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Acqua e armi atomiche: escalation tra India e Pakistan. Il ministro della Difesa pakistano: Londra e l’Occidente dietro il terrorismo

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Venerdì 25 aprile il governo indiano ha tenuto riunioni ad alto livello per elaborare piani per attuare la decisione di sospendere la partecipazione dell’India al Trattato sulle acque dell’Indo del 1960, in seguito alla strage terrorista del 22 aprile nel Kashmir controllato dall’India, perpetrati da una branca del gruppo terroristico Lashkar-e-Taiba, legato all’ISIS e storicamente basato in Pakistan. Lo riporta EIRN.

 

In quelle riunioni è stato elaborato un piano completo per «garantire che nemmeno una goccia d’acqua scorra in Pakistan dall’India», fino a quando l’infrastruttura terroristica non sarà bonificata, ha annunciato il ministro indiano delle Risorse Idriche C.R. Patil.

 

Tra le risposte da parte pakistana figurano le minacce esplicite di un ministro del governo di usare armi nucleari contro l’India, qualora l’acqua venisse effettivamente tagliata. Sia il Pakistan che l’India sono potenze nucleari. Il Trattato sulle acque dell’Indo assegna ai due Paesi i diritti di utilizzo delle acque dei sei principali fiumi del bacino dell’Indo che condividono.

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L’India non è fisicamente in grado di interrompere il flusso dei tre fiumi occidentali nel bacino che il Trattato assegna principalmente al Pakistan, per motivi geologici e geografici, nonché per il tempo necessario alla costruzione di canali, dighe e bacini artificiali per deviare l’acqua.

 

Mentre funzionari indiani anonimi hanno dichiarato a diversi media che alcune di queste deviazioni potrebbero iniziare entro pochi mesi, Kushvinder Vohra, il capo della Commissione Centrale per le Acque dell’India recentemente in pensione, ha dichiarato a NDTV che l’India potrebbe immediatamente interrompere la condivisione di dati idrici con il Pakistan, come i flussi idrologici in vari punti dei fiumi che attraversano l’India, omettere gli avvisi di alluvione e saltare le riunioni annuali della Commissione Permanente dell’Indo, presieduta da un funzionario ciascuno per entrambi i Paesi.  «Non avranno molte informazioni con loro su quando arriverà l’acqua, né su quanta ne arriverà. Senza queste informazioni, non possono pianificare».

 

Secondo quanto riferito, in Pakistan sta crescendo il panico per la prospettiva di un’interruzione dell’acqua. I tre fiumi assegnati al Pakistan in base al trattato irrigano oltre 16 milioni di ettari di terreni agricoli, pari fino all’80% del totale dei terreni agricoli del Paese

 

Gli agricoltori della provincia pakistana di Sindah hanno dichiarato all’agenzia Reuters che la loro area si trasformerà in un deserto se l’India interromperà il flusso d’acqua del fiume a monte, e «moriremo di fame».

 

Ghasharib Shaokat della Pakistan Agriculture Research, una società di ricerca di Karachi, ha dichiarato alla Reuters che le azioni dell’India iniettano incertezza «in un sistema che non è mai stato progettato per l’imprevedibilità. Al momento, non abbiamo un sostituto. I fiumi regolati dal trattato sostengono non solo le colture, ma anche le città, la produzione di energia e milioni di mezzi di sussistenza».

 

Un video della conferenza stampa tenuta dal Ministro delle Ferrovie pakistano Hanif Abbasi il 26 aprile, in cui ha minacciato che il Pakistan potrebbe usare le sue armi nucleari in risposta all’interruzione dell’acqua, è circolato ampiamente sulla stampa indiana nelle ultime 24 ore.

 

Si sente Abbasi dire: «se fermano l’acqua, dovrebbero essere pronti per la guerra. Ghori, Shaheen e Ghaznavi (missili terra-terra pakistani, ndr) non sono da esposizione. Li abbiamo tenuti per l’India. Non abbiamo tenuto 130 armi atomiche per un pezzo da esposizione. Non sapete dove si trovino in Pakistan».

 

Come riportato da Renovatio 21, l’India sta attualmente dando la caccia ai perpetratori della strage, di cui ha bruciato pubblicamente la casa.

