Economia
Ford potrebbe lasciare la Germania
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Il colosso automobilistico statunitense Ford ha imposto significativi tagli al management del suo stabilimento tedesco di Colonia, nell’ambito di un piano di ristrutturazione che potrebbe portare il colosso automobilistico a lasciare il Paese. Lo riporta la testata tedesca Bild.
Secondo il giornale, crescono le preoccupazioni nella filiale tedesca dopo che Ford ha annunciato che solo quattro dei dieci attuali amministratori delegati manterranno la loro carica.
«Come parte della trasformazione del business europeo, Ford sta semplificando la sua struttura amministrativa e gestionale in Germania e ridimensionando la gestione di Ford-Werke GmbH», ha affermato la casa automobilistica in una dichiarazione. «A partire dal 1° luglio 2024, un massimo di quattro membri formeranno la gestione».
Il presidente del consiglio di sorveglianza Kieran Cahill ha sostenuto che il drastico passo è necessario per semplificare la struttura amministrativa e gestionale di Ford in Germania. La mossa «ci dà più velocità di azione e consente al team di gestione di concentrarsi completamente sui suoi compiti operativi e guidare Ford verso un futuro di successo», scrive Bild.
Ford ha annunciato massicci licenziamenti lo scorso anno come parte di un piano di austerità, affermando che taglierà 3.800 posti di lavoro in Europa, soprattutto in Germania, poiché si sposterà verso la produzione di veicoli elettrici (EV), che richiede meno personale.
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La casa automobilistica ha già completato a metà il suo precedente piano di ristrutturazione che prevedeva la riduzione di 2.300 posti di lavoro in Germania, riducendo il numero dei dipendenti a 13.000, ha detto a Reuters il capo del comitato aziendale dello stabilimento di Colonia, Benjamin Gruschka.
La settimana scorsa, Ford ha annunciato piani per ulteriori tagli di posti di lavoro in Germania senza specificare il numero di ulteriori licenziamenti.
In Germania, interi settori dell’industria europea, come in Germania l’automotive e la chimica sono stati messi in ginocchio dalla folle politica energetica inflitta all’Europa con la rinuncia al gas russo.
Il tema della deindustrializzazione nazionale è oramai discusso apertamente sui giornali tedeschi, con tanto di domande retoriche delle grandi testate come il Financial Times che si chiede se per caso la crisi energetica (causata anche dal terrorismo di Stato contro i gasdotti) distruggerà l’industria europea, mentre la recessione tedesca è stata definita «inevitabile». Un recente studio dell’Istituto dell’Economia Tedesca (IW) aveva calcolato che la carestia di gas distruggerà in Germania 330 mila posti di lavoro.
Come riportato da Renovatio 21, il presidente Stefan Wolf della Gesamtmetall (Federazione delle associazioni tedesche dei datori di lavoro dell’industria metalmeccanica ed elettrica) ha previsto una potenziale perdita di 40-50.000 di posti di lavoro nei prossimi tre o quattro anni.
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Immagine di GillyBerlin via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
Economia
Bitcoin sotto pressione per i rimborsi del banco Mt. Gox
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Economia
Lo Zambia criminalizzerà l’uso del dollaro
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La Banca dello Zambia ha elaborato nuove norme volte a limitare l’uso di valute estere nelle transazioni locali, in particolare del dollaro statunitense, ha affermato lunedì l’agenzia di stampa del Paese.
Le nuove normative valutarie saranno emesse, a quanto si dice, come strumento statutario dal ministro delle finanze e della pianificazione nazionale. Una volta entrate in vigore, richiederanno che il kwacha zambiano e la sua sottounità, il ngwee, siano utilizzati per tutte le transazioni pubbliche e private nazionali.
La Banca Centrale di Lusaka ha espresso preoccupazione per il crescente utilizzo del dollaro nell’economia locale. Questa pratica, secondo la banca, indebolisce i suoi strumenti di politica monetaria ed esercita pressione sul tasso di cambio.
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Una bozza di documento pubblicata dalla Bank of Zambia sabato ha rivelato che gli individui sorpresi a usare valuta estera per transazioni locali potrebbero rischiare fino a dieci anni di carcere o multe consistenti. Lo ha annunciato il vicegovernatore per le operazioni della banca centrale, Francis Chipimo, in un discorso tenuto a una fiera commerciale a Ndola.
