Alimentazione
Alle stelle il numero di britannici che si rivolgono ai banchi alimentari: studio
La fame è tornata in Gran Bretagna, con scenari più simili ai tempi di Dickens che al XXI secolo.
Un nuovo studio pubblicato dall’Independent Food Aid Network (IFAN), con gli ultimi dati per febbraio 2023, ha riportato che «l’89% delle organizzazioni ha visto aumentare la domanda, confrontando dicembre 2021/gennaio 2022 con dicembre 2022/gennaio 2023. Oltre l’80% delle organizzazioni ha dichiarato di supportare un numero significativo di persone che hanno bisogno di aiuto per la prima volta, oltre a persone che necessitano di supporto regolare».
«La metà delle organizzazioni contribuenti ha affermato che se la domanda aumentasse, dovrebbero ridurre il livello di supporto che potrebbero fornire o allontanare le persone”. L’inflazione complessiva nel Regno Unito è del 10,052% e l’inflazione alimentare è del 16,7%» continua lo studio.
Il comunicato dell’IFAN riportava inoltre che «un numero crescente di pensionati e di persone che non avrebbero mai immaginato di aver bisogno di un banco alimentare cercano sostegno alimentare di emergenza. Persone che da tempo se la sono cavata, sono costrette a tornare nei banchi alimentari. I team di banche alimentari indipendenti hanno anche riferito che sempre più persone cercano un sostegno regolare, piuttosto che occasionali pacchi alimentari di emergenza. E quasi la metà delle organizzazioni che contribuiscono ha riportato un aumento di genitori/tutori con bambini sotto i 12 mesi che necessitano di sostegno».
«Colpiscono le segnalazioni di un numero crescente di occupati che non riescono a sbarcare il lunario. Un dirigente di un banco alimentare ha spiegato che i lavoratori che vivono nelle zone rurali con pochi servizi di supporto e mancanza di affitti a prezzi accessibili e assistenza all’infanzia sono stati particolarmente colpiti dall’aumento della povertà. Un altro ha aggiunto: “Abbiamo visto molti casi di persone che hanno ricevuto il credito universale per aumentare uno stipendio, e poiché nessuno dei due è aumentato, ma le loro spese sono aumentate, non possono far quadrare i conti”. lavoratori inclusi insegnanti, ambulanze e personale del NHS [Servizio Sanitario Nazionale]».
Commentando i risultati dello studio, la coordinatrice dell’IFAN Sabine Goodwin ha detto a un giornale britannico che è molto chiaro che le persone hanno cercato di cavarsela durante l’inverno a credito e ora stanno accumulando debiti che spingeranno le persone oltre il limite. La Goodwin accusato il governo di fare affidamento in modo «insostenibile e non etico» sugli aiuti alimentari di beneficenza, avvertendo che senza un cambio di approccio non ci sarà «nessun posto in cui le persone si rivolgono».
Quattro mesi fa un sondaggio dell’organizzazione «Which?» rivelava che milioni di persone nel Regno Unito stanno saltando i pasti.
Come riportato da Renovatio 21, quasi 11 milioni di britannici sono indietro con il pagamento delle bollette elettriche. Enormi movimenti di protesta contro i rincari stanno prendendo piede nel Paese, assieme a proteste di piazza massive.
Dimostrata ora, con le dimissioni della premier Liz Truss l’instabilità politica perfino infrapartitica di Londra, è difficile non vedere come il Regno stia regredendo a una condizione dickensiane, con fame, «povertà energetica» e un agghiacciante aumento della prostituzione.
Perfino l’ex premier Gordon Brown ha notato che il dissesto sociale è arrivato ad essere addirittura di tipo alimentare, anticipando quindi «un’inverno di spaventosa povertà».
Il governo, incapace di tenere aperta la centrale atomica di Hinkley Point B (di proprietà di EDF, azienda francese appena rinazionalizzata da Macron), pensa al razionamento dell’energia.
La filiera alimentare stessa è danneggiata: nel Paese hanno chiuso, come in Polonia e nei Baltici, i fondamentali impianti di produzione di fertilizzanti.
