Farmaci
Il banco cripto fallito FTX ha finanziato gli studi contro ivermectina e idrossiclorochina?

Gli studi clinici determinavano che i farmaci terapeutici ivermectina e idrossiclorochina erano inefficaci nel trattamento del COVID sono stati finanziati dal defunto scambio di criptovalute FTX, recentemente andato in bancarotta. Come sta emergendo, il suo amministratore delegato era il secondo donatore del Partito Democratico USA (dopo George Soros), con l’azienda implicata anche in operazioni cripto con l’Ucraina in guerra.
Nel mezzo della pandemia COVID, la FTX Foundation, guidata dal CEO di FTX Sam Bankman-Fried, ha finanziato un gruppo di studio sulla sperimentazione clinica noto come Together, che avrebbe condotto studi che presumibilmente miravano a «identificare terapie efficaci riproposte per prevenire la progressione della malattia di COVID-19».
Secondo il sito, Together si chiedeva se «possiamo utilizzare i farmaci esistenti per trattare le persone con diagnosi precoce di COVID-19?». Il gruppo, quindi, studiava diversi farmaci che venivano pubblicizzati come possibili rimedi a basso costo per il COVID 19. Fra di essi, vi era il farmaco antiparassitario ivermectina e l’idrossiclorochina, indicata subito nel protocollo fatto uscire dal dottor Rouault, virologo francese considerato tra i primi al mondo.
Uno di questi studi multi-autore su larga scala pubblicato da Together nel New England Journal of Medicine esaminava se l’ivermectina potesse essere efficace nel prevenire il ricovero in ospedale per COVID-19, concludendo che «il trattamento con ivermectina non ha comportato una minore incidenza di ricoveri medici in ospedale a causa della progressione del COVID-19 o di prolungata osservazione del pronto soccorso tra i pazienti ambulatoriali con diagnosi precoce del COVID-19».
I risultati dello studio sull’ivermectina di Together sono stati citati all’inizio di quest’anno dai media mainstream, come il New York Times, con articoli che indicavano che il farmaco «non riduce il rischio di ricovero per COVID». Discutendo i risultati dello studio in un’intervista con il NYT, il ricercatore David Boulware ha dichiarato che riguardo al farmaco «non c’è davvero alcun segno di alcun beneficio». «Ora che le persone possono immergersi nei dettagli e nei dati, si spera che ciò allontanerà la maggior parte dei medici dall’ivermectina verso altre terapie», ha sentenziato il dottor Boulware.
L’articolo del quotidiano di Nuova York citava anche il direttore clinico del Brigham and Women’s Hospital, il dottor Paul Sax, ansioso di mettere la parola fine su questa storia dei farmaci anti-COVID: «ad un certo punto diventerà uno spreco di risorse continuare a studiare un approccio poco promettente».
Lo studio di Together fu attaccato dal Cato Institute che notava possibili errori di studio. Un grafico degli interventi studiati fornito da Together mostra che gli studi sulla possibile efficacia dell’idrossiclorochina e dell’ivermectina sono stati «fermati anzitempo per futilità».
Sia l’idrossiclorochina che l’ivermectina sono state promosse come terapie alternative poco costose ma efficaci che hanno trattato con successo le infezioni da Covid-19 per molti medici durante i primi protocolli di trattamento.
La FTX Foundation ha anche notato di aver investito in «vaccini contro il coronavirus di nuova generazione».
L’impegno per la creazione di strumenti pandemici era in realtà, diciamo così, una questione di famiglia.
Come riportato da Renovatio 21, il fratello di San Bankman Fried, Gabriel Bankman-Fried, è uno dei fondatori di un ente chiamato Guarding against Pandemics («Guardia contro la Pandemia»), abbreviato in GAP.
Il sito scrive che GAP «sostiene gli investimenti pubblici per prevenire la prossima pandemia» e «sta spingendo il Congresso USA a includere un investimento di 30 miliardi di dollari nell’imminente disegno di legge sulla riconciliazione del bilancio – meno dell’1% del costo totale del disegno di legge – per prevenire la prossima pandemia».
Sembrerebbe trattarsi, insomma, di una grande operazione di lobbyismo pandemico.
Tuttavia, la pagina del sito di GAP con la biografia del fratello di Bankman, Fried, Gabriel detto Gabe, risulta ora scomparsa anche quella: «404 Page Not Found».
Anche il World Economic Forum ha fatto sparire la pagina di promozione di FTX, che tuttavia è ancora visibile negli archivi dell’internet.
