Connettiti con Renovato 21

Immigrazione

Rivolta etnica a Milano. Partita in Italia l’anarco-tirannia delle No-go zone?

Pubblicato

il

A Milano è scoppiata una rivolta etnica, ma praticamente nessuno la vuole chiamare così. Né iniziare a pensare che il punto di non ritorno della banlieue francese è finalmene arrivato – e con esso, le no-go zone immigrate all’interno delle nostre città.

 

Si tratta di un dato di rilevanza storica non solo per la «capitale morale», ma per l’Italia tutta. Milano, si dice, anticipa ciò che succede nel resto del Paese: era l’idea dei socialisti craxiani, gruppone di intelligenze che riuscì ad espugnare Roma, per poi essere sterminato da un’operazione giudiziaria che veniva – si mormora, a bassissima voce, ancora – da un tentacolo atlantico.

 

E quindi: ecco che Corvetto, quartiere non così periferico (vi arriva la Metro a poche fermate dal Duomo, vi erano fino a qualche anno fa begli appartamenti per professionisti e famiglie) compaiono roghi e barricate, fuochi d’artificio sparati contro la polizia, autobus dell’ATM vandalizzati.

 

Sostieni Renovatio 21

In verità, la stampa non lo può dire, almeno non nei titoli – per il solito effetto della Carta di Roma, il testo deontologico imposto ai giornalisti che prevede limiti di cronaca riguardo alle cose degli immigrati), nei primi articoli usciti bisognava leggere fra le righe: la protesta è praticamente composta da ragazzi nordafricani di secondo o financo terza generazione.

 

Lo ha detto, gliene va dato atto, l’inviato del popolare TG satirico, che, dopo aver ripreso violenze e bagarre, ragazzini maghrebini che minacciano una signora italiana (tu averle detto, chiaro, «tu razzista»), ha trovato le parole adeguate per definire la situazione: «la città è in mano a questi maranza».

 

 

A chiunque non sia vittima di forme terminali di prosciutto oftalmico, pare evidente che si deve chiamare il fenomeno con un nome preciso: rivolta etnica.

 

A Corvetto c’è stata, cioè, una minoranza ospite nel Paese (minoranza, per il momento), che si è rivoltata contro lo Stato ospitante.

 

Non è nemmeno la prima volta che succede. La prima rivolta etnica italiana, si dice, è stata quella di via Paolo Sarpi nel 2007: i cinesi che abitano la zona, costituendo una maggioranza sugli italiani al punto che si parla di una Chinatown, insorsero dopo che la pulizia multò una commerciante cinese. 300 immigrati del Dragone affrontarono la polizia, componendo un corteo dove sventolavano le rosse bandiere della Repubblica Popolare – tanto per capire quanto gli immigrati cinesi siano profughi del regime comunista pechinese, e a chi va senza dubbio la loro lealtà…

 

Tuttavia, allora si aveva a che fare con i cinesi, non con i minorenni nordafricani. Da qualche parte, si trovò la quadra. Le voci che si captavano tra i milanesi dicevano che si trattava di una qualche forma di trattativa della comunità sinica con il potere milanese, di mezzo c’era forse un trasferimento, qualcosa del genere. Fatto sta che non accadde più nulla.

 

Stavolta, a Corvetto, è diverso. Non c’è l’intelligenza classica orientale, dietro alla vampata di violenza anti-Stato dell’altro giorno: c’è la barbarie verticale delle generazioni immigrate, criminali e nichiliste (nichiliste fino a che non troveranno l’imam pagato dagli Stati del Golfo che li radicalizzerà), che chiunque sia passato per una città – grande, media piccola – riconosce bene.

