Immigrazione
Annecy, la testimonianza giovane cattolico che ha tentato di fermare il siriano che accoltellava i bambini – e che ha subito pregato la Madonna

Henri d’Anselme era ad Annecy giovedì scorso. Si trovava nei pressi del parco nel momento in cui un richiedente asilo siriano vi ha sferrato l’attacco durante il quale ha ferito gravemente 4 persone. Quando si è reso conto di quello che stava succedendo, il ragazzo ha affrontato l’attentatore armato colpendolo con il suo zaino, riuscendo a metterlo in fuga, e impedendogli di fare altre vittime.
Coraggio, abnegazione, prontezza di spirito. Già solo questi elementi basterebbero a riempire una prima pagina, in questi tempi nei quali da un giovane ci si aspetta al massimo che sguaini il suo cellulare per filmare il tutto ed incassare like sulla propria pagina Facebook.
Ma Henri va oltre, molto oltre. Intervistato dalla tv di «informazione continua» BFM TV, immensamente seguita in Francia, in 14 minuti pronuncia parole come «cattedrale», «cristianità», «Santa Vergine», «Cristo», «preghiera», «spirito cavalleresco».
L’intervista comincia nel modo classico. «Cosa stava facendo lì? Una passeggiata?»
Henri ci va subito giù pesante: molto più di una passeggiata, sta facendo un tour delle cattedrali di Francia, alla scoperta della loro bellezza, quella bellezza che innalza lo spirito.
E rincara la dose: ha fatto quello che ogni francese avrebbe fatto. Si noti bene: non si tratta della frase fatta del chiunque lo avrebbe fatto. Qui c’è un sottinteso che pesa come un macigno di questi tempi: chi non è capace di fare cose del genere, non è un francese.
L’intervistatore incassa con nonchalance: e quando si è reso conto di cosa stava succedendo, cosa ha pensato? Ecco l’ennesimo pazzo? (Pazzo è la parola d’ordine che i giornali francesi usano quando vogliono sminuire l’origine islamica degli innumerevoli attentati degli ultimi anni).
Puro come una colomba, Henri ha capito benissimo: di più, ha visto negli occhi dell’aggressore l’essere preternaturale con cui aveva a che fare. Ma, astuto come un serpente, sa che non può dire in tv che ha visto il diavolo, così risponde che nello sguardo dell’uomo ha visto «qualcosa di molto malvagio». Dice mauvais, in francese, che come maligno in italiano, può voler dire tanto «malvagio» che «Satana». Ma abbiamo capito tutti: questo ragazzo crede nell’esistenza del demonio. E come non potrebbe, lui che conosce ed ama quelle immense macchine di pietra che furono le cattedrali, la cui funzione essenziale era quella di aspirare preghiere ed anime verso l’alto, e cacciare lontano dalle loro guglie i demoni?
L’intervistatore non coglie, forse nemmeno gli interessano questi dettagli. E poi cos’ha fatto? Quando la polizia ha messo l’uomo fuori combattimento è tornato a farsi i fatti suoi?
Henri sgancia la prima vera bomba: no, è tornato sui suoi passi, dalle persone ferite, e ha fatto quello che ogni francese avrebbe fatto: si è messo a pregare la Santissima Vergine, ha invocato Cristo in aiuto delle vittime perché in quei momenti bisogna abbandonarsi alla Provvidenza.
Visibilmente stordito dall’enormità di udire cose del genere da un tizio che non è ricoverato in un ospedale psichiatrico, ma che circola liberamente sul territorio francese, e quando gli capita affronta a mani nude persone armate di coltello per mettere in salvo dei bambini, l’intervistatore cerca una via d’uscita e la butta sul personale. Cosa fa nella vita? Perché questo tour delle cattedrali?
Henri è incontenibile. In un crescendo esaltante, parla del suo periplo di 9 mesi a piedi e in autostop, della sua ricerca del bello, di quella bellezza che innalza lo spirito e che lo ha reso capace di agire con prontezza ed abnegazione. Dice che basta decidere di non subire, di levare lo sguardo, verso le testimonianze lasciate dagli antenati che hanno costruito la cristianità. Una gragnuola di parole proibite (quando non dimenticate) si abbatte sulle linee martoriate dell’info continue come un fuoco di artiglieria pesante che precede l’attacco decisivo.