Chipimo ha evidenziato i rischi della dollarizzazione, affermando che ostacola la capacità delle autorità di gestire efficacemente le politiche monetarie e di cambio. Ha spiegato che l’uso del dollaro aumenta i rischi di credito e di liquidità e mina l’influenza della banca centrale poiché i mercati del credito denominati in dollari non rispondono alle azioni della Banca dello Zambia.
Il Chipimo ha inoltre sottolineato che in un’economia basata sul dollaro statunitense, la domanda e l’importanza della valuta locale si riducono, con conseguente calo persistente del suo valore sia come mezzo di scambio che come riserva di valore.
«Negli estremi, la valuta perderebbe la sua accettabilità come denaro», ha affermato Chipimo.
Nel maggio 2012, lo Zambia ha introdotto delle restrizioni all’uso del dollaro tra le imprese locali, ma queste misure sono state abolite meno di due anni dopo. La manovra allarmò soprattutto tante famiglie bianche residenti in Zambia, perché ricordava un provvedimento intrapreso dall’allora presidente Robert Mugabe nel limitrofo Zimbabwe (che era Rhodesia del Sud, mentre lo Zambia era Rhodesia del Nord) subito prima di iniziare la sua guerra contro i farmer che ha portato a persecuzioni razziali indicibili (con morte e devastazione sanguinaria) e la conseguente diaspora dei bianchi che ha provocato collasso economico del Paese, che fu leader mondiale nell’export del tabacco per poi ritrovarsi con nulla in mano.
Nel frattempo, in un’intervista con il sito governativo russo RT, Stephen Kampyongo, membro dell’Assemblea nazionale del Paese, ha affermato che lo Zambia non ha bisogno della presenza militare degli Stati Uniti.
Nell’aprile 2022, Washington aveva annunciato l’istituzione dell’Ufficio per la cooperazione in materia di sicurezza dell’AFRICOM presso l’ambasciata statunitense nella capitale, Lusaka, con l’obiettivo di migliorare le «relazioni tra militari» e ampliare le aree di cooperazione con le forze di sicurezza dello Zambia.
«Non è auspicabile che… gli Stati Uniti… ci impongano una richiesta internazionale», aveva affermato Kampyongo in risposta a una domanda su se ritenesse che Washington stia cercando di imporre le sue politiche al governo dello Zambia. «Qualsiasi politica internazionale deve basarsi sul rispetto reciproco, apprezzando la sovranità di ogni Stato», ha aggiunto.
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Lo Zambia, come l’Uganda ed altri Paesi Africani, potrebbe trovarsi davanti a problemi diplomatici con gli USA a causa delle sue leggi anti-omosessualità, condivise con forza dalla Conferenza Episcopale Zambiana, che non ha avuto problemi ad attaccare anche il documento papale Fiducia Supplicans sulle benedizioni gay.
Come ribadito di recente dal segretario di Stato Anthony Blinken, ed elaborato mesi fa dal portavoce del Pentagono ammiraglio Kirby, i cosiddetti «diritti LGBT» costituiscono il cuore della politica estera statunitense.
Si trattava di una risposta a chi gli chiedeva dell’Uganda, tagliata fuori da aiuti e commerci con gli USA (e dai fondi della Banca Mondiale) a causa della sua legge anti-sodomia.
En passant, ricordiamo le coincidenze accadute subito dopo l’arrivo delle leggi anti-LGBT a Kampala: strane, improvvise stragi nel Paese ad opera di sigle terroriste che sembravano sparite da decenni, nonché un massacro in cui gli islamisti in Somalia hanno trucidato una quarantina di soldati della forza di pace ugandese.
Come riportato da Renovatio 21, Paesi come la Nigeria, durante la presidenza Obama, si sono trovati di fronte al ricatto di Washington: accettare leggi omosessualiste oppure perdere la possibilità di avere l’Intelligence fornita dai satelliti USA per sconfiggere i terroristi islamisti di Boko Haram.
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Immagine di Mondoka Zambia via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Economia
Le esportazioni di gas russo verso l’UE aumentano vertiginosamente
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