Alimentazione
Allarme ONU: sempre più grave la crisi idrica in Medio oriente
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews.
Colpito anche il Nord Africa. Il problema acqua si somma all’approvvigionamento di cibo (in primis grano) per la guerra in Ucraina. Rapporto UNICEF: una situazione «destinata a peggiorare». L’emergenza acuita da annosi problemi strutturali. Fra le aree più critiche vi sono lo Yemen e la Striscia di Gaza, dove emerge una progressiva salinizzazione.
La crisi idrica in alcune aree del Medio oriente e del Nord Africa, che si va a sommare al rischio fame acuito dalla crisi nelle scorte per la guerra in Ucraina, si fa sempre più allarmante, soprattutto nello Yemen e nella Striscia di Gaza, già in situazione di grave difficoltà. È quanto emerge in un rapporto pubblicato il 22 marzo scorso dall’UNICEF, in occasione della Giornata mondiale dell’acqua istituita dalle Nazioni Unite nel 1992.
«La scarsità [dell’acqua] –sottolinea il responsabile regionale dell’organismo Onu dedicato all’infanzia Chris Cormency – in questa regione è destinata a peggiorare» anche a causa dei conflitti e dei cambiamenti climatici.
Ad acuire l’emergenza idrica nella regione mediorientale vi sono anche annosi problemi strutturali, visto che «quasi la metà dell’acqua non risulta disponibile o viene smarrita in perdite» causate da un sistema di distribuzione debole e antiquato. Secondo gli esperti esso non è in grado di «preservare» e di «trasportare» in modo adeguato l’acqua che viene prelevata e immessa in circolazione.
La crisi si trascina da tempo ed è rimasta irrisolta: già nell’agosto 2021 un rapporto dell’UNICEF denunciava il «sovrasfruttamento» delle falde acquifere per esigenze agricole a partire dagli anni ‘70, in seguito all’introduzione di pompe motorizzate.
Da quel momento il problema si è allargato in seguito ad «accordi di governance inadeguati, tra cui deboli politiche di gestione delle risorse idriche e mancanza di regolamentazione».
L’agricoltura occupa in media il 70% del consumo di acqua a livello internazionale, ma in Medio Oriente e Nord Africa il dato secondo l’organismo ONU raggiunge punte dell’80%. L’emergenza è testimoniata dallo studio del World Resources Institute, secondo cui 11 dei 17 Paesi maggiormente a rischio si trovano nell’area: essi sono Qatar, Israele, Libano, Iran, Giordania, Libia, Kuwait, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain e Oman.
Nello Yemen l’interruzione dei servizi pubblici, soprattutto nel settore della sanità e in quello idrico, ha innescato spostamenti su vasta scala e l’ampia diffusione di malattie come il colera, rendendo la popolazione ancora più vulnerabile. Nel complesso, solo un terzo della popolazione yemenita è collegata a una rete idrica e 9,4 milioni di persone sono a rischio di malattie trasmesse dall’acqua, malnutrizione e altri fattori di criticità.
Inoltre, in uno dei Paesi più poveri di risorse al mondo, il conflitto ha avuto un forte impatto sull’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari.
Infine, a Gaza si è allargata la crisi idrica innescata dall’esaurimento della falda acquifera nel sottosuolo costiero. Mazen Al-Banna, dell’Autorità per la qualità dell’acqua e dell’ambiente, denuncia il «continuo calo» del livello delle acque sotterranee nella Striscia; una sola falda, spiega l’esperto, deve soddisfare «oltre il 90% del fabbisogno idrico» per tutti i residenti del territorio.
Un altro problema è quello della progressiva «salinizzazione» dell’acqua, tanto che il 98% delle risorse disponibili non possono essere usate perché non sono potabili.
Vi è poi il blocco imposto da Israele nel 2006 che, conclude al-Banna, «rende impossibile importare i materiali necessari per attuare progetti idrici e fognari e per il trattamento delle acque».
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Alimentazione
Un leader agricolo messicano assassinato in seguito allo sciopero nazionale
Bernardo Bravo Manríquez, presidente della principale associazione di agrumicoltori di Michoacán e membro del Fronte Nazionale per il Salvataggio della Campagna Messicana (FNRCM), il gruppo agricolo più attivo del Messico, è stato assassinato la mattina del 20 ottobre.
Bravo, alla guida degli Agrumicoltori della Valle di Apatzingán, aveva partecipato allo sciopero nazionale degli agricoltori del 14 ottobre, organizzato con successo dal FNRCM per sollecitare il governo a introdurre politiche a sostegno dell’agricoltura nazionale, minacciata da speculatori finanziari internazionali e dai loro cartelli.
Gli agrumicoltori avevano guadagnato l’attenzione nazionale gettando in strada circa due tonnellate di lime di alta qualità durante lo sciopero, permettendo alla gente di raccoglierli, per evidenziare che il prezzo pagato ai produttori per ogni chilo di lime è nettamente inferiore al costo di produzione.
Secondo Aristegui News, l’associazione di Bravo ha spiegato la partecipazione allo sciopero con la richiesta di istituire una banca per lo sviluppo agricolo con crediti agevolati e tassi bassi, per rilanciare le campagne. I coltivatori di lime hanno anche proposto concessioni idriche, protezione della filiera produttiva e prezzi equi.
