Cina
Hong Kong, missionario PIME in sciopero della fame chiede libertà per i detenuti politici
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Padre Mella inizia una tre giorni di protesta davanti la prigione di Shek Pik. Incita gli attivisti imprigionati a non perdere la speranza. A gennaio aveva manifestato invocando il rilascio del magnate cattolico Jimmy Lai. Dall’imposizione della legge sulla sicurezza, la polizia ha arrestato quasi 200 persone; 113 quelle finite a processo.
Ha iniziato oggi una protesta davanti alla prigione di Shek Pik chiedendo il rilascio degli attivisti e degli esponenti democratici detenuti in base alla draconiana legge sulla sicurezza nazionale. Padre Franco Mella, missionario del PIME [Pontificio Istituto Missioni Estere, ndr], ha dichiarato ai media presenti che farà lo sciopero della fame per tre giorni, nonostante il caldo torrido di questi giorni.
Il 74enne religioso non è nuovo a proteste di questo tipo.
Lo scorso gennaio, insieme a personalità cattoliche e protestanti, padre Mella ha invocato l’amnistia per il magnate cattolico dell’editoria Jimmy Lai e per altre figure democratiche. Sono tutti detenuti o in custodia cautelare con l’accusa di aver violato il provvedimento sulla sicurezza, che prevede anche condanne all’ergastolo. Alcuni di loro attendono il processo da più di un anno.
Dal 1999 padre Mella manifesta ogni anno assieme ad altri per il diritto al ricongiungimento familiare di figli e mogli cinesi, legati a persone di Hong Kong. Come riporta la Reuters, nel 2019 egli ha partecipato alle manifestazioni pro-democrazia che hanno scatenato il giro di vite di Pechino.
Sottolineando la grande calura, padre Mella parla della sofferenza di chi si trova in carcere e lancia loro un messaggio: «Siamo con voi, non perdete la speranza. Continueremo a combattere per la libertà di tutti». Il missionario ha aggiunto che gli abitanti della città avrebbero più fiducia nel futuro se le autorità liberassero le personalità filo-democratiche imprigionate.
Imposta dal governo centrale cinese due anni fa, la legge sulla sicurezza nazionale ha portato all’arresto di quasi 200 persone; quelle incriminate sono 113 – molte di loro hanno però più di una accusa.
Oltre agli arresti, con l’introduzione del provvedimento diversi partiti e gruppi pro-democrazia si sono sciolti, molti media indipendenti hanno chiuso i battenti o si sono spostati all’estero, mentre migliaia di persone hanno abbandonato la città.
A maggio la polizia per la sicurezza nazionale aveva arrestato anche il card. Joseph Zen Ze-kiun, vescovo emerito della città e noto sostenitore del movimento democratico. L’accusa iniziale era grave: «collusione» con forze straniere.
Un tribunale ha poi rinviato a giudizio il card. Zen e cinque noti esponenti del fronte democratico per l’imputazione meno grave di non aver registrato correttamente un fondo umanitario di cui erano amministratori fiduciari.
Il processo nei suoi confronti inizierà il 19 settembre.
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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Cina
Test dimostrano che i veicoli elettrici possono essere manipolati a distanza da un produttore cinese
I test di sicurezza sui trasporti pubblici in Norvegia hanno rivelato che i produttori cinesi possono accedere e controllare a distanza gli autobus elettrici.
Una compagnia di autobus norvegese ha condotto dei test segreti confrontando autobus realizzati da produttori europei e cinesi per scoprire se i veicoli rappresentassero una minaccia per la sicurezza informatica.
Non sono stati segnalati problemi con l’autobus europeo, ma si è scoperto che il veicolo cinese, prodotto da un’azienda chiamata Yutong, poteva essere manipolato a distanza dal produttore.
Questa manipolazione includeva la possibilità di accedere al software, alla diagnostica e al sistema di batterie dell’autobus. Il produttore cinese aveva la possibilità di fermare o immobilizzare il veicolo.
Arild Tjomsland, un accademico che ha collaborato ai test, ha sottolineato i rischi: «l’autobus cinese può essere fermato, spento o ricevere aggiornamenti che possono distruggere la tecnologia di cui l’autobus ha bisogno per funzionare normalmente».
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Tjomsland ha poi aggiunto che, sebbene gli hacker o i fornitori non siano in grado di guidare gli autobus, la capacità di fermarli potrebbe essere utilizzata per interrompere le operazioni o per esercitare un’influenza sul governo norvegese durante una crisi.
