Alimentazione
Anoressiche a 8 anni. Il lockdown ha abbassato l’età dei disturbi alimentari
In Italia, secondo le ultime stime fornite dai pediatri, ci sarebbero 2 milioni di adolescenti che soffrono di disturbi dell’alimentazione. L’età delle patologie si sarebbe notevolmente abbassata: anoressia e malattie simili ora compaiono in bambine tra gli 8 e i 12 anni.
Durante il 2020 si è avuto un incremento consistente dei disturbi alimentari. In Gran Bretagna il Royal College of Psychiatrist ha stimato che i disturbi alimentari rappresentavano il 20% delle ricette mediche, mentre ora saremmo arrivati all’80%. Il COVID, ammette l’istituto londinese, è la più grande minaccia alla salute mentale dalla Seconda guerra mondiale.
L’età delle patologie si sarebbe notevolmente abbassata: anoressia e malattie simili ora compaiono in bambine tra gli 8 e i 12 anni
Il dato più impressionante registrato nel Regno Unito è tuttavia il fatto che i ricoveri di anoressia si siano incredibilmente abbassati in fatti di età. Con il lockdown hanno cominciato a divenire anoressiche anche bambine che hanno meno di 10 anni.
Il fenomeno è consistente anche in Italia. L’ospedale Bambino Gesù di Roma ha fornito dati di fine 2020 che mostrano un incremento del 27% delle richieste di aiuto per anoressia.
Come riporta il quotidiano La Verità, l’incremento delle bambine anoressiche sarebbe del 100% tra gli 11 e 13 anni e del 62% tra i 14 e i 15. Parrebbe che il lockdown avrebbe anche aumentato il numero di maschi anoressici.
L’incremento delle bambine anoressiche sarebbe del 100% tra gli 11 e 13 anni e del 62% tra i 14 e i 15
«Casi come questi sono aumentati durante le restrizioni imposte dalla pandemia, e cosa ancora più grave, si è abbassata l’età» ha detto Elena Bozzola, pediatra dell’ospedale e segretario nazionale della Società Italiana di Pediatria, intervistata da La Verità.
Nell’articolo, la dottoressa si dice impressionata dall’aver poco prima visitato «una bambina di 9 anni con evidenti segni di anoressia. Non un’adolescente come ci aspetteremmo per questa patologia, ma una bimba».
«I reparti del Bambino Gesù si stanno riempiendo di giovanissimi, anche di 9-10 anni, che manifestano disturbi alimentari».
«I reparti del Bambino Gesù si stanno riempiendo di giovanissimi, anche di 9-10 anni, che manifestano disturbi alimentari»
L’anoressia fino a poco fa colpiva anni più tardi, durante la fase dell’adolescenza, magari in concomitanza con particolari situazioni famigliari. Si tratterebbe invece, di una mutazione della malattia, chiamiamola pure una «variante», favorita dalla clausura pandemica con i suoi innegabili danni alla psiche.
«Qui siamo di fronte agli effetti della chiusura in casa per lungo tempo, allo stop delle attività sportive e di svago, delle relazioni sociali con gli amici. Tutto questo ha fatto prevalere sintomi di depressione e di ansia che portano a disturbi alimentari».
Secondo la dottoressa, il fattore scatenante è l’ansia che provano i bambini, che assorbono «come spugne» i sentimenti di paura e disorientamento dei genitori: «se i bambini percepiscono che i genitori hanno paura ad uscire, si lasciano condizionare» fino al rifiuto del contatto con il mondo esterno.
«Qui siamo di fronte agli effetti della chiusura in casa per lungo tempo, allo stop delle attività sportive e di svago, delle relazioni sociali con gli amici. Tutto questo ha fatto prevalere sintomi di depressione e di ansia che portano a disturbi alimentari»
«Più è lungo il periodo delle restrizioni più pesanti sono le conseguenze».