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Lo sappiamo perché il caos milanese ha seguito il ruolino di marcia – identico fino ad essere quasi sospetto – di quanto visto l’anno passato nelle banlieue francesi (e, per contagio successivo, svizzere, e belghe): un ragazzo muore durante un inseguimento dalla polizia, parte una protesta violenta di nordafricani et similia che di fatto si impadroniscono di intere porzioni della metropoli. Non sappiamo se, come in Francia, anche da noi siano volati subito gli «Allahu Akbar» e pure le mitragliate in aria con i Kalashnikov, che certi video circolanti della rivolta francese sembravano ritrarre. Non sappiamo nemmeno quanto tempo ci vorrà prima che accada: non troppo, ipotizziamo

 

No, la grammatica profonda del fenomeno non cambia: masse di immigrati, pure giovani – quindi, in teoria, più facilmente integrati, integrabili, integrandi – rifiutano completamente l’ordine nazionale italiano, e producono una violenza, un caos, con un significato solo: questa zona è nostra, qui ci sono le nostre leggi.

 

Comprendiamo la differenza abissale rispetto ad altri fenomeni come le mafie, che non attaccano praticamente mai (certo, che le eccezioni storiche che sappiamo) le forze dell’ordine, perché i mafiosi vogliono vivere, e prosperare, parallelamente al sistema, nello stesso suo territorio.

 

Nelle banlieue francesi ed ora italiane non c’è nulla di tutto questo: c’è la rivendicazione del possesso del territorio proprio contro lo Stato nazionale, che persino deve essere punito per i suoi atti.

 

Di fatto, quello che vediamo è l’embrione di una definitiva no-go zone milanese. Alcuni dicono che San Siro sia praticamente già così, e di fatto abbiamo visto embrioni di una «zona autonoma» immigrata (cioè, islamica) anche a capodanno, quando c’era stata una sorta di rivolta (tra festa e guerriglia, non vi è ad un certo punto molta differenza, vediamo) che aveva decisamente impegnato la polizia. Altri cominciano a parlare della situazione in Stazione Centrale.

 

Lo stesso, ricorderanno i lettori di Renovatio 21, era accaduto con i mondiali, dove confusione e vandalismo scoppiavano nelle nostre città sia che il Marocco perdesse sia che vincesse.

 


Acquista la t-shirt DONALD KRAKEN

E ancora, chi ci segue sa quanto abbiano sottolineato la vicenda di Peschiera del Garda, quando due anni fa migliaia di ragazzini immigrati misero in pratica quella che era de facto un’invasione della cittadina con il programma di escludere l’Italia da essa: le immagini dei celerini in inferiorità numerica che caricano i ragazzini immigrati che scappano sghignazzando (mentre altri da tutte le parti riprendono la scena) dà idea del fatto che Peschiera era divenuta una vera TAZ, una di quelle zone temporaneamente autonome teorizzate dai guru di anarchici e Black Block degli anni Novanta.

 

«Comanda l’Africa» era lo slogan del il raduno.

 

 

Non solo la città venne espropriata: anche il sistema ferroviario, intasato dall’orda, fu conquistato, financo espropriato su base razziale.

 

Ecco la storia delle ragazzine italiane che denunciano di essere state molestate in un vagone dove, pare di capire, gli italiani non potevano più stare. Ha detto ai giornali il padre di una delle sventurate: «si sono sentite in trappola, braccate, senza l’aiuto di nessuno». I ragazzi del treno «le toccavano, dicendo: “Donne bianche voi non potete stare qui… siete delle privilegiate”».

 

«Le donne bianche non salgono» mentre «ci toccavano dappertutto». Alla molestia sessuale si aggiunge (forse, in modo rivelatore) un vero e proprio razzismo – il neorazzismo antibianco, anti-italiano, anti-europeo – ma chissà se mai i giornali lo hanno chiamato così. Ad ogni modo: inchiesta archiviata perché le telecamere del treno, purtroppo, in quel momento non funzionavano.

