuta simbolo della lotta contro le violenze sessuali nel cinema francese dopo aver denunciato abusi subiti da minorenne, ha chiesto la fine di questi comportamenti nel settore culturale e ha pubblicato un breve messaggio su Instagram contro le dichiarazioni di Brigitte Macron. Il collettivo Nous Toutes ha poi trasformato la frase in un hashtag virale sui social.
Brigitta Macron era già finita al centro dell’attenzione nei mesi scorsi per una lunga vicenda giudiziaria legata alle teorie complottiste che la descrivono come transgender. Una sentenza di quest’anno ha condannato e multato le due donne che avevano diffuso la falsa notizia, riaccendendo il dibattito sulle molestie online contro le figure pubbliche.
Il caso aveva avuto risonanza internazionale dopo che la commentatrice americana Candace Owens ne aveva ripreso le accuse, per poi dichiarare che i Macron avessero ordinato il suo assassinio.
Come riportato da Renovatio 21, Macron aveva chiesto personalmente a Trump di intercedere con la Owens per farla smettere di parlare dell’incredibile teoria per cui la Brigitta sarebbe nata uomo.
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Immagine di Mélanie Praquin via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Politica
Trump: Zelens’kyj deve indire le elezioni
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Politica
Tentativo di colpo di Stato in Benin
Un gruppo di militari del Benin, paese dell’Africa occidentale, ha proclamato la propria ascesa al potere attraverso la tv di stato SRTB. Tuttavia, diverse fonti hanno indicato che un assalto alla residenza presidenziale è fallito.
I soldati hanno sfruttato la rete televisiva per annunciare la sospensione delle istituzioni nazionali e della Costituzione beninese, ordinando la chiusura di tutte le frontiere aeree, terrestri e marittime. Hanno designato il tenente colonnello Pascal Tigri come presidente del Comitato Militare per la Rifondazione (CMR), «a partire da oggi». In seguito, il segnale del canale è stato tagliato.
Il ministro degli Esteri del Benin, Olushegun Adjadi Bakari, ha riferito all’agenzia Reuters che «un piccolo gruppo» di militari ha orchestrato un tentativo di golpe, ma le truppe leali al presidente Patrice Talon sono al lavoro per ristabilire la normalità. «C’è un tentativo in corso, ma la situazione è sotto controllo… La maggior parte dell’esercito rimane fedele e stiamo riprendendo il dominio della faccenda», ha precisato.
Il governo ha poco fa diffuso un video in lingua francese per spiegare l’accaduto. A parlare è Sig. Alassane Seidou, ministro dell’Interno e della Pubblica Sicurezza del Paese.
#Gouvbenin | #Wasexo | #DefenseSecuriteBenin |
🚨📢 Tentative de déstabilisation de l’État et ses Institutions : Le Gouvernement rassure la populationhttps://t.co/QYgsl5eIfS pic.twitter.com/LiG1xJdmKG
— Gouvernement du Bénin 🇧🇯 (@gouvbenin) December 7, 2025
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«Cari concittadini, Nelle prime ore del mattino di domenica 7 dicembre 2025, un piccolo gruppo di soldati ha scatenato un ammutinamento con l’obiettivo di destabilizzare lo Stato e le sue istituzioni. Di fronte a questa situazione, le Forze Armate del Benin e i loro vertici, fedeli al giuramento, rimasero fedeli alla Repubblica».
«La loro risposta ha permesso loro di mantenere il controllo della situazione e di sventare la manovra. Di fronte a questa situazione, le Forze Armate del Benin e i loro vertici, fedeli al giuramento, rimasero fedeli alla Repubblica. Pertanto, il Governo invita la popolazione a continuare a svolgere le proprie attività come di consueto».
A Cotonou, la principale città del Benin, si sono sentiti spari sin dalle prime ore di domenica, sebbene le voci di un colpo di stato non siano ancora verificate, ha dichiarato Maxim Meletin, portavoce dell’ambasciata russa nel paese africano, all’agenzia African Initiative.
«Dalle 7 del mattino, abbiamo rilevato colpi d’arma da fuoco e detonazioni di granate nei dintorni della residenza presidenziale. Stando a indiscrezioni non confermate, militari beninesi si sono presentati alla tv nazionale per proclamare la destituzione del presidente», ha proseguito Meletin.
Una fonte vicina a Talon, interpellata da Jeune Afrique, ha raccontato che uomini in divisa hanno provato a irrompere nella residenza presidenziale intorno alle 6 del mattino ora locale, con il capo dello Stato ancora all’interno. L’incursione sarebbe stata sventata dalle guardie di sicurezza, e il presidente sarebbe illeso.
Tuttavia, questi dettagli non hanno ricevuto conferme indipendenti da canali ufficiali. Unità dell’esercito fedeli al regime in carica hanno risposto con una controffensiva. Si parla di elicotteri che pattugliano Cotonou, mentre varie zone del centro urbano risultano bloccate.
Talon è al timone del Benin dal 2016; il suo secondo e ultimo mandato scadrà nel 2026. La Carta Costituzionale ammette soltanto due quinquenni presidenziali, e le urne per il dopo-Talon sono in programma il 12 gennaio 2026.
Nell’agosto 2025, la maggioranza al governo ha sostenuto la corsa alla presidenza del ministro dell’Economia e delle Finanze, Romuald Wadagni.
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Immagine da Twitter
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