Cina
412 milioni di cinesi in lockdown. Si moltiplicano le proteste contro la politica «zero-Covid» di Xi Jinping
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Situazione ancora tesa alla Foxconn di Zhengzhou, primo assemblatore mondiale di iPhone. Circa 412 milioni di cinesi sono in lockdown. Contagi in crescita anche a Pechino. Fondo monetario internazionale: crescita cinese a fine anno prevista al 3,2%; consigliato un rafforzamento della campagna vaccinale per invertire il trend negativo.
Si moltiplicano nel Paese le proteste contro la draconiana politica di azzeramento del COVID-19 voluta da Xi Jinping.
Circolano sui social media immagini di quelli che sembrano lavoratori della Foxconn a Zhengzhou (Henan) mentre abbattono delle barriere e si scontrano con guardie in tuta protettiva invocando il pagamento dello stipendio. Lo scorso mese personale della compagnia, il più grande assemblatore di iPhone al mondo, è scappato a piedi dallo stabilimento per sfuggire alla quarantena per il coronavirus.
Gli allentamenti alle restrizioni sanitarie annunciati la scorsa settimana dal governo sono già un ricordo. Molte città cinesi registrano picchi di contagi spingendo le autorità a tornare subito a lockdown, quarantene e tamponi di massa. Colpita anche la capitale, dove le autorità hanno chiuso centri commerciali, parchi e musei, oltre a interi quartieri, e imposto limiti alla circolazione. Situazione critica anche a Shanghai, ma soprattutto a Chongqing and Guangzhou (Guangdong) dove si registrano il maggior numero d’infezioni.
Secondo Nomura, al 21 novembre circa 412 milioni di cinesi erano in lockdown, in salita rispetto ai 340 milioni della settimana precedente. I contagi a livello nazionale sono oltre 28mila.
Le misure di contenimento della pandemia sono diventate un problema socio-economico. Nelle settimane scorse Guangzhou ha visto dimostrazioni di piazza poi oscurate dal web.
Significative proteste si sono avute poi in Tibet, senza dimenticare quelle dei cittadini di Shanghai, costretti in primavera alla quarantena nelle loro abitazioni e senza viveri per giorni.
Ancora più clamorosa è l’azione solitaria di un manifestante che ha esposto a Pechino striscioni critici di Xi alla vigilia del 20° Congresso del Partito lo scorso mese: la sfida più plateale al regime dal movimento democratico di piazza Tiananmen del 1989. La polizia ha arrestato subito Peng Lifa, diventato una star del web con i soprannomi di «uomo del ponte», «guerriero solitario» e «uomo coraggioso».
Sul fronte economico le notizie non sono positive. Oggi il Fondo monetario internazionale (FMI) ha pubblicato le previsioni per l’economia cinese.
La crescita del PIL a fine 2022 è data al 3,2%, ben lontana dall’obiettivo del 5,5% di Pechino. Per il 2023 è atteso un miglioramento al 4,4%, sull’assunto però che il governo cinese inizi ad accantonare la politica zero-COVIDnella seconda metà dell’anno.
L’FMI ha precisato che per raggiungere questo risultato la Cina dovrebbe rafforzare la campagna di vaccinazione, finora fallimentare.
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Immagine screenshot da YouTube
Cina
La Casa Bianca annuncia l’incontro Trump-Xi
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump incontrerà il presidente cinese Xi Jinping la prossima settimana durante un viaggio in Asia, ha dichiarato giovedì la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt.
Trump si recherà in Malesia e Corea del Sud, dove incontrerà Xi Jinping giovedì prossimo a margine del Vertice di Cooperazione Economica Asia-Pacifico (APEC). Leavitt non ha fornito ulteriori dettagli sull’incontro.
L’annuncio giunge in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra i due Paesi. La settimana scorsa, Trump ha minacciato di introdurre un ulteriore dazio del 100% sui prodotti cinesi a partire da novembre.
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Questa escalation segue la decisione di Pechino di imporre restrizioni più severe sulle esportazioni di terre rare, nonostante avesse precedentemente definito «insostenibili» le tariffe elevate. La nuova politica cinese non colpisce direttamente gli Stati Uniti, ma le aziende tecnologiche americane dipendono fortemente dalle forniture cinesi di terre rare.
Sebbene Trump avesse annunciato settimane fa l’intenzione di incontrare Xi al vertice APEC, non aveva specificato la data. Tuttavia, aveva anche accennato alla possibilità di cancellare l’incontro, a causa del disappunto per le restrizioni cinesi sull’export di minerali di terre rare.
Mercoledì, il presidente statunitense ha dichiarato che i due leader avrebbero discusso di temi che spaziano dal commercio all’energia nucleare, aggiungendo che intende affrontare anche la questione degli acquisti di petrolio russo da parte della Cina.