Mentre il suo popolo non ha pane, Londra continua la sua guerra sempre più aperta contro Mosca.
Ciò dice tutto sulle vere – e antiche – priorità di Albione.
Re Carlo, la cui incoronazione costa decine di milioni di sterline, si è rifiutato di apportare modifiche alla luce delle sofferenze dei suoi sudditi, respingendo le richieste di un’incoronazione più modesta, secondo quanto riferito dagli aiutanti reali ai media britannici, poiché una crisi del costo della vita senza precedenti sta costringendo un numero scioccante di britannici a lasciare le loro case e nei banchi alimentari.
Il Sunday Times del 21 gennaio ha citato assistenti reali che si vantavano che i piani avrebbero assicurato che il giorno dell’incoronazione fosse «una cosa di splendore», con «sfarzo, sfarzo, trecce, ottoni e sorvoli – una gloriosa pubblicità per il Regno Unito… Buckingham Palace ha proclamato che l’incoronazione «rifletterà il ruolo del monarca oggi e guarderà al futuro, pur essendo radicata in tradizioni e fasti di lunga data».
Eccerto, una tradizione come quella della sofferenza del popolo, vera ai tempi della mostruosa Rivoluzione Industriale e convalidata dalle teorie tossiche delle élite inglesi, per esempio quella per cui gli uomini derivano dalle scimmie – e quindi, come animali possono essere trattati, no?
Alimentazione
Un leader agricolo messicano assassinato in seguito allo sciopero nazionale
Bernardo Bravo Manríquez, presidente della principale associazione di agrumicoltori di Michoacán e membro del Fronte Nazionale per il Salvataggio della Campagna Messicana (FNRCM), il gruppo agricolo più attivo del Messico, è stato assassinato la mattina del 20 ottobre.
Bravo, alla guida degli Agrumicoltori della Valle di Apatzingán, aveva partecipato allo sciopero nazionale degli agricoltori del 14 ottobre, organizzato con successo dal FNRCM per sollecitare il governo a introdurre politiche a sostegno dell’agricoltura nazionale, minacciata da speculatori finanziari internazionali e dai loro cartelli.
Gli agrumicoltori avevano guadagnato l’attenzione nazionale gettando in strada circa due tonnellate di lime di alta qualità durante lo sciopero, permettendo alla gente di raccoglierli, per evidenziare che il prezzo pagato ai produttori per ogni chilo di lime è nettamente inferiore al costo di produzione.
Secondo Aristegui News, l’associazione di Bravo ha spiegato la partecipazione allo sciopero con la richiesta di istituire una banca per lo sviluppo agricolo con crediti agevolati e tassi bassi, per rilanciare le campagne. I coltivatori di lime hanno anche proposto concessioni idriche, protezione della filiera produttiva e prezzi equi.
Gli agricoltori hanno chiarito ai legislatori di non volere sussidi, ma misure per affrontare «le cause strutturali» della crisi che colpisce il settore, chiedendo «un solido quadro giuridico che ci protegga da speculazioni e abusi». L’articolo ha inoltre riportato che Bravo, come leader del settore, aveva denunciato estorsioni da parte di gruppi criminali organizzati e l’assenza di sicurezza per i coltivatori di lime.
A febbraio, Bravo aveva segnalato di aver ricevuto minacce, annunciando la chiusura degli uffici amministrativi della sua azienda. Nella dichiarazione rilasciata il giorno del suo assassinio, il FNRCM ha chiesto al governo di indagare sull’omicidio, ma ha anche criticato «l’indifferenza» del governo alle richieste di dialogo, che crea «condizioni di vulnerabilità per i produttori». La dichiarazione ha evidenziato l’esclusione, da parte del Segretario dell’Agricoltura Julio Berdegué, di due leader del FNRCM, Baltazar Valdez Armentía di Sinaloa e Yako Rodríguez di Chihuahua, da un incontro del 17 ottobre con i leader agricoli, nonostante l’approvazione del Ministero del Governo.