Ecco la chiave: la Chrétienté. Henri la pronuncia spesso, questa bella parola, che solo parzialmente si può tradurre con in italiano con «cristianità», ma che in francese evoca immediatamente quell’ideale di armonia tra fede cristiana e istituzione civile, di religiosità popolare ed ordine sociale, di teologia e scienza, di arte e ragione che fu il migliore Medioevo francese.
Una parola dimenticata quando non aborrita, ma che riaffiora ancora qua e là come un fiume carsico che scorre sotto la superficie dell’animo transalpino, devastato e desertificato da 250 anni di ateismo di stato, più o meno esplicito, più o meno feroce, più o meno passivamente accettato.
È un caso che sia terminato da pochi giorni il Pellegrinaggio della Pentecoste, organizzato dall’associazione Notre Dame de Chrétienté, che quest’anno, per la sua 41ma edizione, ha battuto tutti i record di partecipazione, con 16.000 pellegrini (età media: 20,5 anni), che in 3 giorni coprono i 100 km che separano Parigi da Chartres, perfettamente ordinati in un’immensa colonna di più di 2km che si snoda tra strade provinciali, campi a perdita d’occhio e campanili naufragati nelle sterminate pianure della Beauce? E che, con buona pace di Traditionis Custodes, trovano la forza di assistere spossati a 3 messe in latino?
L’intervistatore capitola: tutto, in questo giovane, parla di fede. Bisogna pure affrontare l’argomento. Da dove la viene questa mania (no, non usa questo termine, ma si sente che nella sua testa è la stessa cosa)? Henri ci è «caduto dentro da bambino»: espressione in codice che evoca nella mente di ogni francese che si rispetti Obelix che cade nel pentolone della pozione magica, il che gli conferirà a vita la sua forza prodigiosa. E anche qui le parole non sono scelte a caso. Quella fede è la sua forza, la fede che proviene dall’incontro con Cristo, perché quando si incontra Chi ha creato e salvato la propria vita, è molto più facile metterla in gioco per salvare quella di un bambino.
L’intervistatore è battuto ma non ancora sconfitto. Anche l’attentatore si dice cristiano, cristiano d’Oriente. Come la mettiamo?
Henri è pronto, sa benissimo dove vogliono andare a parare. Gli odiatori di Cristo hanno finalmente in mano il loro tanto agognato episodio di «terrorismo cristiano», potranno finalmente dire che tutte le religioni fomentano il fanatismo e la violenza, che non è solo un problema dell’Islam, e che l’una vale l’altra. Roba da tenerci banco per anni.
Henri para l’affondo con grazia. Non basta «dichiararsi» cristiani. Non sa dire a «cosa» si rifaccia questo individuo, sa solo che prendersela con degli innocenti è profondamente anticristiano, e che per meritare il sacro nome di cristiano bisogna provarlo con i fatti, e in particolare con il rispetto del codice cavalleresco, quello che parla della difesa dell’orfano e della vedova, e in generale dell’innocente e dell’indifeso.
Eccola, la chevalerie. Altra parola impronunciabile di questi tempi, altra parola disprezzata quando non dimenticata, ma che appena evocata non può non suscitare nel cuore di ogni francese, uomo o donna, il senso di nostalgia per una grandezza che fu tipicamente francese, che alimentò per secoli l’immaginario e i costumi, che divenne arte di vivere e di morire, prima di naufragare in un mondo che avrebbe scelto il Mammona borghese al Cristo, del Medioevo, sepolta sotto le menzogne e gli sghignazzamenti immondi di philosophes cinici e libertini, che si facevano beffe di gente pronta a mettere in gioco vita e beni per la fede e per l’onore.
L’intervistatore fa diversione, evoca la visita di Macron: forse una decorazione? Henri non sa nemmeno se la accetterebbe, «si vedrà». Si stava parlando di cose alte e magnifiche, perché immiserirle? Il presidente è lì per fare il suo mestiere: morta là.
Ormai l’intervistatore comincia ad essere intimidito. In fondo, si sente che questo giovane proveniente da un’altra epoca comincia a stargli simpatico. E quasi si scusa nel formulare goffamente la domanda che tutti i francesi dabbene si pongono: come può un giovane come lui, simpatico e coraggioso, aderire a questa cosa, la religione cattolica, che tutte le persone ammodo dovrebbero odiare, o perlomeno, disprezzare? (In realtà lui dice che «è meno di moda», ma ancora una volta abbiamo capito tutti).