 

La no-go zone, con lo Stato italiano che lascia crescere la tracotanza delle masse para-islamiche, è probabilmente una delle fasi necessarie per l’instaurazione definitiva dell’anarco-tirannia: lo Stato moderno continuerà a tassarci, a sorvegliarci, a reprimerci (ricordate il COVID? Ricordate il green pass? Ricordate quelle proteste, proprio a Milano?) lasciando tranquille le basi di chi ruba, rapina, stupra. Perché se pensiamo alla nostra sopravvivenza, in una città divenuta vera giungla, pensiamo meno a cosa il potere che ci spreme e ci umilia, ogni giorno di più.

 

Divide et impera. Il conte Calergi lo aveva intuito, e predicato, apertis verbis: il meticciato serve per il controllo del continente, perché il meticcio, più passionale, sarà più facilmente manipolabile. Gli si butta lì un reality show, un paio di jeans alla moda, la musica trap, lo smartphone colorato, la libertà di rubacchiare qualcosa, di drogarsi, ed ecco che poi farà quello che vuole il vertice della piramide. Ordo ab chao.

 

Ecco l’europeo del futuro. Ecco perché lo stanno creando, gommone dopo gommone, sotto i nostri occhi.

 

Che non vi sia nessuna forza sociale in grado di opporsi attivamente a questo processo, è la vera tragedia del nostro tempo.

Aiuta Renovatio 21

Tuttavia, prima ancora, dovremmo forse rivolgerci ad una forza spirituale per fermare questa catastrofe. A Milano, essa ha un nome: Ambrogio.

 

Il Santo di Milano, cosa fece per risolvere la diatriba con gli ariani che si erano insediati in città? Secondo l’iconografia medievale, prese il flagello, minacciò gli eretici fino a far sì che abbandonassero per sempre la città. Ambrogio, sedici secoli fa, non tollerava le no-go zone.

 

Questo è l’esempio che Milano ha già – da un millennio e mezzo. Questo è il Santo protettore di Milano che va invocato, che va pregato perché la città sia salvata dalla sua distruzione.

 

Senza tradizione ambrosiana, Milano è perduta. Senza Ambrogio, sarà l’inferno.

 

Roberto Dal Bosco

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine screenshot da YouTube

Immigrazione

Il 72% dei condannati per crimini di gruppo in Danimarca ha origini non occidentali

Pubblicato

il

Da

Un rapporto governativo danese ha evidenziato che circa il 72% delle persone condannate in Danimarca ai sensi della «sezione gang» sono immigrati o discendenti di origine non occidentale.   I dati, resi pubblici dal ministero della Giustizia di Copenhagen in risposta a un’interrogazione della deputata conservatrice Mai Mercado, rivelano che tra il 2018 e il 2025, 213 individui sono stati condannati ai sensi dell’articolo 81a del Codice penale, una norma che permette ai tribunali di raddoppiare le pene per reati che rischiano di alimentare la violenza tra bande.   Basandosi sui dati di Statistics Denmark e del Procuratore Generale, Remix News scrive che 54 condannati erano di origine danese, 36 erano immigrati da paesi non occidentali e 117 erano discendenti di immigrati non occidentali. Questo indica che il 72% delle condanne per reati legati alle gang riguarda persone con radici non occidentali.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Le statistiche, riportate inizialmente da Berlingske, hanno sorpreso Frederik Bloch Münster, portavoce conservatore per l’immigrazione, che ha definito la percentuale «notevolmente alta».   Lars Højsgaard Andersen, ricercatore della Rockwool Foundation, ha osservato che Paesi come Iraq, Turchia, Somalia e Libano emergono con chiarezza nelle statistiche, suggerendo che atteggiamenti culturali verso la legge e l’autorità possano influire.   Significativamente, solo il 15% della popolazione danese è composto da stranieri o persone con background straniero, rendendo ancora più rilevante il fatto che il 72% dei condannati per reati di gang abbia un’origine migratoria.   Secondo Statistics Denmark, il Libano è il Paese di origine più frequente tra i condannati per reati di gang, con 35 casi, seguito da Somalia (29), Iraq (23) e Turchia (17).   Il primo ministro Mette Frederiksen ha più volte indicato l’immigrazione incontrollata come la «minaccia più grande» per la Danimarca. A maggio, ha dichiarato: «Se arrivano troppe persone che commettono crimini, non rispettano i valori democratici e mettono a rischio la nostra società aperta e fiduciosa, questo rappresenta il pericolo maggiore».   I dati emergono mentre il Partito Popolare Danese (DF) promuove uno dei programmi sull’immigrazione più rigidi d’Europa in vista delle elezioni generali del prossimo anno. Nel suo ultimo manifesto, il DF propone rimpatri di massa, revisioni delle cittadinanze e divieti di pratiche islamiche, sostenendo che l’immigrazione di massa dal Medio Oriente e dal Nord Africa abbia portato «criminalità, società parallele e cambiamenti culturali».