Il FNRCM ha avvertito che il governo dovrebbe collaborare con il movimento per «costruire un’alleanza con lo Stato per salvare le campagne e l’economia nazionale». Ha inoltre denunciato le pressioni del governo statunitense e delle sue entità, che cercano di «aggravare la polarizzazione sociale e l’ingovernabilità per giustificare interventi». In questo contesto, il governo non dovrebbe adottare «gesti divisivi e discriminatori contro i produttori nazionali», ha concluso il FNRCM.
È noto che i cartelli della droga abbiano anche interessi agricoli, soprattutto nel campo dell’avocado, frutto divenuto particolarmente popolare negli USA con le ultime generazioni per le sue proprietà nutritizie.
Alimentazione
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Alimentazione
Un terzo dei Paesi è afflitto da prezzi alimentari «anormalmente alti»: rischio di disordini sociali
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) lancia l’allarme: i prezzi dei prodotti alimentari restano eccezionalmente elevati in tutto il mondo, e in molti Paesi sono aumentati fino a cinque volte rispetto ai livelli medi del decennio scorso. Un’escalation che, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, rischia di alimentare nuovi disordini sociali, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo o politicamente instabili.
«Le condizioni attuali ricordano i periodi che hanno preceduto la Primavera Araba e la crisi alimentare del 2007-2008», si legge nel rapporto diffuso in questi giorni. E il messaggio è chiaro: le turbolenze globali, legate alla sicurezza alimentare, «sono tutt’altro che finite».
Un’analisi di BloombergNEF, basata sui dati FAO, evidenzia come il quadro sia il risultato di una combinazione di fattori: eventi meteorologici estremi, tensioni geopolitiche e politiche monetarie espansive. L’aumento dei prezzi di gasolio e benzina – spinti anche dai conflitti in corso e dalle restrizioni commerciali – ha fatto lievitare i costi di produzione e di trasporto dei beni agricoli.
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A questo si aggiunge il fattore monetario: l’eccessiva stampa di denaro da parte di molte economie avanzate ed emergenti durante e dopo la pandemia ha rappresentato, secondo gli analisti, il principale motore dell’inflazione globale.
Secondo la FAO, nel 2023 il 50% dei Paesi del Nord America e dell’Europa ha registrato prezzi alimentari «anormalmente elevati» rispetto alla media del periodo 2015-2019. L’organizzazione definisce «anormale» un livello di prezzo superiore di almeno una deviazione standard rispetto alla media storica per ciascuna merce e regione, spiega Bloomberg.
La tendenza, tuttavia, non riguarda solo l’Occidente: anche in Asia, Africa e America Latina l’impennata dei prezzi sta riducendo l’accesso ai beni di prima necessità, colpendo le fasce più vulnerabili della popolazione.
La FAO richiama nel suo rapporto due momenti emblematici della storia recente che mostrano il legame diretto tra caro-viveri e instabilità politica.
Un esempio è la cosiddetta «Primavera araba» (2010-2011): il forte aumento dei prezzi del grano e del pane, dovuto alla siccità e ai divieti di esportazione imposti dalla Russia, contribuì a scatenare proteste in Tunisia, Egitto, Libia e Siria. L’inflazione alimentare fu un fattore chiave, che si sommò al malcontento politico e sociale.
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Un ulteriore caso è quello della crisi alimentare del 2007-2008: in quel periodo, i picchi dei prezzi globali dei cereali provocarono rivolte in oltre 30 Paesi, tra cui Haiti, Bangladesh, Egitto e Mozambico, dove i beni di prima necessità divennero inaccessibili per ampie fasce della popolazione.
Gli analisti concordano sul fatto che quando «l’inflazione alimentare supera la crescita del reddito», si innesca una spirale pericolosa che può condurre a crisi sociali e politiche.
Con l’aumento dei costi dei beni di base e la perdita di potere d’acquisto, cresce la pressione sui governi, già provati da crisi energetiche, conflitti regionali e tensioni valutarie.
In breve, il mondo potrebbe trovarsi di fronte a «una nuova stagione di rivolte per il pane».
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