D’Anselme non si scompone: è così, in questo momento sarà anche meno popolare, ma – vivaddio – è quella religione che ha costruito questo paese, che ha ingentilito la sua indole guerresca e rozza sublimandola nell’ideale cavalleresco, e che ancora la «irriga» (il termine piacerebbe a Gustave Thibon, il filosofo contadino) come un fiume sotterraneo attraverso la testimonianza muta di quelle cattedrali che non sono solo attrazioni turistiche, ma centri nevralgici che irradiano civiltà, ragione e bellezza. E che chiunque levi gli occhi verso le loro guglie, chiunque voglia sollevare la testa e capire Chi ne è l’autore può entrare a far parte di questo ordine cavalleresco.
L’intervistatore gioca la sua ultima carta. Forse Henri, oltre alla sua grottesca fede, ha una qualche affiliazione politica? Come direbbe Guareschi, tenta di «buttarla in politica», ultimo vano tentativo di ridurre questa figura di un’altra epoca alla dimensione di certi nani del grottesco baraccone francese della «droite», foss’anche «identitaire».
No. Henri se ne infischia della politica. Ha scelto di concentrarsi sull’essenziale. Ha scelto di agire in questo momento, facendo il meglio che può, con quello che ha sottomano. Lo ha fatto quando ha affrontato l’attentatore armato del suo solo zaino. Lo ha fatto quando ha deciso di visitare le più di 170 cattedrali francesi zaino in spalla e in autostop, facendo conoscere ed apprezzare a quante più persone possibili, quella Bellezza che lo abita.
Il duello è finito. La vittoria è tanto più schiacciante, in quanto nelle ultime parole dell’intervistatore si notano inequivocabili gli accenti della simpatia.
Henri d’Anselme. Tra il suo nome, quello dell’ancora amatissimo re francese che, con la sua conversione dal protestantesimo al cattolicesimo (molto più sincera di quanto l’apocrifo «Parigi val bene una Messa» lasci credere) pacificò il Paese ed aprì l’ultima vera stagione della grandeur francese, e il suo cognome, che evoca uno dei più grandi teologi del Medioevo cristiano, ci piace credere che quella particella nobiliare Henri se la sia guadagnata, forse ancor più per il coraggio dimostrato in questa intervista, che per il gesto magnifico di essersi interposto, disarmato, tra degli innocenti ed un uomo deciso a scannarli a coltellate.
Roberto Bonato
Immagine screenshot da Twitter
Immigrazione
Mohammed e Ahmad sono i nomi più popolari tra i beneficiari dell’assistenza sociale tedesca

Secondo i dati recentemente rivisti e pubblicati dal governo federale, Mohammed e Ahmad sono tra i nomi più comuni tra i beneficiari dell’assistenza sociale in Germania. Olena, variante ucraina di Helen, è l’unico nome femminile tra i primi dieci.
Il tasso di disoccupazione in Germania ha raggiunto il 6,4% ad agosto, con il numero totale di disoccupati che ha superato i tre milioni per la prima volta in un decennio. Secondo i dati dell’Agenzia Federale per l’Impiego, alla fine del 2024 percepivano sussidi sociali 5,42 milioni di persone, di cui il 48% stranieri, rispetto al 19,6% del 2010.
Il partito di destra Alternativa per la Germania (AfD) aveva chiesto informazioni sui nomi più comuni dei destinatari per sostenere la sua tesi sul fallimento dell’integrazione.
A giugno, il ministero del Lavoro ha risposto che i nomi principali erano Michael, Andreas e Thomas, seguiti da Daniel, Olena e Alexander, scatenando la ridicolizzazione mediatica dell’AfD. Tuttavia, l’elenco iniziale non combinava le diverse grafie dei nomi, come Thomas e Tomas o Mohammed e Mohamed, elencandoli separatamente.
I dati rivisti hanno posizionato Mohammed – distribuito su 19 varianti – al primo posto con quasi 40.000 voci, seguito da Michael con circa 24.600 e Ahmad con oltre 20.600. Olena è rimasto l’unico nome femminile tra i primi dieci, con circa 14.200 voci.
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Secondo i dati delle Nazioni Unite, la Germania è la principale destinazione migratoria dell’Unione Europea e il terzo Paese al mondo per numero di rifugiati. Grazie alle politiche di apertura delle frontiere dell’ex cancelliera Angela Merkel, nel 2015 sono arrivate oltre un milione di persone da Siria, Afghanistan e Iraq. Negli ultimi anni, il Paese ha concesso protezione temporanea a 1,2 milioni di ucraini e ha ricevuto 334.000 domande di asilo nel 2023, quasi un terzo del totale dell’UE.
