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Stragi

Strage di donne e bambini in una faida tra villaggi, almeno 26 morti in Papua Nuova Guinea prima della visita del papa

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Una banda di una trentina di giovani uomini ha attaccato a più riprese tre villaggi sul fiume Sepik, nel distretto di Angoram, infierendo su donne, bambini e anziani. La polizia è arrivata solo dopo giorni. Fonti della Caritas locale riferiscono che si tratta di un conflitto intorno allo sfruttamento delle terre che dura da anni. Ora è emergenza umanitaria per chi è scappato nella foresta.

 

A poche settimane ormai dalla visita di papa Francesco, la Papua Nuova Guinea si trova nuovamente a fare i conti con l’orrore per una strage legata a scontri tra clan nei villaggi.

 

Almeno 26 persone, tra cui 16 bambini, sono state uccise durante una serie di attacchi che hanno colpito nei giorni scorsi i tre villaggi di Tamara, Tambari e Angrumara, nel distretto di Angoram, che si trova nella provincia del Sepik orientale, nella parte settentrionale del Paese.

 

Dettagli orrendi su questi massacri, con donne violentate prima di essere uccise e cadaveri lasciati alla mercé dei coccodrilli sulle rive del fiume Sepik, sono stati raccontati dall’ispettore della locale stazione di polizia, Peter Mandi.

 

Le violenze sono state compiute in momenti diversi da un gruppo di oltre 30 giovani uomini appartenenti a una banda che si fa chiamare «I don’t care» («Non m’interessa»). Gli attacchi sono iniziati mercoledì 17 e si sono ripetuti in diversi giorni, infierendo in maniera efferata su donne, bambini e anziani più vulnerabili.

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I villaggi si trovano in un’area remota, difficilmente accessibile dalla strada: la polizia locale è arrivata nella zona solo due giorni fa, mentre i rinforzi della polizia nazionale solo oggi. Ora è in corso la caccia alla banda lungo il fiume Sepik, ma si tema che possano essere ritrovati anche altri cadaveri.

 

Molti dei sopravvissuti sono fuggiti nella foresta circostante. Uno di loro ha raccontato che tutte le case del suo villaggio erano state rase al suolo e che gli abitanti erano fuggiti con i soli vestiti che avevano addosso.

 

Fonti della Caritas locale riferiscono ad AsiaNews che nell’area – che si trova all’interno della parrocchia di Kanduanum, nella diocesi di Wewak – c’è un conflitto tra quattro diversi gruppi che va avanti da anni per dispute sulla proprietà delle terre e lo sfruttamento delle risorse naturali.

 

Nonostante questo non c’è mai stato un dispiegamento di polizia sufficiente per fermare la catena di violenze e ritorsioni. Ora il problema è anche umanitario: ci sono persone che hanno perso tutto e si trovano nella foresta senza alcun aiuto o struttura di emergenza.

 

L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, si è detto «inorridito dalla scioccante esplosione di violenza mortale in Papua Nuova Guinea» e ha esortato le autorità «a condurre indagini rapide, imparziali e trasparenti e a garantire che i responsabili siano chiamati a risponderne» oltre a risarcire le vittime. Ha infine chiesto di «lavorare con le comunità colpite per affrontare le cause alla radice delle dispute sulla terra e sui laghi, evitando così il ripetersi di ulteriori violenze».

 

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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Immagine di David Bacon via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0

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Stragi

Violenti scontri in Siria

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  Lunedì sera sono scoppiati violenti scontri ad Aleppo tra combattenti curdi, inclusi membri delle Forze Democratiche Siriane (SDF), e le forze governative. Lo riportano diversi organi di stampa internazionali.   La North Press Agency ha riportato che almeno sette persone sono morte e decine sono rimaste ferite negli scontri a fuoco. L’agenzia ha aggiunto che i residenti di diversi quartieri di Aleppo hanno protestato contro il governo.   Al Arabiya ha citato il ministero della Difesa siriano, secondo cui il governo «si stava muovendo nell’ambito del suo piano di ridispiegamento». «Siamo vincolati al nostro accordo con le SDF e non abbiamo alcuna intenzione di condurre alcuna operazione militare», ha dichiarato il Ministero.   Le SDF hanno attribuito gli scontri a «provocazioni delle fazioni del governo ad interim e dei loro tentativi di avanzare con i carri armati».   Ad aprile, il governo siriano e il consiglio locale dei quartieri curdi di Aleppo hanno siglato un accordo che pone questi ultimi sotto l’autorità di Damasco, garantendo però un certo grado di autonomia alle istituzioni curde.   Un ulteriore accordo prevedeva l’integrazione delle strutture civili e militari curde nel governo centrale entro la fine del 2025.      

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Le crescenti tensioni in Siria, dovute a mesi di conflitti tra gruppi minoritari e forze governative, hanno alimentato timori di escalation e frammentazione.   Dopo la rimozione del presidente Bashar Assad, fazioni islamiste avrebbero attaccato comunità minoritarie, tra cui alawiti, cristiani, curdi e drusi. Il presidente siriano Ahmed al-Sharaa, già conosciuto come il terrorista jihadista al-Jolani, ha poi sottolineato che tutte le comunità saranno integrate sotto l’autorità centrale, affermando che «tutte le armi devono essere sotto il controllo dello Stato».   Come riportato da Renovatio 21, mesi fa si parlava di almeno un migliaio di morti negli scontro al Sud della Siria, e di purghe jihadiste camuffate da incendi in un massacro etno-religioso spaventoso.  

