Economia
Anche gli agricoltori tedeschi alle prese con i problemi del grano ucraino

Le forniture incontrollate di grano a basso costo dall’Ucraina stanno danneggiando i prezzi degli agricoltori tedeschi. Lo riporta la testata tedesca Bild, che cita fonti del settore.
I prezzi del grano in Germania, la più grande economia dell’UE, continuano a scendere, ha osservato il tabloid, aggiungendo che una tonnellata di questa merce si aggira attualmente intorno ai 200 euro. I prezzi del grano hanno registrato un’impennata senza precedenti da 287 euro a 435 euro poco dopo l’escalation del conflitto ucraino nel febbraio 2022.
Secondo Bauer Dismer, un coltivatore di cereali della Bassa Sassonia citato dalla Bild, attualmente in Germania arriva una quantità significativamente maggiore di grano, che dovrebbe essere esportato più lontano, a causa delle drasticamente limitate possibilità di carico nel Mar Nero.
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«Ma i nostri mulini e mangimifici ne approfittano invece. Apparentemente, con prezzi di dumping inferiori a 160 euro a tonnellata», ha detto al giornale.
L’accordo ufficiale che regola la rotta merci per le esportazioni agricole ucraine è scaduto a luglio 2023, quando Mosca ha rifiutato di rinnovare l’originale Black Sea Grain Initiative mediata da Turchia e ONU. La Russia ha affermato che gli Stati Uniti e l’UE non avevano mantenuto la loro parte dell’accordo, bloccando le esportazioni di cibo e fertilizzanti russi.
Poco dopo l’escalation del conflitto ucraino, l’UE ha sospeso tutte le tariffe e le quote sui prodotti agricoli ucraini per consentire la spedizione del grano dal Paese ai mercati globali. All’inizio di quest’anno, il modello di commercio senza tariffe è stato esteso per un altro anno.
«Stiamo vendendo il nostro grano prodotto secondo i più alti standard tedeschi, mentre nel paese viene pompato grano dall’Ucraina», ha detto l’agricoltore Frank Wullekopf alla testata, aggiungendo che i produttori ucraini non sono obbligati a fornire la prova delle quantità di pesticidi o fertilizzanti. «Per non parlare dei pericoli posti dalla contaminazione del grano dovuta alla guerra».
Nel frattempo, i prezzi dei prodotti da forno in Germania stanno aumentando nonostante il notevole calo dei prezzi dei cereali, secondo Friedemann Berg, amministratore delegato della Confederazione dei panificatori tedeschi, come citato dall’agenzia di stampa. Sono aumentati anche altri costi che riguardano personale, energia e burocrazia, ha affermato, aggiungendo che i panificatori nell’UE sono stati obbligati da gennaio a certificare che la produzione delle materie prime che utilizzano non ha portato alla distruzione delle foreste.
Gli agricoltori non sono gli unici operatori del settore colpiti dal massiccio afflusso di prodotti agricoli a basso costo provenienti dal Paese in difficoltà, ha osservato Bild, sottolineando che anche i produttori di attrezzature agricole stanno soffrendo, poiché i coltivatori di cereali non possono permettersi di aggiornare i loro macchinari agricoli.
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Come riportato da Renovatio 21, la questione del grano ha già creato accese frizioni tra Kiev e la Polonia, che aveva vietato le spedizioni cerealicole attraverso il suo territorio. Le proteste degli agricoltori polacchi contro le politiche agricole UE a favore dell’Ucraina sono continuate per mesi, ricevendo anche l’appoggio della conferenza episcopale polacca e la dura critica per presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj. Le polemiche susseguitesi coinvolsero figure della politica nazionale di Varsavia.
Come riportato da Renovatio 21, la produzione di grano e le scorte a livello mondiale subirono un calo imponente con lo scoppio della guerra ucraina. La Russia si era detta pronta a consegnare grano ai mercati internazionali, con quello che è stato chiamato «accordo sul grano», o Black Sea Grain Initiative, messo in difficoltà più volte dall’ipocrisia occidentale che lo ostacolato per esempio scollegando la Banca agricola russa Rosselkhozbank dal circuito internazionale SWIFT.
Come scrive l’analista geopolitico William F. Engdahl in un articolo tradotto e pubblicato da Renovatio 21, il regime Zelens’kyj ha emanato leggi che di fatto hanno permesso a grandi gruppi finanziari americani di impossessarsi della terra fertile ucraina.
Si tratta di una grande speculazione agroalimentare mondiale che, come altre speculazioni dell’oligarcato globale, striscia sotto il conflitto russo-ucraino.
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Economia
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Economia
JP Morgan: l’oro potrebbe raggiungere i 10.000 dollari