È emerso che nei libri contabili di FTX – che secondo il curatore fallimentare di Enron sono al di là di ogni immaginazione – vi era una voce che si chiamava «Trump perde».
In pratica, FTX, tra danari alla campagna Biden, alle midterm democratiche, all’Ucraina e perfino contro i farmaci per il trattamento precoce del COVID si rivela essere una sorta di cassaforte del goscismo globale – in criptovalute, ossia la forma di moneta più opaca che ci sia.
Bioetica
Donna querela la rete di farmaci abortivi: il padre del figlio non nato le avrebbe messo il mifepristone in una bevanda

Una donna ha intentato una causa federale contro il padre del suo bambino e una rete straniera di farmaci abortivi dopo che il suo bambino non ancora nato è stato ucciso da una bevanda drogata. Lo riporta LifeSite.
La donna sostiene che il padre di suo figlio «ha ucciso il suo bambino non ancora nato sciogliendo di nascosto le pillole abortive in una bevanda calda che aveva preparato e inducendo con l’inganno (…) a berla». L’ex procuratore generale del Texas Jonathan Mitchell, un noto avvocato pro-life, rappresenta la donna.
L’uomo «ha ottenuto questi farmaci da Aid Access, un’organizzazione criminale che spedisce illegalmente pillole abortive in Texas e in altre giurisdizioni in cui l’aborto è illegale», si legge nella causa federale, depositata in Texas. «La signora (…) fa causa a (…) e Aid Access per ottenere un risarcimento danni per la morte ingiusta del suo bambino non ancora nato», hanno scritto i suoi avvocati.
Anche la Dottoressa Rebecca Gomperts, direttrice esecutiva di Aid Access, è citata come imputata. Aid Access è legalmente costituita in Austria e Gomperts è cittadina olandese. Il gruppo si rivolge anche ai cittadini americani per la vendita di farmaci abortivi.
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La Gomperts e Aid Access «hanno deliberatamente e consapevolmente spedito farmaci abortivi in Texas, violando le leggi statali e federali», sostiene la causa.
L’uomo, un marine in addestramento che viveva accanto alla donna, «faceva costantemente pressione (…) affinché uccidesse il loro bambino non ancora nato, mentre Davis respingeva sempre le sue richieste e chiariva che intendeva partorire».
La causa include messaggi di testo in cui l’uomo fa pressione sulla donna affinché abortisca e parla dei farmaci abortivi che ha acquistato. Nel frattempo, la donna ha fatto riferimento positivo al loro bambino non ancora nato.
Nella documentazione si spiega che il 18 febbraio 2025 l’uomo «ha portato le pillole abortive a casa» della donna e «le ha chiesto di uccidere il bambino con i farmaci che aveva acquistato». La donna ha rifiutato e ha chiarito all’uomo che non aveva alcuna intenzione di abortire. Tuttavia questi «non si è fatto scoraggiare e portò ripetutamente i farmaci a casa» della signora «quando andava a trovarla». A volte l’uomo «lasciava i farmaci a casa sua dopo la sua partenza, nell’apparente speranza che» la donna che aveva ingravidato «potesse cambiare idea e ingerire le pillole di sua iniziativa». Altre volte il soldato «portava i farmaci con sé al suo ritorno a casa». «E a volte divideva la differenza, lasciando il mifepristone» alla donna e «prendendo con sé le pillole di misoprostolo. Tutto ciò turbava la signora, che non gradiva avere le pillole abortive (…) in casa sua».
La causa descrive in dettaglio tutte le volte successive in cui l’uomo avrebbe fatto pressione sulla donna affinché abortisse, prendendo in giro il bambino non ancora nato e dicendo che un figlio sarebbe stato un «fallimento».
L’uomo ha anche ripetuto i soliti argomenti pro-aborto, dicendo alla donna che il bambino avrebbe reso la vita più difficile agli altri suoi tre figli e rimproverandola, arrivando persino a dire che si sarebbe alleato con l’ex marito presumibilmente violento della donna, scrive LifeSite.
Secondo la denuncia, l’uomo avrebbe infine ingannato la donna convincendola ad assumere i farmaci, mettendo delle compresse di misoprostolo in una bevanda al cioccolato caldo, dopo che lui si era presentato con la scusa di voler ricucire la relazione.
Il marine si sarebbe poi offerto di accompagnarla al pronto soccorso quando la donna aveva iniziato ad avere emorragie e crampi. Avrebbe poi detto che sarebbe andato a prendere la madre della signora, un’anziana donna disabile che non poteva guidare, in modo che potesse rimanere a casa mentre i bambini dormivano.