Aiuta Renovatio 21

Il partito avverte che l’immigrazione da Paesi come Turchia, Siria, Iraq, Libano, Pakistan, Afghanistan e Somalia ha causato «il più grande cambiamento demografico nella storia danese» e insiste affinché «le condizioni mediorientali siano ridimensionate per permettere a tutti nel paese di sentirsi a casa».   A differenza di paesi come Germania e Francia, la Danimarca raccoglie dati sulla criminalità legati al background migratorio. Questi dati consentono di monitorare meglio gli sforzi di integrazione di chi ha ottenuto la cittadinanza danese ma ha genitori stranieri.   I risultati sono sorprendenti: i migranti di seconda generazione presentano tassi di criminalità più elevati rispetto a quelli di prima generazione, che già superano di gran lunga quelli dei danesi etnici.   Come riportato da Renovatio 21, la scorsa estate era emerso un rapporto del governo tedesco che rivelava tassi di criminalità astronomici tra i giovani stranieri rispetto ai giovani autoctoni.   Nel frattempo, in Francia è stata proposto un emendamento per censurare gli articoli sui crimini degli immigrati. In Italia i discorsi sulla stampa sugli immigrati da diversi anni sono limitati dalla Carta di Roma, il «Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti» oggi parte integrante del «Testo unico dei doveri del giornalista», e implementata sugli iscritti all’Ordine dei Giornalisti con corsi deontologici obbligatori.    

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
 
Continua a leggere

Immigrazione

La Svizzera vieta agli stranieri di fare avanti e indietro dai loro Paesi

Pubblicato

il

Da

La Svizzera ha comunicato un rafforzamento delle restrizioni di viaggio per i richiedenti asilo. Secondo una nuova disposizione governativa, a queste persone sarà generalmente vietato viaggiare verso i loro Paesi d’origine o altri Stati.

 

Le autorità potranno autorizzare i viaggi solo in casi eccezionali, come confermato dal governo mercoledì 22 ottobre.

 

Il governo ha precisato che servono ulteriori chiarimenti prima dell’entrata in vigore delle nuove norme, tra cui la definizione di quali siano i «motivi personali» sufficienti per approvare un viaggio e le circostanze in cui saranno consentiti viaggi di ritorno per organizzare una partenza definitiva.

 

Il partito austriaco di destra FPÖ ha definito la decisione svizzera «assolutamente corretta», sottolineando che «chi cerca protezione non ha certo bisogno di tornare nel Paese da cui fugge».

Iscriviti al canale Telegram

La misura svizzera si pone in netto contrasto con i recenti sviluppi in Germania, dove all’inizio dell’anno il governo ha permesso ai rifugiati siriani di viaggiare in Siria per le vacanze senza perdere lo status di protezione. Tale misura, considerata «assurda» dal partito di centro-destra Unione Cristiano-Sociale (CSU), ha suscitato polemiche.

 

L’anno scorso, i media tedeschi hanno riportato che migliaia di cittadini afghani richiedenti asilo in Germania erano tornati in patria per le vacanze, per poi rientrare in Germania.