Gli agricoltori hanno chiarito ai legislatori di non volere sussidi, ma misure per affrontare «le cause strutturali» della crisi che colpisce il settore, chiedendo «un solido quadro giuridico che ci protegga da speculazioni e abusi». L’articolo ha inoltre riportato che Bravo, come leader del settore, aveva denunciato estorsioni da parte di gruppi criminali organizzati e l’assenza di sicurezza per i coltivatori di lime.
A febbraio, Bravo aveva segnalato di aver ricevuto minacce, annunciando la chiusura degli uffici amministrativi della sua azienda. Nella dichiarazione rilasciata il giorno del suo assassinio, il FNRCM ha chiesto al governo di indagare sull’omicidio, ma ha anche criticato «l’indifferenza» del governo alle richieste di dialogo, che crea «condizioni di vulnerabilità per i produttori». La dichiarazione ha evidenziato l’esclusione, da parte del Segretario dell’Agricoltura Julio Berdegué, di due leader del FNRCM, Baltazar Valdez Armentía di Sinaloa e Yako Rodríguez di Chihuahua, da un incontro del 17 ottobre con i leader agricoli, nonostante l’approvazione del Ministero del Governo.
Il FNRCM ha avvertito che il governo dovrebbe collaborare con il movimento per «costruire un’alleanza con lo Stato per salvare le campagne e l’economia nazionale». Ha inoltre denunciato le pressioni del governo statunitense e delle sue entità, che cercano di «aggravare la polarizzazione sociale e l’ingovernabilità per giustificare interventi». In questo contesto, il governo non dovrebbe adottare «gesti divisivi e discriminatori contro i produttori nazionali», ha concluso il FNRCM.
È noto che i cartelli della droga abbiano anche interessi agricoli, soprattutto nel campo dell’avocado, frutto divenuto particolarmente popolare negli USA con le ultime generazioni per le sue proprietà nutritizie.
Alimentazione
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Alimentazione
Un terzo dei Paesi è afflitto da prezzi alimentari «anormalmente alti»: rischio di disordini sociali
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) lancia l’allarme: i prezzi dei prodotti alimentari restano eccezionalmente elevati in tutto il mondo, e in molti Paesi sono aumentati fino a cinque volte rispetto ai livelli medi del decennio scorso. Un’escalation che, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, rischia di alimentare nuovi disordini sociali, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo o politicamente instabili.
«Le condizioni attuali ricordano i periodi che hanno preceduto la Primavera Araba e la crisi alimentare del 2007-2008», si legge nel rapporto diffuso in questi giorni. E il messaggio è chiaro: le turbolenze globali, legate alla sicurezza alimentare, «sono tutt’altro che finite».
Un’analisi di BloombergNEF, basata sui dati FAO, evidenzia come il quadro sia il risultato di una combinazione di fattori: eventi meteorologici estremi, tensioni geopolitiche e politiche monetarie espansive. L’aumento dei prezzi di gasolio e benzina – spinti anche dai conflitti in corso e dalle restrizioni commerciali – ha fatto lievitare i costi di produzione e di trasporto dei beni agricoli.
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A questo si aggiunge il fattore monetario: l’eccessiva stampa di denaro da parte di molte economie avanzate ed emergenti durante e dopo la pandemia ha rappresentato, secondo gli analisti, il principale motore dell’inflazione globale.
Secondo la FAO, nel 2023 il 50% dei Paesi del Nord America e dell’Europa ha registrato prezzi alimentari «anormalmente elevati» rispetto alla media del periodo 2015-2019. L’organizzazione definisce «anormale» un livello di prezzo superiore di almeno una deviazione standard rispetto alla media storica per ciascuna merce e regione, spiega Bloomberg.
La tendenza, tuttavia, non riguarda solo l’Occidente: anche in Asia, Africa e America Latina l’impennata dei prezzi sta riducendo l’accesso ai beni di prima necessità, colpendo le fasce più vulnerabili della popolazione.
La FAO richiama nel suo rapporto due momenti emblematici della storia recente che mostrano il legame diretto tra caro-viveri e instabilità politica.
Un esempio è la cosiddetta «Primavera araba» (2010-2011): il forte aumento dei prezzi del grano e del pane, dovuto alla siccità e ai divieti di esportazione imposti dalla Russia, contribuì a scatenare proteste in Tunisia, Egitto, Libia e Siria. L’inflazione alimentare fu un fattore chiave, che si sommò al malcontento politico e sociale.
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Un ulteriore caso è quello della crisi alimentare del 2007-2008: in quel periodo, i picchi dei prezzi globali dei cereali provocarono rivolte in oltre 30 Paesi, tra cui Haiti, Bangladesh, Egitto e Mozambico, dove i beni di prima necessità divennero inaccessibili per ampie fasce della popolazione.
Gli analisti concordano sul fatto che quando «l’inflazione alimentare supera la crescita del reddito», si innesca una spirale pericolosa che può condurre a crisi sociali e politiche.
Con l’aumento dei costi dei beni di base e la perdita di potere d’acquisto, cresce la pressione sui governi, già provati da crisi energetiche, conflitti regionali e tensioni valutarie.
In breve, il mondo potrebbe trovarsi di fronte a «una nuova stagione di rivolte per il pane».
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