Invece, sostiene la causa, l’uomo «ha smesso di rispondere al telefono o ai messaggi, lasciando la donna a cavarsela da sola» e si è rifiutato di aiutarla a portarla al pronto soccorso. Invece, mentre sanguinava, ha dovuto raggiungere a piedi l’abitazione di un vicino e farsi dare un passaggio nelle prime ore del mattino.
«Gli imputati (…) sono anche colpevoli di omicidio colposo», conclude la causa.
Un studio del Charlotte Lozier Institute intitolato «Origini e proliferazione di paragoni infondati sulla sicurezza del mifepristone», pubblicato il 24 maggio smentisce l’affermazione sulla sicurezza della pillola assassina, paragonata dai suoi fautori al paracetamolo, concludendo che «non esiste alcun confronto scientificamente valido tra mifepristone e Tylenol» (Tylenol è il marchio del farmaco con cui negli USA si vende il paracetamolo).
Come riportato da Renovatio 21, lo stesso Kennedy ha confermato che Trump gli ha chiesto di studiare i pericoli della pillola abortiva.
Come riportato da Renovatio 21, tre anni fa più di 200 dirigenti farmaceutici, tra cui il CEO di Pfizer Albert Bourla, hanno firmato una lettera aperta in cui condannano la sentenza di un giudice federale americano contro l’approvazione da parte dell’ente regolatore farmaceutico Food & Drug Administration (FDA) del farmaco abortivo mifepristone, più conosciuto con il nome di RU486.
Dopo la sentenza della Corte Suprema Dobbs che ha di fatto negato che l’aborto sia un diritto federale, molta della battaglia dei pro-feticidio si è spostata sull’aborto farmacologico, che promette di far da sé a casa senza passare per strutture sanitarie. Alcuni giornali americani – gli stessi che hanno negato l’efficacia di idrossiclorochina e ivermectina e imposto i vaccini mRNA, in sprezzo al diritto di curarsi da sé – sono arrivati addirittura a promuovere pillole abortive fai-da-te.
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Big Pharma
Trump invia lettere a 17 Big Pharma chiedendo la fine ai «prezzi abusivi dei farmaci»

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Ambiente
Gli aborti chimici stiano contaminando le riserve idriche

Secondo un nuovo rapporto sconvolgente pubblicato questa settimana da Liberty Counsel Action, più di 40 tonnellate di resti di feti abortiti e sottoprodotti della pillola abortiva sono infiltrati nelle riserve idriche americane. Lo riporta LifeSiteNews.
Il rapporto di 86 pagine esamina un’ampia varietà di documenti e ricerche per individuare gravi carenze nella supervisione del modo in cui l’industria dell’aborto smaltisce i suoi «rifiuti medici», a partire da una fatale previsione errata nell’approvazione originale del mifepristone da parte della Food & Drug Administration (FDA) statunitense, secondo cui il farmaco avrebbe avuto solo un impatto ambientale minimo, con la questione dello smaltimento ampiamente trascurata, sia per i sottoprodotti chimici delle pillole stesse, sia per lo smaltimento dei resti dell’aborto nei bagni delle utilizzatrici dopo l’uso.
«Come altri farmaci noti per causare effetti avversi sul nostro ecosistema, il mifepristone forma metaboliti attivi», spiega il rapporto. «Questi metaboliti possono mantenere gli effetti terapeutici del mifepristone anche dopo essere stati escreti dagli esseri umani e contaminati dagli impianti di trattamento delle acque reflue (WWTP), la maggior parte dei quali non è progettata per rimuoverli».
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«Sfortunatamente, dopo essere passati attraverso gli impianti di trattamento delle acque reflue, alcuni farmaci sono stati trovati nell’acqua potabile americana. Data la mancanza di ricerche sui metaboliti del mifepristone nel nostro ambiente, i loro possibili effetti avversi sul nostro ecosistema e sugli esseri umani che potrebbero assumerli sono sconosciuti».
Uno di questi effetti, tuttavia, potrebbe essere l’infertilità, dato che il mifepristone blocca il progesterone, l’ormone della fertilità.
Gli autori citano una stima, tratta dall’iniziativa «This Is Chemical Abortion» («Questo è l’aborto chimico») di Students for Life, secondo cui «fino a 40 tonnellate di rifiuti medici contaminati chimicamente – tessuti umani, placenta e sangue (bambini abortiti e relativi sottoprodotti) vengono scaricati nei nostri corsi d’acqua», un problema di cui la maggior parte delle normative statali e locali non tiene conto, consentendo di fatto all’industria della pillola abortiva di «utilizzare gli impianti di trattamento delle acque reflue come strutture di fatto per i rifiuti medici per decenni».