 

Nel frattempo, il Ministro della Difesa pakistano Khawaja Asif ha rilasciato dichiarazioni esplosive in un’intervista con la conduttrice di Sky News Yalda Hakim il 24 aprile, rispondendo alla sua affermazione secondo cui il Pakistan ha storicamente “«ostenuto, appoggiato e finanziato» organizzazioni terroristiche.

 

«Abbiamo fatto questo lavoro sporco per gli Stati Uniti per circa tre decenni e per l’Occidente, inclusa la Gran Bretagna. È stato un errore e ne abbiamo pagato le conseguenze. Se non fossimo entrati in guerra contro l’Unione Sovietica e dopo l’11 settembre, la storia del Pakistan sarebbe stata ineccepibile».

 

L’Asif, Ministro della Difesa dall’aprile 2022, ha elaborato la sua accusa secondo cui i gruppi terroristici in Pakistan sarebbero stati «usati come intermediari dagli Stati Uniti».

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«Quando combattevamo la guerra al loro fianco negli anni Ottanta contro l’Unione Sovietica, tutti questi terroristi di oggi, se la spassavano a Washington. Poi è arrivato l’11 settembre. Si è creata di nuovo la stessa situazione. Credo che il nostro governo abbia commesso un errore». Asif ha insistito sul fatto che il Pakistan non avesse nulla a che fare con l’ultimo omicidio di Pahalgam, affermando che il Pakistan è stato danneggiato dal terrorismo, proprio come l’India.

 

Più avanti nell’intervista, il ministro tuttavia ha incolpato l’India per l’incidente di Pahalgam, insinuando che l’avesse «organizzato» per «creare una sorta di crisi nella regione, in particolare per noi».

 

Asif ha rilasciato un’intervista di follow-up su questi argomenti alla testata governativa russa RT il 26 aprile, in cui ha spiegato come il Pakistan fosse rimasto coinvolto nelle guerre anglo-americane contro l’Afghanistan e poi dopo l’11 settembre.

 

«L’introduzione della jihad, inventata dall’Occidente, ha cambiato l’ethos del Paese e ha portato alle sue attuali problematiche. L’intero ethos della società è stato modificato per sostenere il jihad». Durante la guerra in Afghanistan, Islamabad «ha fornito ogni sorta di aiuto» agli Stati Uniti.

 

In seguito, dice, dopo gli attacchi dell’11 settembre, il Pakistan «si è nuovamente unito alla coalizione».

 

«Dal nostro territorio, tutti i rifornimenti e le strutture ci arrivavano», ha detto. «Entrambe queste guerre, a mio modesto parere, non sono state le nostre guerre… Abbiamo sofferto molto e gli Stati Uniti ci hanno abbandonato intorno all”89 o al ’90. Se ne sono andati e siamo rimasti a bocca asciutta», ha dichiarato il ministro.

 

Tre giorni dopo il sanguinoso attacco terroristico del 22 aprile, il dottor Chietigi Bajpaee, Senior Research Fellow del Programma Asia Meridionale e Asia-Pacifico presso il principale think tank di politica estera della Corona britannica, Chatham House (noto anche come Royal Institute of International Affairs), ha previsto che «l’attacco in Kashmir rinnoverà le ostilità tra India e Pakistan» e che «è probabile un’escalation militare».

 

 

Il Bajpaee discute delle note faglie in Pakistan che hanno generato tali episodi terroristici in passato, di come Londra si aspetta che l’India reagisca e delle ragioni per cui presume che gli Stati Uniti non interverranno come in passato per allentare le tensioni, e prevede «risultati» di diverso tipo.

 

In primo luogo, che il ruolo internazionale dell’India sarà ridimensionato dal conflitto regionale.

 

«Nuova Delhi ha cercato di concentrarsi sul ruolo e sulle aspirazioni globali dell’India piuttosto che sulle sue relazioni cronicamente difficili con il Pakistan», ha scritto Bajpaee. In effetti, fino a questa settimana, c’era stato «un certo grado di moderazione strategica nelle relazioni tra India e Pakistan negli ultimi anni», tanto che «di tutti i Paesi con cui il Pakistan confina, il confine con l’India è stato il più stabile negli ultimi anni». La situazione ora cambierà

 

Allo stesso modo, prevede che tra le «implicazioni regionali più ampie» dell’attacco ci sia il fatto che l’Asia meridionale continuerà a essere «tra le regioni meno integrate economicamente al mondo. L’Associazione dell’Asia meridionale per la cooperazione regionale (SAARC) non tiene un vertice da oltre un decennio, il che è dovuto in gran parte alla sfiducia nelle relazioni tra India e Pakistan», ha scritto. «L’attacco di Pahalgam rende questo evento ancora meno probabile in tempi brevi».