La crisi dei migranti ha messo a dura prova il settore immobiliare, i servizi pubblici e le finanze, contribuendo all’ascesa dell’AfD, che di recente è in testa ai sondaggi nazionali come partito politico più popolare in Germania.
Non vi è solo la questione assistenzialista a riguardare il nome Muhammad, parola che un tempo in Italia si traduceva in «Maometto» (così si chiamavano i sultani turchi come Maometto II, Maometto III, etc., mentre per qualche ragione ci si riferisce al re del Marocco come a Muhammad IV). Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso era emerso che in Inghilterra il nome più gettonato era, di fatto, «Muhammad».
Ciò ci porta a delineare un disegno semplice-semplice su quanto sta accadendo in Europa: il contribuente sta mantenendo intere popolazioni che sono qui per sostituirlo. Un paradosso osceno e insopportabile, epperò realizzato da ancora troppe poche persone. Noi tutti stiamo di fatto lavorando per il piano Kalergi, stiamo versando le nostre tasse all’anarco-tirannia che sconvolge le nostre città e le nostre vite.
Lo Stato moderno detesta il suo popolo, vuole ridurlo e sostituirlo, forsanche, ad un certo punto, annientarlo. Perché nessun partito politico, nessun movimento pubblico, lo vuole capire?
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Immagine generata artifizialmente
Immigrazione
Gli Stati Uniti deportano i migranti in Ruanda ed Uganda. L’Italia cosa fa?

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Immigrazione
Rivolte in Svizzera dopo la morte di un adolescente congolese inseguito dalla polizia: stesso schema di Parigi e Milano

Le rivolte etniche degli immigrati arrivano anche in Svizzera. Lo riporta Remix News.
Nella città svizzera di Losanna, sono scoppiate rivolte per la seconda notte dopo la morte di un giovane congolese di 17 anni durante un inseguimento della polizia. Durante la prima notte di disordini, un politico di destra è stato preso di mira da un folto gruppo di giovani, che lo hanno quasi linciato.
Tre sere fa, alle 22:00, circa 150-200 persone hanno allestito posti di blocco e hanno iniziato a bruciare cassonetti e bidoni della spazzatura. Hanno anche danneggiato gravemente un autobus.
Secondo la polizia, gli agenti sono stati colpiti con molotov, pietre per pavimentazione e recinzioni da cantiere, insieme ad altri oggetti. Le forze dell’ordine hanno reagito con gas lacrimogeni e proiettili di gomma ai rivoltosi per sedare i disordini. Non si sono registrati feriti.
1/ Bus et poubelles incendiés à Prélaz (Lausanne) en réaction à la mort du jeune de 17 ans décédé dimanche matin en fuyant la police sur un scooter volé.
Ignorant ce dont il s’agit, je me rends sur place. Des antifas me reconnaissent, trois m’encerclent, dos au mur, et pic.twitter.com/wSiKWweGTp— Thibault Schaller (@Thibauuuuuult) August 24, 2025
Et zéééée repartiiiiii !
Round deux, pas de police sur place. pic.twitter.com/Us4vcxB65X— Thibault Schaller (@Thibauuuuuult) August 25, 2025
— Thibault Schaller (@Thibauuuuuult) August 25, 2025
🇨🇭On August 24, 2025, at around 4:00 a.m. in the Prelaz area of Lausanne, Switzerland, Marvin, a suspected migrant, was driving a stolen electric scooter and died when he crashed into a wall while being pursued by police. Riots subsequently broke out in the Prelaz area. pic.twitter.com/WO28jYr02V
— Argonaut (@FapeFop90614) August 26, 2025
Nach jahrelanger Rückstandigkeit, hat nun auch die Schweiz das Niveau vielfältig bunter Hochkulturen erreicht.#Lausanne pic.twitter.com/mjuRaYHOUQ
— Pygoscelis (@PygoscelisSpec) August 27, 2025
I disordini sono seguiti ad attacchi simili avvenuti la notte precedente, durante i quali una folla più piccola di circa 100 giovani prese parte alla rivolta. Quella notte, un politico dell’Unione Democratica di Centro (UDC), Thibault Schaller, è stato preso di mira in un linciaggio, ripreso in un video.
