Geopolitica
Armi pakistane, russe e iraniane per l’avanzata talebana
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews
I fondamentalisti islamici controllano ora metà delle capitali provinciali afghane. Armamenti acquistati nei mercati clandestini del Pakistan. Ex vice ministro di Kabul: I talebani hanno complesse relazioni con i Paesi della regione. I loro crescenti contatti con la Cina possono allarmare la Russia.
Continua in Afghanistan l’avanzata dei talebani, che ora controllano metà delle 34 capitali provinciali, minacciando in modo diretto Kabul. Le rapide conquiste dei ribelli islamisti, favorite dal ritiro degli USA e dei suoi alleati dopo 20 anni di presenza militare nel Paese, pongono l’interrogativo di dove essi trovino risorse e armi per sconfiggere a più riprese l’esercito afghano, sulla carta meglio addestrato ed equipaggiato (da Washington).
Non è provato che questi armamenti siano forniti dai Paesi citati
Saifullah Ahmadzai, ricercatore di stanza a Kabul dell’International Crisis Group, riferisce ad AsiaNews che secondo i media locali le armi e l’equipaggiamento militare sottratti ai talebani dalle forze governative sono molto moderni e costosi. La maggior parte di essi è di produzione pakistana, iraniana e russa.
Non è provato che questi armamenti siano forniti dai Paesi citati. Ahmadzai fa notare che nella provincia pakistana di Khyber Pakhtunkhwa vi sono molti mercati clandestini dove si può trovare e acquistare ogni tipo di arma. Egli spiega che i talebani si sono appropriati anche di armamenti Usa abbandonati dalle Forze di sicurezza afghane in fuga.
Ajmal Shams, un ex vice ministro nel primo governo guidato dal presidente afghano Ashraf Ghani, punta il dito contro «le complesse relazioni»dei talebani con i Paesi della regione, soprattutto quelli da sempre preoccupati per la presenza Usa in Afghanistan.
L’ex consigliere politico di Ghani, ora vice presidente del Partito socialdemocratico afghano, non fa nomi, ma gli indizi portano a Russia, Cina, Iran e Pakistan: tutti Stati che però hanno in varia misura criticato il rapido ritiro USA e Nato.
«Fronteggiare una guerriglia è poi più impegnativo di una guerra regolare»
Senza copertura aerea statunitense, l’esercito regolare afghano perde in capacità operative, dovendo anche combattere su più fronti, spiega Shams: «Fronteggiare una guerriglia è poi più impegnativo di una guerra regolare».
Dopo tanti investimenti e una cooperazione ventennale, il politico afghano è convinto che gli Stati Uniti e i suoi alleati continueranno a impegnarsi per il legittimo governo di Kabul.
«I nostri partner internazionali – precisa Shams – credono però che serva un accordo politico per mettere fine al conflitto».
L’offensiva talebana al momento lascia poco spazio all’idea che i ribelli accettino una soluzione negoziata. I talebani sono fondamentalisti islamici di etnia pashtun, originari del sud del Paese.
Washington e le forze afghane dell’Alleanza del nord (formata in prevalenza da tagiki e uzbeki) hanno rovesciato il loro governo tra la fine del 2001 e gli inizi del 2002, subito dopo gli attentati dell’11 settembre: il gruppo estremista ospitava i leader di al-Qaeda, ideatori e autori degli attacchi alle Torri gemelle di New York e al Pentagono.
Secondo diversi osservatori, l’attuale scenario non è preoccupante solo per Stati Uniti ed Europa, ma anche per la Cina.
Dall’annuncio in aprile della ritirata statunitense, Pechino ha intensificato i contatti con la leadership politica dei talebani.
Questa situazione, egli aggiunge, «alimenterà però in Russia il sospetto che la Cina stia diventando la potenza dominante in Asia centrale»
Come ricorda Ahmadzai, i cinesi vogliono evitare che islamisti uiguri possano installarsi in Afghanistan per lanciare attacchi contro lo Xinjiang, la loro terra d’origine che chiamano Turkestan orientale. La Cina intende anche proteggere i propri investimenti in terra afghana.
Ahmadzai osserva che se i talebani assumeranno il controllo dell’Afghanistan, la loro relazione con Pechino diventerà strategica.
Questa situazione, egli aggiunge, «alimenterà però in Russia il sospetto che la Cina stia diventando la potenza dominante in Asia centrale». Tradotto: la regione sarà ancora più instabile.
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Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.
Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.
«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.
Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.
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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.
All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.
La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.
Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.
Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.
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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
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Geopolitica
Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania
Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.
Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.
Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)
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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.
Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».
«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».
Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».
Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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