Il rapporto ha osservato che la stessa Agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti (EPA) spiega che gli impianti standard di trattamento delle acque reflue «non sono progettati per rimuovere i prodotti farmaceutici». LC Action ha aggiunto che «gli impianti di trattamento delle acque reflue non sono destinati al trattamento di resti fetali (esistono impianti per rifiuti medici a questo scopo), sebbene finiscano per servire a questo scopo poiché i resti fetali derivanti da aborti chimici vengono spesso scaricati nella rete fognaria».
«Gli impianti di trattamento delle acque reflue non sono tenuti a rimuovere tutta la materia organica, né lo fanno», continua lo studio. «Come sottolineato in un manuale sul trattamento delle acque reflue dell’EPA, ‘i processi di trattamento secondario possono rimuovere fino al 90% della materia organica presente nelle acque reflue utilizzando processi di trattamento biologico’ (enfasi aggiunta). Implicitamente, circa il 10% della materia organica presente nelle acque reflue – che può includere biomassa fetale (inclusi i metaboliti del mifepristone che hanno causato l’aborto chimico) – non viene rimosso (si considerino, ad esempio, frammenti microscopici di pelle o altri resti fetali organici)».
Il rapporto sostiene che sia i governi federali che statali debbano aggiornare le proprie normative sullo smaltimento dei resti fetali e invita il Congresso a «tenere udienze e richiedere ricerche aggiornate sui nostri oceani, laghi e fiumi, cercando informazioni concrete su se e come le pillole abortive chimiche e i relativi sottoprodotti (crani in via di sviluppo, placente, altri resti fetali, ecc.) stiano avendo un impatto sull’ambiente, in particolare per determinare se stiano influenzando negativamente la salute e la vitalità di esseri umani e animali attraverso possibili malattie o anomalie emergenti (o abbiano il potenziale per farlo). Analogamente, l’EPA dovrebbe richiedere analisi e monitoraggio delle nostre riserve idriche per la presenza di metaboliti del mifepristone, in modo simile a quanto avviene per le “sostanze chimiche eterne”» come i PFAS, già noti per la diffusione ambientale e per i possibili effetti sterilizzanti oltre che cancerogeni.
Mat Staver, presidente di Liberty Counsel Action, ha aggiunto che la sua organizzazione ha già iniziato a incontrare «funzionari di alto livello a Washington, DC» per discutere la questione.
Dodici Stati USA attualmente vietano tutti o la maggior parte degli aborti. Tuttavia la lobby abortista sta lavorando febbrilmente per annullare questi deterrenti con una varietà di tattiche, in particolare la distribuzione non regolamentata e senza supervisione di contraccettivi e pillole abortive oltre i confini statali, indipendentemente dai rischi per le donne che presumibilmente servono, scrive LifeSite.
Non si tratta della prima volta che vengono lanciati gli allarmi sull’inquinamento dei fiumi da parte della pillola abortiva RU486, detta anche «pesticida umano».
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Come riportato da Renovatio 21, le acque di tutto il mondo sono inquinate da fortemente dalla pillola anticoncenzionale, un potente steroide usato dalle donne per rendersi sterili, che viene escreto con l’orina con effetto devastante sui fiumi e sulla fauna ittica. In particolare, vi è l’idea che la pillola starebbe facendo diventare i pesci transessuali.
Danni non dissimili sono stati rilevati per gli psicofarmaci, con studi sui pesci di fiume resi «codardi e nervosi».
Nonostante i ripetuti allarmi sul danno ambientale dalla pillola, le amministrazioni di tutto il mondo – votate, in teoria, all’ecologia e alla Dea Gaia – continuano con programmi devastatori, come quello approvato lo scorso anno a Nuova York di distribuire ai topi della metropoli sostanze anticoncezionali. A ben guardare, non si trova un solo ambientalista a parlare di questa sconvolgente forma di inquinamento, ben più tremenda di quello delle auto a combustibile fossile.
Ad ogni modo, come Renovatio 21 ripeterà sempre, l’inquinamento più spiritualmente e materialmente distruttore è quello dei feti che con l’aborto chimico vengono espulsi nel water e spediti via sciacquone direttamente nelle fogne, dove verranno divorati da topi, pesci, insetti, anfibi e altri animali del sottosuolo.
Su questo non solo non si trovano ambientalisti a protestare: mancano, completamente, anche i cattolici.
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