Le preoccupazioni sui veicoli cinesi sono diffuse. I think tank hanno lanciato l’allarme: i veicoli elettrici potrebbero essere facilmente «armati» da Pechino.
Le aziende cinesi hanno testato su strada i loro veicoli negli Stati Uniti, raccogliendo dati, tra cui roadmap, che gli esperti ritengono potrebbero rivelarsi di utilità strategica.
I risultati dei test sono stati ora trasmessi ai funzionari del ministero dei Trasporti e delle Comunicazioni in Norvegia.
La militarizzazione dei prodotti cinesi importati in gran copia non riguarda solo le auto.
Come riportato da Renovatio 21, mesi fa è emerso che sono stati trovati dispositivi «non autorizzati» trovati nascosti nei pannelli solari cinesi che potrebbero «distruggere la rete elettrica».
Una trasmissione giornalistica italiana aveva dimostrato che nottetempo le telecamere cinesi usate persino nei ministeri italiani inviavano dati a server della Repubblica Popolare.
Il lettore di Renovatio 21, ricorderà tutta la querelle attorno al decreto del governo Conte bis, in piena pandemia, chiamato «Cura Italia» (da noi ribattezzato più onestamente «Cina Italia»), che in bozza conteneva concessioni a produttori di IT di 5G cinesi come Huawei che, secondo alcuni, mettevano a rischio la sicurezza del nostro Paese e del blocco cui è affiliato.
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Cina
Trump: non permetterò a Nvidia di vendere chip avanzati alla Cina
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Cina
Trump dice che l’incontro con Xi prepara una «pace duratura»
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che il suo incontro con il suo omologo cinese, Xi Jinping, all’inizio di questa settimana aprirà la strada a una pace duratura tra le due nazioni.
I due leader si sono incontrati per la prima volta in sei anni giovedì a margine del vertice dell’APEC a Busan, in Corea del Sud. Pechino ha affermato di aver raggiunto un consenso per risolvere «importanti questioni commerciali».
La Cina ha accettato di sospendere i suoi ultimi controlli sulle esportazioni di terre rare in cambio di reciproci tagli tariffari da parte degli Stati Uniti. L’accordo include anche l’impegno degli Stati Uniti a ridurre i dazi sulle importazioni cinesi e a sospendere le indagini sui settori marittimo e logistico di Pechino.
«Il mio incontro del G2 con il presidente cinese Xi è stato un evento straordinario per entrambi i nostri Paesi», ha scritto Trump su Truth Social sabato. «Questo incontro porterà a una pace e a un successo duraturi. Dio benedica sia la Cina che gli Stati Uniti!»
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Le relazioni bilaterali sono state tese da anni di tensioni commerciali iniziate quando Trump ha imposto dazi ingenti sui prodotti cinesi durante il suo primo mandato. In base al nuovo accordo, gli Stati Uniti ridurranno i dazi sui prodotti cinesi dal 57% al 47% e sospenderanno le restrizioni all’esportazione rivolte ad alcune aziende cinesi. Gli Stati Uniti ridurranno anche i dazi relativi al fentanyl, mentre la Cina adeguerà le sue misure di ritorsione.
Pechino ha dichiarato che eliminerà le restrizioni all’esportazione di terre rare per un anno, mentre studia piani a lungo termine. I materiali utilizzati nell’elettronica e nella tecnologia militare sono stati presi di mira dopo che gli Stati Uniti hanno inasprito i propri controlli sulle esportazioni di semiconduttori avanzati e apparecchiature per la produzione di chip.
La Cina ha inoltre accettato di riprendere gli acquisti di soia e altri prodotti agricoli dagli Stati Uniti, sospesi durante la recente situazione di stallo commerciale, mentre la maggior parte delle altre restrizioni commerciali restano in vigore.
Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa Trump aveva dichiarato che «gli Stati Uniti sono in guerra commerciale con la Cina» spignendo la UE a imporre dazi del 500% su Pechino.
Trump stesso lo scorso mese aveva parlato di dazi al 100%. Sei mesi fa gli USA avevano imposto dazi fino al 3521% sulle importazioni di energia solare legate alla Repubblica Popolare.
A inizio anno, dinanzi all’animosità di Washington, Pechino aveva risposto di essere pronta alla «guerra commerciale o qualsiasi altro tipo di guerra».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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