 

Il fenomeno del turismo nei Paesi nativi da cui scappano per chiedere protezione è stato al centro di discussioni anche in Isvezia.

 

In Italia la finzione migratoria, anche sotto il governo sedicente sovranista (che, di fatto, ha visto aumentare gli sbarchi) la questione non sembra essere troppo considerata. La Meloni, negli anni di opposizione, aveva promesso il blocco navale.

 

Nel frattempo continua l’esempio di remigrazione diretta di Trump, che, anche con l’aiuto delle forze armate, ne sequestra i beni e li deporta in Paesi terzi come l’Uganda.

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Continua a leggere

Immigrazione

Dublino ancora in rivolta dopo che un immigrato è stato accusato di aver violentato una bambina di dieci anni

Pubblicato

il

Da

Martedì è scoppiata una rivolta fuori da un centro per immigrati in un sobborgo di Dublino, scatenata dal presunto stupro di una bambina di dieci anni.   Sebbene le autorità non abbiano rivelato l’identità del sospettato, l’Irish Times ha riferito che si tratta di un richiedente asilo respinto, arrivato da un paese africano circa sei anni fa. Diverse migliaia di manifestanti si sono radunati a Saggart, dove alcuni hanno lanciato proiettili contro gli agenti, sparato fuochi d’artificio e dato fuoco ad almeno un furgone della polizia. La polizia ha schierato rinforzi e un cannone ad acqua per contenere i disordini.   Secondo la Child and Family Agency (TUSLA), l’aggressione è avvenuta nel fine settimana nei pressi dell’ex Citywest Hotel, trasformato in un rifugio permanente per migranti. La vittima, che era sotto tutela statale, è stata aggredita dopo essere «fuggita dal personale durante una gita ricreativa programmata con il personale nel centro città», ha dichiarato l’agenzia.          

Iscriviti al canale Telegram

La TUSLA ha aggiunto che la vittima era stata affidata alle sue cure all’inizio di quest’anno a causa di «gravi problemi comportamentali». La polizia ha dichiarato che il sospettato è stato fermato per essere interrogato. Gli agenti hanno 24 ore di tempo per incriminarlo o rilasciarlo.   Il Taoiseach (Primo Ministro) Micheal Martin ha affermato che le autorità hanno deluso la vittima. «È dovere fondamentale dello Stato proteggere i figli dello Stato e, indipendentemente dalla complessità o dalla gravità di ogni caso, tale dovere deve essere adempiuto», ha dichiarato. Il vice primo ministro Simon Harris ha definito il caso «orribile», ma ha esortato l’opinione pubblica alla moderazione.   «È importante che abbiamo l’opportunità di stabilire i fatti e che anche le agenzie abbiano l’opportunità di presentarli», ha affermato. Il ministro della Giustizia Jim O’Callaghan ha condannato gli attacchi alla polizia, affermando: «La protesta pacifica è un pilastro della nostra democrazia. La violenza non lo è».   Le proteste anti-immigrati in Irlanda, Paese dove interi paesini sono stati soppiantati dall’invasione programmatica di stranieri, continuano da mesi, coinvolgendo anche l’Irlanda del Nord. Un attacco con coltello al grido «Allah akbar» si è avuto a Dublino anche tre mesi fa.   Il caso scatenante si registrò nel novembre 2023 quando nella capitale un immigrato aveva accoltellato una donna e dei bambini. Seguirono rivolte massive e violente.   Come riportato da Renovatio 21, l’episodio aveva portato alla possibilità che il lottatore MMA Conor McGregor, critico vocale della situazione, venisse attaccato con un’indagine delle autorità per discorso d’odio. Lui ha risposto ventilando la possibilità di candidarsi a Taoiseach, cioè primo ministro del Paese.     SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine screenshot da Twitter
Continua a leggere

Più popolari