Jamie Dimon, amministratore delegato di JPMorgan, ha previsto che l’oro potrebbe raggiungere i 10.000 dollari l’oncia, riacquistando appeal come asset rifugio in un panorama di inflazione persistente e instabilità geopolitiche globali.
Il metallo nobile, storicamente visto come una barriera contro l’erosione del potere d’acquisto e la svalutazione delle monete fiat grazie alla sua autonomia da stati e istituti centrali, ha varcato la soglia psicologica dei 4.000 dollari all’inizio di ottobre e ha proseguito il suo rally. Mercoledì ha chiuso con un balzo del 58% da inizio anno, toccando il picco storico di 4.218,29 dollari, più che raddoppiato rispetto al valore del 2023, quando oscillava sotto i 2.000 dollari l’oncia.
«Io non investo in oro: possederlo implica costi del 4%», ha dichiarato Dimon martedì alla conferenza «Most Powerful Women» di Fortune a Washington. «Ma in scenari come l’attuale, potrebbe tranquillamente salire a 5.000 o persino 10.000 dollari».
Il Dimon ha evidenziato come l’economia mondiale stia affrontando numerose sfide, tra cui tariffe doganali americane, l’espansione del disavanzo pubblico, pressioni inflazionistiche, la transizione verso l’Intelligenza Artificiale e attriti internazionali come la corsa agli armamenti, che inducono gli operatori di mercato a puntare sull’oro per mitigare i pericoli.
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Pur astenendosi dal giudicare se l’oro sia sopravvalutato, Dimon ha ammesso che si tratta di «una delle rare occasioni nella mia carriera in cui ha senso allocarvi una quota nel portafoglio, in modo razionale».
Analisti e figure di spicco del settore finanziario condividono vedute analoghe. L’investitore miliardario Ray Dalio ha ribadito martedì che l’oro rappresenta un «ottimo veicolo per diversificare gli investimenti» in un’epoca di debiti sovrani in espansione, conflitti geopolitici ed erosione della fiducia nelle monete nazionali.
«Pertanto, in termini di allocazione strategica ottimale, circa il 15% del portafoglio potrebbe essere dedicato all’oro», ha suggerito il Dalio. Un’indagine di Bank of America condotta a ottobre ha rilevato che il 43% dei gestori patrimoniale vede nelle posizioni long sull’oro la strategia più gettonata a livello globale, superando persino gli investimenti nei «Magnifici Sette» colossi tech Usa (Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla).
Il fondatore dell’hedge fund Citadel, Ken Griffin, ha di recente notato che sempre più investitori ritengono l’oro più affidabile del dollaro americano, a lungo trattato come riserva di valore universale. Quest’anno, la valuta Usa ha perso terreno contro tutte le principali divise, in scia alle incertezze legate alle politiche protezionistiche del presidente Donald Trump sui dazi.
Come riportato da Renovatio 21, dopo mesi e mesi di massimi storici raggiunti, l’oro ha superato l’euro nelle riserve globali.
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Immagine screenshot da Twitter
Economia
Trump: «i BRICS erano un attacco al dollaro»

🇺🇸 “I told anybody that wants to be in BRICS that’s fine, but we’re gonna put tariffs on your nation. Everybody dropped out, they’re all dropping out of BRICS. BRICS was an attack on the dollar.” — Donald Trump ℹ️ Just to make the obvious clear… No BRICS nation has dropped… pic.twitter.com/Vrr20AGEhA
— DD Geopolitics (@DD_Geopolitics) October 14, 2025
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