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Stragi

Centinaia di persone intrappolate sull’Everest. Tre persone uccise dai fulmini

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Circa mille escursionisti sono rimasti intrappolati sui versanti orientali del Monte Everest a causa di una tempesta di neve che ha bloccato le vie di accesso. Lo riporta la stampa cinese.

 

Le squadre di soccorso sarebbero al lavoro a un’altitudine di circa 5.000 metri.

 

Le intense nevicate, iniziate venerdì sera e proseguite fino a sabato, hanno coperto sentieri di montagna e campeggi a un’altitudine media di 4.200 metri. Le comunicazioni con alcune aree della montagna risultano, secondo quanto riferito, ancora limitate.

 

Le immagini video della scena mostrano decine di tende sepolte o distrutte sotto uno spesso strato di neve, mentre gli escursionisti avanzano a fatica tra alti cumuli di neve. Un gruppo di alpinisti procede con cautela accanto a veicoli coperti di neve, mentre altri improvvisano ripari temporanei.

 

 

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Centinaia di abitanti dei villaggi vicini e squadre di soccorso sono stati mobilitati per liberare l’accesso all’area rimuovendo la neve. La vendita dei biglietti e l’ingresso all’intera Everest Scenic Area sono stati sospesi da sabato sera.

 

Le avverse condizioni meteorologiche hanno colpito anche le aree residenziali ai piedi della montagna. Secondo Reuters, almeno 47 persone sono morte in Nepal da venerdì, a causa di inondazioni improvvise e frane provocate da forti piogge, che hanno bloccato strade e distrutto ponti.

 

Trentacinque vittime sono state registrate in diverse frane nel distretto orientale di Ilam, vicino al confine con l’India, mentre nove persone risultano ancora disperse dopo essere state travolte dalle acque alluvionali. Altre tre persone sarebbero state uccise da fulmini. Le autorità locali hanno emesso un allarme per il pericolo persistente, poiché il terreno instabile e la scarsa visibilità continuano a ostacolare le operazioni di soccorso.

 

L’Everest è da tempo considerato un luogo di overtourism, ossia saturato da turisti, in questo caso scalatori, che di fatto ne intasano i sentieri, come apparve chiaro in immagini circolate anni fa con un ingorgo di alpinisti sul monte.

 


 

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Catastrofi

Terremoto uccide oltre 60 persone nelle Filippine: le immagini

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Un forte terremoto ha colpito le Filippine centrali nella tarda serata di martedì, causando la morte di almeno 69 persone e il ferimento di molte altre, secondo quanto riferito mercoledì dalle autorità locali.   Le squadre di soccorso hanno lavorato per salvare i sopravvissuti intrappolati sotto le macerie, mentre le autorità si sono impegnate per ripristinare l’erogazione di acqua ed elettricità, interrotte dal sisma.   Il terremoto, di magnitudo 6,9, ha colpito la parte settentrionale di Cebu, vicino alla città costiera di Bogo, abitata da circa 90.000 persone, ed è stato seguito da quattro scosse di assestamento di magnitudo pari o superiore a 5,0.   I soccorritori, tra cui militari, polizia e volontari con escavatori e cani da ricerca, hanno setacciato le macerie per trovare superstiti. Le autorità hanno dichiarato lo stato di calamità in alcune aree di Cebu, dove il sisma ha causato il crollo di edifici, l’interruzione dell’energia elettrica e forti oscillazioni di un ponte, costringendo i motociclisti ad aggrapparsi alle ringhiere per non cadere.              

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  L’ospedale principale di Bogo è stato gravemente danneggiato dal terremoto superficiale che ha colpito la città, situata a soli 19 km dall’epicentro. Le autorità hanno avvertito che il numero delle vittime è destinato ad aumentare.   Secondo i funzionari locali incaricati della gestione delle catastrofi, oltre una dozzina di persone sono morte nella vicina Medellin a causa del crollo di soffitti e pareti delle loro abitazioni.   A San Remigio, cinque persone hanno perso la vita quando i muri sono crollati mentre cercavano di sfuggire da una partita di basket, come riportato dal sindaco Alfie Reynes ai media locali.   La governatrice di Cebu, Pamela Baricuatro, la cui provincia conta 3,4 milioni di abitanti ed è un’importante meta turistica, ha dichiarato che l’entità reale dei danni a Bogo e nelle città settentrionali limitrofe sarà chiara solo all’alba.   «Potrebbe essere peggio di quanto pensiamo», ha avvertito Baricuatro in un videomessaggio su Facebook.   L’Istituto Filippino di Vulcanologia e Sismologia ha emesso un’allerta tsunami, invitando i residenti di Cebu e delle province vicine di Leyte e Biliran a evitare le coste. L’allerta è stata successivamente revocata, non essendo stata rilevata alcuna attività ondosa anomala.   Il terremoto è avvenuto meno di una settimana dopo le tempeste consecutive Bualoi e Ragasa che hanno colpito la regione. Le Filippine, situate sulla «Cintura di Fuoco» del Pacifico, sono tra i Paesi più vulnerabili ai disastri naturali, frequentemente colpiti da terremoti ed eruzioni vulcaniche.

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