L’incontro in Corea del Sud sarà il primo faccia a faccia tra i due leader da quando Trump è tornato al potere a gennaio. I due si sono parlati almeno tre volte quest’anno, ma l’ultimo incontro di persona risale al 2019, durante il primo mandato di Trump.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Cina
La Cina accusa gli Stati Uniti di un grave attacco informatico
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Cina
La Cina espelle 9 generali di alto rango, tra cui due dirigenti del Partito Comunista, in una purga radicale
In una delle più significative operazioni di epurazione degli ultimi decenni, il presidente cinese Xi Jinping ha avviato una nuova ondata di licenziamenti ai vertici delle forze armate. Il Partito Comunista Cinese (PCC) ha infatti espulso nove generali di alto rango, in quella che gli analisti definiscono una mossa dettata non solo da motivazioni disciplinari, ma anche da logiche di lealtà politica.
Secondo una dichiarazione del ministero della Difesa pechinese, i nove ufficiali sarebbero sotto inchiesta per «grave illecito finanziario». A rendere il caso ancora più insolito è il fatto che la maggior parte di loro erano generali a tre stelle e membri del potente Comitato Centrale del Partito.
Non si è trattato di semplici retrocessioni: la maggior parte dei militari è stata completamente espulsa dalle forze armate. Nella nota ufficiale, il ministero ha accusato i generali di aver «gravemente violato la disciplina di partito» e di essere «sospettati di gravi reati connessi al servizio, che coinvolgevano una quantità di denaro estremamente elevata, di natura estremamente grave e con conseguenze estremamente dannose».
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Le autorità cinesi hanno sottolineato che gli ufficiali «saranno puniti legalmente e militarmente» a seguito dell’indagine, definita «un risultato significativo nella campagna anticorruzione del partito e dell’esercito».
La figura più illustre tra gli epurati è il generale He Weidong, fino a poco tempo fa vicepresidente della Commissione Militare Centrale (CMC) e membro del Politburo, l’élite di 24 dirigenti che guidano il Paese. He era considerato il secondo uomo più potente dell’apparato militare dopo Xi Jinping stesso, che presiede la CMC.
Negli ultimi mesi si erano diffuse voci secondo cui il generale He si fosse scontrato con Xi e con la leadership del Partito. Da marzo, infatti, non era più apparso in pubblico, circostanza che aveva alimentato le speculazioni su una possibile inchiesta interna.
Secondo il Wall Street Journal «il generale He è l’ufficiale militare in servizio attivo più anziano che Xi abbia mai epurato, e il primo vicepresidente in carica della Commissione Militare Centrale a essere estromesso in quasi quarant’anni». Il quotidiano statunitense ricorda inoltre che il 68enne He è «il primo membro in carica del Politburo a essere indagato dal 2017».
L’ultima volta che la Cina aveva assistito a un’epurazione di vertici militari di simile livello risale a circa un decennio fa, quando furono espulsi due vicepresidenti in pensione della CMC per corruzione, durante il primo mandato di Xi Jinping.
Segnali di una possibile purga erano già emersi a luglio, quando la Commissione Militare Centrale aveva emanato nuove linee guida che invitavano a eliminare «l’influenza tossica» nelle forze armate e a seguire «regole ferree» per gli ufficiali di alto grado.
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I nove ufficiali epurati sono He Weidong (vicepresidente della Commissione Militare Centrale, CMC); Miao Hua (direttore del dipartimento di Lavoro Politico del CMCM), He Hongjun (vicedirettore esecutivo del Dipartimento di Lavoro Politico del CMC); Wang Xiubin (vicedirettore esecutivo del Centro di Comando delle Operazioni Congiunte del CMC; Lin Xiangyang (comandante del Teatro Orientale); Qin Shutong (commissario politico dell’Esercito); Yuan Huazhi (commissario politico della Marina); Wang Houbin (Comandante delle Forze Missilistiche); Wang Chunning (comandante della Forza di Polizia Armata).
Secondo osservatori interni, potrebbero esserci ulteriori epurazioni nelle prossime settimane. I licenziamenti, infatti, sono stati annunciati alla vigilia del conclave annuale a porte chiuse del Comitato Centrale del Partito Comunista, in programma dal 20 al 23 ottobre a Pechino, durante il quale si discuterà il prossimo piano quinquennale.
Wen-Ti Sung, analista del Global China Hub dell’Atlantic Council, ha commentato la notizia ai media statunitensi affermando: «Xi sta sicuramente facendo pulizia. La rimozione formale di He e Miao significa che potrà nominare nuovi membri della Commissione Militare Centrale, che è rimasta praticamente mezza vuota da marzo, durante il Plenum».
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Immagine di China News Service via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported
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