 

Nemmeno l’analista britannico scarta lo spettro di un nuovo focolaio nucleare. Dopo aver affermato che gli Stati Uniti non interverranno, Bajpaee conclude: «senza una significativa pressione internazionale per una de-escalation, le uniche vere limitazioni per entrambe le parti sono le preoccupazioni di una possibile escalation nucleare e l’impatto di un conflitto sulle loro economie».

 

Come riportato da Renovatio 21, studi sugli impatti climatici di uno scambio nucleare tra India e Pakistan «hanno scoperto che in tutti gli scenari, le tempeste di fuoco rilascerebbero fuliggine e fumo nell’atmosfera superiore, bloccando il Sole e costringendo le temperature a scendere in media di 10,5° C nel primo mese. Ciò, a sua volta, causerebbe l’abbassamento delle temperature oceaniche e l’espansione del ghiaccio marino di oltre 6 milioni di miglia quadrate, bloccando i principali porti tra cui Tianjin, Copenaghen e San Pietroburgo in Cina».

 

I ricercatori hanno affermato che le modifiche al ghiaccio marino artico dureranno probabilmente migliaia di anni, descrivendo l’evento come una «piccola era glaciale nucleare».

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Immagine di Agencia Brasil via Wikimedia pubblicata su licenza  Creative Commons Attribution 3.0 Brazil

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I vertici militari britannici sostengono l’accordo di condivisione nucleare con la Germania

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Alti esponenti militari britannici hanno sostenuto la proposta di un nuovo accordo di sicurezza con la Germania, che potrebbe includere la condivisione di armi nucleari. Lo riporta il giornale britannico Telegraph.   Figure di spicco, tra cui un ex capo di stato maggiore della difesa e un ex segretario generale della NATO, avrebbero incoraggiato Londra a iniziare negoziati con Berlino, citando la presunta minaccia «critica» rappresentata dalla Russia e le crescenti preoccupazioni riguardo a un possibile ridimensionamento del ruolo degli Stati Uniti in Europa.   La Germania, che ha il divieto di sviluppare armi nucleari, sta già conducendo «discussioni strategiche» con Parigi per entrare nell’ombrello nucleare francese. Il cancelliere Friedrich Merz, accusato dalla Russia di «inasprire quotidianamente la retorica anti-russa», ha segnalato la sua apertura a valutare un accordo simile con il primo ministro britannico Keir Starmer, secondo quanto riportato dal quotidiano.   Sebbene fonti del Telegraph sottolineino che non sono ancora iniziati colloqui formali tra Londra e Berlino, diversi funzionari della difesa si sono espressi a favore dell’intesa.   «È giusto e opportuno, e sarebbe dovuto accadere molto tempo fa», ha dichiarato Lord Robertson, ex segretario generale della NATO, secondo l’agenzia di stampa. «Se la Russia persiste con la sua retorica nucleare, ciò spingerà l’Europa nel suo insieme a prendere alcune decisioni», ha aggiunto.

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Il deterrente nucleare britannico, messo a disposizione della NATO dal 1962, resta sotto il controllo esclusivo di Londra, con uno dei suoi sottomarini armati con missili Trident sempre in pattuglia. All’inizio di quest’anno, Starmer ha annunciato l’acquisto di 12 jet stealth F-35A, capaci di trasportare armi nucleari, che saranno basati nel Regno Unito.   Il generale in pensione Sir Richard Barrons ha avvertito che un sistema condiviso sarebbe «impraticabile», poiché decisioni collettive di lancio non potrebbero essere prese rapidamente sotto pressione. Il feldmaresciallo Lord Houghton, ex capo di stato maggiore della difesa, ha suggerito che l’Europa dovrebbe considerare un’opzione nucleare più ampia, dato il crescente focus degli Stati Uniti sulla Cina, ma si è chiesto se ciò sarebbe «una buona idea o una follia».   Fonti della difesa hanno riferito al Telegraph che, sebbene il coordinamento tra Londra e Berlino possa intensificarsi, qualsiasi piano di condivisione delle armi nucleari resta «molto lontano».   Come riportato da Renovatio 21, il neocancelliere Federico Merz ha promesso, appena eletto, di escludere le armi atomiche, ma non è facile credergli. Credere ad un cancelliere tedesco, in una Germania che ripudia le centrali atomiche ma invoca le bombe atomiche, potrebbe essere difficilissimo.   Come riportato da Renovatio 21, l’eurodeputata SPD Katarina Barley aveva ipotizzato mesi fa il riarmo atomico dell’Europa – e quindi per una Germania rimilitarizzata, un concetto che si dice fosse uno dei motivi della creazione della NATO («Tenere l’Europa dentro, i russi fuori, i tedeschi sotto») e un vero incubo per lo statista italiano Giulio Andreotti («la Germania mi piace così tanto che ne voglio due»).  