Il lockdown avrebbe quindi prodotto dei danni a lungo termine. «I segni di questo periodo periodo di restrizione rimarranno per molto tempo ancora. Chi ha sofferto di disturbi alimentari rischia di avere difficoltà nella crescita, problemi di anemia, di basi dosaggi di vitamina e problemi legati al ciclo mestruale».
Quest’ultimo punto lo vogliamo sottolineare: il lockdown potrebbe aver cagionato un danno alla fertilità del Paese, alla riproduzione della specie in generale. Provate a immaginare questa prospettiva: a subire questa scelta scellerata non sono solo i nostri bambini, ma anche i loro figli non nati.
Pandemia, lockdown: una spirale di morte e disperazione che, con evidenza, vogliono continuare, perché davvero nessuno sembra avere la voglia di interrompere ora.
«I segni di questo periodo periodo di restrizione rimarranno per molto tempo ancora. Chi ha sofferto di disturbi alimentari rischia di avere difficoltà nella crescita, problemi di anemia, di basi dosaggi di vitamina e problemi legati al ciclo mestruale»
Del resto, questa è la cultura del coronavirus e dei suoi sicofanti: la Cultura della Morte.
Il COVID è il virus della Necrocultura iniettato in ogni società che ha accettato di divenirne schiava.
Alimentazione
Un leader agricolo messicano assassinato in seguito allo sciopero nazionale
Bernardo Bravo Manríquez, presidente della principale associazione di agrumicoltori di Michoacán e membro del Fronte Nazionale per il Salvataggio della Campagna Messicana (FNRCM), il gruppo agricolo più attivo del Messico, è stato assassinato la mattina del 20 ottobre.
Bravo, alla guida degli Agrumicoltori della Valle di Apatzingán, aveva partecipato allo sciopero nazionale degli agricoltori del 14 ottobre, organizzato con successo dal FNRCM per sollecitare il governo a introdurre politiche a sostegno dell’agricoltura nazionale, minacciata da speculatori finanziari internazionali e dai loro cartelli.
Gli agrumicoltori avevano guadagnato l’attenzione nazionale gettando in strada circa due tonnellate di lime di alta qualità durante lo sciopero, permettendo alla gente di raccoglierli, per evidenziare che il prezzo pagato ai produttori per ogni chilo di lime è nettamente inferiore al costo di produzione.
Secondo Aristegui News, l’associazione di Bravo ha spiegato la partecipazione allo sciopero con la richiesta di istituire una banca per lo sviluppo agricolo con crediti agevolati e tassi bassi, per rilanciare le campagne. I coltivatori di lime hanno anche proposto concessioni idriche, protezione della filiera produttiva e prezzi equi.
Gli agricoltori hanno chiarito ai legislatori di non volere sussidi, ma misure per affrontare «le cause strutturali» della crisi che colpisce il settore, chiedendo «un solido quadro giuridico che ci protegga da speculazioni e abusi». L’articolo ha inoltre riportato che Bravo, come leader del settore, aveva denunciato estorsioni da parte di gruppi criminali organizzati e l’assenza di sicurezza per i coltivatori di lime.
A febbraio, Bravo aveva segnalato di aver ricevuto minacce, annunciando la chiusura degli uffici amministrativi della sua azienda. Nella dichiarazione rilasciata il giorno del suo assassinio, il FNRCM ha chiesto al governo di indagare sull’omicidio, ma ha anche criticato «l’indifferenza» del governo alle richieste di dialogo, che crea «condizioni di vulnerabilità per i produttori». La dichiarazione ha evidenziato l’esclusione, da parte del Segretario dell’Agricoltura Julio Berdegué, di due leader del FNRCM, Baltazar Valdez Armentía di Sinaloa e Yako Rodríguez di Chihuahua, da un incontro del 17 ottobre con i leader agricoli, nonostante l’approvazione del Ministero del Governo.