Lo Schaller ha scritto su X di essersi avvicinato ai disordini perché era curioso di sapere cosa stesse succedendo. Avvicinandosi, alcuni individui, che ha detto di credere fossero Antifa, lo hanno riconosciuto e affrontato.
Les aventures de Tintin dans le quartier occupé de Prélaz. pic.twitter.com/DDobzSJvAo
— Thibault Schaller (@Thibauuuuuult) August 25, 2025
«Mi hanno ordinato di andarmene. Mi sono rifiutato e ho chiesto cosa stesse succedendo. Uno mi ha spinto, io l’ho spinto indietro e poi ho fatto un passo indietro. Qualcuno ha urlato qualcosa e 10, 15 persone mi sono corse incontro da ogni dove. Sono scappato, ho preso botte. Mi hanno bloccato la strada, sono caduto, mi sono protetto. Mi sono rialzato, sono corso, sono stato circondato di nuovo contro un muro, poi ho preso botte. Poi sono riuscito a scappare correndo. Sto bene, ma dobbiamo davvero riprenderci questa città», ha scritto lo Schaller.
m’ordonnent de partir. Je refuse et demande ce qu’il se passe. Un me pousse, je le repousse puis recule, ça crie quelque chose, et dix, quinze personnes me courent dessus de partout. Je pars en courant, prends des coups, on me coupe le chemin, je tombe, me protège, je ramasse
— Thibault Schaller (@Thibauuuuuult) August 24, 2025
Nel video, lo Schaller viene inseguito da un folto gruppo di individui, che lo prendono a calci a terra. Schaller si rialza ripetutamente e riesce a eludere il gruppo, riuscendo infine a fuggire. Durante l’attacco, uno degli individui lo ha apostrofato con l’inevitabile «fascista».
🇨🇭Lausanne, Suisse : le conseiller municipal de Lausanne @Thibauuuuuult Schaller de l’UDC (droite libérale) reconnu et lynché hier soir lors d’une émeute suite à la mort d’un délinquant africain. pic.twitter.com/6SoJVLBa0g
— Damien Rieu (@DamienRieu) August 25, 2025
Lo Schaller ha scritto su X che la polizia non era responsabile della morte dell’adolescente e che «questa tragedia si sarebbe potuta evitare. Doveva solo ascoltare la polizia». La città era «tenuta in ostaggio da una manciata di teppisti», ha scritto ulteriormente ha aggiunto il politico UDC.
L’apparente motivo scatenante dei disordini degli stranieri pare ricalcare fedelmente uno schema visto a Parigi (durante la rivolta delle banlieue di due anni fa) e a Milano, con gli scontri a Corvetto di nove mesi fa: ragazzino morto dopo un inseguimento della polizia.
Le rivolte degli immigrati elvetici sono di fatto iniziate dopo la morte del diciassettenne Marvin M., cittadino svizzero di origini congolesi. La polizia afferma di averlo inseguito domenica sera mentre era alla guida di uno scooter rubato. È morto schiantandosi contro la porta di un garage.
Come visto anche nel caso parigino, è arrivato il commento della genitrice: la madre di Marvin M. ha affermato in un’intervista a 24Heures che suo figlio «non è un ladro di scooter» e «non è un bandito», assicurando che il ragazzo congolese un rapper appassionato e che il suo gruppo ha dichiarato di non tollerare la violenza che si sta verificando in città dopo la sua morte.
Come riportato da Renovatio 21, la Svizzera era stata teatro di rivolte di immigrati afroislamici ancora due anni fa, quando i disordini scoppiarono per contagio dalla Francia agli altri Paesi francofoni limitrofi.
È evidente che persino nella precisa, marziale Confederazione Elvetica è in caricamento, che sulle pagine di Renovatio 21, definiamo «anarco-tirannia». Il concetto fu al volgere del millennio dall’americano Samuel Todd Francis (1947-2005), che descrisse la crescente condizione dello Stato moderno che regola tirannicamente o oppressivamente la vita dei cittadini – tasse, multe, burocrazia – tuttavia non può, o meglio non vuole, proteggere gli stessi rispettando le leggi fondamentali.
Episodi dell’ascesa dell’anarco-tirannia in Europa (e non solo) per via migratoria sono purtroppo sotto i nostri occhi, davvero ovunque, tutti i giorni. In questi giorni, con il lancio transnazionale dei «lockdown maranza», è possibile capire meglio quale sia la vera dinamica di distruzione e controllo in atto.
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Immagine dall’account Twitter di Thibault Schaller
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