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La Russia testa con successo un missile da crociera a propulsione nucleare con gittata illimitata

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Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato domenica il successo del test di un missile da crociera a propulsione nucleare, il 9M730 Burevestnik, con una portata teoricamente illimitata. Durante la prova di questa settimana, il missile avrebbe percorso 14.000 km in 15 ore di volo, dimostrandosi, secondo Putin, «invincibile» contro i sistemi di difesa missilistica attuali e futuri.

 

«Si tratta di un’arma unica al mondo», ha dichiarato Putin in un incontro con i generali impegnati nel conflitto in Ucraina. Il missile Burevestnik (nome in codice NATO: SS-X-33 Stone o SSC-X-9 Skyfall, noto anche come Petrel), svelato nel 2018 come risposta all’espansione della NATO e allo sviluppo dello scudo missilistico statunitense dopo l’uscita dal Trattato antimissili balistici del 1972, è stato a lungo considerato irrealizzabile, ma Putin ha confermato il completamento dei «test cruciali».

 

Secondo l’agenzia Reuters, l’annuncio rappresenta un chiaro monito all’Occidente affinché non sottovaluti le capacità militari russe, mentre la guerra in Ucraina continua senza prospettive di pace. «Per Trump, che ha definito la Russia una “tigre di carta” per non aver rapidamente sconfitto l’Ucraina, il messaggio è che Mosca resta un attore militare globale, specie nel campo nucleare, e che le sue proposte sul controllo degli armamenti dovrebbero essere prese sul serio», scrive Reuters.

 

L’annuncio segue la decisione degli Stati Uniti di autorizzare l’Ucraina a utilizzare missili a lungo raggio forniti dall’Occidente per colpire in profondità il territorio russo, riportata giovedì dal Wall Street Journal.

 

 

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Come riportato da Renovatio 21, Putin ha avvertito che un attacco di missili Tomahwak alla Russia comporterebbe una risposta «molto seria, se non schiacciante». Alla vigilia della revoca delle restrizioni, le forze nucleari russe hanno condotto un’esercitazione su terra, mare e aria per testare la prontezza e la catena di comando.

 

Sabato, il presidente Trump ha dichiarato che non incontrerà Putin fino al raggiungimento di un accordo di pace per porre fine al conflitto ucraino. «Devo essere certo che troveremo un’intesa», ha detto ai giornalisti sull’Air Force One, diretto a Kuala Lumpur per un tour asiatico. «Non voglio perdere tempo. Ho sempre avuto un ottimo rapporto con Vladimir Putin, ma questa situazione è stata una grande delusione».

 

Trump ha cancellato il vertice di pace con Putin previsto a Budapest, esprimendo frustrazione per la mancanza di progressi. «Pensavo che la pace in Medio Oriente sarebbe stata più complessa», ha detto, citando successi come la mediazione tra Azerbaigian e Armenia. «India e Pakistan, quasi tutti gli accordi che ho concluso sembravano più difficili di quello con Russia e Ucraina, ma c’è molto odio tra Zelens’kyj e Putin».

 

In risposta, Trump ha annunciato nuove sanzioni contro le due principali compagnie petrolifere russe, accusando Mosca di scarsa serietà nei negoziati di pace. suggerendo che discuterà degli acquisti di petrolio russo da parte della Cina con il premier Xi Jinping durante l’incontro in Corea del Sud. «La Cina sta riducendo significativamente gli acquisti di petrolio russo, e l’India li ha interrotti del tutto. Abbiamo imposto sanzioni», ha dichiarato Trump.