Il FNRCM ha avvertito che il governo dovrebbe collaborare con il movimento per «costruire un’alleanza con lo Stato per salvare le campagne e l’economia nazionale». Ha inoltre denunciato le pressioni del governo statunitense e delle sue entità, che cercano di «aggravare la polarizzazione sociale e l’ingovernabilità per giustificare interventi». In questo contesto, il governo non dovrebbe adottare «gesti divisivi e discriminatori contro i produttori nazionali», ha concluso il FNRCM.
È noto che i cartelli della droga abbiano anche interessi agricoli, soprattutto nel campo dell’avocado, frutto divenuto particolarmente popolare negli USA con le ultime generazioni per le sue proprietà nutritizie.
Alimentazione
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Alimentazione
Un terzo dei Paesi è afflitto da prezzi alimentari «anormalmente alti»: rischio di disordini sociali
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) lancia l’allarme: i prezzi dei prodotti alimentari restano eccezionalmente elevati in tutto il mondo, e in molti Paesi sono aumentati fino a cinque volte rispetto ai livelli medi del decennio scorso. Un’escalation che, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, rischia di alimentare nuovi disordini sociali, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo o politicamente instabili.
«Le condizioni attuali ricordano i periodi che hanno preceduto la Primavera Araba e la crisi alimentare del 2007-2008», si legge nel rapporto diffuso in questi giorni. E il messaggio è chiaro: le turbolenze globali, legate alla sicurezza alimentare, «sono tutt’altro che finite».
Un’analisi di BloombergNEF, basata sui dati FAO, evidenzia come il quadro sia il risultato di una combinazione di fattori: eventi meteorologici estremi, tensioni geopolitiche e politiche monetarie espansive. L’aumento dei prezzi di gasolio e benzina – spinti anche dai conflitti in corso e dalle restrizioni commerciali – ha fatto lievitare i costi di produzione e di trasporto dei beni agricoli.
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A questo si aggiunge il fattore monetario: l’eccessiva stampa di denaro da parte di molte economie avanzate ed emergenti durante e dopo la pandemia ha rappresentato, secondo gli analisti, il principale motore dell’inflazione globale.
Secondo la FAO, nel 2023 il 50% dei Paesi del Nord America e dell’Europa ha registrato prezzi alimentari «anormalmente elevati» rispetto alla media del periodo 2015-2019. L’organizzazione definisce «anormale» un livello di prezzo superiore di almeno una deviazione standard rispetto alla media storica per ciascuna merce e regione, spiega Bloomberg.
La tendenza, tuttavia, non riguarda solo l’Occidente: anche in Asia, Africa e America Latina l’impennata dei prezzi sta riducendo l’accesso ai beni di prima necessità, colpendo le fasce più vulnerabili della popolazione.
La FAO richiama nel suo rapporto due momenti emblematici della storia recente che mostrano il legame diretto tra caro-viveri e instabilità politica.
Un esempio è la cosiddetta «Primavera araba» (2010-2011): il forte aumento dei prezzi del grano e del pane, dovuto alla siccità e ai divieti di esportazione imposti dalla Russia, contribuì a scatenare proteste in Tunisia, Egitto, Libia e Siria. L’inflazione alimentare fu un fattore chiave, che si sommò al malcontento politico e sociale.
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Un ulteriore caso è quello della crisi alimentare del 2007-2008: in quel periodo, i picchi dei prezzi globali dei cereali provocarono rivolte in oltre 30 Paesi, tra cui Haiti, Bangladesh, Egitto e Mozambico, dove i beni di prima necessità divennero inaccessibili per ampie fasce della popolazione.
Gli analisti concordano sul fatto che quando «l’inflazione alimentare supera la crescita del reddito», si innesca una spirale pericolosa che può condurre a crisi sociali e politiche.
Con l’aumento dei costi dei beni di base e la perdita di potere d’acquisto, cresce la pressione sui governi, già provati da crisi energetiche, conflitti regionali e tensioni valutarie.
In breve, il mondo potrebbe trovarsi di fronte a «una nuova stagione di rivolte per il pane».
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