 

Come riportato da Renovatio 21, a marzo dell’anno scorso Putin aveva annunziato il completamento dei test del missile Burevestnik, come pure del drone sottomarino con capacità nucleare Poseidon, un’arma in grado di scatenare immani tsunami radiattivi in grado di affondare le città costiere se non interi Paesi insulari come la Gran Bretagna.

 

 

 

Agli albori del conflitto ucraino, Putin aveva parlato del fatto che la Russia dispone di nuove armi, che nessuno ha, dichiarandole chiaramente migliori di quelle della NATO, parlando di armi basate su «nuovi principi della fisica» e solo cinque mesi fa delle armi nucleari più avanzate al mondo. In pochi, 0ramai, pensano che bluffasse.

 

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Stupende immagini della fusione nucleare

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Impressionanti immagini giungo dall’azienda britannica Tokamak Energy, che ha scattato ad alta velocità delle foto a colori di ciò che accade dentro, appunto, un tokamak, acronimo russo per «camera toroidale con spire magnetiche», cioè un reattore nucleare a fusione a forma di ciambella.   Vediamo qui una nube rosa di plasma di idrogeno luminoso che raggiunge temperature superiori a quelle del nucleo del Sole, il tutto imprigionato in un potentissimo campo magnetico. Ciò che vediamo è solo la luce visibile proveniente dal bordo del plasma, perché il nucleo del plasma è così caldo che non emette alcuna luce visibile.   Nell’angolo in alto a destra, si può anche assistere allo spettacolo abbagliante dei granuli di litio iniettati nella camera, scrive Futurism. Inizialmente di un rosso brillante, i granuli di litio cadono più in profondità nel plasma, mentre la ionizzazione lo trasforma in un alone sfocato di un verde brillante.  

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  «La telecamera a colori è particolarmente utile per esperimenti come questi», ha affermato Laura Zhang, fisica di Tokamak Energy, in una nota. «Ci aiuta a identificare immediatamente se le impurità gassose che stiamo introducendo irradiano nel punto previsto e se le polveri di litio penetrano nel nucleo del plasma».   La fusione nucleare, il processo che da miliardi di anni alimenta le stelle come il nostro Sole, avviene quando l’enorme gravità stellare fa collidere atomi leggeri, come l’idrogeno, in un plasma rovente, generando calore durante la loro unione. Riprodurre questo fenomeno sulla Terra è complesso, poiché manca la gravità stellare che facilita la collisione degli atomi.   Un tokamak risolve parzialmente il problema, usando potenti campi magnetici generati da superconduttori per confinare il plasma, troppo caldo per essere contenuto da materiali solidi. Tuttavia, il combustibile, come gli isotopi di idrogeno (deuterio e trizio), è problematico: il deuterio è raro e si estrae dall’acqua di mare, mentre il trizio, ancora più scarso, va prodotto irradiando il litio, un metallo difficile da reperire. Rispetto alla fissione nucleare, che usa uranio o plutonio, la fusione è più sicura, con radiazioni a breve emivita.   Attualmente, però, i nostri esperimenti di fusione consumano più energia di quanta ne producano, rendendola ancora impraticabile, anche se i progressi sono promettenti per la ricerca scientifica. Recenti studi sulla superconduttività condotti al politecnico bostoniano MIT sembrano indicare che la fusione è tuttavia pienamente possibile. Altre svolte si sarebbero avute a Princeton, in Corea e in Giappone.   Come riportato da Renovatio 21, la Cina in particolare sembra aver intrapreso la corsa all’ottenimento della tecnologia a fusione atomica, con il primo reattore a fusione-fissione programmato già per il 2030.   Una volta scoperto un processo stabile per ottenere la fusione, potrebbe entrare in giuoco l’Elio-3, una sostanza contenuta in grande abbondanza sulla Luna, dove la Cina, come noto, sta operando diverse missioni spaziali di successo. Da qui potrebbe svilupparsi definitivamente il ramo cosmico dello scacchiere internazionale, la geopolitica spaziale che qualcuno già chiama «astropolitica», e già si prospetta come un possibile teatro di guerra.
La cooperazione mondiale per la fusione era un’idea portata avanti dallo scienziato atomico sovietico Igor Kurchatov. Essa potrebbe quindi passare anche per una collaborazione nello spazio, che ad oggi pare assai difficile.  

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